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Sordello, inteso che quegli che parla con lui è Virgilio, gli fa nuove e maggiori dimostrazioni d'affetto e gli si offre a guida. Ma, essendo il sole sul tramontare, e di notte non potendosi andar su pel monte, egli conduce i Poeti ad una vicina valletta, dove dimorano personaggi di conto, che tutti assorti nelle cure dell'umana grandezza, serbarono all'ultimo il pensiero at Dio.

Posciachè l'accoglienze oneste e liete
Furo iterate tre e quattro volte,
Sordel si trasse, e disse: Voi chi siete?
Prima che a questo monte fosser volte
L'anime degne di salire a Dio,
Fur l'ossa mie per Ottavian sepolte.
Io son Virglio: e per null'altro rio

Lo ciel perdei, che per non aver fè;
Così rispose allora il Duca mio.
Qual è colui che cosa innanzi a sè
Subita vede, ond'ei si maraviglia,
Che crede o no dicendo: Ell'è, non è;
Tal parve quegli, e poi chinò le ciglia,
Ed umilmente ritornò ver lui,
Ed abbracciollo ove il minor s'appiglia.
O gloria de' Latin, disse, per cui

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Mostrò ciò che potea la lingua nostra,
O pregio eterno del loco ond'io fui.
Qual merito, o qual grazia mi ti mostra?
S'io son d'udir le tue parole degno,
Dimmi se vien d'inferno e di qual chiostra.
Per tutti i cerchi del dolente regno,
Rispose lui, son io di qua venuto;
Virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno.
Non per far, ma per non fare ho perduto 25
Di veder l'alto Sol che tu disiri,

E che fu tardi da me conosciuto.

Loco è laggiù non tristo da martiri,
Ma di tenebre solo, ove i lamenti
Non suonan come guai, ma son sospiri.
Quivi sto io co' parvoli innocenti,

Dai denti morsi della morte, avante
Che fosser dall'umana colpa esenti.
Quivi sto io con quei che le tre sante
Virtù non si vestiro, e senza vizio,
Conobber l'altre e seguir tutte quante.
Ma se tu sai e puoi, alcuno indizio

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Da noi, perchè venir possiam più tosto
Là dove il Purgatorio ha dritto inizio.
Rispose: Luogo certo non c'è posto:
Licito m'è andar suso ed intorno:
Per quanto ir posso, a guida mi t'accosto.

1-3. L'accoglienze, li ricevimenti (B.).Iterate, ripetute. - Si trasse indietro. Voi, parla in plurali per farli onore (B.). Il vostro nome qual è? (L.).

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6-8. Per Ottavian, per comandamento d'Ottaviano. L'imperatore Augusto portava i nomi Cajus Julius Cæsar Octavianus (B.). Segue la Vita di

Virgilio attribuita a T. C. Donato. Rio, peccato, Inf., IV 40.- Lo ciel, la beatitudine del cielo.

11-15. Subita, non preveduta. Chino le ciglia, quasi dolendosi che tanto uomo fusse privato della beatitudine (B.). - Il minor, di minore condizione; o dove lo fanciullo s'afferra (B.). Ai ginocchi. Sotto, XXI, 130. Di Stazio: Gid si chinava ad abbracciar li piedi Al mio Dottor.

17-21. La lingua nostra, la lingua latina, ch'è pur nostra.

Qual merito mio, (T.). E di qual chiostra, di qual cerchio dell' Inferno. Altri: o di qual chiostra,

1, 68.

23-29. Di qua, nel Purgatorio. Virtù del ciel. Purg., Con lei, con la grazia di Dio. Ravvalorato dalla detta virtù. Non per far alcun peccato ma per non fare I' opre meritorie delle virtù teologiche. Sotto, v. 34-36.L'alto Sol, Iddio ch'è il sole de'soli.-Non tristo da martiri, nel Limbo non sono tormenti, ma è come una prigione (B.) Il Boccaccio: ombroso da arbori (Ces.). Altri: di. Di tenebre sole, perchè quivi non riluce la grazia di Dio (B). Del resto Virgilio stava nel recinto luminoso con gli spiriti magni.

32-36 Dai denti morsi. Petr.: Gli estremi morsi (della morte) Mai non sentii (T.). - Dall'umana colpa esenti, dall'originale peccato liberati per lo battesimo (B.). Purgati (L.). - Le tre sante Virtù, teologiche: fede, speranza e carità non si vestiro, non l' ebbeno Conobber perchè infedeli.Paltre virtù cardinali (B.).

37-42. Da noi, a noi. - Ha'dritto inizio, il vero principio, dacchè questa dov'erano era l'antiporta de' negligenti (Ces.). Luogo, ecc., non abbiamo luogo certo posto, assegnato. Licito m' è, есс., andar per lo monte verso lo Purgatorio e per lo giro del monte; ma non dentro infino a tanto che non è passato lo tempo della negligenza (B.). Per quanto, ecc., io posso montare, ti vegno allato per guida (B.).

43-51. Dichina il giorno, si fa sera; il sole va a basso. Però è buon pensar, ecc., è buono pensare d'una bella dimora dove noi possiamo aspettare lo di (B).-Qua remote dall'altre, perchè son l'ultima specie de negligenti. Merrò, menerd. -Fu risposto da Virgilio. V. v. 61. Ovver saria che non potesse, o avverrebbe ch' ei non ne avesse il potere Altri, men bene: 0 non sarria (salirebbe) che non potesse ?

52-63. Fregò il dito, facendo una riga col dito nella polvere.

Non varcheresti dopo il sol partito, dopo essere partito il sole. Briga, impaccio a chi volesse montare. -Intriga, impaccia. Con lei, con la tenebra (B.). In compagnia della notte, durante la notte. - E passeggiar la costa, andando intorno al monte errando. Mentre che, eco., mentre che il sole sta sotto l'orizzonte nell'altro emispero (B.). Ammirando, meravigliandosi. Dimorando, stando.

64-72. Allungati, ecc., dilun gati (Ces.), del luogo dove prima eravamo in via - lici, lì. Era scemo, avea concavità e valle, sicchè non girava tondo (B.). Creusé (Ls.). Quici, qui nel mondo. Face di se grembo, fa valle.Tra erto e piano. Parte piano e parte erto: parte andava in su o in giù, è parte diritto e parallelo al piano B.).- La dove più che a mezzo, ecc., là dove il lembo che circonda quella lacca muore, vien manco, è rilevato la metà meno che negli altri punti di esso, di guisa che nel detto lato la discesa che conduce a quel seno è dolcissima. Ma per intender bene la figura di questo luogo, immaginiamo che il suolo del girone in cui trovansi i Poeti, a un certo luogo e per una piccola estensione s' avvalli, e formi una cavità, il cui fondo, declini passo passo al monte, e s' interni alquanto nel fianco della soprastante pendice. Ciò immaginato,

Ma vedi già come dechina il giorno,
Ed andar su di notte non si puote;
Però è buon pensar di bel soggiorno.
Anime sono a destra qua remote:

Se 'l mi consenti i' ti merrò ad esse,
E non senza diletto ti fien note.
Com'è ciò? fu risposto: chi volesse
Salir di notte, fora egli impedito
D'altrui ovver saria che non potesse?
E il buon Sordello in terra fregò il dito
Dicendo: Vedi, sola questa riga
Non varcheresti dopo il sol partito:
Non però che altra cosa desse briga,

Che la notturna tenebra, ad ir suso:
Quella col non poter la voglia intriga.
Ben si poria con lei tornare in giuso,

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E passeggiar la costa intorno errando,
Mentre che l'orizzonte il dì tien chiuso.
Allora il mio Signor, quasi ammirando:
Menane dunque, disse, là 've dici
Che aver si può diletto dimorando.
Poco allungati c'eravamo di lici,
Quand'io m'accorsi che il monte era scemo,
A guisa che i valloni sceman quici.
Colà, disse quell'ombra, n'anderemo
Dove la costa face di sè grembo,
E quivi il nuovo giorno attenderemo.
Tra erto e piano era un sentiero sghembo,70
Che ne condusse in fianco della lacca
Là dove più che a mezzo muore il lembo.
Oro ed argento fine, cocco e biacca,
Indico legno lucido e sereno,
Fresco smeraldo in l'ora che si flacca,
Dall'erba e dalli fior dentro a quel seno
Posti, ciascun saria di color vinto,

Come dal suo maggiore è vinto il meno.

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intermedio fra l'origine di come fanno molti vermi (B. e quell' argine o sponda, e l'e- Lan.). - Sereno, non macstremità di esso, sarà quel- chiato: ben scuro e chiaro lo ove l'altezza del lembo muore a mezzo, cioè svanisce per metà. Se da questo punto si proceda verso il principio dell' avvallamento, e sin dove comprenderemo la sponda non ha che circa

tre passi di altezza, saremo al
luogo indicato dal Poeta dove
più che a mezzo muore il
lembo (B. B.).

(B.). Qui rappresenta il color bruno o nero. Filalete: Und leuchtend Holz und Indig. Ho seguito qui, egli dice, il Buti, che distingue indico e legno lucido. La comune, che fa inche dal lato medio opposto al dico, aggiunto di legno non monte la piccola valle è scopare accettabile, perchè l' inperta e senza riparo alcuno, daco non si trae da un legno ma dai lati di fianco viene ad ma da una pianta erbacea, e avere come due sponde o arin antico passava per un migini, i quali han la loro magnerale, e si chiamava pertanto giore altezza dove si uniscono pietra indica. Nè posso amcol monte, e di mano in mano mettere che per legno indico diminuendo andranno a perper Biacca, dal- s'intenda 1' ebano ; perchè dersi nella parte anteriore della l'all.: bleich, pallido, bianco mancherebbe un rappresenvalle dov'è l'apertura, e d'onde di calce, o ossido bianco di piom- tante del colore azzurro, che comincia il suolo ad avvallare. bo (Bl.). Indaco, colore az- è sì diffuso nel mondo dei Ora si fissi l'attenzione su quel zurro. - Legno lucido, questo fiori. Il Blanc: Non è certo de' due lati della valle, nel è la quercia fracida, ehe, quan che l'uso dell' indaco si coquale sono i Poeti: il punto do è bagnata, riluce di notte noscesse in Europa nel seco

73-78. Cocco: latino coccum. Chermes o grana di scarlatto, specie di cocciniglia, che vive sulla querce. Onde il colore scarlatto (Bl.)

Non avea pur natura ivi dipinto,
Ma di soavità di mille odori,
Vi facea un incognito indistinto.
Salve Regina, in sul verde e in su' fiori
Quivi seder cantando anime vidi,
Che per la valle non parean di fuori.
Prima che il poco sole omai s'annidi,

Cominciò il Mantovan che ci avea volti,
Tra costor non vogliate ch'io vi guidi.
Da questo balzo meglio gli atti e i volti
Conoscerete voi di tutti quanti,
Che nella lama giù tra essi accolti.
Colui che più sied'alto e fa sembianti
D'aver negletto ciò che far dovea,

E che non move bocca agli altrui canti, Ridolfo imperador fu, che potea

Sanar le piaghe ch'hanno Italia morta, Si che tardi per altri si ricrea.

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L'altro, che nella vista lui conforta,
Resse la terra dove l'acqua nasce,
Che Molta in Albia, e Albia in mar ne porta:
Ottachero ebbe nome, e nelle fasce

Fu meglio assai che Vincislao suo figlio
Barbuto, cui lussuria ed ozio pasce.
E quel Nasetto, che stretto a consiglio

Par con colui ch'ha sì benigno aspetto,
Mori fuggendo e disfiorando il giglio:
Guardate la come si batte il petto.

L'altro vedete ch'ha fatto alla guancia
Della sua palma, sospirando, letto.

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lo XIV. Fresco smeraldo, però finge che la cantassero
spiccato di nuovo dall' altra quell' anime quando già si fa-
pietra (B.), quando si rompe cea sera, e così finge che can-
da prima, che è senza roccia tino alla mattina: Jam lucis
e sudiciume (Lan.) -in l'ora orto sidere (B.). -In sul verde,
che si facca, perchè stando dell' erbe. Quivi, il Buti:
perde del suo chiarore (ossi- quindi, del fianco alto della
dandosi). Questa è pietra verde; valle. Che, le quali per la
e così ha toccato l'Autore tutti valle che era bassa giuso non
li più belli colori che si trovino; si vedeano di fuori innanti che
cioè, giallo, bianco con splen- s'accostasseno ad essa. -I
dore, bianco puro, vermiglio, poco sole, poco restava del di
azzurro, lucido puro e verde.
-A quel seno, a quella valle.
--Come dal suo maggiore,
eco., come lo più vince lo
meno (B.).

s'annidi, si corichi - Ci avea volti, dalla montata e menatoci al balzo. - Vi guidi, innanti che si faccia sera (B.). -Tra essi accolti, stando con loro.

nato nel 1218, morì in Spira l'anno 1291. Le piaghe, le divisioni - morta, disfatta. Si che tardi per altri, ecc., Intende d' Enrico VII di Lussemburgo, i cui sforzi per restaurare l'autorità imperiale vennero troppo tardi. Si ricrea, per si ricreerà. Sotto, VIII, 133: Or va, che il sol non si ricorca, non si ricorcherà (Tor.)

97-102. Conforta, atteggiato in opera di confortarlo. Resse Boemia e descrive Boemia per due fiumi, che l'uno si chiama Molta (la Moldava, fiume che attraversa Praga), e l'altro Albia (Elba; latino: Albis); e Molta entra in Albia et amburo (ambedue) se ne vanno in mare insieme meschiati (B.).

Ottachero. (Il Tommaseo lo fa breve). Przemysl Ottokar, valoroso avversario di Rodolfo, morto nei 1278. Nel Purgatorio spariscono le passioni terrene : gli antichi avversari seggono l'altro, e l'uno si conforta delamicamente l'uno incontro alla vista dell'altro (Fil.). - Vincislao, IV di nome; inferiore di virtù al padre, lo superava assai di divozione. Ascoltava da venti messe al giorno, ma a venticinque anni aveva già parecchi figli naturali. Barbuto, cioè quando fu fatto uomo con la barba.

103-108. E quel nasetto. Altri: nasuto, e non bene, secondo Benv. Ce nez court (Ls.). Lo re Filippo di Francia, lo quale fu nasello, imperò che ebbe picculo naso (B.). Filippo III, re di Francia detto l'Ardito. Dall'effigie in Montfaucon (Monuments de la Monarchie française), tolto dal suo monumento a Narbona, si vede chiaramente che fu nasello (Fil.). Con colui, col re Guglielmo di Navarra, che fu buon figliuolo del buon re Tebaldo (B.). Meglio: Arrigo, re di Navarra, III di questo nome, detto il Grasso e conte di Sciampagna, fratello del buon re Tebaldo (Inf., xx11,52): perchè questi fu il suocero di Filippo il Bello (che si dee intendere pel mal di Francia), ossia il padre di Giovanna, moglie di lui. - Ch'ha si benigno aspetto. Accenna che fu di pietosa indole

79-81. Dipinto, colorato di vari colori (B.). Sfoggiato in 91-96 Colui che più sied'alcolori (Ces.).—Indistinto, s80- to, supereminens omnibus, stant. quasi una mescolanza quia Imperator (Benv.). Fa (Ces.). Si potrebbe, secondo il sembianti, viste et atti (B.). Disfiorando il giglio. Lo gi

Tomm., por la virgola dopo un, e sottintendere odore; indistinto, sarebbe aggiunto, come incognito. Anche incognito si potrebbe far sostantivo.

- D'aver negletto di soccorrere Italia. G. Vill., v11, 55 e 146. Non move bocca, ecc., non canta insieme con l'altre anime. Quia dolet et eru82-90. Salve, Regina. Questa bescit de negligentia sua. orazione ch'è salutazione de- (Benv.). — Ridolfo d'Absburgo, votissima alla Vergine Maria padre d'Alberto. V. canto pre⚫ preghiera, canta la Santa cedente, v. 97-105. Fu eletto Chiesa la sera a compieta. E imperatore l'anno 1273. Era

glio è l'arme di casa di Francia; cioè giglio e rastello d'oro nel campo azzurro (B.). Avendo Filippo III guerra con Pietro III, re d' Aragona, ed essendo entrato nella Catalogna, Ruggieri d'Oria (Lauria), ammiraglio del re Pietro, disfece interamente l'armata navale di Filippo; il perchè non potendo

più questi trar vettovaglie per la sua armata di terra, fu costretto ad abbandonar l'impresa; e dopo morta molta gente del suo esercito di fame, mori egli finalmente di dolore in Perpignano (1285) (L.). Disfiorando il giglio, macchiando la gloria della corona di Francia, Si batte il petto, per la sua vita viziosa V. v. 110. L'altro, Arrigo, il suocero di Filippo il Bello Ch' ha fatto, ecc., si tenea la gota in su la mano, e sospirava e portava dolore della sua negligenzia avuta nel mondo (B.).

109-111. Padre e suocero son del mal di Francia, delle guerre e delle dissensioni che sono in Francia (B.). Di Filippo il Bello, spesso biasimato da Dante. Inf., xix, 85; Purg,, Xxx, 86; xxx11, 152; xxxIII, 45; Par., XIX, 118. Mori nel 1314.Li lancia, li tormenta. - Dolor ferit ad vivum (Benv.).

112-114. Quel che par si membruto. Don Pedro (III) re di Ragona, che fu bello omo della persona e formato e virtuoso (B.). - Colui dal maschio naso, re Carlo I di Puglia. Ebbe grande naso (B.). Si vede da un ritratto nella Storia de gli Hohenstaufen di Raumer.

v. G. Vill., v11, 95, e sotto. xx, 66. — D' ogni valor, ecc., fu valoroso re in ogni cosa.

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Padre e suocero son del mal di Francia:
Sanno la vita sua viziata e lorda,
E quindi viene il duol che si li lancia.
Quel che par si membruto, e che s'accorda 112
Cantando con lui dal maschio naso,
D'ogni valor portò cinta la corda.

E se re dopo lui fosse rimaso

Lo giovinetto che retro a lui siede,
Bene andava il valor di vaso in vaso;
Che non si puote dir dell'altre rede.
Jacomo e Federigo hanno i reami;
Del retaggio miglior nessun possiede.
Rade volte risurge per li rami

L'umana probitate: e questo vuole
Quei che la dà, perchè da lui si chiami.
Anche al Nasuto vanno mie parole,

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Non men ch'all'altro, Pier, che con lui canta,
Onde Puglia e Provenza già si duole.
Tant'è del seme suo minor la pianta,
Quanto più che Beatrice e Margherita,
Costanza di marito ancor si vanta.
Vedete il re della semplice vita

Seder là solo, Arrigo d'Inghilterra;
Questi ha ne' rami suoi migliore uscita.
Quel che più basso tra costor s'atterra,

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Guardando in suso, è Guglielmo Marchese,
Per cui ed Alessandria e la sua guerra
Fa pianger Monferrato è il Canavese.

116-123. Lo giovinetto Alfonso -Fu il primogenito, e successe al padre nel reame venza essendo mal governati d'Aragona, e morto senza fi- dal suo figlio e successore gliuoli (1285) di circa vent'anni, Carlo II, detto il Zoppo. - Carlo ebbe questo reame il fratello d'Angiò, Pietro III d'Aragona Jacopo, secondogenito, e la Si- morirono, come Filippo III di cilia Federigo, il terzogenito, Francia, nel 1285. Tant'è del G Vill., VII, 102-103. - Di seme suo, ecc. Tanto più sono vaso in vaso, di padre in figlio. stralignati li figliuoli di Don Bene transfundebatur vir- Piero da lui, quanto più si tus de patre in filium (Benv.). vanta Costanza (figlia di ManDell'altre rede. Altri: erede, fredi, ancor vivente) sua donna, degli altri figliuoli. Jacomo di marito, che Beatrice e Mare Federigo. Sono regi, cioè Jacopo di Ragona e Federigo di Sicilia. Rade volte ecc. L'umana virtù rade volte si rileva ne' figliuoli come la virtù del troncone (stipite) dell' albero ne' suoi rami.-Mach., Disc.,1,11: I regni, i quali dipendono solo dalla virtù d'un uomo, sono poco durabili, perchè quella virtù manca con la vita di quello, e rade volte accade che sia rinfrescata una successione. come prudentemente Dante dice. Si chiami, si reputi avere da lui (B.). Si chieda (T.).

124-129. Al Nasuto. al re Carlo primo di Puglia. - Non men ch'all'altro Pier. All'altro, cioè a Piero. Si duole. I suoi regni di Puglia e di Pro

garita, donne dei suoi figliuoli,
dei loro mariti (B.). Figlie di
Raimondo Berlinghieri V, conte
di Provenza, la prima a suo
tempo vissuta, I'altra poco
avanti; quella maritata a san
Luigi, re di Francia, e questa
al fratello di lui, Carlo I re di
Puglia (1216-1272).

130-136. Il re della semplice
vita, Arrigo III. Più divoto
di san Luigi. Ombra di re lo
chiamò Dickens. Seder la
solo, per mostrare ch' elli nel
mondo ebbe vita singulare (B.).
Come il Saladino Inf., Iv. 129. -
Ne' rami, ne' figliuoli.
gliore uscita (issue Lf.), però
che seguitonnè li costumi del
padre e riuscetteno migliori
de' figliuoli di don Pietro d'A-
ragona e del re Carlo di Pu-

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glia (B.). G. Vill., v, 4: D'Ar rigo nacque il buon re Adoardo, il quale fece gran cose.

Detto il Giustiniano inglese per avere corretto e ordinato le leggi, e Longshanks per la lunghezza delle sue gambe (Lf). -S'atterra, s'accosta più alla terra sedendo più basso che li altri, perchè non fu del grado loro (B.), Guardando in suso, imperò che avea desiderio di montare al Purgatorio (B.). Ad cœlum, ex devotione (Benv.). Guglielmo. Questi fu marchese di Monferrato (Guglielmo VI detto Spadalunga), e fu preso dalli Alessandrini e messo in prigione, e quivi mori, e però molta guerra fu fatta da quelli del Monferrato e del Canavese, che era del suo distretto, colli Alessandrini in vendetta del loro signore (B.). Il Muratori : Lo chiuserò in una gabbia di ferro, sotto buone guardie, ove stette languendo sino al 6 febbrajo del 1292, in cui morì. Per assicurarsi che fosse morto bene gli gocciarono addosso del lardo bollente e del piombo disfatto. V. Celesia, Dante in Liguria, 58.

Vien la sera, e due Angeli scendono dal cielo a guardia della valle, che il maligno serpe insidia nelle tenebre. I Poeti s'inoltrano tra le ombre, e Dante riconosce Nino de' Visconti di Pisa, giudice di Gallura. Mentre ragionano, il serpe entra, e gli Angeli lo fugano col solo rombo dell'ali. Dipoi Corrado Malaspina si volge a Dante, chiedendo nuove del suo paese, e ne ha in risposta un magnifico encomio della sua casa.

Era già l'ora che volge il disio

Ai naviganti, e intenerisce il core

Lo di ch'han detto ai dolci amici addio:
E che lo novo peregrin d'amore
Punge, se ode squilla di lontano,

Che paia il giorno pianger che si more:
Quand'io incominciai a render vano
L'udire, ed a mirare una dell'alme
Surta, che l'ascoltar chiedea con mano.
Ella giunse e levò ambo le palme,
Ficcando gli occhi verso l'oriente,

Come dicesse a Dio: D'altro non calme.

Te lucis ante si divotamente

Le uscì di bocca, e con si dolci note,
Che fece me a me uscir di mente.

E l'altre poi dolcemente e divote

Seguitar lei per tutto l'inno intero,
Avendo gli occhi alle superne rote.

Aguzza qui, Lettor, ben gli occhi al vero,
Chè il velo è ora ben tanto sottile,
Certo, che il trapassar dentro è leggiero.
Io vidi quello esercito gentile

Tacito poscia riguardare in sue,
Quasi aspettando pallido ed umile:
E vidi uscir dell'alto, e scender giue
Due angeli con duo spade affocate,
Tronche e private delle punte sue.
Verdi, come fogliette pur mo nate,
Erano in veste, che da verdi penne
Percosse traean dietro e ventilate.

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Sis præsul ad custodiam. Procul recedant somnia - El noctium phantasmata, Hostemque nostrum comprime, Ne polluantur corpora. Quell'inno che si canta la sera a compieta (B.) pregando Dio che ci guardi contro i sogni disonesti; e nell' orazione che seguita all'inno (la Chiesa) dimanda che Dio mandi suoi angeli a custodirci (Ces.). Alle superne rote, al cielo. Dice rote, perchè li cieli sempre rotano e girano intorno (B.).

19-21. Gli occhi della mente al vero, alla verità che io ti mostro sotto figura. Il velo. Vuol dire, che è facile passar pel suddetto velo senza intenderlo (Torelli). Il Cesari: Dante qui pone e distingue due cose: il vero ed il velo. 11 vero difficile a bene scoprirsi; il velo a passar facilissimo. Il vero è: Il Demonio che insidia le anime sul venir della notte, assalendole con impuri fantasmi nel sogno. Senonchè siamo ora nel monte del Purgatorio, dove le anime non son più soggette a di queste fantasime, nè fa loro bisogno temere o pregare per questo effetto l'aiuto cefeste. Com' è dunque la cosa! Io credo aver voluto Dante a questi negligenti dell' antiporta del Purgatorio assegnar eziandio questa pena (oltre al dover aspettar di fuori la lor purgazione) di temere, е tribulars! per la venuta del Serpente oquasi ozioso (Torelli). - Surta, gni sera; ed ogni sera volgersi levata suso in piè che l'a- a Dio con quelle loro preghiere scoltar chiedea, eco., facea invocando il soccorso degli Ancenno con la mano che l'ascol- geli contro l'assalto lor mitassero. L'ascoltar, atten- nacciato. E volle forse simbozione (Lf.). Manu silentium leggiare un'altra ordinazione indicens. Act. Apost., x111, 16. della provvidenza di Dio; cioè Ella giunse insieme verso che coloro, i quali nella vita D'amore Punge, li dà pun- l'oriente, come de' fare l' uo- presente indugiano la penitura d'amore facendoli venire mo quando adora Iddio; e tenza, per divino giudizio o per ascaro (disio) della città sua, però tutte le chiese antiche malo effetto degli abiti loro de la casa, della famiglia e hanno volto gli altari all' o- addosso lasciati invecchiare, delli amici (B.). Punge, pe- riente; ma ora quando non si sono più duramente tempestati netra d'amore (Lf.).— Squilla, può comodamente fare, non dalle diaboliche suggestioni: campana piccola (B.). v'è cura impero chè Iddio è il perchè di più guardia e di 7-12. Incominciai a render in ogni luogo (B.). - D'altro più orazioni fa loro bisogno ad vano L'udire, incominciai ad non calme, io non ho altra impetrare il soccorso celeste. avvedermi che quelle anime cura se non di pregarti (B.). stavano chete (B.). Dice que- 13-18. Te lucis ante termisto perchè quando è occupato num, - Rerum creator posciuno de' sensi, l'altro rimane mus - Ut pro tua clementia

1-5. Era gid l'ora, eco. L'ora ultima del di fa che i naviganti tornano con l'affetto alla patria (Ces.). E che, ecc. Era l'ora che lo novo peregrin, che la prima volta uscì di patria, ovvero la sera del giorno di sua partenza (Ces.).

La Divina Commedia.

22-30. Quello esercito gentile di quelli signori che erano nella valle (B.).—Pallido. Altri: pavido. -Due angeli, eco., Gen, 13

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