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Italiano

lo appressare servitore ordine padrone con Valdese lu apprucid servitù ùrdine patrùn

Piemontese 'l avsinė

srvitór órdin padrón

cun
con.

A differenza dei Piemontesi, tèrmina tutti i verbi della prima

conjugazione in d.

Italiano dimandare baciare toccare ammazzare tornare entrare
Valdese demanda basa tocca massà ', turnȧ intrà
Piemontese dmandè base toche massè

artornè intrè.

Distinguesi pure dagli altri piemontesi colla terminazione èi nella prima persona del futuro, in luogo di ö, ai.

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Del resto così la costruzione, come il vocabolario sono affatto

simili al piemontese.

Varcando il Po, troviamo nell' opposta valle di Lanzo il dialetto Piemontese affatto simile a quello della capitale. La sola differenza di qualche importanza consiste in alcune voci meno usitate nel piano, come veilàt, frèl, per vitello, fratello, e nell'uscita in à degli infiniti dei verbi di prima conjugazione, come abbiamo avvertito nel Valdese.

menare

mangiare fare

chiamare
ciama

E

trovare
trood.

Italiano
Lanzese mnà mingia få

Alcune varianti di maggior conto riscontransi nel superiore dialetto di Corio, la cui forma sebbene affatto piemontese, pure se ne discosta per alcune dissonanze. Ivi appare in molte voci il suono ä dei dialetti emiliani, come: fät, andät, stät, e in tutte le seconde persone plurali del presente dei verbi: andä, mnä, purtä, e così di sèguito.

Come il Valdese, scambia quasi sempre la o in u, dicendo: sgnur, cumpassiùn, fiùr, truvár, mèritu, möru, per signore, compassione, fiore, trovare, mèrito, muojo.

Come i dialetti del gruppo canavese, col quale confina, tèr mina gli infiniti dei verbi di prima conjugazione in ar, ciò che segna appunto il passaggio dall'uno all'altro gruppo; come:

truvár, sundr, sercår, står. Questo passaggio viene segnato altresì dall' intrusione di alcune voci che non sono prette piemontesi, o meno usitate.

Altro carattere che distingue il dialetto di Corio da quelli del primo gruppo si scorge nelle uscite delle prime e terze persone plurali del presente indicativo. Le prime sono sempre in én mentre il piemontese tèrmina in óma.

Italiano mangiamo andiamo facciamo stiamo chiamiamo Corio mingién andén fasén stasén ciamén Piemontese mangioma andóma fóma

stoma ciamота.

Le terze in en muto, laddove il piemontese tèrmina in o. Italiano mangiano andavano facécano abbiano avevano Corio mangien andaven fasien

à bien

avien

avio.

à bio

Piemontese mangio andavo fasio Per tal modo è abbastanza dimostrato, come si progredisca per gradi dall'uno all'altro gruppo, e come quindi torni generalmente impossibile il determinarne con precisione i rispettivi confini. Il passaggio ràpido e compiuto dall'una all'altra favella avviene solo allora, quando si trovano a contatto due lingue d'indole affatto diversa, come l'italiana e la tedesca nel Tirolo e nel Friuli, o due dialetti il cui sistema fônico è essenzialmente diverso, come il milanese ed il bergamasco confinanti sull'Adda. E perchè una tale repentina separazione abbia luogo, oltre all'intrinseca dissonanza delle favelle, richièdesi ancora, o una naturale barriera, o una divisione politica, il cui concorso ne renda malagèvole e quindi meno frequente il commercio reciproco. Procedendo a favellare dei dialetti alpigiani, abbiamo testè appuntati alcuni caratteri pei quali distinguonsi dagli altri piemontesi, e vanno assimilàndosi agli occitànici. Per non cader quindi in soverchie ripetizioni, accenneremo ancora ad alcune proprietà, per le quali ciascuno va distinto dagli altri.

Il dialetto di Limone possiede i due suoni distinti del z italiano; il duro cioè in alcune voci, come mazzár, azzal, ed in altre in luogo della t, dicendo: diz, faz, tüz, per detto, fatto, tutti; ed il suono dolce che sostituisce in luogo della gi italiana.

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Permuta sovente nelle voci la e in a, ciò che ne rende la

pronunzia molto aperta.

Italiano ancora bene

entrare sempre preso

degno Limone ancara ban dagn antrár sampri pras. Termina in an accentato le prime persone plurali dei presenti dei verbi, che i dialetti di Valdieri, Vinadio, Acceglio, Castel

magno e talun altro vòlgono in én.

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Il dialetto di Valdieri alla sua volta distinguesi dai circostanti per la forma che suol dare ai futuri, che è pure occità

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Il dialetto di Vinadio, oltre alla forma complessiva delle voci e delle frasi, che ancor più degli altri si accosta alle occitàniche, ne va principalmente distinto per una pronunzia nasale assai stretta, e per una forte appoggiatura sulle vocali finali, che produce un canto distinto.

La terminazione in o dei nomi femminili è un carattere strano che distingue i dialetti di Acceglio, S. Peyre, Oncino e Giaglione dagli altri alpigiani; vàlgano d'esempio: la ciarestio, üna vesto, la primo vestimento, campagno, müsico, chesto allegrio, i quali nomi, come si scorge dagli articoli, consèrvano il gènere femminile.

Il dialetto di Finestrelle è talmente composto di voci e frasi francesi raccozzate insieme con sintassi francese, ma forzate alla forma e desinenza piemontese, che anzichè un dialetto italiano, sembra un dialetto francese, travestito all'italiana. All'udirlo parlare, si direbbe la favella d'un Francese, che si sforza italianizzarla per farsi intendere. Cosi p. e. Votre fraire è vengü, e votre papà à tià ün vel gra, perché ch'a l'à trubà an bune sanda. Una semplice occhiata alla versione della Parábola, che soggiungiamo qui appresso, varrà meglio d'ogni altra spiegazione a porgerne il preciso concetto.

Non lasceremo per altro di notare, come esclusiva e peculiare di questo dialetto, l'uscita in èic della prima persona singolare nel futuro, come nei seguenti esempj:

Italiano dirò troverò andrò leverò surò
Finestrelle dirèic trubarèic anarèic levarèic serèic.

Del pari che quest' ùltimo i dialetti di Giaglione e ď Oulx potrebbero per le loro proprietà caratteristiche dirsi piuttosto francesi che piemontesi, non serbando di questi se non déboli traccie. In essi infatti compajono i suoni & ež, non che le ll molli, ignoti ai piemontesi propriamente detti, e si famigliari e frequenti nei francesi, dai quali ancora attinsero e vocabolario e forme grammaticali. Non mancano per altro di elementi bastèvoli per essere collegati agli alpigiani itàlici, quali sono il pronome eufónico u, come: u l'è turnà, u l'ére perdü, e sìmili; la forma sintètica di alcune frasi, e alquante radici loro peculiari. Noteremo ancora come carattere proprio di Oulx il suono th che in alcune voci sta invece della s, e nel dialetto di Giaglione la voce of per ha, che non trova riscontro veruno negli altri dialetti pedemontani o francesi.

Per último, nel tronco superiore della valle di Lanzo, segnatamente a Viù e ad Usséglio, i dialetti partecipano egualmente dei piemontesi e dei francesi. Rozzi ed informi, non pòrgono una fisonomia loro propria, nè un carattere determinato, tranne quello d'un'assoluta irregolarità nelle forme, d'una pronunzia incerta e d'una mistura di voci, che accènnano ad un accozzamento dei varii dialetti circostanti, riunendo più o meno le peculiarità da noi accennate degli altri dialetti alpigiani.

Nel tracciare le proprietà distintive dei tre gruppi, abbiamo notato alcuni caratteri più salienti che più generalmente rinvèngonsi nei dialetti del Canavese, fra i quali abbiamo annoverato come varietà distinte dal rappresentante comune d'Ivrea, i dialetti di Val Soana, di Biella, di Andorno e di Settimo Vittone.

Sebbene le poche dissonanze ivi appuntate, màssime nelle flessioni dei verbi e dei loro participj, vàlgano a sceverare il gruppo canavese dal piemontese, ciò nulladimeno non sono bastèvoli ad imprimervi un aspetto distinto; che anzi dobbiamo avvertire, come il Canavese si assimili nel resto al primo gruppo

avendo comune collo stesso e la pronunzia, e la sintassi, e poco discordando nel lessico. Ciò vale per i dialetti racchiusi fra l'Orco e la Dora Bàltea, rappresentati da quello d'Ivrea, e appena distinti fra loro per leggere e non curàbili differenze; ma non già per le varietà summentovate, le quali differiscono considerevolmente, non solo dai Piemontesi, ma altresì dai vicini Canavesi.

Tra queste emerge anzi tutto il dialetto della Valle Soana, parlato nei villaggi d'Ingria, Ronco, Valprato e Campiglia, che presenta lo strano fenómeno di pronunzia, forme e radici ignote a tutti i circostanti, e che può quindi considerarsi come un dialetto separato e distinto da tutti i tre gruppi. Noi lo abbiamo posto nel Canavese, non già perchè vi abbia maggior rapporto di affinità, ma solo per ragione geogràfica, trovandosi nel mezzo di questo.

Tra le molte speciali proprietà che lo distinguono, noteremo nella pronunzia un suono aspirato ben distinto in alcune voci, ed appena sensibile in molte altre; la permutazione del suono ca in cia, dicendo ciaussàr, ciarestia, ceorèi, ciargiàr, per calzare, carestia, capretto, caricare e simili; manca del suono ö, comune a tutti i pedemontani e lombardi; ed in generale è scorrèvole, dolce e sonoro, evitando l'accozzamento di più consonanti, e facendo uso frequente dei dittonghi e dei suoni ģ, č, š che sostituisce sovente al duro ed aspro delle medèsime lèttere.

Quanto alle forme delle voci, sono per lo più affini alle francesi, mentre quelle delle frasi e della sintassi sono prette italiane. Sono da appuntarsi le flessioni dei verbi nelle terze persone, che sèrbano la caratteristica latina t nel singolare, nɩ nel plurale, avvertendo che vi è pronunziata, e non già solo scritta per ragione etimològica, come nel francese.

Italiano ha avesse viene era aveva voleva entrasse V. Soana hat üsset vint éret avéit voléit

intràsset.

Così pure nelle terze persone plurali; Italiano fossero morivano mangiano davano V. Soana füssent crevdvont cùcunt donávant açànsunt.

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avanzano

Più di tutto per altro questo dialetto distinguesi da tutti gli altri per una serie di radici affatto strane ed esclusivamente sue

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