Immagini della pagina
PDF
ePub

all'italiana e, ed una speciale pronuncia aperta con cantilena sua propria.

Di mano in mano che s'avvicina alla vetta dell'Apennino, questo dialetto assume accento e forma toscana, del che porge un chiaro esempio il Diàlogo in dialetto di Fiumalbo, inserito nella Corografia Italiana del benemèrito Zuccagni-Orlandini.

Il gruppo Ferrarese è meno puro e meno originale degli altri emiliani, non solo pel continuo suo contatto coi Vèneti e coi Lombardi, dai quali trasse notèvoli impronte; ma perchè surse posteriormente dalla mistura di varie nazioni, che nel corso delle nòrdiche invasioni si rifuggirono nei paludosi polèsini convertiti più tardi nella fèrtile pianura ferrarese. Fra le varie favelle racchiuse in questo gruppo, la sola che serba vestigia originali ed antiche, si è quella del pescatore di Comacchio, di quella prisca Comacula, che molto prima della fondazione di Ferrara sovrastava alle paludi ond' era attorniata, e per le quali ebbe sempre difficile e scarso commercio coi pòpoli circostanti. Di questo dialetto parlato appena da qualche milliajo di rozzi valligiani, sarebbe molto utile impresa il raccorre le più distinte radici e le forme primitive, ciò che invano abbiamo chiesto ad alcuni dotti corrispondenti, non avendo noi potuto fermar qualche dimora in quelle lagune.

Prima che il Po, deviando dall'àlveo abbandonato di Primaro, ed ora percorso dal Reno, imprendesse l'attuale suo corso, uno solo doveva essere il dialetto parlato nella provincia mantovana, allora molto più estesa a mezzogiorno, diffuso eziandio nel basso Modenese e Parmigiano, situati allora sulla riva sinistra di quel fiume. Ma dappoichè esso mutò il suo corso, comecchè l'antico àlveo rimanesse poi sempre confine etnogràfico, il Mantovano si divise in due dialetti, dei quali quello che parlasi lungo la riva destra del fiume si conservò più puro, mentre l'altro, cioè il Mantovano propriamente detto, ristretto dalla sinistra in breve territorio, ed attorniato dai dialetti vèneti e lombardi, coi quali più tardi ebbe comuni le vicende politiche, ritrasse parecchi suoni e forme distintive di quelli, rimanendo così disgiunto dal Ferrarese.

Questo fra gli emiliani è il meno aspro, avendo esso pure rad

dolcita la pronuncia al contatto coll'accento scorrevole dei Vèneti, e distinguesi da' suoi affini per la mancanza del suono ä e dei dittonghi èi, òu propri di questo ramo. Al primo sostituisce, come il Veneto, un'a alquanto aperta, specialmente nell'indefinito e nei participj dei verbi, dicendo: desiderar, magnár, portar, amá, volà, manca; ed in luogo dei secondi, serba le desinenze italiane dottor, onór, rasón, padrón e simili.

Invece di sostituire la z aspra al suono è italiano, esso lo pèrmuta in s alla foggia dei Vèneti, dicendo: prinsipiàr, sittadin, sivil, per principiare, cittadino, civile.

Volge in ar breve le desinenze italiane dre, dro, pre, tre, tro, non che gli infiniti dei verbi terminanti in ere:

Italiano padre ladro sempre mentre dentro godere leggere Ferrarese pådar lådar sempar méntar déntar gòdar lézar. Volge la desinenza italiana ia, e talvolta ancora la io in iè, dicendo:

Italiano compagnia eresia
Ferrarese cumpagniè eresiè

osteria

mio

ostariè

miè.

Ha meno frequenti le elisioni delle vocali nel mezzo delle parole e le inversioni delle consonanti, ciò che ne rende la pronuncia più scorrèvole a confronto di quella dei dialetti affini, e fa uso di parecchie voci tolte ai vèneti dialetti.

Le sue varietà poco dissimili sono i linguaggi dei distretti mantovani cispadani, il Mirandolese ed il Guastallese.

Nei primi, il continuo commercio coi dialetti dell'opposta riva del Po introdusse una leggera gradazione dei suoni lombardi ö ed ü, ed un accento misto di vèneto e di lombardo. Nel Mirandolese sèrbansi miste alle proprietà del Ferrarese alcune tracce del Modenese e del Parmigiano, nella desinenza aperta òn, nella permutazione del è in z, ed in alcune flessioni dei verbi, come vliça, tgniva e simili, che il Ferrarese tèrmina in eva; prinzipiòn, dmandòn, ove il Ferrarese sopprime la n finale, ed altre di tal sorte.

Nel Guastallese distinguonsi pure i suoni ö ed i dei Lombardi in molte voci, come fög, zög, pütin, tüt, per foco, giuoco, bambino, tutto. Talvolta volge alla foggia parmigiana la i in é in

alcune voci, come: gallénna, canténna, per gallina, cantina. Suole terminare in ii nomi femminili plurali che in italiano finiscono per e, come: li cosi, li belli donni, per le cose, le belle donne. Questa proprietà vi fu introdotta pel commercio continuo col vicino dialetto parmigiano, del quale è distintiva. In generale peraltro, si il Guastallese che il Mirandolese, sèrbano molta affinità col Ferrarese e col Mantovano, dissonando così nella forma come nell'accento dagli altri vicini dialetti, ai quali sono politicamente congiunti.

H Mantovano ha in maggiore o minor grado le proprietà mentovate del Ferrarese, del quale in origine fu principale fattore; e solo ne dista per la frequente inserzione dei suoni lombardi ö ed ❝, e per la forte alterazione subita negli ultimi tempi, mercè il contatto coi dialetti vèneti e lombardi. Perciò esso è parlato con qualche purezza appena nella città di Mantova e nei vicini sobborghi, mentre a qualche miglio verso oriente prevale l'accento e la forma del dialetto veronese, che in più luoghi s'insinuò al di qua del Mincio; e alla distanza di poche miglia verso occidente e settentrione, è rimarchèvole l'influenza dei dialetti lombardi orientali, nei quali il Mantovano gradatamente si fonde.

Il dialetto Parmigiano distinguesi da tutti i suoi circostanti per una serie di proprietà, fra le quali basterà notare le seguenti:

Esso abbonda in dittonghi, e fra questi i più frequenti sono ai, ei, ou. Sostituisce ai alla vocale a ogniqualvolta in italiano tròvasi il dittongo ia, oppure ie, o io nella sillaba seguente, dicendo dira, vairo, per aria, vario e simili. Risolve nel dittongo ei la e, in tutte le desinenze italiane ena, ene, eno, enta, ento, ese, ina, ino ed in parecchie altre voci, dicendo: vèina, bein, serèin, contèinta, momèint, mèis, piasèintèina, farèina, vèin, leingua, avèir, per vena, bene, sereno, contenta, momento, mese, piacentina, farina, vino, lingua, avere. Risolve poi nel dittongo ou le vocali o ed u nelle desinenze italiane ona, one, una, ore, ora, oso, osa, dicendo: persòuna, rasòun, lòuna, fortòuna, fiòur, sgnòura, ascous, moròusa, per persona, ragione, luna, fortuna, fiore, signora, ascoso, amorosa.

Volge d'ordinario in ö il dittongo italiano uo, dicendo: fiöl, scöla, völ, pöl, per figliuolo, scuola, vuole, può.

Strascina oltremodo, quasi a guisa di vocale raddoppiata, le a, e, o, quando si trovano in principio di parola e sono accentate, dicendo: mâta, bêl, côto, per matta, bello, cotto.

Volge la e in a, e l'a in ä, ogniqualvolta sono seguite da r nella stessa sillaba, come: cuarta, sarça, inçàren, per coperta, serva, inverno; ed ärma, Pärma, märtir, per arme, Parma, mártire.

Nelle terminazioni plurali femminili invece pèrmuta la e in i, dicendo: il beli doni, il mali viti, cioè le belle donne, le male cite; così pure in tutti gli imperfetti dei verbi al congiuntivo, come tgnis, pudiss, alziss, voriss, per tenesse, potesse, leggesse,

colesse.

All'opposto degli altri dialetti emiliani, non volge mai la o in u, ma bensì talvolta la u in o, dicendo on, cona, cost, per uno, culla, questo. E meglio ancora distinguesi dagli altri emiliani, permutando sovente la i in u, pronunciando prum, fastudi, prunzupiär, per primo, fastidio, principiare. La quale proprietà accompagna quasi tutti i dialetti, che all'occidente del parmigiano si estendono lungo le rive del Po e del Ticino, sino alla Sesia ed al Verbano. E qui gioverà avvertire, come il corso de' grandi fiumi, che d'ordinario, arrestando il commercio frequente fra gli abitanti delle opposte rive, segna una precisa linea etnogràfica, giovi all' opposto alla diffusione delle schiatte lungo le rive medèsime, per ragguardèvoli distanze. Così lungo la riva del Po, da Valenza discendendo sino all'Adriàtico, troviamo parecchie voci e forme comuni a tutti i differenti dialetti che vi si parlano. Valga d'esempio la strana voce cminzipiàr, la quale appare composta della prima metà della voce equivalente italiana cominciare, e della seconda metà dell'altra corrispondente principiare; essa è comune del pari al Valenzano, che al Ferrarese ed al Ravennate. Così lungo l'opposta riva dello stesso fiume, non che lungo quella de' suoi principali affluenti, cioè del Ticino e della Sesia, vediamo rinnovarsi un simile fenòmeno pel corso di molte miglia, sebbene frattanto differiscano fra loro i dialetti intermedj.

Oltre alle proprietà surriferite, il Parmigiano suole evitare la

collisione delle consonanti cr, lm, rl, rm, rn, rv, frapponèndovi d' ordinario la vocale e:

2

Italiano crepare salmo orlo uniforme giorno nervo Parmigiano cherpär sålem òrel unifórem gióren nèrev.

Permuta sovente la è italiana in z aspro, dicendo: fàzil, caprizi, zercär, per fàcile, capriccio, cercare.

Tèrmina le terze persone singolari dei passati perfetti di prima conjugazione in i, come: andì, basi, mandi, consumi, per andò, baciò, mandò, consumò.

Il Borgotarese è alquanto distinto dal Parmigiano, così nella pronuncia, come nell' accento e nelle flessioni, accostàndosi ai dialetti toscani e genovesi. Esso manca presso che del tutto del suono emiliano a che proferisce assai debolmente in poche voci; e in quella vece ha comuni coi dialetti lombardi i suoni ö ed ü, come vedrassi in alcune voci della seguente versione della Paråbola, p. e.: fijö, lögo, scöde, vü, lü, tüto e simili.

Sopra tutto distinguesi dagli altri emiliani, terminando con vocale la maggior parte delle parole, che quelli troncano sempre; vàlgano d'esempio i nomi: odelo, fradelo, omo, pajése; i plurali: servitori, porchi, canti; i participj: morto, fatto, dilo, penso; i verbi: disse, mèrito, vgnisse, essendo.

Fa uso degli articoli u ed ar, il primo dei quali, come nel dialetto genovese, dal quale sembra derivato, fa più spesso l'ufficio di pronome personale. Così nelle frasi u disse, u saltè, u respondì, significa egli disse, egli saltò, egli rispose.

Talvolta sostituisce la j al suono molle gl italiano, e le ni all'italiano gn, come: fijö, foja, voja, in luogo di figlio, foglia, coglid; maniava, campania, per mangiava, campagna.

Nei nomi plurali femminili serba non solo l'articolo italiano le, ma ancora la terminazione e che il Parmigiano, come accennammo, cangia in i. Dal che si vede, come il Borgotarese vada accostandosi ai dialetti toscani e genovesi. Queste proprietà per altro, che sempre più vanno sviluppandosi nelle valli superiori, vèngono meno di mano in mano che si discende nell'ima valle del Taro; giacchè nell'Agro parmigiano, come altrove, i dialetti vàriano, non che da valle a valle, da distretto a distretto e da

« IndietroContinua »