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l'oste romana non aveva ottenuta una dolce ed incruenta vittoria; perchè tutti i più valorosi o erano caduti nella battaglia o se n'erano ritratti con mortali ferite. Molti poi che, o per vaghezza di vedere o di spogliare, erano usciti dagli alloggiamenti, rivolgendo i nemici cadaveri, davano chi nell'amico, chi nell'ospite o nel parente; e fu chi ravvisò i proprii nemici. Così in varie guise allegrezza e compianto, guai e tripudio menavasi per tutta l'oste.

LA GUERRA DI GIUGURTA.

BELLUM IUGURTHINUM

1. Falso queritur de natura sua genus humanum, quod inbecilla atque aevi brevis forte potius quam virtute regatur. nam contra reputando neque maius aliud neque praestabilius invenias, magisque naturae industriam hominum quam vim aut tempus deesse. sed dux atque imperator vitae mortalium animus est, qui, ubi ad gloriam virtutis via grassatur, abunde pollens potensque et clarus est, neque fortuna eget, quippe probitatem, industriam aliasque artis bonas neque dare neque eripere quoiquam potest. sin captus pravis cupidinibus ad inertiam et voluptatis corporis pessum datus est, perniciosa lubidine paulisper usus, ubi per socordiam vires, tempus, ingenium diffluxere, naturae infirmitas accusatur; suam quique culpam auctores ad negotia transferunt. quodsi hominibus bonarum rerum tanta cura esset, quanto studio aliena ac nihil profutura multaque etiam periculosa petunt; neque regerentur magis quam regerent casus, et eo magnitudinis procederent, ubi pro mortalibus gloria aeterni fierent.

2. Nam uti genus hominum compositum ex corpore et anima est, ita res cunctae studiaque omnia nostra corporis alia, alia

LA GUERRA DI GIUGURTA

1. L'umana generazione si lamenta a torto della propria natura, perchè, fiacca e di poca vita, piuttosto dal caso che dal senno si governa. Imperocchè al contrario, facendo ben ragione, ti persuaderai che niuna cosa è più grande o più pregevole di lei, e che alla natura fallisce piuttosto la operosità degli uomini, che la forza e il tempo. Ma duca e signore dell'umana vita è l'animo; il quale, dirizzato che sia a gloria per la via della virtù, ha nervi, possanza e gloria d'avanzo; nè ha mestieri della fortuna, come quella che nè può dare nè togliere ad alcuno l'onestà, l'operosità e le altre virtù: ma, se impegolato in maligne cupidigie, si lascia aggiogare dall'ozio e dalle dilettazioni carnali, logoro a poco a poco dalla pestilente libidine, dissipate che sieno per la ignavia le forze, il tempo e l'ingegno, allora si accagiona di fiacchezza la natura; e chi ne ha la colpa, la gitta sulle difficoltà della vita. Che se gli uomini fossero tanto teneri delle utili cose, per quanto affannano appresso alle futili e punto giove voli ed anche molto pericolose, piuttosto terrebbero in lor balia gli umani casi, anzi che subirli; ed a quella cima di grandezza toccherebbero, in cui per gloria, di mortali addiverrebbero eterní, 2. Imperocchè, siccome l'uomo si compone di anima e di corpo, così tutte le nostre cose e i nostri desiderii seguitano o la natura

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