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elementi, di natura diversa, contribuirono altresì alla loro formazione.

Tutti i dialetti lombardi fanno uso di articoli e di preposizioni per declinare i nomi, se è lècito chiamare declinazione qualche lieve modificazione intesa a distinguere, solo in alcuni nomi, il gènere ed il numero, giacchè mancano onninamente i casi. Gli articoli variano di forma dall' uno all'altro dialetto, e sono: pel maschile determinato, el, ol, u, ul, ur, ru; per l'indeterminato, on, ön, ü, ün; pel determinato femminile, la, ra; per l'indeterminato, ona, öna, na, üna. Nel plurale, il determinato è per lo più uno solo per ambi i gèneri, dicendosi ugualmente i gal, i pégor, per i gatti, le pèçore. Le preposizioni sono idèntiche alle italiane, cioè de, a, da, in, con, per, sü, ec., e, come in tutte le lingue neolatine, vengono contratte negli articoli, onde supplire alla mancanza dei casi, formando del o dol, al, dal, nel, col, sül, ovvero dela, dola, ala, daia, ec.

L'articolo per lo più è il solo distintivo dei numeri, tranne alcune eccezioni. Queste hanno luogo nel Milanese in alcuni nomi irregolari, nei quali la desinenza cangia al plurale, come òm, uomo, che fa omen al plurale; in tutti i nomi terminati in ia, che al plurale finiscono in i, come: ostaria, eresia, che fanno ostari, eresi, e simili; ed in alcuni altri casi. Il Lodigiano, come accennammo, distinguesi fra tutti gli occidentali, per l'uso di terminare con vocale i plurali dei nomi, dicendo el gat, i gati, la cà, le case; esso in conseguenza ne forma, non però sempre eccezione. Così il Bergamasco, e con esso la maggior parte dei dialetti orientali, suol permutare la t finale in č, nel plurale dei nomi e dei participj, dicendo ol gat, i gač, ol fat, i fač, e sìmili. Si danno parecchie altre eccezioni, così in questi, come negli altri dialetti, cui lungo sarebbe enumerare; ciò nullostante, generalmente parlando, l'articolo è per lo più l'esclusivo indicatore del número nei nomi lombardi.

I gèneri sono due, maschile e femminile; e questi pure sono per lo più contrasegnati dal solo articolo, poichè, essendo i nomi il più delle volte tronchi, mancano della caratteristica finale, che in tutte le lingue e in tutti i dialetti neolatini è sempre una vocale; nei pochi eccettuati peraltro la terminazione o segna il

maschile; a il femminile singolare; i ed ei rispettivi plurali. Qui però è d'uopo avvertire, che non sempre il gènere dei nomi è lo stesso nei dialetti e nella lingua italiana; ma talvolta è femminile in un dialetto quel nome, ch'è maschile in italiano, o inversamente, dicèndosi, on pér, l'ombrèla, la tegnöla per una pera, l'ombrello, il pipistrello, e sìmili; la qual dissonanza appare di gran lunga maggiore, se si confrontino i dialetti lombardi col latino idioma, che pur ebbe tanta parte alla loro formazione. Essendo quest' osservazione di somma importanza nello studio comparativo dei linguaggi, è manifesto, che farebbe cosa molto ùtile alla scienza chi, apprestando una lista dei nomi lombardi discordi nel gènere dagli italiani e dai latini, instituisse poscia un confronto col gènere dei loro corrispondenti nelle antiche favelle conosciute dei Celti, degli Etrusci, dei Greci e dei Teutoni, ciò che porgerebbe un nuovo elemento per la scoperta dei rapporti e delle origini.

Quanto ai nomi propri, essi vengono declinati in generale, come in Italiano, colle sole preposizioni; rade volte cogli articoli; in essi per altro, più che il modo d'inflètterli, richiede particolare osservazione la strana forma materiale, sopra tutto nei nomi di villaggi, di monti, di torrenti e di fiumi, dei quali sovente si cercherebbe invano congrua interpretazione, o qualche spontaneo rapporto, nella lingua del Lazio. Che anzi parecchi fra questi tròvansi con egual forma, e talvolta eziandio con parità di circostanze, ripetuti in Francia e persino nella Gran Bretagna, manifestando assai probabile derivazione dai cèltici dialetti, i quali soli ne porgono bastèvole spiegazione. Ond' è pur evidente, quanto sarebbe ùtile impresa il raccogliere ed ordinare il maggior número possibile di questi nomi nel nostro paese, instituendo un confronto con quelli delle altre regioni, onde poi rintracciarne l'interpretazione nelle lingue ivi un tempo parlate. Ad offerire un saggio eziandio di questo prezioso elemento, avevamo intrapreso laboriose ricerche, e riuniti alcuni materiali, quando fummo avvertiti, che appunto su questo argomento altri stava con pazienti e coscienziosi studi lavorando; sicchè, nella speranza di vedere quanto prima publicato questo nobile tentativo, con maggior copia di notizie e più maturati giudizj, abbiamo rinun

ciato all'impresa, contenti di accennare a questa particolarità dei nostri dialetti, ed alla irrefragabile importanza della medèsima.

Gli aggettivi subiscono le stesse modificazioni dei nomi, coi quali devono concordare in gènere e número. Per la formazione dei gradi, ricevono a vicenda gli aumenti, ossia le terminazioni in, ina, el, ela, et, etta pei diminutivi; on, ona, aš, ascia per gli aumentativi e peggiorativi; issem, issema pei superlativi; i quali aumenti equivalgono esattamente alle corrispondenti desinenze italiane in, ina, ello, ella, etto, ella, one, ona, accio, accia, issimo, issima. Si fanno pure comparativi e superlativi, al modo italiano, premettendo loro gli avverbi più, molto, e simili. Nessuna legge determina il posto che occupar dèvono nel discorso; ma il solo uso prescrive d'anteporre gli uni, e di posporre gli altri al nome cui vanno uniti; così dicesi ón bel òm, ón òm long e sütil; nè è lècito, senza offèndere l'orecchio, invertirne il posto, dicendo on om bel, on long e sütil om.

I numerali sèrbano pure la forma italiana o latina, più o meno corrotta, essendo in tutti i dialetti lombardi ordinati in diecine, centinaja, ec. Solo è da notarsi che, mentre in Italiano sono tutti indeclinabili, tranne il primo, nei nostri dialetti invece i primi tre, quando sono uniti a qualche nome, contrasègnano il gènere con varia flessione, dicendo, ón òm, dü òmen, tri òmen, óna dona, dò dòn, tre dòn. Di più, quando il primo è astratto, o diviso dal nome al quale si riferisce, si cangia in vün, çüna, giün, giüna.

I

I pronomi sono gli stessi dei quali fanno uso tutte le lingue indo-europee, ed alcuni si accostano colle forme ancor più ai cèltici che non agli italiani, sebbene siano comuni del pari a quelle lingue. I pronomi personali, p. e., non distinguono nei nostri dialetti, con apposita voce, il caso retto dall'obliquo, o il nominativo dall'accusativo; mi o mé, ti o té, lü e lê, sono eguali in tutti i casi del singolare; come nu, o nün, o nóter, vü, vóter o çüjòlter, lur, lor, i, le, per i plurali. Il solo pronome lü si cangia talvolta nel nominativo in el; dicendo el dis, el créd, per egli dice, egli crede; ma per lo più forma pleonasmo, accompagnando, e quasi rinforzando il primo, essendo più frequente l'altra forma: lü el dis, lü el créd, come pure pel femminile, le la dis, le la

créd. Tutti gli altri pronomi sono mere corruzioni degli italiani, e come questi, in parità di circostanze, sono declinati ora colle sole preposizioni, ed ora eziandio coll'articolo.

Nella conjugazione dei verbi prevalgono generalmente le forme e le inflessioni dei verbi italiani, sebbene alquanto corrotte e variate. Quindi tutti i dialetti lombardi fanno uso dell'ausiliare avere, per la formazione delle voci passate mancanti, e dell'ausiliare èssere per le passive, le quali mancano onninamente. Troppo lungo sarebbe per avventura l'enumerare e precisare le tante variazioni che le caratteristiche dei verbi subiscono in ogni modo e tempo, e in tanti dialetti; siccome peraltro sèrbasi in queste per lo più una certa regolarità costante che si può bastevolmente rappresentare in due soli modelli di conjugazione, così abbiamo preferito metter questi sott' occhio, in forma di tavola comparativa, nei dialetti rappresentanti ciascun gruppo, racchiudendo essi in maggior copia le forme e le proprietà dei loro affini, tranne poche eccezioni che noteremo a parte.

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[blocks in formation]

lur i porte, i à (i) eglino portàrono, hanno

Tempo Passato Rimoto.

voi

porlaste, avete

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