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Non lasceremo per altro di notare, come esclusiva e peculiare di questo dialetto, l'uscita in èic della prima persona singolare nel futuro, come nei seguenti esempj:

Italiano dirò troverò andrò leverò surò
Finestrelle dirèic trubarèic anarèic levarèic serèic.

Del pari che quest' ùltimo i dialetti di Giaglione e d'Oulx potrebbero per le loro proprietà caratteristiche dirsi piuttosto francesi che piemontesi, non serbando di questi se non dèboli traccie. In essi infatti compȧjono i suoni se ž, non che le ll molli, ignoti ai piemontesi propriamente detti, e si famigliari e frequenti nei francesi, dai quali ancora attinsero e vocabolario e forme grammaticali. Non mancano per altro di elementi bastèvoli per essere collegati agli alpigiani itàlici, quali sono il pronome eufónico u, come: u l'è turnà, u l'ére perdü, e sìmili; la forma sintètica di alcune frasi, e alquante radici loro peculiari. Noteremo ancora come carattere proprio di Oulx il suono th che in alcune voci sta invece della s, e nel dialetto di Giaglione la voce of per ha, che non trova riscontro veruno negli altri dialetti pedemontani o francesi.

Per último, nel tronco superiore della valle di Lanzo, segnatamente a Viù e ad Usséglio, i dialetti partecipano egualmente dei piemontesi e dei francesi. Rozzi ed informi, non porgono una fisonomia loro propria, nè un carattere determinato, tranne quello d'un'assoluta irregolarità nelle forme, d'una pronunzia incerta e d'una mistura di voci, che accènnano ad un accozzamento dei varii dialetti circostanti, riunendo più o meno le peculiarità da noi accennate degli altri dialetti alpigiani.

Nel tracciare le proprietà distintive dei tre gruppi, abbiamo notato alcuni caratteri più salienti che più generalmente rinvèngonsi nei dialetti del Canavese, fra i quali abbiamo annoverato come varietà distinte dal rappresentante comune d'Ivrea, i dialetti di Val Soana, di Biella, di Andorno e di Settimo Vittone.

Sebbene le poche dissonanze ivi appuntate, màssime nelle flessioni dei verbi e dei loro participj, vàlgano a sceverare il gruppo canavese dal piemontese, ciò nulladimeno non sono bastèvoli ad imprimervi un aspetto distinto; che anzi dobbiamo avvertire, come il Canavese si assimili nel resto al primo gruppo

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avendo comune collo stesso e la pronunzia, e la sintassi, e poco discordando nel lessico. Ciò vale per i dialetti racchiusi fra l'Orco e la Dora Bàltea, rappresentati da quello d'Ivrea, e appena distinti fra loro per leggere e non curàbili differenze; ma non già per le varietà summentovate, le quali differiscono considerevolmente, non solo dai Piemontesi, ma altresì dai vicini Canavesi.

Tra queste emerge anzi tutto il dialetto della Valle Soana, parlato nei villaggi d'Ingria, Ronco, Valprato e Campiglia, che presenta lo strano fenòmeno di pronunzia, forme e radici ignote a tutti i circostanti, e che può quindi considerarsi come un dialetto separato e distinto da tutti i tre gruppi. Noi lo abbiamo posto nel Canavese, non già perchè vi abbia maggior rapporto di affinità, ma solo per ragione geogràfica, trovàndosi nel mezzo di questo.

Tra le molte speciali proprietà che lo distinguono, noteremo nella pronunzia un suono aspirato ben distinto in alcune voci, ed appena sensibile in molte altre; la permutazione del suono ca in cia, dicendo ciaussàr, ciarestia, ceorèi, ciargiår, per calzare, carestia, capretto, caricare e simili; manca del suono ō, comune a tutti i pedemontani e lombardi; ed in generale è scorrèvole, dolce e sonoro, evitando l'accozzamento di più consonanti, e facendo uso frequente dei dittonghi e dei suoni §, č, § che sostituisce sovente al duro ed aspro delle medèsime lettere.

Quanto alle forme delle voci, sono per lo più affini alle francesi, mentre quelle delle frasi e della sintassi sono prette italiane. Sono da appuntarsi le flessioni dei verbi nelle terze persone, che sèrbano la caratteristica latina t nel singolare, në nel plurale, avvertendo che vi è pronunziata, e non già solo scritta per ragione etimològica, come nel francese.

Italiano ha avesse viene era aveva voleva entrasse V. Soana hat üsset vint éret avéit voléit

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intràsset.

Così pure nelle terze persone plurali;

Italiano fossero morivano mangiano

davano

avanzano

V. Soana füssent crevdvont cùcunt donávant avansunt. Più di tutto per altro questo dialetto distinguesi da tutti gli altri per una serie di radici affatto strane ed esclusivamente sue

proprie, come gori e dürbi per padre; cospa per casa; poglin per figlio; murcar per mangiare, e molte altre delle quali porgeremo un Saggio nel seguente vocabolario.

Il dialetto di Biella, e con esso un buon numero dei circostanti, distinguesi dai dialetti posti sulla riva destra della Dora, per la flessione dei participj, che finiscono in ač, iè, come dač, dič, anzichè in èt; per la terminazione in è negli infiniti dei verbi di prima conjugazione, che gli altri canavesi vôlgono in ar; nel che si collega ai Piemontesi; come pure, a simiglianza di questi, fa uso costante del pleonasmo nei pronomi reciproci e personali, dicendo: s'è aussàse, s'n'è andasne, al là vdülo, evitato sempre dai Canavesi.

Distinguesi pure dagli uni e dagli altri pel frequente uso del suono sc italiano, che sostituisce alla ci, dicendo: porscèi, sciò, panscia, per porci, ciò, pancia. Nel resto partecipa più o meno dei caratteri, così del piemontese, come del canavese e del monferrino.

I dialetti di Andorno e di Settimo Vittone, posti al settentrione di Biella sui monti, e che possono risguardarsi come varietà di quello che parlasi in Biella stessa, ne differiscono solo per una pronunzia più rozza, e per alquante radici, che palèsano origine latina, come: andà an obia, per andare incontro, obviam ire; recollèč, dal latino recollectum, per raccolto; vestimenta per vesti, ed altre. Sono pure da notarsi radici strane così nell'uno come nell'altro dialetto; per le quali vanno dagli altri distinti, come: mat, matèt, toisón, mül, mülèt, per figlio; tòi, niglia, pricà, squajà, per majale, fame, dire, ammazzare.

L'Alessandrino, e con esso i dialetti parlati nella campagna circostante e lungo la valle della Bòrmida sino al di sopra di Acqui, sono precipuamente caratterizzati dalle proprietà già mentovate, quali sono: la permutazione della ❞ in i, come tie, per tutti, l'articolo er, pel maschile, e ra pel femminile, che fanno der, ar, dar, dra, ara, dara, nei casi obliqui; la sostituzione della è alla nelle sillabe finali di molte voci, come quanè, tèč, stáč, andač, per quanti, tetto, stato, andato; e la costante presenza dell'eufònica u, che talvolta fa le veci del pronome egli, e più spesso tien luogo dell'eufònica a degli altri dialetti piemontesi e lombardi.

Ciò non pertanto a questi caratteri dobbiamo aggiungere l'uso di volgere le o in u nel maggior numero delle voci, màssime in fine di sillaba:

Italiano presto giovane òrdine trocare tornato ancora lontano
Aless. prestu giuvu ùrḍin trucè turna ancura luntàn.
Come pure nelle flessioni dei verbi che i Piemontesi tèrmi-
nano in o:
Italiano.

Alessandrino andavu

andacamo mangiano suonȧcano

credevano

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Piemontese andaco

mangio sunaco

L'uso di permutare le terminazioni ino, ina, in én, énna nasali, dicendo: sitadén, sitadénna, sticalén, cassénna, per cilladino, cittadina, stivalino, cascina, e sìmili.

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E per último l'uso di alcune voci peculiari, come ist per questo, che ricorda l'iste dei Latini, acsì, acsì-chì, per così, qui, che accènnano, del pari che la pronunzia, all'influenza del gruppo emiliano col quale confina a mezzogiorno.

Risalendo il corso della Bòrmida e del Tanaro il dialetto monferrino si accosta al piemontese, così nelle forme come nelle voci, per modo che, dopo avere già assunto in Bistagno la ö piemontese, che l'Alessandrino appena fa sentire in poche voci, depone in Alba alcune proprietà distintive, e ne riceve altre dai Piemontesi medèsimi.

Ivi infatti cessa la permutazione delle ü in i e delle t in č; ed incomincia il pleonasmo dei pronomi reciproci, affatto caratteristico e distintivo del Piemontese; così pure a molte voci proprie del monferrino succèdono voci e frasi piemontesi.

Ciò non pertanto, insieme alle altre proprietà monferrine, vi perdurano e la u eufònica, e gli articoli ed i pronomi er, ra, ro, che stringono in un solo fascio questo gruppo, assimilándolo alla famiglia ligure; e questi articoli e tutte le altre proprietà distintive accompagnano i dialetti della parte superiore delle due valli del Tanaro e della Bòrmida sino alla vetta dell'Apennino, ove gradatamente si fondono nei liguri limitrofi.

Il dialetto di Mondovi, che, come abbiamo altrove avvertito, riunisce i principali caratteri del monferrino e del piemontese, si distingue da entrambi per una pronunzia più aperta e più

vocalizzata, facendo uso di molti dittonghi in luogo delle sèmplici vocali, come mairit, per mèrito, vudiva, dàiva, turnàica, aùra, per venica, dava, tornava, ora, e simili. Distinguesi ancora pel suono duro della z ignoto agli altri gruppi, dicendo: zi per quì; auzè, mazzè, preziùs, per alzare, ammazzare, prezioso.

Raggiungendo la vetta dell'Apennino, troviamo a Millèsimo, al Cairo e a Montenotte il dialetto monferrino con tutte le sue proprietà, e con una tinta dei liguri, resa manifesta dalla mo. dificazione di alcune desinenze, dall'elisione della r in alcune voci, come: sercitùi, per sercitori, e dall'introduzione di qualche parola e frase genovese.

Questa tinta ligure è assai più forte e prevalente nei dialetti di Garessio e di Ormea, che per gli elementi onde constano possono del pari èssere classificati nella ligure famiglia, assimilandosi alle favelle vernácole della riviera di ponente. I carȧtteri quindi che li distinguono dai rimanenti del gruppo monferrino, si desùmono egualmente dalla pronunzia, che dalle forme e dal lèssico. La prima è dolce e scorrevole, per l'affluenza delle vocali e dei dittonghi, per la frequenza dei suoni ž, š, če ģ, e per l'uso di evitare le voci tronche, terminándole per lo più in vocale.

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Le forme sono affatto liguri nei participj, che finiscono in acio, icio, oppure do, io, io:

Italiano dato detto andato
Garessio dácio dicio anddo

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mandato venuto sentito mandào vgnüo sentio.

Sono liguri nella permutazione della p in c, dicendo ciù, incisse, per più, empirsi, e simili; e lo sono del pari nella sintassi, che non è punto diversa dalla genovese.

Nel dialetto poi di Ormea le forme liguri prevȧlgono talmente sopra ogni altra, da non poterlo collegare in verun modo al ramo pedemontano; noi lo abbiamo qui inserito, perchè trovàndosi sul versante settentrionale dell' Apennino, e formando parte della valle del Tanaro, è ancora politicamente racchiuso nella Provincia di Mondovì; perchè avvenendo la successiva trasformazione dei dialetti monferrini e piemontesi in liguri per gradi, se ne trovasse in questo il compimento, e valesse quindi di opportuno riscontro agli studiosi, e d'introduzione alla

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