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alle rocche affortificate: alcune per forza, altre per minacce, ed altre con promesse tolse di mano al nemico. E dapprima mettevasi a facili imprese, avvisandosi che Giugurta, per soccorrere i suoi, gli si sarebbe parato innanzi. Ma, come riseppe lui trovarsi lontano e inteso ad altro, gli parve ora di volgersi alle più grandi e difficili. Giacea in mezzo d'uno sterminato deserto una grossa e forte terra, a nome Capsa; di cui era fama fosse stato fondatore Ercole Libico. I suoi cittadini se ne stavano con Giugurta senza pesi, e governati alla buona, e per questo erano avuti per fedelissima gente si tenevano forti a petto del nemico, non solo per opere, per armi e gente, ma molto più per la difficoltà dei luoghi. Imperocchè, salvo le terre suburbane, tutto il rimanente paese sterminato, selvaggio, senza un fil d'acqua, maligno di serpenti, la rabbia dei quali, come in tutte le belve, per difetto di cibo più si aguzza: aggiungi la natura dei serpenti, per sè stessa pestilente, che più per sete che per altro stimolo invelenisce. Mario moriva di voglia d'averla in pugno, e perchè faceva all'uopo della guerra, e perchè era riputata impresa difficile: e poi, anche Metello aveva conquistata la terra di Tala con grande sua gloria, non altrimenti posta ed affortificata, salvo che in quel di Tala poco lungi dalle mura erano alcune fonti, e i Capsensi s'avevano una sola fonte d'acqua viva, e questa nel compreso della terra; ogni altra acqua era piovana. La qual cosa, ivi, come in tutta l'Africa, la gente, che lontana dal mare viveva più alla selvaggia, con minor pena sopportava; perchè i Numidi per lo più si nutricavano di latte e di carne ferina, nè andavano cercando di sale e d'altro solleticamento della gola. Del cibo usavano ad attutire la fame e la sete, non ad esca di ghiottoneria e di stravizii.

90. Il console adunque, fattosi ben ragione di tutto, mi penso che si fosse confidato negl'iddii; imperocchè non gli bastava il senno a fronteggiare tanti ostacoli, come quegli che era anche

16. LA GUERRA DI GIUGURTA.

pecoris magis quam arvo student, et quodcumque natum fuerat iussu regis in loca munita contulerant, ager autem aridus et frugum vacuus ea tempestate, nam aestatis extremum erat, tamen pro rei copia satis providenter exornat; pecus omne, quod superioribus diebus praedae fuerat, equitibus auxiliariis agendum adtribuit, A. Manlium legatum cum cohortibus expeditis ad oppidum Laris, ubi stipendium et conmeatum locaverat, ire iubet. dicitque se praedabundum post paucos dies eodem venturum. sic incepto suo occultato pergit ad flumen Tanam.

91. Ceterum in itinere cotidie pecus exercitui per centurias, item turmas aequaliter distribuerat, et ex coriis utres uti fierent curabat; simul inopiam frumenti lenire et ignaris omnibus parare, quae mox usui forent; denique sexto die, quom ad flumen ventum est, maxuma vis effecta utrium. ibi castris levi munimento positis, milites cibum capere atque, uti simul cum occasu solis egrederentur, paratos esse iubet, omnibus sarcinis abiectis, aqua modo seque et iumenta onerare. dein, postquam tempus visum, castris egreditur noctemque totam itinere facto consedit; idem proxuma facit, dein tertia multo ante lucis adventum pervenit in locum tumulosum ab Capsa non amplius duum milium intervallo, ibique, quam occultissume potest, cum omnibus copiis obperitur. sed ubi dies coepit et Numidae nihil hostile metuentes, multi oppido egressi, repente omnem equitatum et cum his velocissumos pedites cursu tendere ad Capsam et portas obsidere iubet: deinde ipse intentus propere sequi, neque milites praedari sinere. quae postquam oppidani cognovere, res trepidae, metus ingens, malum inprovisum, ad hoc pars civium extra moenia in hostium potestate, coegere, uti deditionem facerent. ceterum op

stretto da difetto di vettovaglie, perchè i Numidi si dànno più pensiero del pascolo degli armenti, che del seminar campi; e quanto aveva prodotto la terra, per comandamento del re era stato trasportato nelle rocche: la campagna poi era secca, senza un grano di frumento in quella stagione, perchè si era in sullo scorcio della state. Pure tuttavia se ne approvvigiona sufficientemente, secondochè gli venne fatto. Dà a menare alla cavalleria alleata tutto il bestiame predato nei giorni scorsi; spedisce il luogotenente Manlio con le coorti leggiere alla terra di Lari, ove aveva riposto la vettovaglia e le paghe, e gli fa intendere che in capo a pochi dì, menando preda, vi sarebbe anch'egli venuto. Così, chiuso nell'animo il da fare, muove verso il fiume Tana.

91. Nel cammino distribuiva ogni dì per centurie e drappelli ugualmente la carne del bestiame all'esercito, e dei cuoi dava a fare otri: così faceva men provare il difetto del grano, e, senza che alcuno se ne addasse, provvedeva ai bisogni prossimi a venire. Finalmente al sesto dì, giunto che si fu al fiume, una gran quantità d'otri si trova già fatta. Quivi, alloggiati con un po' di palizzata, comanda che i soldati prendano cibo e stiano in punto di venir fuori al cader del dì: messo giù ogni altro fardello, solo di acqua sè e le bestie carichino. Dipoi, come gli parve tempo, sloggia, e, camminato tutta notte, sostò: la notte appresso fa lo stesso. Finalmente la terza notte, molto prima dell'alba, giunge in contrada tutta di poggi, non oltre a due miglia da Capsa; e quivi con tutta la gente, quanto più celatamente gli vien fatto, se ne sta aspettando. Ma, come ruppe il dì, ed i Numidi, non sospettando d'un pericolo al mondo, uscirono in gran numero dalla terra, comanda che tutta la cavalleria, e con questa i più veloci fantaccini, corrano a briglia sciolta sopra Capsa, e ne occupino le porte: appresso a loro va egli stesso col solo pensiero di far presto a seguirli e contenere i soldati dalla preda.

pidum incensum, Numidae puberes interfecti, alii omnes venumdati, praeda militibus divisa, id facinus contra ius belli non avaritia neque scelere consulis admissum, sed quia locus Iugurthae oportunus, nobis aditu difficilis, genus hominum mobile, infidum ante, neque beneficio neque metu coercitum.

92. Postquam tantam rem peregit Marius sine ullo suorum incommodo, magnus et clarus antea, maior atque clarior haberi coepit. omnia non bene consulta in virtutem trahebantur, milites modesto imperio habiti simul et locupletes ad coelum ferre, Numidae magis quam mortalem timere, postremo omnes, socii atque hostes, credere illi aut mentem divinam esse aut deorum nutu cuncta portendi. sed consul, bene ea res ubi evenit, ad alia oppida pergit, pauca repugnantibus Numidis capit, plura deserta propter Capsensium miserias igni conrumpit; luctu atque caede omnia conplentur. denique multis locis potitus ac plerisque exercitu incruento, aliam rem adgreditur non eadem asperitate qua Capsensium, ceterum haud secus difficilem. namque haud longe a flumine Mulucha, quod Iugurthae Bocchique regnum disiungebat, erat inter ceteram planitiem mons saxeus, mediocri castello satis patens, in inmensum editus, uno perangusto aditu relicto, nam omnis natura velut opere atque consulto praeceps. quem locum Marius, quod ibi regis thesauri erant, summa vi capere intendit. sed ea res forte quam consilio melius gesta. nam castello virorum atque armorum satis, magna vis [et] frumenti et fons aquae, aggeribus turribusque et aliis machinationibus locus inportunus, iter castellanorum angustum admodum, utrim

Della qual cosa fatti consapevoli quei della terra, la dubbiezza degli eventi, il gran timore, la súbita sciagura, aggiugni una parte di cittadini fuoruscita in balìa al nemico, li misero alle strette di arrendersi. Ma la terra fu data alle fiamme, i giovani Numidi al taglio delle spade, tutti gli altri venduti, il bottino partito tra i soldati. A questa enormezza contro la ragione della guerra, non per avarizia nè per la ferocia del console, si andò; ma perchè il luogo era vantaggioso a Giugurta, a noi di difficile accesso; e quella era generazione di uomini incostante, già di mala fede, nè per blandizie nè per minacce infrenabile.

92. Poichè Mario ebbe compiuta sì difficile impresa senza alcun danno de' suoi, da grande ed illustre che era, venne in maggior fama e più splendida. Anche le cose da lui operate con immaturo consiglio si attribuivano a merito. I soldati, temperatamente governati ed arricchiti, lo levavano al cielo: i Numidi più che uomo lo temevano: da ultimo tutti gli alleati ed i nemici pensavano o che ei avesse mente divina, o che tutto facesse al cenno degl'iddii. Ma il console, venutagli in porto quell'impresa, si volge ad altre terre: poche ne coglie con resistenza dei Numidi, le più manda in fiamme, abbandonate pei casi dei Capsensi: pianto e sangue da per tutto. Da ultimo, insignoritosi di molti luoghi, e de' più senza goccia di sangue, si mette ad altra impresa, non scabra, come quella di Capsa, ma non del tutto spianata. Imperocchè poco lungi dal fiume Moluca, che divideva i reami di Giugurta e di Bocco, sorgeva in tutta la valle un monte di viva roccia, assai in vista per un mediocre castello, fuori modo levato, con un sol passo strettissimo ad andarvi; imperocchè da ogni banda per natura, quasi fatto con mano e con arte, dirupato. Il qual luogo Mario, perchè vi aveva il tesoro del re, con tutti i nervi si mette in punto di averlo. Ma quell'impresa gli fu meglio governata dal caso, che dal senno; imperciocchè il castello era

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