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Aggere et fossis et muro circumdat urbem; ita pomerium profert. Pomerium, verbi vim solam intuentes, post-moerium interpre- 4 tatur esse; est autem magis circa-moerium locus, quem in condendis urbibus quondam Etrusci, qua murum ducturi erant,

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cioè come gli abitanti del contado di fronte a quelli della città, dovrà ritenersi per lo meno arbitraria se non inutile una tale emendazione; poichè torna assai facile interpretare il pensiero di Livio nel senso, che Servio per accrescere e richiamare maggior numero di abitatori sulle Esquilie venne quivi dapprima a porre la sua dimora, e quindi l'incluse nella cerchia della città per mezzo delle sue mura, cfr. Varr. 1. 1. 5, 49 alii scriptores dictas Exquilias ab eo quod excultae a rege Tullio essent. ut loco dignitas fieret: questa frase conferma l'etimologia e la lezione testè accettata, poichè se l'Esquilino, al pari del Quirinale e del Viminale, fosse stato per la prima volta abitato dai Romani al tempo di Servio, non si capirebbe la ragione per cui quivi piuttosto che sugli altri colli fosse venuto a porre la sua stanza. aggere et fossa. Le mura, prima interrotte e poi continuate da Tarq. Prisco (36, 1; 38, 6), o non furono mandate a termine o pur non si estendevano ancora a tutta quanta la città, la quale venne per la prima volta, e per opera di Servio Tullio, chiusa tutta all'intorno da un muro di circonvallazione, costruito di pietre rettangolari e oltremodo solido, cfr. Dion. 4, 14; 9, 68. Quest'opera grandiosa, di cui anche recentemente si sono scoperti copiosissimi avanzi, cominciava dal Tevere in vicinanza della porta Trigemina, sul lato settentrionale dell'Aventino e pei fianchi di esso scendendo rimontava il Celio, l'Esquilino, il Viminale e il Quirinale, terminando presso il Campidoglio. All'intorno del muro era scavata un'ampia e profonda fossata (fossae), protetta da un largo bastione o terrapieno, cfr. Cic. de rep. 2, 11 cuius is est tractus ductusque muri cum Romuli tum etiam reliquorum regum sapientia definitus ex omni parte arduis praeruptisque montibus, ut unus aditus, qui esset inter Esquilinum Quirinalemque montem, maximo aggere obiecto, fossa cingeretur vastissima.

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4. pomerium. Sebbene la grafia pomoerium non sia sufficientemente documentata, pure può ritenersi quasi sicura la connessione di questa Voce con *moerus = murus: essa indica propriamente quello spazio libero che intercedeva in ogni città antica tra i piedi del muro di cinta e la linea entro cui potevano sorgere le costruzioni sia pubbliche sia private, cfr. la definizione che gli auguri davano del pomerio in Gellio 13, 14, 1 pomerium est locus intra agrum effatum per totius urbis circuitum pone muros regionibus ceteris determinatus, qui facit finem urbani auspicii. vim l'etimologia, il significato della parola cfr. Cic. Tusc. 3, 5, 11; Quint. 1, 6, 28; Liv. 32, 21, 16 res ipsas intuente. all'intorno di tutto quanto il muro di cinta, tanto all'indentro che al di fuori. Etrusci. Catone fa, in conformità delle loro dottrine, le seguenti prescrizioni: qui urbem novam condet tauro et vacca aret, ubi araverit murum faciat, ubi portam vult esse, aratrum sustollat et portet et portam vocet. La vacca veniva aggiogata dalla parte interna, il toro dall'esterna, e il solco segnato dall'aratro (primigenius sulcus) veniva considerato come simbolo della fossa che doveva circondare la città, a quel modo che le zolle riversate su loro stesse rappresentavano il ter

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circa,

certis circa terminis inaugurato consecrabant, ut neque interiore parte aedificia moenibus continuarentur, quae nunc vulgo etiam coniungunt, et extrinsecus puri aliquid ab humano cultu pateret 5 soli. Hoc spatium, quod neque habitari neque arari fas erat, non magis, quod post murum esset, quam quod murus post id, pomerium Romani appellarunt; et in urbis incremento semper, quantum moenia processura erant, tantum termini hi consecrati proferebantur.

1 XLV. Aucta civitate magnitudine urbis, formatis omnibus domi et ad belli et ad pacis usus, ne semper armis opes acquirerentur, consilio augere imperium conatus est, simul et aliquod 2 addere urbi decus. Iam tum erat inclitum Dianae Ephesiae

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rapieno, cfr. 7, 1. certis circa terminis: era vietato di costruire edifizii o pur di trafficare al di dentro del pomerio (puri, cfr. 25, 17, 3), essendo questo un luogo consacrato agli dèi per mezzo degli auspicii e per mezzo di termini o cippi, cfr. Tac. Ann. 12, 24. continuarentur si attaccassero direttamente cfr. 34, 4, 9; 23, 17, 5

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opera continuare. vulgo etiam assai comunemente nè soltanto in casi eccezionali. coniungunt ve li appoggiano addirittura,; cioè fanno servire il muro di cinta come muro di sostegno per le proprie case, cfr. 10, 10, 1 erant aedificia iuncta muro; 22, 20, 5 aedificia iniungere muro. puri ab, vien meglio dichiarato dalla frase seguente: neque habitari neque arari, cfr. per la costruzione 9, 41, 8 integer a. 5. habitari al di dentro, arari al di fuori; però il pomerium propriamente detto comprendeva soltanto lo spazio al di dentro delle mura, più raramente anche quello al di fuori di esse. quantum: l'Aventino, sebbene fosse circondato da mura, era escluso dal pomerium, cfr. 7, 1.

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XLV. 1. magnitudine urbis : col crescer della città, crebbe anche la cittadinanza, della quale furon chiamati a far parte anche i plebei, cfr. 38, 35, 13; Dion. 4, 25. formatis ad disposta, ordinata ogni cosa cfr. 44, 1, 5. omnibus = omn. rebus, cfr, n. 1, 1: qui si accenna al doppio carattere della costituzione di Servio, politico e militare. decus, il tempio di Diana. 2. iam tum. Nessuno sospetterebbe mai

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che il tempio di Diana Efesina, fondato pochi anni innanzi (Ol. 45 c. 600 av. Cr.), potesse fin dalle sue origini (tra il 176 e il 219 U. c.) esser già così famoso, come divenne certamente di poi. Il tempio di Artemide (una delle 7 meraviglie del mondo) era il santuario religioso delle 12 città ioniche, le quali quivi si riunivano a far sacrifizii comuni e a trattare gli affari più notevoli della lega (cfr. Dion. 4, 25; Erod. 1, 148); e forse fu tenuto presente da Servio nel fondare sul lato settentrionale dell'Aventino, di fronte al santuario del m. Albano (cfr. 29, 6; 31, 3), il nuovo centro religioso della confederazione dei Romani coi popoli latini. Certo egli è che, nel nuovo tempio quivi costruito, l'antica divinità del Lazio Diana fu venerata non solo sotto il nome, ma anche sotto le forme dell'Artemide di Efeso, cfr. Strab. 4, 1, 5 xal on καὶ τὸ ξόανον τῆς Ἀρτέμιδος τῆς ἐν τῷ Ἀβεντίνῳ οἱ Ρωμαῖοι τὴν αὐτὴν διάθεσιν ἔχοντες τῷ παρὰ τοῖς Μασσαλιώταις ἀνέθεσαν e 4, 1, 4, dove

fanum. Id communiter a civitatibus Asiae factum fama ferebat. Eum consensum deosque consociatos laudare mire Servius inter proceres Latinorum, cum quibus publice privatimque hospitia amicitiasque de industria iunxerat. Saepe iterando eadem perpulit tandem, ut Romae fanum Dianae populi Latini cum populo Romano facerent. Ea erat confessio caput rerum Romam esse, 3 de quo totiens armis certatum fuerat.

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si afferma che l'Artemide di Marsiglia era affatto simile a quella di Efeso. Il tempio fu dedicato il giorno degli idi di agosto, che anche in seguito venne considerato come giorno di festa per gli schiavi, cfr. Festo, p. 343 servorum dies festus vulgo existimatur Idus aug., quod eo die Servius Tullius, natus servus, aedem Dianae dedicaverit in Aventino, cuius tutelae sint cervi, a quo celeritate fugitivos vocent cervos. Sulle colonne del tempio, Dionigi 4, 26 poteva leggere ancora l'iscrizione (dedicatio), con cui esso era stato consacrato, della quale però Livio non fa espressa menzione. In essa era ricordato, come i Romani e i Latini avessero contribuito in parti eguali alle spese della costruzione, come ad esso fosse annesso un asilo, e come nel tempio avesse luogo ogni anno una solenne festività, a cui pigliavano parte tutte quante le città della lega, sia assistendo al sacrifizio comune, sia compiendo ciascuna altri sacrifizii per conto proprio. Nel tempio si riunivano ancora i delegati dei singoli comuni, quando eran chiamati a risolvere questioni sorte tra i singoli membri della lega (lex arae Dianae in Aventino), cfr. Varr. 1. 1. 5, 43 ab adventu hominum (dictus Aventinus), quod commune Latinorum ibi Dianae templum sit constitutum. Asiae Asia Minore, cfr Varr. 1. 1. 5, 3 et Asia dicitur prioris pars Asiae, in qua est Ionia. deos consociatos = consociatio deorum 40, 5, 10, cfr. n. 14, 9: il riconoscere cioè Artemide, come dea della lega, qual tutrice comune della confederazione politica. mire straordinariamente, Livio adopera quest'avvérbio soltanto in unione con gratus (7, 27, 13), laetus (45, 44, 18) e gaudere (22, 40, 7). procères principes, primores, cioè l'aristocrazia, la quale assunse il governo di tutte le città latine, dopo la cacciata dei re, cfr. 49, 8; 51, 3; 2, 19, 5. publice nelle pubbliche relazioni „: si chiamava publicum hospitium l'ospitale accoglienza, la protezione e la partecipazione ai pubblici spettacoli, che si accordava ai cittadini degli Stati amici, cfr. la voce greca лооžεvía e 5, 28, 5 la frase hospitia publice iungere significa appunto stabilire con un popolo straniero patti di vicendevole ospitalità, cfr. 2, 22, 7. privatim, cioè coi singoli cittadini del Lazio, cfr. 49, 8; 21, 13, 3; 32, 2, 11 privatis hospitiis. pulit ottenne si trova adoperato assolutamente anche in 2, 31, 5. Romae fanum Dianae. L'Aventino, appunto perchè sede del tempio di Diana, non era al di dentro della città, ma al di fuori del pomerium, cfr. Gellio 13, 14 quaesitum est quam ob causam neque id Servius Tullius rex, neque Sulla, qui proferendi imperii titulum quaesivit, neque divus Iulius, cum pomerium proferret, inter effatos urbis incluserint. 3. ea erat: in questo vi era, ecc., cfr. 33, 6. caput rerum == προστασίαν Dion., 4, 26 la città capitale della lega cfr. 52, 5; 8, 2, 13; si noti

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Id quamquam omissum iam ex omnium cura Latinorum ob rem totiens infeliciter temptatam armis videbatur, uni se ex Sabinis fors dare visa est privato consilio imperii reciperandi. 4 Bos in Sabinis nata cuidam patri familiae dicitur miranda magnitudine ac specie; fixa per multas aetates cornua in vestibulo 5 templi Dianae monumentum ei fuere miraculo. Habita, ut erat, res prodigii loco est; et cecinere vates, cuius civitatis eam civis Dianae immolasset, ibi fore imperium; idque carmen per6 venerat ad antistitem fani Dianae. Sabinusque, ut prima apta dies sacrificio visa est, bovem Romam actam deducit ad fanum Dianae et ante aram statuit. Ibi antistes Romanus, cum eum magnitudo victimae celebrată famā movisset, memor responsi Sabinum ita adloquitur: «quidnam tu hospes paras» inquit

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uni

che il Lazio era stato già soggiogato da Roma, cfr. 38, 4. id si riferisce al pensiero espresso dalla frase caput rerum esse. omissum ex cura omn. Latinorum: sebbene tutte le città del Lazio, anzi i singoli cittadini di esse, avessero definitivamente smesso il pensiero di poter contendere a Roma e conseguire, quando che fosse, la supremazia sulle altre città del Lazio, pur l'egemonia di Roma fu messa per un momento in dubbio da un caso speciale toccato ad un cittadino Sabino. ex Sabinis: questo Sabino, di cui si tiene in seguito discorso, è contrapposto a omnes Latini. Come si scorge chiaramente da questo luogo, i Sabini avevano, a fianco dei Latini, annuito alla lega, che stabiliva il centro della nuova confederazione latina sul m. Aventino. se fors dare visa est, una fortunata circostanza, cfr. 3, 5, 2 si qua fortuna daret; Ter. Hec. 380 nobis ut res dant sese; Cic. ad Att. 3, 23, 5 ut se initia dederint. imperii reciperandi ripete il pensiero espresso colla frase caput rerum esse. — 4. patri familiae: la leggenda gli dà il nome di Antro Curiatius. Si noti che Livio non adopera mai la forma di gen. familias. magnitudine: Livio adopera più frequentemente altrove, sopratutto con magnitudo, il gen. di qualità. vestibulo, cfr. 40, 5 e 48, 1: nel vestibolo del tempio si trovavano sospese le spoglie di qualsiasi genere, cfr. Verg. 7, 181. monum. miraculo, come testimonianza di quel fatto prodigioso, che usciva dalla cerchia delle cose ordinarie (prodigium). L'uso del dat. è in questa frase assai frequente in Livio e conferisce al discorso maggiore vivacità, cfr. 36, 5. 5. ut erat, essendo realmente una cosa straordinaria. civis immolasset è la lezione del cod. parigino, la quale si contrappone all'altra cives immolassent, che hanno d'accordo tutti quanti gli altri codici. profezia così detta perchè le profezie avevano quasi sempre forma e schema di assonanza o di ritmo, cfr. n. 26, 6. 6. Sabinusque, cfr., quanto all'uso del que esplicativo, n. 2, 5. ut prima ut primum, efr. 27, 6, 2 in quem diem primum potuit; 29, 24, 7 quae prima dies cursum daret. bovem actam. E notevole che mentre ad Artemide si offriva in sacrifizio il cervo, qui invece a Diana venga immolata una vacca, cfr. Plut. Q. R. διὰ τί τοῖς ἄλλοις Αρτεμισίοις επετειῶς ἐλάφων κέρατα προσπατταλεύουσι, τῷ δ' ̓Αβεντίνῳ βοῶν; responsi carminis.

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carmen

inquit,

<< inceste sacrificium Dianae facere? quin tu ante vivo perfunderis flumine? infima valle praefluit Tiberis. » Religione tactus 7 hospes, qui omnia, ut prodigio responderet eventus, cuperet rite facta, extemplo descendit ad Tiberim. Interea Romanus immolat Dianae bovem. Id mire gratum regi atque civitati fuit.

XLVI. Servius quamquam iam usu haud dubie regnum 1 possederat, tamen, quia interdum iactari voces a iuvene Tarquinio audiebat se iniussu populi regnare, conciliata prius voluntate plebis agro capto ex hostibus viritim diviso, ausus est ferre ad populum, vellent iuberentne se regnare; tantoque con

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dopo adloquitur, è un mero pleonasmo, cfr. 7, 16, 5; Nep. Hann. 2, 2 hoc adiunxit: pater meus, inquit, Hamilcar; Gell. 15, 31. — inceste = non caste л. elę. Agli dèi era mestieri che uno si avvicinasse colla mente e colle mani pure, cfr. Cic. leg. 2, 8, 19 ad divos adeunto caste; Liv. 27, 37, 10 pure casteque sacrificato; 45, 5, 7 incestas manus intulisse intra terminos templi: era perciò necessario, prima di avvicinarli, di lavarsi all'acqua corrente (rive flumine), cfr. Verg. 2, 720 sacra attrectare nefas, donec me flumine vivo Abluero. quidnam perchè mai facere è legato direttamente con paras. quin, cfr. 57, 7. infima valle, giù nella valle, che era ai piedi dell'Aventino. · praefluit praeterfluit 44, 31, 3, cfr., per quest'uso liviano di prae = praeter, praeferri 44, 29, 3; praevehi 24, 44, 10. 7. religione" scrupolo cfr. 5, 15, 6 haud intacti religione animi. facta in luogo di fieri, come si nota frequentemente dopo velle. XLVI. 1. usu. Si chiamava usus o anche usucapio l'usufrutto che uno percepiva di qualche cosa, il quale gli concedeva, secondo le leggi delle XII tavole, dopo due anni il diritto al possesso, cfr. Ulpiano dominii adeptio per continuationem possessionis, e Liv. 22, 44, 6 quod Hannibal iam velut usu cepisset Italiam. In seguito a quel che si è detto in 42, 3 avrebbe già potuto aver luogo l'elezione di Servio; ma Livio volle aspettare che la nuova costituzione fosse già data, quasi per anticipar la notizia del modo come funzionavano i comizii centuriati nell'elezione dei consoli, cfr. 60, 4. Tarquinio, cioè Lucio Tarq., cfr. § 4. riferisce al soggetto del verbo reggente. iniussu, cfr. 41, 6. capto diviso contiene la ragione dell'abl. assoluto che precede conciliata plebe, e perciò è ad esso congiunto senza particella copulativa, cfr. per un simile accumularsi di abl. assoluti 12, 10; 14, 4. ager captus o captivus è propriamente l'ager publicus, al quale avevano diritto in principio scltanto i patrizii o pure qualcuno dei plebei più poveri (cfr. 2, 41, 2). Sebbene Livio abbia omesso di ricordare come i primi re dividessero il territorio pubblico, pure egli qui considera Servio come il primo autore delle leges agrariae, le quali furono propugnate dai tribuni della plebe per guadagnarsi il favore popolare, cfr. Dion. 4, 9 e Liv. 35, 2; 47, 11 viritim, a tutti quanti i cittadini uno per uno, cfr. 4, 48, 2; 42, 4, 3. ausus est, cfr. Cic. de rep. 2, 38 populum de se ipse (senza concorso dell'interrox) consuluit. Forse Livio intende di accennare alla lex curiata de imperio (cfr. 19, 1), la quale sarebbe stata or proposta da Servio nei comizii centuriati. vellent iuberentne: è

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