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pace; non a luogo, non a persona, non ad ora si affidava; temeva del pari paesani e nemici; con gli occhi in giro ad ogni cosa, adombrava ad ogni stormir di foglia; qua e là andava la notte a posare, e spesso contro la reale decenza; spesso riscosso dal sonno, con le armi in pugno levava rumore: così per paura quasi farneticava.

73. Come Metello riseppe dai disertori della morte di Bomilcare e della svelata congiura, torna ad affrettare ogni cosa, quasi per guerra da cominciare. Rimanda a Roma Mario, che lo nojava per andarsene, non stimandolo opportuno, e perchè sarebbe rimasto a malincuore, e perchè crucciato con lui. La plebe di Roma, avuta notizia delle lettere spedite intorno a Metello e a Mario, con piacere aveva accolto quello che recavano di amendue. La nobiltà del sangue, che innanzi aveva fatto onore al capitano, fruttògli invidia: e per contrario la bassezza dei natali mise l'altro in maggior pregio. Del resto, più poteva l'ardenza delle parti che il vizio e la virtù di quei due. Aggiungi: turbolenti magistrati mettevano su la plebe, e in tutte le arringhe accusavano Metello atrocemente, e levavano a cielo i meriti di Mario. Da ultimo i popolani infiammarono tanto, che contadini ed artigiani, il patrimonio e il credito dei quali stava tutto nelle loro braccia, negletto il lavoro, erano sempre attorno a Mario, e all'onor suo posponevano le loro cose necessarie. Così, fiaccata la nobiltà, dopo molti secoli il consolato fu commesso ad un uomo nuovo. E poscia, richiesto il popolo dal tribuno della plebe Manlio Longino chi volesse al governo della guerra contro Giugurta, a grande maggioranza gridò: Mario. Ma poco innanzi il senato vi aveva già destinato Metello; e la cosa andò in fumo.

74. Nello stesso tempo Giugurta, perduti gli amici, dei quali molti egli stesso aveva messo a morte, gli altri, per timore, chi appresso ai Romani, e chi al re Bocco eransi rifuggiti; epperò,

posset, et novorum fidem in tanta perfidia veterum experiri periculosum duceret, varius incertusque agitabat. neque illi res neque consilium aut quisquam hominum satis placebat; itinera praefectosque in dies mutare, modo advorsum hostis, interdum in solitudines pergere, saepe in fuga ac post paulo in armis spem habere, dubitare, virtuti an fidei popularium minus crederet; ita quocunque intenderat, res advorsae erant. sed inter eas moras repente sese Metellus cum exercitu ostendit. Numidae ab Iugurtha pro tempore parati instructique; dein proelium incipitur. qua in parte rex pugnae adfuit, ibi aliquamdiu certatum, ceteri eius omnes milites primo congressu pulsi fugatique. Romani signorum et armorum aliquanto numero, hostium paucorum potiti; nam ferme Numidas in omnibus proeliis magis pedes quam arma tutata sunt.

75. Ea fuga Iugurtha inpensius modo rebus suis diffidens cum perfugis et parte equitatus in solitudines, dein Thalam pervenit, in oppidum magnum atque opulentum, ubi plerique thesauri filiorumque eius multus pueritiae cultus erat. quae postquam Metello conperta sunt, quamquam inter Thalam flumenque proxumum in spatio milium quinquaginta, loca arida atque vasta esse cognoverat, tamen spe patrandi belli, si eius oppidi potitus foret, omnis asperitates supervadere ac naturam etiam vincere adgreditur. igitur omnia iumenta sarcinis levari iubet nisi frumento dierum decem, ceterum utris modo et alia aquae idonea portari. praeterea conquirit ex agris quam plurumum potest domiti pecoris, eoque inponit vasa quoiusque modi, sed pleraque lignea, conlecta ex tuguriis Numidarum. ad hoc finitumis imperat, qui se post regis fugam Metello dederant, quam plurumum quisque aquae portaret; diem locumque, ubi praesto fuerit, praedicit. ipse ex

non potendosi menare innanzi la guerra senza ministri, e pensando esser cosa pericolosa mettere a prova la fede dei nuovi amici in mezzo a tanta fellonia dei vecchi, stavasene dubbioso e incerto. Non era partito, non consiglio, non uomo al mondo che il contentasse: alla giornata mutava cammino e prefetti; ora fermo incontra al nemico, ora si cacciava nei deserti; spesso si affidava alla fuga, e poco appresso alle armi; non sapeva se avesse a fidarsi meno del valore, che della fedeltà dei suoi: così, ovunque si volgesse trovava nemica fortuna. Ma tra questi indugi eccoti Metello schierarsi innanzi coll'esercito. I Numidi vennero messi in punto e in ordine da Giugurta, come consentivalo il tempo; poi si viene alla pugna. Là dove fu presente il re, per un po' di tempo fu combattuto; il rimanente della sua oste al primo scontro venne ributtato e messo in fuga. I Romani presero molte armi e insegne; di nemici pochi, perchè i Numidi quasi in ogni battaglia prendono salvezza più dalle gambe che dalle armi.

75. Giugurta per questa fuga, vieppiù disperando delle cose sue, coi disertori e con parte della cavalleria si caccia nel deserto: poi va a Tala, grossa e doviziosa terra, ov'erano di molti tesori e la numerosa corte dei suoi figliuoli. Della qual cosa avuto contezza Metello, sebbene conoscesse che fra Tala e il vicino fiume correva per cinquanta miglia un arido e vasto paese, pure, per la speranza di conchiudere la guerra, se fossesi impadronito di quella città, si mette in punto di soverchiare ogni intoppo e trionfare della stessa natura. Adunque comanda che vengano scarichi i giumenti di ogni altro peso, salvo della vettovaglia necessaria per dieci dì; portino quelli soltanto otri ed altro da contenere acqua. Inoltre raccoglie dalla campagna quanto più può bestie da soma, e le carica di ogni maniera di vasi, la maggior parte di legno, tolti dalle capanne dei Numidi. Oltre a ciò impone ai vicini, i quali dopo la fuga del re eransi resi a Metello, che re

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cunque intenderat, res advorsae erant. s
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tempore parati instructique; dein proe
rex pugnae adfuit, ibi aliquamdiu ce.
milites primo congressu pulsi fugatio
morum aliquanto numero, hostium
Numidas in omnibus proeliis mag

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quae dicitur, ut rerea conmeatus spe va deditione, officia

nagis usi, eaque res

ese dis inmortalibus inem Iugurtae ad Thasperitate munitos creihilo segnius bellum

75. Ea fuga Iugurtha inpensius perfugis et parte equitatus in sol. in oppidum magnum atque opule. rumque eius multus pueritiae cul conperta sunt, quamquam inter spatio milium quinquaginta, lov verat, tamen spe patrandi belli, asperitates supervadere ac ne igitur omnia iumenta sarcinis decem, ceterum utris modo. terea conquirit ex agris qua eoque inponit vasa quoiusque ex tuguriis Numidarum. a regis fugam Metello dedera portaret; diem locumque,

e credens, quippe qui e naturam ipsam ceteris ris et magna parte pecustea in ullo loco amplius dara sese negoti gratia provitare posse celeriet ex oportunitate capi. as, simul oppidum et

aque moenia circumidoneis vineas agere, gerem inpositis tur

bae oppidani festinare,

- fieri. denique Romani

stes quadraginta quam

one il dì e il luogo dove si caricare le bestie dell'acqua correre vicino alla città. Così i, giunto che fu al luogo asserati gli alloggiamenti, è fama cielo tale un rovescio d'acqua, Zo: aggiungi la vettovaglia ab20, perchè i Numidi, come è uso vano a capello fatto il loro derenza bevevano per superstizione levò molto i loro spiriti, imperocla protezione degl' iddii immortali. la aspettazione di Giugurta, giuna, che si erano tenuti sicuri per la 10 del grande e strano avvenimento; arecchiano a combattere. I nostri fa

si che nulla più dovesse fallire a Mesenno tutto aveva superato, le spade, i i e fin la natura stessa, che tutto signoan parte del tesoro di notte se ne fugge cun luogo stanziando oltre un dì o una darsi fretta per ragione di affari; ma tequali si avvisava poter cansare con la celerocchè nell'ozio e per le occasioni si va a ni. Metello poi, vedendo i terrazzani delibeil castello affortificato e per arte e per natura, i palizzate e di fossato. Dipoi, nei luoghi più e graticci a difesa, sprolunga i terrapieni con mo delle opere e degli operai. A questo i terapparecchiavano; da ambedue le parti nulla di

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