Selvaggia mia canzone innamorata, Va' sicura ove vuoi; Poichè 'n gio' son conversi i dolor tuoi. [INCERTE]. IV.1 94 Venite al ballo, giovinetti e donne, Intrate in questa stanza, Dove balla Speranza, La cara iddea degl' infelici amanti. Che soffron gli amadori, Chè gentilezza li fa ire stolti. E voi che senz' amor vivete sciolti, L'aspre nostre ferite, Che ci son date senz' aver pietade. V. 94. Poichè in gioia, leggono gli edd. fior. del 1814. 1 Questa è la prima delle Due Canzoni a ballo di A. Poliziano, pubblicate coi tipi di G. Barbèra, nel 1858, per nozze Corsini e Barberini, dal sig. Domenico Bonanni, che la trasse dal cod. 94 della Biblioteca Corsini ove è copiata di sur un perduto codice chigiano. Ad esser riputata autentica, ha presso a poco le stesse ragioni che la canzone precedente, la quale fu pur essa cavata da un codice chigiano. più d'uno farà caso la soverchia lunghezza e la profu. sione non sempre elegante e lo stile non sempre vivo e di rado gra zioso, che veramente non sono le S 12 proprietà delle liriche di M. Angelo : altri poi potrebbe fare riscontri e paragoni fra quelle e questa ed in questa sorprendere qualche rimembranza di quelle. Qui si riproduce dall'ediz. fiorentina con qualche mutamento nella lezione che parve non affatto inopportuno. V. 2. Questo invito alla danza è ripetuto più volte con versi conformi a modo d' intercalare, e sempre nel secondo verso delle strofe leggesi in questa danza. Non è improbabile che anche qui danza abbia a leggersi in vece di stanza. 13. Ricorda quel della Giostra, I, 8: Viveasi lieto in pace e in libertate. v. " Fuggendo quelle cose Che io vedea noiose Al viver lieto e 'n pace ed in riposo. Feste in pïazza eʼn santi, Dove assai gente potessi vedere. Assai donne e pulcelle, Or questa ora quell' altra, rimirando, Egli a me : — Anzi quella : Ell' è gran donna, e di gentile aspetto. Poi que' modesti e tardi De' vezzos' occhi sguardi Quanto la fan parer più bella assai ! Guarda quella da canto: e' non fu mai Gioia guarda, e sta intera E fa dell'occhiolin come la capra. V. 16. Il ms. ha: El viver lieto ec. [Nota dell' edizione fiorentina 1858]. v. 17. MOTTEGGIOSO. Pieno di motti e facezie, dicendo motti ec. v. 19. SANTI. « Il nome di santo si diede per suo proprio alle chiese, che lungamente durò. » Borgh. Vesc. Fior.: Lor. de' Med., Nencia: Io ti veddi tor. nar, Nencia, dal santo: Eri si bella che tu mi abbagliasti. v. 22. L'ediz. fior. 1858 non mette niun segno distintivo in fine di questo verso; quasi facendo dell'oggetto che » 25 32 36 è nel verso seguente, un soggetto Ricopre il suo mal pelo, Mostrando sol la bocca il naso e 'l mento Cosi, scoccoveggiandone ben cento, Facevam dipartita, Prendendo nostra gita Dove s'addirizzava l'appetito. Tal volta ancor riandavam lungo il lito, Parlando di gran cose Sempre a noi dilettose, Virtù sempre lodando ed onorando. E s' io veduto avessi un che, cercando, Vedesse, dimoranza Far gli facevo, e arrestavolo un poco. 52 Sciocco, dicea: tu ardi, e non sei in foco: Che pazzia è cotesta ? Così prendevo festa, Cagion fingendo di suo cor doglioso. Ahimè, ch' or sono a mio danno piatoso, E sono intrato in ballo Che al mio mal grado ballo! Seguiam la nostra dolorosa danza. Sdegno o ragione in me non han possanza Dove pers' ho mia gioia E trovat' ho quel che sempre mi nuoce. 56 60 64 O gentil giovanetti; Prendete altri diletti, Chè questi non son mai senza veleno, I' vorrei pur morire, I' non posso finire La vita mia a questo modo spasmo. E tu pur cruda: ed è pur un gran biasmo E che tu non ti penti Straziar chi tanto t' ama e tanto onora. Ahimè Due colpi maledetti A' gentil giovanetti Che per disgrazia sono in questi lacci. E di tanto dolore? Ahimè, crudele Amore, Per che cagion se' sol senza mercede? L'onestà tua mi ti fa portar fede, E fammi in te sperare: Chè chi si sente amare Come può star ched e' non ami ancora ? Stolto! io.sapea ben che chi s' innamora Po'raddoppia le pene Se non raffrena in lui ogni sua voglia. sempre pur cerco ogni mia doglia Ed ho in odio me stesso: Chi è meco d' appresso Che insieme non si duol de' miei gran danni? 96 Ahi, dispietato Amor, con quanti inganni Raddoppi le mie pene! I' pur or vedo in mene Quel che ho beffato in altri, e ben mi sta. Ch' io vorrei pur uscire Ma io non posso in me quant' io vorrei. Chi m' inimica e non ne posso niente. Ch'è a dir che sdegno in me non sia potente E non abbia possanza 100 104 108 |