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per èssere persuasi della fondamentale loro consonanza. Eppure discordano talmente nella pronuncia, che sovente l'uno con difficoltà è inteso dall'altro; e siccome questa differenza di pronuncia varia oltremodo nella stessa Romagna propriamente detta da luogo a luogo, così il Romagnolo settentrionale intende appena il meridionale e viceversa, sebbene pàrlino in sostanza un solo dialetto. Avuto riguardo appunto a queste dissonanze di pronuncia, il dialetto romagnolo suddividesi in molte varietà, delle quali, come accennammo, le più distinte sono: il Faentino, che ne è rappresentante comune, il Ravennate, l'Imolese, il Forlivese, il Cesenate ed il Riminese. I due primi sono più puri ed indipendenti; l'Imolese tende al Bolognese per modo, che gli stessi Faentini dicono che gli Imolesi parlano bolognese; gli ultimi tre si accostano al Marchigiano.

Tutti questi dialetti distinguonsi dagli altri emiliani per l'articolo maschile é, dicendo: é fiòl, é päder, é sgnòr e simili; e pel pronome personale u, come: u déss, u vléva, u sintè, per egli disse, egli voleva, egli sentì; i quali negli altri dialetti sono rappresentati entrambi dalla voce al, dicendosi generalmente al fiol, al pädar, al déss, al sintè.

Il Faentino ed il Ravennate distinguonsi dagli altri romagnoli, e dallo stesso Bolognese, per frequenza di suoni nasali nelle de. sinenze an, en, in, on, un.

Èvitano la collisione delle consonanti sm, rm, lm nella medèsima sillaba, frapponèndovi l'última vocale che scambiano d'ordinario in u muta.

Italiano

Faentino

entusiasmo

enorme informe elmo infermo entusiäsum enòrum infòrum èlum infèrum.

Similmente évitano l'accozzamento delle rn frapponèndovi un'a muta, a differenza del Bolognese che vi frappone un'e, come: còran, etèran, gvèran, per corno, elerno, governo.

Il Faentino termina in é stretto, come i Francesi, l'indefinito dei verbi italiani in are, che il Bolognese suol terminare in är, e gli altri Romagnoli per lo più in ä:

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È speciale proprietà dello stesso dialetto il volgere sovente la d in g, come:

Italiano tedio bandiera invidia misericordia discordia obbediente Faentino ategi bangera invigia misericorgia discorgia ubigènt.

Permuta il suono è italiano in z aspra:

Italiano

Faentino

facile fázil

domicilio cervello faceto accidia dumizeli zervėl fazèt

aczidia.

Il Ravennate è distinto dal Faentino per una pronuncia molto più aperta, per maggiore frequenza di suoni nasali prolungati e pel concorso di doppie consonanti. Inoltre suol permutare sovente la s in &, dicendo: nišón, vens, savuris, impis, per nessuno, venne, compiacersi, èmpiersi e simili.

L'Imolese s'accosta più d'ogni altro nella pronuncia al Bolognese, dal quale peraltro è distinto, si perchè è privo delle proprietà speciali di questo, sì perchè partecipa delle mentovate comuni ai Romagnoli. Inoltre esso ha un particolare dittongo inverso del Bolognese, mentre la vocale o accentata, che questo risolve in òu, è permutata dall'Imolese in uò, dicendo: fiuò, muòrt, puòc, puòrz, tuòls, cuòssa, per figlio, morto, poco, porci, tolse, cosa.

Volge in éja la desinenza italiana ia, che il Bolognese e gli altri Romagnoli, come accennammo, finiscono in ì, il Ferrarese in iè, ed il Parmigiano in ia; dicendo: malattėja, carestéja, ustaréja, per malattia, carestia, osteria. — Cangia sovente, come il Ravennate, la s in &, come nelle voci: avsinäs, arspundé, tuos, pers, per avvicinarsi, rispose, tolse, perduto.

Lo stesso suono gli vale di pronome reciproco e di particella eufònica tra il pronome ed il verbo, dicendo: u smitté, e s'déss, e s'andarò e simili, per si mise, e disse, e andrò; ove la corrisponde ora al pronome reciproco se o si, ora al riempitivo toscano ci, che in alcuni dialetti toscani viene egualmente pronunciato come sci.

Tèrmina le voci dei passati perfetti, nei verbi di prima conjugazione, in é stretta, che gli altri Romagnoli pronunciano più o meno larga, dicendo: sinté, prinzipié, bažé, per sentì, principiò, baciò. Similmente pronuncia alquanto strette le desinenze én, ón, étt, che in tutti gli altri sono larghe, tranne il Faentino; per modo che l'Imolese partecipa delle proprietà di tutti i dialetti che lo circondano, ciò che lo collega e lo disgiunge ad un tempo da ciascuno.

Il Cesenate ed il Forlivese depongono a poco a poco l'asprezza del Romagnolo settentrionale diminuendo l'elisione delle vocali, e quindi il frequente accozzamento di più consonanti unite, ed il concorso dei suoni nasali. Ivi all'aspra sibilante z viene sostituita per lo più la s, non solo in quelle voci che i Romagnoli settentrionali esprimono con z, permutando la & italiana, come zervèl, fázil, azzalèn, dunazzi; ma in quelle altresì che in italiano richièggono la z, dicendo del pari: sarvèl, fàssil, assalèn, dunassi, che sensa, ragáss, amassä, sostänsa, per senza, ragazzo, ammazzare, sostanza. Dal che si vede che laddove i Romagnoli settentrionali vòlgono in z il suono italiano č, i meridionali volgono la è e la stessa z in s.

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Ivi inoltre incomincia a sentirsi l'accento marchigiano nella cadenza delle frasi, nelle quali ancora appȧjono alcune radici e forme italiane, sebbene corrotte, ignote agli altri Romagnoli, e proprie della famiglia toscana, come: giè, bab, per gire, babbo; a mʼmor, u sʼsari magnà, per io mi muojo, e' si sarebbe mangiato e sìmili.

Sono poi esclusive proprietà del Forlivese: il terminare in p la terza persona singolare nel perfetto di molti verbi, quando è seguita da vocale, dicendo: andèp, mandep, ciamèp, fop, per andò, mandò, chiamò, fu; ed il permutare in e muta l'a finale degli imperfetti, come pure di parecchi nomi ed avverbi:

Italiano era voleva ceniva robba festa allora senza Forlivese ere vleve vneve robe feste allore sense

Il dialetto Riminese s'accosta ancor più al Marchigiano, che i precedenti, sopratutto nell'accento e nella pronuncia, per modo che, procedendo sin oltre a Cattòlica, il Romagnolo si fonde nel

Marchigiano, In onta però a questa conformità di pronuncia, ed a malgrado dell'asserzione dei Romagnoli stessi, che riguardano il dialetto di Cattolica come Marchigiano, esso non porta meno le impronte distintive del Romagnolo, che si estende sino a Pèsaro. Che anzi ivi si ripètono molte proprietà del Ravennate che abbiamo veduto dileguarsi nei Romagnoli centrali, quali sono: la permutazione del è italiano in z aspro, dicendo: donazze, fèzil, pznén, zél, zénz, per donnaccie, fàcile, piccino, cielo, cencio; la più frequente elisione delle vocali; la permutazione dell'a in molte desinenze dei verbi in è aperto, dicendo: magnèva, andèva, entrè, salvè, sprechè, per mangiava, andava, entrare, salvare, sprecare; la desinenza dei perfetti di parecchi verbi in è aperto, come: riflitè, avè, risolvè, per rifletté, ebbe, risolse; l'uso del pronome personale u, dicendo: u fasè, u s' moss, u 'l vist, per egli fece, egli si mosse, egli lo vide. Dal che appare, come questo dialetto partecipi delle principali proprietà degli Emiliani.

Tra quelle che ne lo distinguono e lo assimilano al Marchigiano, oltre all'accento ed alla scelta di molte voci, noteremo: la desinenza dei participii maschili in èd, e dei femminili in èda, dicendo: sted, pechèd, informed, ritrovèd, per stato, peccato, informato, ritrovato; stèda, sprechèda, tratèda, per stata, sprecata, Volge il suono italiano ģ in ž, dicendo: žustizia, žilosia, žorno, per giustizia, gelosia, giorno. Non permuta mai la o in u, come sògliono sovente tutti gli Emiliani. — Cangia l'o finale in e, in molte voci, come: vostre, contre, numre, per costro, contro, número e simili.

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trattata.

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Il Modenese è più affine d'ogni altro al Bolognese, per modo che si può riguardare come un suo prossimo suddialetto. Esso partecipa di presso che tutte le proprietà mentovate del Bolognese, e la principale sua dissonanza consiste nella pronuncia, della quale torna assai malagèvole descrivere la varia gradazione, cui solo può distintamente discèrnere un orecchio abituato ai suoni dell' uno o dell'altro dialetto,

Vi sono però meno frequenti i dittonghi du, òu, in cui vece sovente il Modenese pronuncia la prima vocale aperta e strascinata, dicendo: dutòr, sgnòr, fortùna, padròna, consulaziòn, in luogo di dutòur, sgnòur, furtòuna, padròuna, consulaziòun.

Similmente cangia per lo più nel suono nasale én la desinenza ino italiana che il Bolognese risolve sempre nel dittongo ein; e serba la forma italiana ès nelle voci, che il Bolognese strascina in eis, come:

Modenese ragazzèn ben ment Mudnès cortès paès Bolognese ragazzèin bein meint Mudneis curtèis pajèis.

Inoltre il Modenese distinguesi per l'articolo femminile che nel plurale fa il, come: il don, stil väci, dil sàtir, per le donne, queste vecchie, delle satire, laddove gli articoli bolognesi sono io al. Solo di mano in mano che ci allontaniamo dalla pianura modenese quel dialetto assume un aspetto diverso dal bolognese.

Il Reggiano distinguesi dal Modenese per una pronuncia alquanto più stretta, specialmente nelle vocali che sono precedute da doppia consonante; ed è pure distinto dal Bolognese per la mancanza dei dittonghi èi, àu, ou, come il Modenese, di cui è prossimo suddialetto, e dal quale diverge solo per varietà d'accento, e per alcune espressioni che tendono alla forma parmigiana. Esso però varia alcun poco da villaggio a villaggio, e nella stessa città di Reggio il dialetto del centro ha pronuncia diversa da quello del quartiere di porta Castello, come pure da quello degli altri quartieri di S. Croce, di S. Pietro e di S. Stefano. Procedendo poi verso la montagna, la favella vi prende accento e forme assai diverse.

Il Frignanese è chiaramente distinto fra gli emiliani per alcune proprietà che lo assimilano ai dialetti lombardi. Ivi infatti troviamo i suoni ü e ž mancanti nella massima parte degli emiliani. Meno frequente vi è l'elisione delle vocali, e tra queste solo alcune vengono pronunciate aperte e prolungate in fine di parola. Ivi non troviamo i dittonghi èi, du, òu propri del gruppo principale, nè molto meno il nasale èn, che il Modenese ed il Reggiano sogliono sostituire all'italiana desinenza ino; ed in vece vi troviamo in alla foggia lombarda.

Manca affatto del suono emiliano ä; e sì nei nomi che nei verbi serba d'ordinario le flessioni lombarde; per modo che potrebbe ancora considerarsi come un dialetto lombardo, tinto leggermente d'emiliano. In esso è da notarsi la congiunzione es corrispondente

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