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degli avvenimenti ad adottare la lingua d'un'altra, per una recòndita legge naturale, adattò più o meno il nuovo lèssico alle forme della lingua nativa, il che vuol dire: che una nazione può colla influenza sua sospingere fino ad un certo punto un'altra a cangiare i nomi materiali delle cose; ma non a dare nuova forma e nuovo ordine al pensiero.

Di questo fondamentale principio abbiamo irrefragabili testimonianze nelle tante nazioni slave germanizzate lungo le rive del Bàltico, e persino in tutte le moderne lingue latine, sopra tutto nella francese e nella valacca, le quali sèrbano le più distinte affinità grammaticali colle lingue che le precedettero prima ancora della romana invasione; e quindi emerge spontaneo un canone importante per la linguistica, che cioè, ogniqualvolta il lèssico e la grammàtica d'un dialetto appartengono a due idiomi disparati, la grammàtica indicherà i rapporti naturali, ed il lèssico i fortùiti, della nazione che lo parla, con quelle, alle quali gli idiomi affini appartengono.

Di qui emerge altresì evidente la causa della moltèplice varietà de' nostri dialetti, la quale consiste appunto nelle disparate origini delle nazioni che li pàrlano. Quante radicali discrepanze non sèrbano essi dopo tanti secoli scambievolmente tra loro, e quindi ancora colla lingua scritta! Di fatti l'italiano letterale fu primamente uno di questi tanti dialetti, che, a poco a poco prevalendo come intèrprete comune di tutti i pòpoli d'Italia, dovette partecipare dell'indole e del vocabolario di tutti i rispettivi loro dialetti, e accogliere elementi di varia natura. Tanto è vero che, per parlare e scrivere italianamente, dobbiamo imparare questa no

stra lingua con lunghi e laboriosi studj, poco meno che se apprendèssimo la latina o la francese; e a malgrado dell'affinità sua coi nostri dialetti, e del continuo lèggere, scrivere e parlare l'italiano, ben pochi giùngono a trattarlo come conviensi, e grandi e frequenti sono le difficoltà che incontriamo, ogniqualvolta vogliamo esporre con chiarezza e proprietà le nostre idee, poichè veramente dobbiamo tradurre il nostro dialetto in altra lingua, vale a dire, rappresentare sotto diversa forma i nostri pensieri. Perciò appunto, ancora oggidì in Piemonte, ove l'uso d'istruire la gioventù nella lingua francese, anzichè nell'italiana, prevale in alcune classi, trovasi di sovente chi agevolmente esprime in lingua francese ciò che non saprebbe fare italianamente, sebbene parli un italico dialetto. E non ha guari, che in molte provincie d'Italia, ove lo studio della lingua latina era materia principale e quasi esclusiva dell'insegnamento, restando negletto quello dell'italiana, trovavansi sovente scrittori, che più facilmente e con maggiore proprietà esprimèvano in latine forme i loro pensieri, che non italianamente. Senza più, qual v'ha sconcio più mostruoso e ridicolo, che il sentire un uomo illetterato dei nostri paesi a parlare l'italiana favella?

Ora questa medèsima osservazione, essendo applicàbile del pari a presso che tutte le nazioni incivilite, ci porge un importante. corollario, ed è: che assai male s'appone colui, il quale, intento a classificare una nazione, si fonda sulla lingua scritta della medèsima; poichè, essendo questa per lo più convenzionale, e risultando dalla riunione di più dialetti, può differire essenzialmente dalla lingua parlata; o, ciò che vale lo stesso, per pronunciare sull' origine e sui rapporti

dei cari popoli, è necessario studiare partitamente i loro dialetti, e non la lingua àulica loro comune. Gli altri elementi da noi enunciati, che necessariamente concorrono colla grammatica e col vocabolario a determinare l'indole peculiare di ciascuna lingua, sono due, cioè: la serie de' suoni costituenti la pronuncia d'ogni popolazione, ciò che noi abbiamo altrove designato col nome di sistema sonoro, o fonètico, e la filiazione dei concetti desunta dal modo di esprimerli proprio d'ogni nazione, ciò che abbiamo denominato sistema concettuale o grecamente ideotòmico. A questi due elementi, che sopra tutto costituiscono la fisiologia e la filosofia delle lingue, ci sembra doversi dare la preferenza nelle linguistiche ricerche.

Quanto al sistema sonoro: decomponendo le voci d'un dialetto nei loro elementi, è certo che si avrà una serie più o meno lunga di suoni sèmplici, dalla cui varia combinazione deriva appunto la sua particolare pronuncia. Se, disposte in egual ordine le serie dei suoni proprj di molti dialetti, le confrontiamo tra loro, osserviamo generalmente, anche in dialetti affini d'una medesima lingua, un maggiore o minor nùmero di radicali dissonanze, mentre ogni serie possiede qualche suono distintivo mancante nelle altre. Da questa radicale dissonanza degli elementi appunto derivano le tante varietà di pronuncia tra le nazioni. Progredendo nell'osservazione, veggiamo ancora che questa diversità di pronuncia si mantiene costante nelle nazioni, non solo attraverso una lunga serie di sècoli, ma in onta al più frequente commercio, ed agli sforzi fatti per annientarla. Rasles, che soggiornò dieci anni tra gli Abenacheri, dolèyasi di non saper pronunciare

la metà dei suoni proprj della lor lingua; Chaumont, dopo cinquant'anni di commercio cogli Huroni, non sapeva esprimere la varietà dei loro accenti; ma questi sono fatti individuali; ne abbiamo esempj ben più generali e convincenti. Qual più avito e più frequente commercio, che quello del cittadino milanese coll'abitante de' suoi vicini contadi? E pure, non si tosto apre questi la bocca sul público mercato, che è noto se traesse i natali sulla collina o sul piano.

Questa tenacità d'ogni singola nazione nel conservare la rispettiva pronuncia dèvesi attribuire sopra tutto alla costituzione degli organi destinati alla formazione ed articolazione dei suoni, i quali òrgani, educati sin dall'infanzia a quelle determinate flessioni, divèngono col tempo inetti a funzioni diverse. Nè giova opporre che, gettando un bambino d'una nazione nel mezzo d'un'altra di vario stipite, questi, sviluppandosi, assume la pronuncia che gli viene insegnata, senza manifestare traccia di quella della nazione propria; poichè una simile obiezione, lungi dall' affievolire il nostro principio, giova anzi ad avvalorarlo, mostrando la prevalente influenza dell'educazione. Ora i bambini imparano sempre a proferire i primi accenti dalle madri, che sono le più tenaci nel serbare i suoni nazionali, e perciò quand' anche una nazione venga a cangiare il proprio dialetto, conserva sempre qualche distintivo della nativa pronuncia.

Questo canone ci spiega per qual ragione le tante celtiche tribù, sostituendo la latina alla propria favella, serbàrono fino ai di nostri i proprj suoni, attraverso tanti secoli, e in onta alle successive invasioni di tanti pòpoli d'altre stirpi. Perciò i pòpoli ibèrici, rinun

ciando ai loro primitivi dialetti, imprèssero nelle voci latine quei suoni aspirati e gutturali, che ereditàrono dai loro maggiori (1); e perciò quando la lingua germànica venne parlata dalle nazioni vènede settentrionali, vi depose la naturale sua asprezza. Dalle quali considerazioni ci sembra dimostrato, che l'anàlisi del sistema sonoro delle lingue è utilissima e necessaria guida al linguista, giacchè, se una nazione potesse assumere la lingua d'un'altra, senza alterarne la grammàtica, nè il vocabolario, il solo esame della pronuncia basterebbe a svelarne l'origine diversa.

Parlando de' suoni, non possiamo ommettere d'accennare all'imperfezione de' mezzi usati sinora per rappresentarli. Tutte le lingue d'Europa, tranne le poche situate nell'orientale suo lembo, vengono scritte cogli scarsi e mal determinati segni dell'alfabeto latino, la cui manifesta insufficienza diede luogo alle più arbitrarie ed assurde combinazioni. Il medesimo segno, e la stessa combinazione di segni rappresentano dieci suoni differenti in dieci differenti lingue, mentre all'opposto il medèsimo suono è rappresentato da segni diversi in lingue diverse. Ciò nulla di meno qualche suono manca in ciascuna lingua di segno rappresentativo, mentre altri ne hanno più d'uno nella medèsima lingua. Di qui ebbe origine quell' intricato labirinto di sistemi ortogràfici, nel quale si smarriscono gli scrittori, ogni

(1) A quelli che attribuiscono l'origine de' suoni gutturali spagnuoli al lungo dominio degli Arabi in quella penisola, si potrebbe chiedere: per qual ragione questi suoni gutturali non si tròvano nelle provincie componenti il Portogallo, già soggette agli Arabi per varj sècoli, e tròvansi invece più frequenti e più forti fra le balze dei Pirenei occidentali, ove gli Arabi non penetrarono mai?

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