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aestuans agitaret »; metafora tolta dall'ondeggiar dei flutti a notare violente agitazioni dell' anima; C. 52, 24 « Dux hostium cum exercitu supra caput est » e 35 « Catilina cum exercitu faucibus urguet »; C. 20, 10 » illis annis atque divitiis omnia consenuerunt » (= indebolirsi);

v. anche l'uso del verbo « subvortere », pag. 61.

Queste sono metafore verbali, che in Latino sono più frequenti delle nominali; tra quest' ultime notiamo in Sallustio C. 10, 1 « Ab stirpe interiit »; 58, 17 « Audacia pro muro habetur »; G. 5, 3 « pauca supra repetam, quo ad cognoscundum omnia inlustria magis magisque in aperto sint >> faciliora sint); 81, 1 « Profunda avaritia »; H. IV, 69, 5 « Profunda cupido »>.

Talvolta sono considerate come vive delle cose inanimate: G. 22, 1 << is rumor clemens erat » (= le notizie erano al disotto della gravità del fatto; non mostravano ancora il fatto nella sua enormità. Prisc. 18, p. 1202 (ed. Hertz) lo spiega come = non nimius »); 95, 3 << otium luxuriosum » (1); C. 51, 40 « respublica adolevit » (cfr. G. 18, 11).

Alla metafora vanno ascritte molte delle specialità lessicali di Sallustio da noi già rilevate altrove così « provenire » detto di oratori, = « sorgere », metafora tolta dall'agricoltura (cfr. gr. « popà ¿ytópwv », << proventus >>).

In quest' uso ardito di metafore si volle vedere una imitazione degli scrittori antichi, specialmente di Catone (Deltour). Ma occorre anche tener conto della imitazione Tucididea che si rivela così frequente e palese nell'opera Sallustiana; e dell' età di Sallustio, età in cui fiorirono a Roma le scuole dei retori e le rettoriche discipline: e inoltre non dimenticare le speciali energie ed originalità dell'ingegno di Sallustio.

d) Alliterazione, Figura etimologica, Rima (2). — Questi tre fatti stilistici che con la profondità del sentimento e con la vivezza degli affetti, concorrono a dare allo stile di Sallustio quel colorito poetico ed oratorio che lo caratterizza, paiono a me tre aspetti diversi di uno stesso

(4) Questi accoppiamenti di aggettivi o verbi indicanti qualità o azioni di esseri viventi con sostantivi che indicano cose inanimate sono proprii della poesia. Si sogliono evitare coll' endiadi o per mezzo di una perifrasi coll'aggettivo plenus. (2) V. E. Woelfflin, Die Allitterirenden verbindungen der lat. Sprache; in Sitzungster d. K. bayer Akad. ph. hist. Q. 1881, vol. II, fasc. 1o. J. Bintz, Beitraege zum gebrauche der Allitteration; Philologus XLIV (1885), p. 262. Naeke, Rhein. Mus. III (1829), p. 405. Romanos usu, Berlin 1884.

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C. Boetticher, De alliterationis apud

fenomeno, tre diverse estrinsecazioni di una necessità che à ogni popolo di assonanze, assonanze acustiche (alliterazione, rima), ed assonanze intellettuali, per dir così, (figura etimologica). Talora due di esse od anche tutte tre si fanno compagnia.

L'<< alliterazione » è specialmente d' uso popolare. Al popolo piace questa consonanza di più parole, questa specie di titillamento acustico» (P. Rasi « Osservazioni su l'uso dell' alliterazione », Padova 1889). La si ritrova infatti nei proverbi, nelle formule giuridiche, in Plauto, Terenzio, Catullo, Orazio (Satire), Cicerone (Lettere e De Republ.), Vitruvio, Apuleio. Esempi di alliterazione in Sallustio sono: G. 37, 4 « Vineas agere, aggerem iacere »; 76, 3 « Vineas agere, aggerem iacere et super aggerem »; 41, 4 << Asperius acerbiusque »; 48, 3 << Arido atque arenoso »; 110, 7 « Finis meos advorsum armatos armis tutatus sum »; 51, 9 << Caedem incendia fieri »; C. 39, 4 Clades atque calamitas »; 52, 36 « Convicti confessique »; C. 7, 6« Facinus facere » (cfr. 11, 4; 19, 5; 53, 2; G. 5, 4; 32, 2; cfr. Liv. 1, 41, 3; Catull. 81, 6); 51, 6 « Nefaria facinora fecissent »; G. 24, 3; 38, 9 « ferro an fame », « fame aut ferro »; 42. 4 « Ferro aut fuga »; H. I, 77, 10 « ferro et flamma »; C. 35, 1 << Fides tua fiduciam... » ; 11, 5 « Fidum faceret »; 14, 1 « Flagitiorum atque facinorum (C. 14, 1; 23, 1; 37, 5); G. 21, 2 « Fugant funduntque >>; C. 35, 3 Honore honestatos» (1); H. I, 55, 23 « Iura et iudicia »; ib. 24 « ius iudiciumque »; G. 66, 2 « Ludum et lasciviam »; C. 51, << Magna atque magnifica »; C. 34, 1 (e 52, 11, 27; 54, 2) « Mansuetudo et misericordia » (2): 23, 3 « Maria montesque »; G. 39, 1 << metus atque maeror »; C. 11, 4 « Neque modum neque modestiam (cfr. 38, 4; G. 41, 9); C. 21, 1 « Movere magnas merces » ; G. 8, 1 << Novi atque nobiles »; 18, 11 « Nomine Numidae »; C. 32, 2 « Inopiae opitulari»; 6, 5 « Patria parentes » (52, 3; G. 3, 2; 87, 2; H. IV, 69, 17); G. 59, 3 « Expeditis peditibus »; 1, 3 « Pollens potensque»; C. 12, 2 « Pudorem pudicitiam »; 49, 1 « Pretio precibus »; 51, 39 « Summum supplicium sumebant »; C. 31, 3 « Vas aut vestimentum ». Nè qui sono registrati tutti gli esempi di alliterazione in Sallustio. Cfr. ancora C. 31, 7 « Demisso voltu, voce supplici » dov'è alliterazione e chiasmo.

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Di« figure etimologiche » abbiamo or ora citato le principali

(1) Questo è un arcaismo. Cfr. Pl. Capt. 2, 2, 106 «Cum me tanto honore honestas ».

(2) Questo era quasi un motto politico, stereotipato, ad esprimere una qualità propria dei Romani, e di cui essi sapevano menar vanto all' occasione.

<< Facinus facere » e« Honore honestatos ». (V. inoltre a pag. 131, ) accusativo dell' oggetto interno).

Per la rima nota il prof. Valmaggi (op. cit. p. 19): « La qualità stilistica o retorica che più manifestamente accosta Tacito a quella scuola che si chiamerà poi Frontoniana è la frequenza della << rima » non rara come fu dimostrato (V. E. Wölfflin, « Der Reim in Latein », Arch. für Lat. Lex. I, 359, sgg.) nella latinità arcaica, sporadica nella prosa classica, mancante affatto nei poeti dell'età di Augusto e del 1° secolo, e tornata di moda nella latinità arcaicizzante del 2o e del seguente. Un arcaismo dunque nel senso più battagliero della parola... ». Gli esempi ch' io ò osservati in Sallustio sono abbastanza numerosi ed importanti; e sono un nuovo documento del << contrasto », poichè queste rime frequenti sono contrarie a quella varietà da lui così ricercata e studiata; C. 42, 2 « Armorum atque telorum »; 52, 20 « Armorum atque equorum »; G. 46, 7 « Funditorum et sagittariorum »; 62, 5 « Equorum et armorum »; 74, 3 << Signorum et armorum »; 93, 8 Cornicinum et tibicinum »; 66, 2 « Volgus seditiosum atque discordiosum »; H. IV, 1 « Cognomentum cui, Clodiano fuit »; C. 57, 3 « Iter ex perfugis cognovit, castra propere movit »; 11, 4 « copia... inopia »; G. 73, 6 « Res fidesque; 107, 5 « Spes opesque »; 114, 4 « Spes atque opes » ; C. 20, 13 « mala res, spes multo asperior »: ecc.

Aggiungansi gli « ópostéλeutz (óμɔórτwτα) mitigata » quali C. 19, 5 Imperia saeva multa antea »; H. I, 9 « Maxumis ducibus, fortibus strenuisque ministris »; dov'è una specie di « chiasmo acustico », s'è lecito dir così (-is, -us, -us, -is); G. 43, 1 « Post Auli foedus exercitusque nostri foedam fugam » dove accanto al chiasmo acustico (-i, -us, -us, -i), sono notevoli pure l'alliterazione e la rima : C. 3, 2. «Scriptorem rerum »; G. 35, 10 « Mature perituram » ; C. 51, 26 « Quid statuatis... considerate »; G. 31, 6 « Uti armati eatis »; 40, 2 « Illa et alia talia »; C. 25, 4 « Prodiderat... abiuraverat... fuerat... abierat » ; G. 18, 11 << brevi adolevit »; 85, 45 << avaritiam, inperitiam atque superbiam ». Di tali « consonanze sgradevoli » si trovano es. anche presso i buoni scrittori.

Troviamo anche in Sallustio dei versi un esametro completo in C. 19, 5« illos Cn. Pompei veteres fidosque clientis »; e mezzi versi in 1, 1 « oboedientia finxit »; 2, 7 « Omnia parent »; ecc. I retori latini raccomandavano di evitarli.

e) Qui da ultimo conviene tener conto di alcune specialità Sallustiane nella << Collocatio verborum », alcune delle quali abbiamo già notate nella sintassi.

Ciò che anzitutto ci colpisce è la collocazione costante di « igitur »

in principio di frase (meno H. III, 3 e le interrogazioni ed esortazioni). È un uso comune ai Comici, a Livio, Curzio, Tacito, Quintiliano. Cicerone l'adopera sempre, o quasi, in seconda sede (1); così anche gli antichi, quindi non è arcaismo come crede il Dietsch. Il Bruennert ne fa una imitazione Catoniana, ma non trovo « igitur » nel lessico catoniano del Cortese. Per me la ragione di questo fatto è piuttosto stilistica; in tale collocazione « igitur » conserva il suo significato robusto, e dà al discorso semplicità, uniformità, chiarezza.

Esempio di tmesi: C. 5, 4 « cuius rei lubet simulator ».

Per la collocazione del pronome personale, delle preposizioni, del genitivo v. rispettivamente a pag. 123, 165, 136.

È vezzo Sallustiano di porre ordinariamente il soggetto comune a due proposizioni, principale e subordinata, prima della congiunzione subordinante così C. 6, 2 « Hi postquam in una moenia convenere ...incredibile est quam facile coaluerint »; 17, 7 « Ei milites postquam victoriam adepti sunt nihil reliqui victis fecere »; cfr. 57, 2; 60, 7. Intorno a bonae artes ed artes bonae v. a pag. 31, N. 1a. Termineremo queste note stilistiche osservando come nella frase ultima della « Congiura di Catilina », 61, 9 « Ita varie per omnem exercitum laetitia, maeror, luctus atque gaudia agitabantur », Sallustio abbia adoperato i suoi modi prediletti: «ita », poi il « chiasmo », i plurali astratti « luctus », « gaudia », il verbo « agitare ». La giusta osservazione è del Cook (edit. inglese di Sallustio).

(1) Tranne qualche rara eccezione e quasi sempre nel sillogismo: così Div, 4, 18, 41 Tusc. I, 1, 4.

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