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tico ed in esso farli rivivere; o a render più energico e solenne lo stile: questa è la ragione per cui gli storici citano antiche legol antichi documenti nel loro testo genuino, arcaico.

Tali ragioni generali valgono certo anche nel caso speciale di Sallustio; ma vi sono altre ragioni d' indole varia, politica, sociale, morale, storica, letteraria.... Il Cortese, op. cit. p. 87, riferendosi a questo punto dice: « Qui sane antiquitatis amor, ex eo fortasse manavit, quod illi (Sallustio, Frontone, Marc' Aurelio) Catonianam orationem recolendo priscos quoque mores se revocaturos sperarent. » Questa ch'è una ragione morale e politica al tempo stesso del fatto è così delineata dal Ramorino in un suo dialogo latino sopra Sallustio: « Provecta aetate corruptissimis civium moribus coeperat observari et rigidi censoris partes sustinere. Atque ut propositum assequeretur, ei necesse fuerat molli et enervi dicendi generi, quod erat proprium aetatis suae, valedicere, et antiquiorem magisque ad corrigendos mores aptam orationem adhibere. Huic studium antiquitatis, huic veterum scriptorum, praesertim Catonis imitatio, a quo et verba et sententias videtur saepissime mutuatus. Quis enim alius scriptor eum melius artem morum corrigendorum edocere poterat, quam P. Cato qui integerrima vita functus, in desidiam atque otium civium nobiliumque luxuriam acerrime invectus erat? » Il Badstuebner in « De Sallustî dicendi genere commentatio » (Berlino 1863) a pag. 3 così scrive: « Cum antiquitatis admiratione et veneratione quadam motus, haud dubie in scriptis demonstrare vellet, quantum et quale inter praeteritum et praesens tempus discrimen intercederet, pro singulari animi habitu vel pro ingenî natura atque indole proprium quemdam sermonem et dictionem sibi finxit quasi admirationem antiquitatis taediumque rerum praesentium exprimeret et declararet. »

Come si vede il Badstuebuer accenna pure a cause psicologiche, intime; ed è pur d'uopo ammettere che una predisposizione nell'animo suo, nel suo carattere, ch'è così complesso, ci fosse. Fu la nausea del mondo che lo attorniava, in cui sera lanciato a capo fitto, e ch'egli avea così sperimentato a fondo, che produsse una reazione prepotente nell'animo suo. Le sue nuove preoccupazioni morali, e inoltre l'opera sua di storico, lo portano a vivere in mezzo a scrittori che appartenevano al periodo arcaico, a leggerli; ed ei li lesse avidamente, se ne innamorò, s'immedesimò la loro arte, la loro lingua, e, dotato di gusto letterario ed artistico, frutto dell'età in cui visse, non fece opera varia, ma omogenea; non fece un « miscuglio » poco originale e meno artistico, ma una vera « combinazione che ricorda sì gli elementi produttori, ma che à in sè un' impronta di potente originalità e novità.

Abbiam detto che l'opera sua di storico condusse Sallustio a meditare gli scrittori arcaici. Infatti egli creava un genere nuovo nella

letteratura latina: « genus scriptionis nondum satis latinis litteris illustratum » diceva già Cicerone parlando di L. Sisenna. Egli volea dare ai Romani, che fino allora aveano avuto soltanto cronisti, il primo modello di storia scientifica, filosofica, che non narri soltanto i fatti, ma che voglia « rerum cognoscere causas » e« hominum mores inlustrare. » Egli quindi tenta e foggia un linguaggio nuovo quasi, proprio, originale. Come Lucrezio egli s' avvede di far novità ed esclama: «in primis mihi arduum videtur res gestas scribere; primum quia facta dictis exequanda sunt » (Cat. III, 2). Quindi dovè usar violenza alla lingua latina per renderla atta ad esprimere nuove idee. Ma, come fu già osservato, Sallustio fu uomo di contrasto; ed a ciò si deve se egli, mentre vuole una lingua atta ad esprimere novità, rimette in vita ed in onore le espressioni, i modi andati in disuso, e ringiovanisce più che non innovi. E con usar le parole nel loro primo significato pieno di energia e di vivacità, non nel significato indebolito ed attenuato dell'età sua, volle reagire contro l'abuso e la decadenza del vocabolario nazionale; e la sua fu opera di restaurazione, di ringiovanimento di una letteratura che incominciava a spossarsi, ad esaurirsi. Questo fenomeno si ripete in tutte le letterature; s' impone agli scrittori più sani, più vigorosi: fra i contemporanei tale via segue il nostro maggior poeta, G. Carducci.

V'à eziandio una ragione storica, cronologica dell'arcaismo Sallustiano. Ci varremo qui delle parole del Bernhardy che limita l'età arcaica tra il 240 ed il 90, e dice: « Come Sallustio sta cronologicamente tra gli antichi ed i nuovi scrittori, così la sua lingua sta di mezzo tra l'eleganza dei contemporanei ed un colore di arcaismo: lo stile suo vivace ed energico unisce in studiata armonia la gravità e la serietà dell' antico Latino nella scelta dei vocaboli, nella flessione, nel significato loro, col brio e col vigore della sua espressione. » (Hist. litter. rom. p. 661.4).

A spiegare i volgarismi non basta il dire ch' ei fece in ciò opera di artista, come dice l'Antoine. V'è un' altra ragione più potente, che negata da taluno e da altri ridotta a termini insignificanti, a me pare al contrario di sommo rilievo; la ragione politica. Sallustio ebbe vivo amore alla plebe; ei l'accarezza; mira ad ottenerne il favore: ad esserle gradito, ad esserne letto. Le opere sue son dirette contro i patrizî, dei quali odia fieramente la superbia; e più d'uua volta esse assumono l'aria ed il tono di un vero libello. Scrive la guerra Giugurtina << primum quia magnum et atrox variaque victoria fuit; dehinc quia tunc primum superbiae nobilitatis obviam itum est. » Come alla corruzione dell' età moderna, oppone l'incorrotta arcaicità, così alla corruzione delle classi elevate della nobiltà oppone la plebe romana,

La lingua di un autore è la risultante di tanti e così svariati coefficienti, e si risente di tanti e tanti influssi che a noi non è dato investigarli tutti; per dire ancora di uno, di cui si tenne fin'ora poco conto, e che vale a spiegazione così degli arcaismi come dei volgarismi, faremo alcune parole sulle Fonti cui Sallustio à attinto, e che dovettero certamente avere non poca influenza sull'arte e la lingua di lui.

Tale questione l' à recentemente (1891 Milano) trattata a fondo il Bellezza; Sallustio attinse ad un triplice ordine di fonti: 1° documenti ufficiali quali i « Senatus-consulta e decreta », le lettere lette in Senato, le relazioni ufficiali degli archivi di Stato: 2° e più, il racconto popolare, la tradizione orale, della quale secondo alcuni Sallustio nella Catilinaria si sarebbe valso esclusivamente (1). Così per le cose di Gallia oltrecchè dei Commentari Cesariani, si sarà pur giovato d' informazioni attinte direttamente dai veterani di Cesare stesso: 3° i fonti letterari; oltre a Catone e a Sisenna di cui già s'è fatto parola, sono da ricordare: Fannio la cui storia dovea contare non meno di 8 libri (difatti in Serv. ad Aen. III, 707 si legge « G. Fannî VIII annali ») e dovea esser tenuta in gran considerazione se M. Bruto, come sappiamo, l'à ridotta in << epitome ». Sallustio vi allude in H, 1, 3 « Fannius veritatem tradidit »; e vi dovè attingere specialmente per quanto riguarda l'epoca dei Gracchi: e M. Ter. Varrone Reatino cui allude in H. i. 78 « in quis longissumo aevo multa de bonis falsa in deterius composuit. >>

Ed io opino che in tali fonti trovino la loro spiegazione molti arcaismi (nella 1a e 3) e volgarismi (nella 2a).

Molto probabilmente alla duplice tendenza arcaico-volgare di Sallustio concorse anche il paese di nascita, la Sabina, rozza contrada che comunicava a' suoi figli qualche cosa delle aspre sue montagne.

Aggiungiamo in fine che a parer nostro Sallustio ebbe un suo proprio ideale letterario, assai diverso dall' ideale allora prevalente; e seguì di proposito una sua propria maniera di scrivere, che non era punto l'aurea di Cicerone, ma che per varii rispetti si accostava all'antica preclassica, e su quella si modellava e formava. La tendenza arcaico-popolare di Sallustio si collega alle lotte letterarie di quella età: alla lingua classica raffinata ed elegante, che rifiutava volgarismi

(4) Così il Lallier nell'edizione Sallustiana del 1888 p. 7 scrive: « Dans le récit de la conjuration de Catilina, Salluste semble avoir consulté uniquement ses souvenirs personnels et la tradition orale: » e a p. 10 « Il s'était uniquement fié à ses souvenirs et à ceux de quelques contemporains. » Così pure il Gerlach. Ed è certo che furono il fonte principale.

ed arcaismi; che si distingueva pel numero artistico, per la concinnità; avversa a tutto che sapesse di straniero, si oppone come reazione un nuovo indirizzo più democratico, che si vale della lingua nella maniera arcaicizzante e popolare, che simpatizza per quegli « horridi et impoliti et rudes et informes» scrittori arcaici (1). I rappresentanti di questa opposizione sono C. Sallustio; M. Bruto; A. Pollione. La scuola Frontoniana è poi la esagerazione di questa opposizione stessa.

Non ò così certo voluto trattare a fondo la questione; solo ò cercato esporne i risultati generali e certi, come preparazione necessaria ad una Grammatica di Sallustio (2).

(1) Tac. dial. 18. Così eran detti gli scrittori arcaict da quelli della scuola nuova, raffinata ed elegante.

(2) I risultati pratici sono così riassunti dall' Uri (op. cit. p. 30-31): « Quod affectatum et ambitiosum erit, quod verae imitationis speciem feret, quod Cicero ipse vetustum ac quasi obsoletum habuit, id archaicum esse opinabimur. Quod autem ab optima latinitate abhorrebit, quod cum Belli Hispaniensis, Belli Africani, Vitruvii et comicorum poëtarum sermone vinculo coniungetur, simulatque archaici, plebei sermonis imaginem referet. Quod denique, etsi nescio quid singulare ac familiare praebet, ab optimis scriptoribus usurpatum erit, ex sermone cotidiano id translatum esse iudicabimus, quia optimae latinitatis monumentis indignum haberi debeat. »

GRAMMATICA

1o. Considerazioni fonologiche.

Uno studio più esatto della storia fonetica e grafica del Latino à ridotto ai minimi termini le particolarità fonetiche di Sallustio, dimostrando come i pretesi arcaismi fonetici Sallustiani fossero forme correttamente usate nell' età sua. Solo si può dire che la sua ortografia è alquanto arretrata rispetto a quella di Cicerone e di Cesare (1). Le vere particolarità fonetiche di Sallustio altre si riferiscono a suffissi formatori e desinenze e di queste diremo in Morfologia si riducono alle seguenti:

a) Vocali. o per e dopo v, in «voster », « vorto » e derivati, << vorticosus » (H. IV, 28 « mare vorticosum »). Ai tempi di Sallustio la grafia pare fosse e; poichè dice Quintiliano in Inst. Or. I, 7, 25 « quid dicam « vortices » et «vorsus » ceteraque in eumdem modum, quae primus Scipio Africanus (2) in e litteram secundam vertisse dicitur?» Ma oltrecchè essere un arcaismo (3), era pure una particolarità del

(4) Ma si noti che S. visse in un' età di ortografia oscillante, in cui accanto alle nuove forme viveano tenaci le forme antiche; e l'aver egli dato preferenza a quest'ultime quando già Cicerone, che l' avea preceduto, aveva innovato, è segno innegabile di quella arcaifilia che Sallustio in altre parti del meccanismo grammaticale rivela maggiormente perchè più gli era possibile. E quelli che di fatto, storicamente non possono ancora dirsi arcaismi ortografici in quella età, lo sarebbero stati e furono in età di non molto posteriore.

(2) A. 235-183 a. C.

(3) Lo stesso fenomeno presenta già il Latino di fronte al Greco, dopo labiale; vomo accanto a Feμéw; voco cfr. Fen-. Vedi pure bonus da duonus, duenus (bene)..

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