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suadet ut cupido honorum, et cui Tarquinii materna tantum patria esset.

Sublatis itaque rebus amigrant Romam. Ad Ianiculum forte 8 ventum erat. Ibi ei carpento sedenti cum uxore aquila suspensis demissa leniter alis pilleum aufert superque carpentum cum magno clangore volitans rursus, velut ministerio divinitus missa, 9 capiti apte reponit; inde sublimis abit. Accepisse id augurium laeta dicitur Tanaquil, perita, ut vulgo Etrusci, caelestium prodigiorum mulier. Excelsa et alta sperare complexa virum iubet: eam alitem, ea regione caeli et eius dei nuntiam venisse, circa summum culmen hominis auspicium fecisse, levasse humano

il ius imaginum si trovano assai spesso collegati insieme, anzi quest'ultimo dipende dalla prima, cfr. Sall. Iug. 85, 25: una imagine. Come più tardi i plebei conseguivano la nobiltà, se uno dei membri della loro famiglia riuscisse ad ottenere un ufficio curule, e allora l'immagine di questo passava per la prima a pigliar posto nell'atrio domestico, così a un dipresso qui si racconta di Numa Anco non ha nessuna immagine nè del padre nè dei suoi predecessori, ma solamente una dell'avo materno. 7. persuadet, sott. ei o Lucumoni. ut cupido ut qui cupidus esset. materna soltanto per parte di madre amigrant, άл. eig. for

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mato sull'analogia di avolare: altrove si legge demigrant.

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8. ei

Lucumoni, cfr. 12, 9. carpento. Livio adopera frequentemente il semplice ablativo per indicare lo stato, cfr. 41, 6 sede regia sed. suspensis alis "colle ali dolcemente tese senza far punto quello schiamazzo, che si suol contrassegnare col nome di clangor, cfr. 5, 47, 4 clangore anserum; Verg. 3, 226 magnis quatiunt clangoribus alas. demissa discendendo v. riflessivo. pilleum, un alto cappello a punta pari a quello che portavano i flamini, cfr. 20, 2 e Cic. de leg. 1, 4 apicem ministerio, dat. di scopo, come per compiere un sacro ufficio sublimis abit se ne vola in alto cfr. n. praef. 11 e Verg. 1, 415 ipsa Paphum sublimis abit. 9. augurium = omen segno celeste cfr. 55, 4. excelsa et alta: questi due aggettivi servono ad indicare una posizione alta e privilegiata, cfr. Cic. Tusc. 2, 11 excelsum quendam et altum. virum appartiene aлò nowo tanto a complexa quanto a sperare. eam alitem: l'aquila era evidentemente un uccello di buon augurio, come quella che si trovava a servizio di Giove. ea regione: non tutti gli uccelli dovevano apparire nella stessa regione del cielo, per dimostrare il favore che gli dèi accordavano alle cose umane: l'aquila però era apparsa a Tarquinio Prisco proprio nella posizione la più favorevole, cfr. Cic. de div. 1, 39, 85 quid habet augur cur a dextra corvus, a sinistra cornix faciat ratum? eius dei, cioè di Giove del quale l'aquila era la messaggiera. Come si sa, ogni uccello era sacro ad una speciale divinità, il picchio a Marte, ecc., cfr. Serv. ad Aen. 5, 517 nulla enim avis caret consecratione, quia singulae aves numinibus sunt consecratae. et subordina eius dei ad ea regione. circa summum culmen h., intorno alla parte più alta e prominente dell'uomo, cioè intorno al pilleum che circonda la testa, così come fa la corona reale. —

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superpositum capiti decus, ut divinitus eidem redderet. Has 10 spes cogitationesque secum portantes urbem ingressi sunt, domicilioque ibi comparato L. Tarquinium Priscum edidere nomen. Romanis conspicuum eum novitas divitiaeque faciebant, 11 et ipse fortunam benigno adloquio, comitate invitandi beneficiisque, quos poterat, sibi conciliando adiuvabat, donec in regiam quoque de eo fama perlata est. Notitiamque eam brevi 12 apud regem liberaliter dextereque obeundo officia in familiaris amicitiae adduxerat iura, ut publicis pariter ac privatis consiliis bello domique interesset et per omnia expertus postremo tutor etiam liberis regis testamento institueretur.

XXXV. Regnavit Ancus annos quattuor et viginti, cuilibet 1 superiorum regum belli pacisque et artibus et gloria par. Iam filii prope puberem aetatem erant. Eo magis Tarquinius instare,

narono

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divinitus indica la consacrazione divina, che quell'adornamento del capo di un semplice mortale aveva in tal modo ricevuto. 10. domicilio comparato, cfr. Cic. de rep. 2, 35 facile in civitatem receptus; Tusc. 5, 109 ibi suas fortunas constituit. Lucium Tarquinium, cfr. Cic. de rep. 2, 20, 35 L. Tarq... sic enim suum nomen ex Etrusco nomine inflexerat. Il nome Lucium è estratto probabilmente da Lucumo, quello di Tarquinius, che è di fisonomia prettamente etrusca (cfr. Tarchnas, Tarchnal, Tarchu), è forse connesso col luogo dove egli nacque, e Priscum è nient'altro che un soprannome, il quale gli venne per opposizione e distinzione da Tarquinio il Superbo. edidere nomen gli dettero il nome, lo nomicfr. 1, 11; 46, 4. 11. Romanis: ai Romani lo rendevano accetto quelle stesse qualità, che lo facevano tenere in dispregio presso i Tarquiniesi, l'essere cioè egli un uomo che aveva creato da sè la propria fortuna. et ipse e oltre a ciò egli stesso adiuvabat fortunam secondava l'opera della fortuna cfr. 25, 15, 2 adiuvare eventum. adloquio... comitate... beneficiis: tutti questi ablativi appartengono a conciliando, cfr. quanto a comitate invitandi 31, 5. 12. notitiam: egli ottenne che quella vaga conoscenza, che forse gli aveva di già aperta l'entrata in corte, si mutasse in un'intima e perfetta amicizia. raliter obeundo officia: egli non lasciò mai occasione di dar prova al re del suo attaccamento e devozione, ma senza servilità. iura, cfr. 3, 37, 1 ius amicitiae; 24, 5, 9 in familiaria iura assuescere. bello domique: questa costruzione non si trova adoperata altrove, cfr. però 9, 26, 21 domi belloque e Cic. off. 2, 5, 16 bello... domi. per, omnia" in qualunque circostanza o occasione cfr. 10, 39, 8 per omnia paratus. sperimentato expertus pass., cfr. 36, 4. tutor liberis, cfr. 5, 33, 3: la formola adoperata nei testamenti era L. Titius liberis meis

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tutor esto.

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libe

XXXV. 1. filii. Anco aveva forse tentato di rendere ereditaria la corona nella sua famiglia, o pure i figli di lui avevano nutrita questa speranza. Egli è certo però che alla morte del re successe anche questa volta l'interregno, poichè solo l'interrex poteva riunire i comizii, di cui

2 ut quam primum comitia regi creando fierent; quibus indictis, sub tempus pueros venatum ablegavit. Isque primus et petisse ambitiose regnum et orationem dicitur habuisse ad conciliandos 3 plebis animos compositam. Cum se non rem novam petere, quippe qui non primus, quod quisquam indignari mirarive posset, sed tertius Romae peregrinus regnum adfectet; et Tatium non ex peregrino solum sed etiam ex hoste regem factum, et Numam ignarum urbis non petentem in regnum 4 ultro accitum: se, ex quo sui potens fuerit, Romam cum coniuge ac fortunis omnibus commigrasse; maiorem partem aetatis eius, qua civilibus officiis fungantur homines, Romae se quam 5 in vetere patria vixisse; domi militiaeque sub haud paenitendo magistro, ipso Anco rege, Romana se iura, Romanos ritus didicisse; obsequio et observantia in regem cum omnibus, benigni6 tate erga alios cum rege ipso certasse: haec eum haud falsa memorantem ingenti consensu populus Romanus regnare iussit

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è fatta parola nel periodo seguente. La sola novità che ebbe luogo in questo caso fu che Tarquinio ambisse apertamente al regno, e proponesse il proprio nome innanzi ai comizii. eo magis, per togliere cioè il pretesto ad ogni ambizione che essi avessero potuto avere. 2. sub tempus, sott. comitiorum, poco prima del giorno in cui si dovevano tenere i comizii, cfr. 25, 41, 3 sub ipsam certaminis diem ablegatum. ambitiose: Livio qui pensa all'ambitus di età più recente. 3. cum, sott. diceret: riguardo a questa ellissi, alquanto dura e assai poco comune, del predicato, cfr. 48, 2 cum ille ferociter ad haec se patris sui tenere sedem... clamor oritur, e Cic. de nat. deor. 3, 37, 89 cum Samothraciam venisset et ei quidam amicus (sott. dixisset). Alcuni, tenendo conto dell'espressione insolita e dell'anacoluto che converrebbe ammettere a principio del § 6, propongono invece di considerare come spurio il cum e di espungerlo dal testo. quod posset: se egli fosse il primo tra gli stranieri a domandare una cosa così straordinaria, allora sì che dovrebbero meravigliarsene. quisquam nel senso limitativo di quispiam (che ricorre soltanto in 30, 9 e 23, 3, 10) si trova adoperato non poche volte da Livio, anche senza che faccia parte di proposizioni negative, cfr. 2, 38, 9. pare il trono 4. ex quo, per ex quo tempore (Cic.) equivale al gr. ¿ ov, ap' ov. 5. haud paenitendo di cui non si ha ragione di essere scontento L'uso personale del verbo paenitere non è estraneo a Cic. (cfr. Tusc. 5, 53 e 81), ed è piuttosto frequente in Livio, cfr. 36, 22, 3 si paenitere possint; 40, 56, 3 neque pudendum aut paenitendum eum regem. iura... ritus, le costumanze politiche e religiose. 6. haec raccoglie insieme il già detto e dà al periodo una forma affatto diversa da quella con cui era cominciato, cfr. 40, 5. eum memorantem : l'apposizione di un pronome al part. nello stesso caso non è in generale molto frequente, ma s'incontra però in Livio in 12, 9; 22, 42, 8. populus, il popolo raccolto nei comizii, cfr. 17, 7. ambitio: quella

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petentem, sott. regnum. in regnum ad occu

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Ergo virum cetera egregium secuta, quam in petendo habuerat, etiam regnantem ambitio est; nec minus regni sui firmandi quam augendae rei publicae memor centum in patres legit, qui deinde minorum gentium sunt appellati, factio haud dubia regis, cuius beneficio in curiam venerant. Bellum primum cum Latinis 7 gessit et oppidum ibi Apiolas vi cepit, praedaque inde maiore, quam quanta belli fama fuerat, revecta ludos opulentius instructiusque quam priores reges fecit. Tunc primum circo, qui nunc 8 maximus dicitur, designatus locus est. Loca divisa patribus

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stessa brama di popolarità, che lo aveva indotto a domandare il regno, non lo abbandonò nemmeno dopo che fu re. regni la signoria, il suo personale comando centum. In 17, 5 son ricordati da Livio 100 senatori, nel 30, 2 si lascia intendere che il loro numero dovè essere raddoppiato in seguito alla venuta degli Albani; e, poichè qui si parla della nuova creazione di altri 100 senatori, così farebbe d'uopo ammettere che fin dal tempo di Tarquinio Prisco si fosse raggiunta la ifra normale e complessiva di 300, la quale viene per la prima volta ricordata da Livio in 2, 1, 2. Secondo Dion. 2, 47, il secondo centinaio fu aggiunto dopo che i Sabini entrarono a far parte della cittadinanza romana. min. gentium: Livio ammette, d'accordo con Dionigi, che questa nuova infornata di senatori avesse luogo in seguito alla creazione delle nuove genti plebee (dηuotinov Dion. 3, 67) fatta da Tarquinio, le quali entrarono così a far parte del patriziato, cfr. Cic. de rep. 2, 35 duplicavit illum pristinum patrum numerum et antiquos patres maiorum gentium appellavit, quos priores sententiam rogabat, a se adscitos minorum. factio: esse formavano naturalmente il partito del re di fronte ai senatori più antichi. 7. Latinis. I Latini sono i primi

a romper le ostilità, perchè dopo la morte di Anco essi si ritenevano disciolti dal trattato di pace, che avevano stretto con quello, cfr. 32, 2. ibi, nel Lazio. Apiolas: la collocazione di questa città è ignota; secondo Strabone però 5, 3 essa apparteneva ai Volsci. quanta: la preda fu assai inferiore a quella che si poteva aspettare dall'importanza attribuita in principio a questa guerra, cfr. 38, 5. ludos: son questi

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i ludi Romani, la cui istituzione o riforma viene attribuita comunemente a Tarquinio Prisco; essi si celebravano con quella parte della preda, che era invertita ad uso religioso, cfr. Cic. de rep. 2, 20, 36 eundem (Tarq.) primum ludos maximos, qui Romani dicti sunt, fecisse accepimus; Plin. 3, 70 auctor est Antias oppidum Latinorum Apiolas captum a L. Tarquinio rege, ex cuius praeda Capitolium is incohaverit. priores: seb

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bene Livio non abbia ricordati innanzi che i soli ludi detti Consualia (cfr. 9, 6), pure egli ammette che con minor pompa sieno stati già celebrati prima di Tarquinio i ludi Romani. 8. designatus: il prosciugamento della valle paludosa posta tra il Palatino e l'Aventino, che fu invertita ad uso di circo, cominciò propriamente più tardi, cfr. 38, 6. loca divisa. È questo il primo luogo dove si affermi, che in occasione dei ludi Romani era riserbato nel circo, fin dal periodo dei re, un posto appartato per i senatori e per i cavalieri. Questa notizia non contraddice punto all'altra tramandataci da Dione Cassio, il quale afferma che

equitibusque, ubi spectacula sibi quisque facerent; fori appel9 lati. Spectavere furcis duodenos ab terra spectacula alta susti

i senatori a tempo di Claudio e i cavalieri a tempo di Nerone (cfr. Tac. Ann. 15, 32; Svet. Nerv. 11; Plin. 8, 7) ebbero per la prima volta un posto stabile e fisso per assistere agli spettacoli del circo (cfr. 60, 7 xal ἑώρων μέν που καὶ πρότερον ἐν αὐτῷ τῷ ἱπποδρόμῳ ἰδίᾳ καὶ κατὰ σφᾶς ὡς ἕκαστοι τό τε βουλευον καὶ τὸ ἱππεῦον καὶ ὁ ὅμιλος, ἀφ ̓ οὗπερ τοῦτ' ἐνομίσθη, οὐ μέντοι καὶ τεταγμένα σφίσι χωρία ἀπεδέδεικτο· ἀλλὰ τότε ὁ Κλαύδιος τήν τε ἕδραν τὴν νῦν οὖσαν τοῖς βουλευταῖς ἀπέκρινε); poichè ciò non esclude punto l'ipotesi che essi, prima di avere delle sedi fisse, avessero di già un posto appartato da tutti gli altri, come par che ammettano lo stesso Dione per l'età di Augusto (cfr. 55, 22 xai tàs ἱπποδρομίας χωρὶς μὲν οἱ βουλυταὶ χωρὶς δὲ οἱ ἱππεῖς ἀπὸ τοῦ λοιποῦ λndovs εldov 8 naì vvv yiyverai) e Giustino 43, 5, 10 per un'età anteriore, quando ricorda che ai Marsigliesi, dopo che Roma fu sgomberata dai Galli, locus spectaculorum in senatu datus est. E del resto si può desumere, che questa consuetudine avesse già da lungo tempo vigore in Roma, anche dal fatto, che Cesare la sancì e concesse ai municipii dipendenti da Roma, per mezzo delle due leggi che portano il suo nome, la lex Iulia Municipalis (cfr. C. I. L. I, p. 122, § 138 neve quis eorum ludeis cumve gladiatores ibei pugnabunt in loco senatorio decurionum conscriptorum sedeto neve spectato) e la lex coloniae genetivae (cfr. Ephem. Epigr. II, p. 113, § 125 quicumque locus ludis decurionibus datus adsignatus relictusve sit, ex quo loco decuriones ludos spectare oportebit, ne quis... praeter eos qui supra scripti sunt sedeto, neve quis alium in ea Toca sessum ducito, neve sessum duci iubeto); le quali non ne avrebbero certamente fatto cenno, se tale separazione non avesse avuto luogo anche a Roma, durante gli spettacoli del circo. Nè contraddice all'opinione di Livio il fatto che nei ludi scaenici, cioè nei teatri, soltanto a partire dall'anno 560 fu concesso ai senatori e agli inviati stranieri un posto appartato nell'orchestra (cfr. Liv. 34, 44, 5. 45, 3; Val. Mass. 2, 4, 3 e Vitr. 5, 6, 2 in orchestra autem senatorum sunt sedibus loca designata); poichè quella legge, come Valerio Massimo ci avverte, non fece altro che sancire, e in mal punto, una consuetudine già esistente da lunga mano in Roma, cfr. 4, 5, 1 a condita urbe usque ad Africanum et T. Longum Coss. promiscuus senatui et populo spectandorum ludorum locus erat: nusquam tamen quisquam ex plebe ante Patres Conscriptos in theatro spectare sustinuit: adeo circumspecta nostrae civitatis verecundia fuit. Quae quidem certissimum sui documentum etiam illo die exhibuit, quo L. Flamininus extrema in parte theatri constitit, quia a M. Catone et L. Flacco censoribus senatu motus fuerat, consulatus iam honore defunctus, frater etiam T. Flaminii, Macedoniae Philippique victoris. Omnes enim eum transire in locum dignitati suae debitum coëgerunt. spectacula indica il luogo di dove si assiste allo spettacolo, la tribuna degli spettatori, cfr. 45, 1, 2; Cic. pro Mur. 34 at spectacula sunt tributim data; id. tantus est ex omnibus spectaculis plausus excitatus. fori erano dei palchi a varii ordini di gradini, coperti e pari a quelli che si sollevano anche oggi nelle nostre piazze, in occasione di qualche festa popolare. 9. furcis etc.: costr. furcis sustinentibus spectacula alta ab terra duodenos pedes: il palco

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