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LVI. Intentus perficiendo templo fabris undique ex Etruria 1 accitis non pecunia solum ad id publica est usus, sed operis etiam ex plebe. Qui cum haud parvus et ipse militiae adderetur 2 labor, minus tamen plebs gravabatur se templa deum exaedificare manibus suis, quam postquam et ad alia, ut specie minora sic laboris aliquanto maioris, traducebantur opera, foros in circo faciendos cloacamque maximam, receptaculum omnium purga

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et omnis (sott. operis) vel horum magnificorum operum fundamenta exsuperaturam. horum dei tempi nostri cioè di quelli in cui Livio viveva, cfr. praef. 9, e 56, 2.

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LVI. 1. intentus col dat., cfr. 53, 5. ex Etruria. L'architettura era già molto innanzi nell'Etruria, quando nel Lazio cominciava appena a far le prime prove; sicchè non è inverosimile che dall'Etruria sien venuti gli artisti addetti alla costruzione del tempio Capitolino; il quale anche nelle forme esterne risentiva di quelle innovazioni, certamente poco belle, che l'arte etrusca aveva apportate nell'arte greca presa a modello, e che consistevano sopratutto nella forma più bassa e più ampia dell'atrium, che pigliava perciò appunto il nome di Tuscanicum. - pecunia publica, di quella cioè che si ricavava dai vectigalia, dalla decima parte dell'ager publicus, ecc.: il re poteva disporre liberamente non solo del tesoro e dell'ager publicus, ma anche dell'opera della plebe. operis abl., cfr. Cic. Verr. 5, 48 Capitolium publice coactis fabris operisque imperatis exaedificare potuit. Anche altrove il nome astratto operae si trova adoperato in luogo del concreto per indicare il servizio che lo schiavo deve al suo signore. qui: costr. qui labor et ipse haud parvus, che non era meno pesante e gravoso di quello della milizia, cfr. 30, 6. gravabatur è costruito coll'acc. e l'inf. al pari di angi, indignari, moleste ferre. manibus, cfr. Plin. 36, 107 plebis manibus; Servio ad Aen. 12, 603 Cassius Hemina ait, Tarquinium Superbum cum cloacas populum facere coegisset. 2. quam, sott. gravabatur. traducebantur è congiunto xatà oúveoiv a plebs: quanto alla costruzione si noti che l'impf. indica il successivo ripetersi dell'azione. — foros faciendos: il gerundivo usato come apposizione non è estraneo a Cic. (cfr. de fin. 1, 10, 36), ma è assai più frequente in Livio, cfr. 14, 7; 2, 47, 12. Anche Tarquinio aveva fatti costruire dei publici fori (cfr. 35, 8), forse affatto simili a quelli di cui parla qui Livio. Dionigi 4, 44 rappresenta ad ogni modo Tarq. il Superbo come continuatore in tutto e per tutto delle opere del padre. cloacamque maximam. La cloaca massima a forma di vôlta e con quattro metri di diametro sboccava nel Tevere, e formava come l'ultima parte e il ramo principale di un sistema d'incanalazione (il che spiega la frase receptaculum omnium purgamentorum), il quale aveva lo scopo di prosciugare il territorio paludoso e malsano, che si trovava tra l'Àventino, il Palatino e il Capitolino. Quest'opera gigantesca in tufo quadrato, che anche dagli scrittori dell'età imperiale veniva pregiata come una delle maraviglie del mondo (cfr. Plin. 26, 29, 104 opus omnium dictu maximum), trovasi attribuita ad ambedue i Tarquinii, e certo non potè esser mandata a termine da una generazione sola. Essa era di tanta solidità e fermezza, che conservasi anch'oggi immutata, a malgrado dei

mentorum urbis, sub terra agendam; quibus duobus operibus 3 vix nova haec magnificentia quidquam adaequare potuit. His laboribus exercita plebe, quia et urbi multitudinem, ubi usus non esset, oneri rebatur esse, et colonis mittendis occupari latius imperii fines volebat, Signiam Circeiosque colonos misit, praesidia urbi futura terra marique.

4 Haec agenti portentum terribile visum: anguis ex columna lignea elapsus cum terrorem fugamque in regia fecisset, ipsius regis non tam subito pavore perculit pectus, quam anxiis im5 plevit curis. Itaque cum ad publica prodigia Etrusci tantum vates adhiberentur, hoc velut domestico exterritus visu Delphos

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guasti e della sua così remota antichità. purgam., ἅπ. εἰρ. sub terra. La lezione dei mscr. sub terram è quasi sicuramente errata, perchè l'acc. con sub si adoprerebbe solamente per contrassegnare un'opera, la quale costruita sopra terra fosse stata poi in séguito sommersa, cfr. 8, 15, 8 sub terram defossa; 24, 10, 8 fontem sub terram fluxisse; 4, 22, 4 cuniculum agere in arcem, di fronte a 22, 57, 6 sub terra demissi. Forse non è improbabile, come opinava dapprima il Weissenborn, che sub si debba sostituire con subter sull'analogia di quel luogo di Virgilio, Aen. 3, 695 occultas egisse vias subter mare. haec, cfr. 55, 9. 3. usus non esset, dove non avevano più che fare; il che fa supporre che le due opere fossero state già mandate a termine, cfr. 2, 65, 2. colonis. Sebbene a principio s'inviassero colonie soltanto a scopo militare, per estendere e fortificare i confini dell'impero con sicuri presidii (latius occupari e praesidia futura, cfr. 11, 4), pure in corso di tempo, sopratutto a partire dai Gracchi, si mirò con esse ad allontanare dalla città la classe più povera, la quale essendo assai cresciuta di numero cominciava a divenir turbolenta, cfr. 5, 24, 4. Signiam, oggi Segni, sul confine settentrionale del territorio dei Volsci, serviva come punto di fortificazione dalla parte di terra. Circeios, sul promontorio Circeio, che si protende nel mare a forma di isola, era un'antica città latina, la quale segnava il confine meridionale del Lazio ed era come un forte baluardo di esso dalla parte del mare. Le due città divennero più tardi entrambe colonie dei Latini, cfr. 2, 39, 2; 27, 9, 7. praesidia, cfr. 2, 34, 6. 4. anguis è considerato come simbolo dei genii e dei lari domestici, cfr. 26, 19, 7. ipsius è detto in opposizione agli altri che si trovavano nella reggia. fugam scompiglio cfr. 21, 32, 8. prensione tanto per sè quanto per la propria famiglia, cfr. 29, 2. 5. Etrusci, cfr. 34, 9. domestico, perchè si riferisce soltanto alla famiglia reale, cfr. 5, 15, 6 privati portenti; Zonara, 7, 11 opis μéyas ênıφανεῖς αὐτόν τε καὶ τοὺς συσσίτους ἐξέβαλε. Delvisu, cfr. 20, 7. phos. Sebbene di regola in simili casi si credesse sufficiente il responso degli aruspici (cfr. 5, 15, 5; 22, 57, 5), pure l'ultimo dei Tarquinii, al quale rimonta probabilmente la introduzione della cultura e della mitologia greco-etrusca (cfr. ad es. il culto di Apollo) nel Lazio, interroga in presenza d'un simile prodigio, seguendo un costume greco, l'oracolo di Delfo. Lo stesso accadde anche al tempo dell'assedio di Veio (lib. 5,

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curis, ap

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ad maxime inclitum in terris oraculum mittere statuit. Neque 6 responsa sortium ulli alii committere ausus duos filios per ignotas ea tempestate terras, ignotiora maria in Graeciam misit. Titus et Arruns profecti. Comes iis additus L. Iunius Brutus, Tar- 7 quinia sorore regis natus, iuvenis longe alius ingenio, quam cuius simulationem induerat. Is cum primores civitatis, in quibus fratrem suum, ab avunculo interfectum audisset, neque in animo suo quidquam regi timendum neque in fortuna concupiscendum

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15) e dopo la battaglia di Canne (lib. 22, 57), efr. 38, 48, 2 commune humani generis oraculum. 6. responsa sortium responso della sorte. La sola specie d'oracolo nota in tutta Italia era quella delle sortes, consultate a Caere, Praeneste, Falerii, Patavium (cfr. 21, 62, 5 e C. I. L. I, 267). Questi oracoli erano affatto decaduti al tempo di Cicerone, e tra loro non conservava l'antico prestigio che quello di Preneste (cfr. de div. 2, 41 ceteris vero in locis sortes plane refrixerunt). Le sortes poi erano pezzi di legno con scritte diverse, i quali estratti dall'interrogante gli rivelavano il responso della fortuna (sortes in robore insculptae priscarum litterarum notis). Da questa forma primitiva d'oracolo, la quale si ritrova presso i Giudei, i Greci, i Romani e i Germani, si distingueva assai l'oracolo di Delfo, dove il responso era dato a voce, per bocca di una persona invasata dal nume. Però, mancando al latino un'espressione che contrassegnasse perfettamente questo oracolo, poichè la voce oraculum conferisce piuttosto al tempio che al nume, tanto Livio quanto Virgilio adoprarono non poche volte in sua vece il nome proprio dell'oracolo italico sortes, cfr. Verg. nunc Lyciae sortes nunc et Iove missus ab ipso. ignotas: si noti però che tanto Caere, alleata dei Tarquinii (cfr. 60, 2), quanto la stessa Roma si trovavano già da tempo assai più antico in relazione colla Grecia; anzi possiamo aggiungere che, se si prescindesse da questo reciproco contatto del Lazio colla Grecia, anche prima della fondazione di Roma, non solo la composizione dell'Odissea rimarrebbe un enimma, ma non si riuscirebbe nemmeno ad intendere, come mai Esiodo faccia menzione nella Teogonia del re Latino. ignotiora, cfr. 7, 8; 18, 3. 7. alius ingenio diverso per ingegno costruito coll'abl., al pari di dissimilis, impar. quam cuius, sott. iuvenis = quam is cuius personam induerat o pure quam is quem simulaverat, cfr. Cic. ad Att. 9, 8, 2: Minervam simulatam Mentori. in quibus, cfr. 6, 20, 8. interfectum, trovandosi dopo il relativo, si è accordato col nome più vicino, sebbene sarebbe stata più chiara la forma interfectos, messa direttamente in relazione con primores. È però quella una attrazione, la quale ha in suo sostegno il seguente esempio di Cicerone, che non è certamente meno duro: omni ornatu orationis tamquam veste detracta in Br. 75, 262. regi timendum : quod rex timere posset. fortuna = fortunis, cfr. 42, 4; 22, 10, 8. concupiscendum quod ab eo, i. e. Tarquinio, concupisceretur. I gerundivi che indicano un sentimento dell'animo, come metuendus, spernendus, admirandus e altri, si trovano spesso congiunti con una negazione (cfr. 35, 5; 55, 9; 22. 59, 2) e corrispondono in tal caso perfettamente ad agg.

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relinquere statuit, contemptuque tutus esse, ubi in iure parum 8 praesidii esset. Ergo ex industria factus ad imitationem stultitiae cum se suaque praedae esse regi sineret, Bruti quoque haud abnuit cognomen, ut sub eius obtentu cognominis liberator 9 ille populi Romani animus latens opperiretur tempora sua. Is tum ab Tarquiniis ductus Delphos, ludibrium verius quam comes, aureum baculum inclusum corneo cavato ad id baculo tulisse donum Apollini dicitur, per ambages effigiem ingenii 10 sui. Quo postquam ventum est, perfectis patris mandatis cupido incessit animos iuvenum sciscitandi, ad quem eorum regnum Romanum esset venturum. Ex infimo specu vocem redditam ferunt: « imperium summum Romae habebit qui vestrum primus,

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ubi,

8. ex indu

― se

in -bilis, cfr. 8, 40, 3 e Cic. pro Mil. 104 o conservandum virum. cioè nella reggia o pure nella famiglia reale, cfr. 49, 5. Istria, cfr. 9, 6. factus ad avendo preso a contraffarsi, a mostrarsi, a farsi credere scemo „, cfr. 26, 19, 3 in ostentationem compositus. suaque, non solo la propria persona, la quale era tenuta a vile (in contemptu ludibrium), ma anche i proprii beni. Bruti è spiegato dalla voce stultitia che segue, cfr. Festo, p. 31 Brutum antiqui, dicebant gravem, testimonianza che potrebbe in certo modo render ragione dell'origine di tutta questa leggenda. quoque in luogo di ne quidem, perchè haud abnuit ha propriamente il senso affermativo di accepit, cfr. 22, 42, 8. obtentu, &л. elg., cfr. però Sall. Hist. 1, 41, 24 obtentui. liberator, cfr. 28, 1: il sost. in or ha qui a un dipresso lo stesso significato del part. fut. in -rus, cfr. 35, 17, 8 liberator populus; 30, 32, 1 victores. opperiretur, cfr. 4, 7, 6 sua tempora exspectare, e Dion. 4, 68 wg oð tòv êniτήδειον ἔδοξε καιρὸν ἔχειν. — 9. is tum, cfr. 7, 9. ludibrium, quale oggetto di scherno. — verius, cfr. 9, 17, 16 Darium praedam verius quam hostem, 2, 26, 1. inclusum, col semplice abl. senza in, è estraneo all'uso ciceroniano, ma frequente nei poeti e nei prosatori posteriori. corneo, ἅπ. εἰρ. - cavato ad id incavato appunto per questo scopo " potrebbe essere semplicemente una glossa, cfr. però 10, 5; 2, 3, 6. tulisse, sott. secum e cfr. 22, 50, 5. effigiem, qual simbolica o misteriosa immagine dell'animo suo: quest'acc. va considerato quale apposizione di donum, e l'espressione avverbiale per ambages che lo precede quale attributo di effigiem, cfr. 21, 5 e 54, 8. 10. cupido incessit coll'acc. come in 24, 13, 5: il dat. ricorre soltanto in 4, 57, 10. quem = utrum, cfr. 6, 4. eorum ex ipsis. Il pronome is si incontra non rare volte nell'or. obl. a far le veci del pronome riflessivo, quando come in questo caso manca la forma riflessiva corrispondente, cfr. Cic. ad Att. 11, 23, 1; de Or. 1, 54, 232; Ces. b. g. 1, 6, 3; Liv. 54, 5; 32, 34, 5; 31, 3, 6. specu, cfr. Giustino 24, 6, 9 in hoc rupis anfractu est terrae foramen, quod in oracula patet; ex quo frigidus spiritus vi quadam velut amento in sublime expulsus mentes vatum in vecordiam vertit impletasque deo responsa consulentibus dare cogit; Strab. 9, 3, 5; Val. Mass. 1, 8, 10. Secondo Livio sembra invece che coloro, i quali ricorrevano al nume, ne sentissero direttamente la voce. vestrum primus: l'oracolo risponde, compren

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o iuvenes, osculum matri tulerit ». Tarquinii, ut Sextus, qui 11 Romae relictus fuerat, ignarus responsi exspersque imperii esset, rem summa ope taceri iubent; ipsi inter se, uter prior, cum Romam redissent, matri osculum daret, sorti permittunt. Brutus alio ratus spectare Pythicam vocem, velut si prolapsus 12 cecidisset, terram osculo contigit, scilicet quod ea communis mater omnium mortalium esset. Reditum inde Romam, ubi ad- 13 versus Rutulos bellum summa vi parabatur.

LVII. Ardeam Rutuli habebant, gens, ut in ea regione 1 atque in ea aetate, divitiis praepollens. Eaque ipsa causa belli fuit, quod rex Romanus cum ipse ditari, exhaustus magnificentia publicorum operum, tum praeda delenire popularium animos 2 studebat, praeter aliam superbiam regno infestos etiam, quod se in fabrorum ministeriis ac servili tam diu habitos opere ab rege indignabantur. Temptata res est, si primo impetu capi Ardea posset. Ubi id parum processit, obsidione munitionibusque 3

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dendo nelle sue parole tutti e tre i messi e non già i soli figliuoli di Tarquinio. tulerit obtulerit, cfr. 10, 19, 8. 11. Tarquinii, in opposizione a Brutus. ipsi inter se, cfr. 10, 2. sorti permittunt sortiuntur, cfr. 28, 45, 9. 12. prolapsus, scivolando leggermente a terra, cfr. 21, 36, 7. Mentre Livio descrive così completamente la missione inviata a Delfo, d'altra parte egli trascura interamente la leggenda relativa ai libri sibillini, la quale si collega coll'introduzione del culto di Apollo in Roma, cfr. Dion. 4, 62. mater: i Greci le davano il nome di παμμήτειρα. osculo contigit, cfr. 45, 44, 20 Prusiam summisisse se et osculo limen curiae contigisse. LVII. 1. Ardeam, città capitale dei Rutuli e già sede di Turno (cfr. Verg. 7, 409), si trovava a mezzogiorno di Roma, non lungi dalla costiera, su una rupe circondata di paludi, e in una regione malsana: anche questa città fu colonizzata dai Romani, cfr. 4, 11, 3.

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ut, cfr.

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n. 3, 3. in ea aet., cfr. 18, 1. regione. Pare che Ardea avesse un porto presso S. Anastasio, mercè del quale gettandosi nei commerci ammassò immense ricchezze, cfr. 21, 7, 2. eaque, al pari che in 45, 3, vien meglio circoscritto per mezzo di quod. ditari arricchirsi non è adoperato mai altrove da Livio come riflessivo, cfr. 56, 8. studere coll'inf. s'incontra in Livio anche in 34, 25, 7. 2. praeter aliam superbiam oltre che per la superbia che egli (Tarquinio) metteva in tutte le altre cose sue : aliam, come di qui si vede chiaramente, ha relazione colla frase fabrorum ministeriis ac servili opere. regno al governo reale, alla monarchia „. - fabrorum. Gli artisti eran tenuti in poca considerazione a Roma, come s'intende chiaramente tanto da questo luogo, quanto dal fatto che essi non furono compresi nelle classi di Servio. in min. habitos, è formato sull'analogia di in servitio habere. 3. si posset, cfr. 7, 6. parum processit, essendo il luogo assai ben fortificato. munitionibus, opere le quali tendevano a proteggere gli

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