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Primaro e di Maestra, l'último tronco del Po sino all'Enza, ed il corso del Primaro prolungato sino alla foce di quel fiume.

Il Mantovano è parlato nella città e contorni di Mantova, fra il Po ed i confini già descritti dei dialetti Cremonese, Bresciano e Veronese.

II Parmigiano è pure ristretto alla città e territorio di Parma, sino alle falde dell'Apennino; ed è quindi parlato nella piccola regione compresa fra il Po, l'Enza, le falde dell'Apennino e il territorio di Piacenza. Le sue varietà sono leggiere.

Il Borgotarese è diffuso lungo i monti e le vallate parmigiane e in parte delle piacentine, in molte varietà, delle quali è rappresentante comune il dialetto di Borgotaro, che ne è capoluogo.

Il Piacentino, oltre alla città di Piacenza e suo territorio, invade ancora colle sue molte varietà quella estrema parte orientale degli Stati Sardi, che è racchiusa fra il Po sino a Valenza, ed una linea serpeggiante, che da Valenza raggiunge l'Apennino presso Bobbio, radendo Alessandria e Tortona, e percorrendo la valle della Staffora.

Per último il Pavese, in più angusti limiti racchiuso, è parlato nella città di Pavia e nei vicini distretti posti tra la foce del Lambro ed il Naviglio di Bereguardo, confinando coi dialetti Milanese, Lodigiano e Piacentino.

2. 2. Proprietà distintive dei tre gruppi
Bolognese, Ferrarese e Parmigiano.

Le proprietà distintive sulle quali abbiamo fondata l'esposta divisione sono le seguenti: Primieramente il gruppo Bolognese situato nel centro dell'emiliana famiglia, e diviso da ogni altra per mezzo dell'Apennino e del mare, serbò più intatte le primitive sue impronte; mentre il Ferrarese, surto più tardi dalla commistione di vari popoli, ed esposto all'immediato contatto colla vèneta famiglia e coi dialetti lombardi orientali, assunse parecchie proprietà di quelli, perdendo o modificando le proprie. Similmente il gruppo Parmigiano, esposto da tre lati al contatto coi dialetti lombardi occidentali, coi pedemontani e coi liguri, smarri in molti luoghi le nazionali impronte, assumèndone delle

straniere. Per modo che il Bolognese è il solo rappresentante del ramo emiliano, perchè più puro, e gli altri se ne allontanano precipuamente per varia commistione esterna.

Per tacere delle minime varianti, che accenneremo a suo luogo, nel gruppo ferrarese dispare del tutto il suono ä distintivo dei dialetti emiliani, e in quella vece vi si trovano in qualche parte diffusi i suoni ü ed ö, affatto ignoti al Bolognese. E qui noteremo, come questi medèsimi suoni, distintivi della famiglia Gallo-itàlica, e propri quindi di tutti i dialetti lombardi e pedemontani, penetrássero nell'Emilia solo dalla parte occidentale, inoltràndosi, nella pianura, sino a Borgo S. Donino, e nella montagna, sin per entro gli Apennini reggiani e modenesi, nel Frignanese. Per modo che il gruppo parmigiano è distinto dal bolognese per l'inserzione di questi suoni, dei quali il solo i manca al dialetto di Parma, avendo esso pure una leggera gradazione dell'ö. Nel gruppo ferrarese essi contradistinguono il solo dialetto mantovano, mentre il Ferrarese proprio ne è affatto immune, e solo il suddialetto di Guastalla possiede il suono ö. Dal che pure si vede, che quanto più i dialetti si discòstano dal rispettivo loro centro, perdono della loro purezza, assimilàndosi ai limitrofi.

Inoltre il gruppo ferrarese distinguesi dagli altri due, serbando in in la desinenza italiana ino, che gli altri gruppi vòlgono costantemente in ein, ovvero én, ovvero èi:

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Così ogniqualvolta la e è seguita dalla n nella stessa sillaba, viene permutata nei dialetti bolognesi e parmigiani in ei, mentre nel Ferrarese rimane inalterata:

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Il Bolognese sopprime la vocale a nella desinenza italiana ia, che il Ferrarese volge in iè, e il Parmigiano serba senza alterazione veruna:

Italiano carestia compagnia eresia
Bolognese caristi cumpagni eresi
Ferrarese carestiè cumpagniè eresiè
Parmigiano caristia cumpagnia eresia

malattia ostaria

malati ustari malatiè ustariè malatia

ustaria.

Il Bolognese ed il Parmigiano risolvono d'ordinario in òu le vocali o ed u nelle desinenze italiane one, ona, una, ore, ora, le quali rimangono inalterate nel Ferrarese.

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Il Ferrarese cangia in ar disaccentato la desinenza ere dei verbi italiani, che il Bolognese tèrmina in er pure senza accento, e il Parmigiano sovente tronca. Lo stesso avviene in tutte le voci terminanti in dre, dro, tre, tro, pre e sìmili:

Italiano

pèrdere vedere padre ladro mentre vostro sempre Ferrarese pèrdar védar pådar làdar méntar vòstar sèmpar Bolognese perder vèder päder läder meintr vòster sèimper Parmigiano perdr vedr pädr lädr meintr vòster semper.

Nei verbi italiani di prima conjugazione il Parmigiano tèrmina il passato perfetto dell' indicativo in ì, che il Bolognese e Ferrarese finiscono in ò:

Italiano

Jandai baciai portai andò bació portò Parmigiano andi basi

andarono portarono

porti

andin

portin

andòn

purtòn

i andò

i purtò.

Bolognese andò baso purtò
Ferrarese andò basò purtò

Le poche eccezioni da farsi a queste generali osservazioni, e parecchie altre proprietà distintive, che qui ommettiamo, perchè meno generali in ciascun gruppo, verranno enumerate più avanti fra le proprietà dei singoli dialetti. Avvertiremo frattanto

che, come ogni gruppo ha distinta pronuncia e flessioni speciali, così distinguesi ancora dagli altri per copia di radici proprie, come apparirà manifesto dall' unito Saggio di Vocabolario.

2. 3. Proprietà distintive dei singoli dialetti.

Essendo il Bolognese rappresentante principale di tutto il ramo emiliano, e possedendo quindi in grado eminente alcune proprietà distintive del medèsimo, è chiaro, che la sua distinzione dagli affini deriva sopra tutto dalle divergenze di questi dalla norma comune. Questa norma consta precipuamente delle seguenti proprietà, che, sebbene in parte altrove mentovate, ripetiamo ora per maggiore chiarezza, costituendo la vera impronta del dialetto bolognese.

In esso le vocali si succedono con minore frequenza che in qualsiasi altro dialetto italiano; e quindi più fitto vi è l'accozzamento aspro e difficile di più consonanti riunite; del che porge un chiaro esempio il noto detto piacentino: Gniss ch's' fiss, gn' ärv, che, letteralmente tradotto, significa: Venisse chi si fosse, non aprite; e dal quale si vede, come l'Emiliano sopprima otto delle undici vocali italiane componenti questa frase, esprimèndone sole tre.

Quasi a compenso di questa frequente elisione di vocali, il Bolognese suol proferire le rimanenti oltremodo aperte e strascinate, ciò che lo distingue da tutti gli altri dialetti itàlici. Da questo prolungamento avviene, che sovente risolve in dittonghi parecchie vocali semplici, come la e e la i in èi, nelle desinenze italiane ena, ene, eno, ino, ina, enta, ente, ento, ese, esa e simili, dicendo: vèina, bèin, serèin, lèin, cantèina, pulèinta, mèint, mumeint, speis, difeisa, per vena, bene, sereno, lino, ec.; risolve le vocali o ed u in ou, nelle desinenze one, ona, una, ore, ora, come abbiamo più sopra dimostrato; e così altre vocali in altri dittonghi; per modo che sembra, che tolga le vocali ad alcune sillabe per riunirle in altre, vagheggiando quasi l'accozzamento di parecchie consonanti riunite da un lato, e quello di parecchie vocali dall'altro. La qual proprietà lo distingue sopratutto dagli altri dialetti del medèsimo gruppo, nei quali i mentovati dittonghi non hanno mai luogo.

Con tuttociò il Bolognese èvita per lo più l'accozzamento delle consonanti rl, rn, assai frequente nell'italiana favella, non che nelle altre famiglie vernácole d'Italia, e vi frappone la vocale a, oppure l'e:

Italiano pregarlo merlo corno giorno eterno inferno Bolognese pregäral mèral còren gióran etèren infèren.

Esso manca affatto dei suoni ö ed ü, e in quella vece possiede il suono ä, ignoto a quasi tutti gli altri dialetti italiani, e diffuso con poca varietà in tutto il ramo emiliano, tranne il minor gruppo ferrarese. Questo suono òccupa il posto dell' a nelle desinenze dei verbi italiani terminanti in are, e dei loro participj, non che in molte altre voci.

ru in

Suole invertire, e con esso pure tutti i dialetti emiliani, più o meno, le sillabe iniziali la, le, in al, e le ra, re, ri, ro, ar; del che abbiamo dato altrove parecchi esempi.

Procedendo alle proprietà speciali del dialetto bolognese, esso tèrmina per lo più in and i gerundi dei verbi irregolari quelli di seconda e terza conjugazione, che negli altri dialetti finiscono in end, come:

Italiano essendo dicendo facendo

togliendo venendo

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Permuta l'i in é in molte voci e nei participj terminanti d'ordinario negli altri dialetti in i; dicendo: rézz, réc, reléquia, assupé, ubidé, per riccio, ricco, reliquia, assopito, obbedito.— Cangia talvolta in sti il suono italiano schi, che gli altri dialetti volgono generalmente in sči:

Italiano

schioppo schiuma scoppiare schiantare schiatta stiupär stiäntär stiatta.

Bolognese stiop Ferrarese Parmigiano sciop

stiuma

sčiuma sčiupȧr sciantàr sciata.

Il Romagnolo è tanto diverso in apparenza dal Bolognese, quanto in sostanza ne è affine. Basta confrontare il vocabolario romagnolo col bolognese e la rispettiva struttura grammaticale,

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