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giorni i diciott'anni, e fu sepolto in patria nella chiesa di s. Maria Maggiore in un onorevole grazioso monumento di marmo, ancor oggi esistente, semplicemente architettato ed ornato, quale conveniasi alla sua età ed al suo grado, con la seguente iscrizione:

SOLVM. MIHI
SVPEREST
SEPVLCRVM

D'O' M

GABRIELI 'F'D'IOHANNIS EQVITIS AVRATI MASSEI" CIVI
Q'NARN'NOB'IN IPSO ADOLESCENTIAE FLORE RAPTO'
MAGNO SVORVM CIVIVM DOLORE" ACRI INGENIO" ELO
QVENTIA CLARO " CANDORE ANIMI MAX "INDOLE AD
MIRABILI" FILIO DVLCIS HELISABET PIENTIS' MATER POS'
VIXIT' PRO DOLOR' ANN’XVIII' M' VIII'D'XI'
MCCCCXCIIII' OBIITQ' DIE XXVIII IANVARII
ALEX' VI' PONT MAX'

Ci è inoltre manifesto che Elisabetta, rimasta vedova del marito e priva del figlio, si sposasse in seconde nozze al Signore di Castel di Piero Sforza Orsini, il quale per siffatto matrimonio tolse stanza a Narni, ed ebbe due figli Paolo e Calvinia ".

Todeschina portò pure i nomi di Paola Bianca, e fanciulletta di quattr'anni fu sposata ad Antonio di Ranuzio de' Conti Marsciano che ne contava dieci. Ma cresciuta non dovè spiacierle la ferrea volontà del padre, mentre incontrossi in giovane umano grazioso, e reputato per virtù d'animo e valentia in guerra, e per l'officio di Conduttor di lance al soldo della veneta

171480 - Intorno a quest'anno Sforza Orsini de' Signori di Castel di Pietro trasferì il suo domicilio e permanenza in Narni e prese per moglie Elisabetta de' Nobili di Marinata Vedova del Cavalier Milite Giovanni Massei di Narni, e fu padre di Paolo Orsini ch'ebbe per moglie Flaminia de' Marchesi Bufalini di Città di Castello, essendo stata la di lui sorella Calvinia Orsini maritata in Balduino Cardoli» (ms. delle cose di Narni posseduto dagli anzidelli fratelli Cologni). L'antica gente Orsini romana ebbe già dal Pontefice nel sec. XIII per qualche tempo la vicarìa della nostra città.

Repubblica. Costui sostenne una forte lite pel lascito della suocera Giacoma all'Arca del Santo di Padova 18, e altra ne fecero i suoi posteri per la cappella del Sagramento già sopra rammentata. Antonio condusse nel novembre 1434 a casa la giovane con dote di seicento ducati d'oro. Ma mentr'era in via col seguito e con ronzini e muli carichi del corredo nuziale e della bella somma di fiorini tremila, i soldati del Conte Francesco Sforza, suoi nemici, si posero per derubarlo in agguato proprio sul contado del paese di Marsciano, donde dovea passare. Ma forse non venne loro bene, perchè il Graziani, che nella sua cronica racconta tal fatto, dice poi che presero in detto luogo solo quattro persone e le ridussero a Ripabianca. Todeschina morì l'anno 1498 nel castello di Poggio Aquilone, e la sua salma venne deposta nella chiesa della Scarzuola, territorio di Monte Giove presso Orvieto, dentro la sepoltura di famiglia. Ancor essa per legato dello zio materno Gentile ricevette fiorini d'oro duemila.

Da quanto ebbi fin qui narrato rilevasi, che la gente Gattamelata di Narni si estinse in Gianantonio, e che i Gattamelata di Brescia Ferrara Reggio Roma e altri luoghi non han direttamente che far nulla con lui. Solo potrebb'essere che sieno

18 Di ciò, e di altre cose concernenti la famiglia del Gattamelata e suo parentado, hannosi notizie nell'opuscolo pubblicato nel 1839 - Stampa della Ven. Arca del Glorioso Santo di Padova, il quale segnato col n.o 96 H conservasi nella bibliot. del medesimo Santo, ed io lo riporto fra gli altri documenti. Esso venne compilato per una quistione giuridica tra la famiglia Lion di Padova e la detta Arca a cagione della cappella del Sagramento, fatta per testamento fabbricare dal Gattamelata a onore di s. Francesco. Rispetto alla gente Marsciano leggi nell'Unghelli che fecene la storia. In questo luogo piacemi ringraziare i due illustri e sapienti signori della nominata città Dott. Antonio Josa, Bibliot. della biblioteca del Santo, e Commend. Antonio Gloria, Direttore del Museo di Antichità, i quali con tutto amore e premura adopraronsi per me in alcune mie ricerche e schiarimenti da servire a questa vita. E qui pure voglio dichiararmi altrettanto grato all'egregio ed erudito giovane signor Bartolomeo Calore veneto, impiegato all'archiv. di Stato, il quale per lo stesso titolo si brigò moltissimo a mio vantaggio.

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discendenti di un altro ramo di Narni, il quale nel 1700 ancòra ivi esisteva in una donna, che forse sarà stata l'ultimo germe, non avendosi in seguito altra notizia in essa città di detta gente . Potrebb'esser pure che alcuno togliesse il cognome e lo stemma per privilegio conferito da esso Capitano, com' era a que' tempi in uso, o perchè avea onoratamente e valorosamente militato con lui, o per amor singolare che gli avesse portato per qualche sua egregia qualità; mentre in quei secoli, sommamente tristi, era sommamente pregiata anco la virtù.

19 Leggi la nota seconda dell'articolo e illustrazione della casa del Gattamelata.

CAPITOLO III.

Ed ei mi cinse della sua milizia,

Tanto per bene oprar gli venni a grado.
(DANTE, Par. XV, v. 139).

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Capitolato della condotta

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Il Gattamelata richiesto da vari Stati Pratiche della veneta Repubblica per condurlo e l'ottiene La Repubblica lo seguita a tenere in servizio del Pontefice nelle Romagne fino ai primi di ottobre 1435 Sue imprese quivi — Viene per due anni rifermata sua condotta La Repubblica dona in feudo Valmarino a lui ed al Brandolini in comune ·Disegni della Repubblica contro il Visconti (1433-35).

Il Gattamelata pe' suo' egregi fatti, e per le sue rare doti e virtù era forte cerco e desiderato da molti imperanti, che brigavansi con ogni studio tôrlo a' servigi del Pontefice, dal quale dicevasi essere alquanto alienato, perchè nol pagava puntualmente, ed era già creditore di buona somma.

Fra gli altri, che avevano un tempo tentato averlo, ei furono il Duca di Milano, la veneta Repubblica e Antonio Colonna, Principe di Salerno, nepote a Martino V, ed in guerra con Papa Eugenio, accanito nemico di sua gente, e sviscerato amico degli Orsini. Colui mandavalo persuadendo a segreti messaggi di voler meglio difendere la sua causa che non quella del Pontefice, rammentandogli la loro antica amicizia e i tanti beneficî avuti dallo zio Martino. Che se a'danni di Eugenio unisse con lui le armi sue potenti, promette vagli in compenso gran salario e larghi premi. Il Gattamelata rispose: Che devoto sempre alla

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Pigna, storia de Principi d'Este; docum. dell'Archiv. di Stato in Venezia qui riportati (dec. gen. mar. 1433-34), e altri autori.

religione alla chiesa e a'suoi Pastori, non saprebbe, finchè avesse potuto, oprar nulla contra loro, e che nè danaro, nè belle promesse il rimoverebbon mai del suo proposito, stimando cosa inonesta e scellerata abbandonare la causa della chiesa per guadagno vile e caduco. Queste medesime massime espresse al Duca di Milano, quando fece di tutto par assoldarlo. Alle offerte di questi due cattivi potenti Signori preferì meglio quelle di Venezia, perchè era alleata del Pontefice, e col costui consenso accettolle. Nè il Pontefice potea negarglielo, però che, stante la sua povertà, era in caso di non poterlo più pagare, e con lui aveva già il non piccolo debito di oltre dieci mila ducati d'oro per soldo arretrato; nè il Gattamelata voleva più tenere, nè il poteva, a suo carico gli uomini ingaggiati.

Quali pratiche usasse la Repubblica, e quale intercessore a ottenere il Gattamelata col Brandolini suo fratello giurato, lo apprenderemo con maggior certezza dalle stesse parole de'registri secreti del veneto Senato vol. XIII, dove legesi che i sapienti del Consiglio e delle terre scrissero agli undici gennajo del 1433 a Ser Antonio Contareno proprio Oratore in Firenze, ove trovavasi pure il Papa, in questo concetto.

... Direte inoltre, che noi, avendo appreso non essere il Gattamelata ben contento (delle nostre offerte), perchè resta avere gran quantità di denaro (dal Pontefice), e sapendo ch'egli studiasi per ogni verso tôrsi a'servigi e favori di sua Beatitudine, e conoscendo i mali e i danni che deriverebbon da ciò, se per caso, che non mai avvenga, succedesse, tentammo conoscere sua intenzione di lasciarsi condurre al nostro stipendio meglio che a quello altrui, desistendo così dallo abbracciare diverso partito sommamente dannoso a sua Beatitudine. Ma egli rispose, non voler concluder nulla senza consenso di sua Beatitudine. Il perchè supplichiamo voglia contentarsi di essere condotto, non per levarlo a' servigi e favori di sua Beatitudine, mentre, se sarà con noi, seguene che sarà a favore di sua Beatitudine: ma, perchè non prenda altro partito; nè si unisca

Del ducato pontif. parlammo alla nota quarta del cap. II.

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