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honoris, cum Vestalem eam legisset, perpetua virginitate spem partus adimit.

IV. Sed debebatur, ut opinor, fatis tantae origo urbis ma- 1 ximique secundum deorum opes imperii principium. Vi com- 2 pressa Vestalis cum geminum partum edidisset, seu ita rata, seu quia deus auctor culpae honestior erat, Martem incertae stirpis patrem nuncupat. Sed nec dii nec homines aut ipsam aut stirpem 3 a crudelitate regia vindicant: sacerdos vincta in custodiam datur; pueros in profluentem aquam mitti iubet.

Forte quadam divinitus super ripas Tiberis effusus lenibus 4

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vi sia adoperato nel senso comune di accusata Però egli è molto più probabile che Rea sia niente altro che la divinità Frigia Rhea mater idea, al modo stesso che Silvii è probabilmente traduzione di Ἰδαῖοι (cfr. ἴδα - silva); e che quindi tal nome sia intimamente connesso colla sede del nuovo regno Troiano, che fondarono sull'Ida i successori d'Enea (cfr. Conon 41 ὁ δ ̓ ̓Ασκάνιος υἱὸς μὲν ἦν Αἰνείου, μετὰ δὲ Τροίας ἄλωσιν ἐβασίλευσεν "Ιδης). Ennio da a Silvia il nome di Ilia e la considera qual figlia di Enea, cfr. Festo p. 286: Ilia dia nepos. Vestalem legere (cfr. 20, 3) o capere (cfr. 27, 8, 5, Tac. Ann. 4, 16) sono i termini tecnici per indicare la scelta dei sacerdoti e delle sacerdotesse, la quale veniva fatta dal Pontefice massimo. Qui invece tale scelta è considerata come prerogativa diretta del re, il quale non solo compie la scelta, ma punisce anche la Vestale (cfr. 4, 3). per speciem honoris, sotto finta di dare un onorifico attestato di stima al fratello.

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IV. Romolo e Remo. 1. sed: sebbene Amulio facesse del poter suo per estinguere la stirpe di Numitore, pure ecc. fatis era segnato dal fato che Roma sorgesse, e contro di questo a nessuna forza umana è dato di lottare, cfr. 42, 2 e Verg. 7, 120 fatis mihi debita tellus. secundum subito dopo 2. seu rata... seu quia erat: un simile cambiamento nella costruzione è assai frequente in Livio, cfr. 14, 3; 2, 39, 6. seu quia serve a provare lo scetticismo che serba Livio innanzi a simili tradizioni. honestior erat: puoi tradurre questa frase per mezzo del v. "coonestare,. Martem, cfr. 20, 2. — incertae è una espressione eufemistica che fa le veci di spuriae, cfr. Ulpiano qui matre quidem certa, patre autem incerto nati sunt, spurii appellantur, e Livio, 3, 15, 8 incerta prole; 39, 53, 3 certi patris. 3. dii è qui messo in relazione con deus auctor culpae. iubet, sott. Amulius. Il cambiamento della costruzione da passiva (datur) in attiva (iubet) serve a separare nettamente le due azioni l'una dall'altra, cfr. 5, 4; 2, 2, 1. Quanto all'omissione del soggetto, cfr. 50, 9. profluentem s'incontra solo qui in Livio, cfr. però Cic. ad Qu. fr. 3, 1, 2 e Floro 1, 1 regis imperio iactatus in profluentem cum Remo. 4. forte quadam: comunemente fortuitum si contrappone a divinum; ma, poichè qui si tratta di cosa voluta dal fato, lo straripamento del fiume non si può considerare come casuale che in relazione cogli uomini, ai quali non appariscono talvolta le cause di ciò che è determinato dagli dèi, cfr. 22, 42, 10 dii prope ipsi

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stagnis nec adiri usquam ad iusti cursum poterat amnis, et posse quamvis languida mergi aqua infantes spem ferentibus dabat. 5 Ita, velut defuncti regis imperio, in proxima adluvie, ubi nunc ficus Ruminalis est Romularem vocatam ferunt

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pueros

forte e Dion. 1, 79 κατὰ θείαν τύχην ο pure θείᾳ τινὶ τύχῃ. Πl Madvig, seguendo le orme del Grutero, propone di leggere forte quadam an divinitus. effusus contiene la ragione di poterat e di dabat. lenibus stagnis placidi e tranquilli laghetti, è contrapposto a inondazione impetuosa. ad iusti cursum amnis: ad iustum cursum amnis, cfr. Dion. 1, 79 tov yvnoíov ¿eíðqov. L'A. vuol dire che l'acqua ristagnata nel piano non permetteva di avvicinarsi fin presso all'antico letto del fiume. Si ponga mente ad amnis, il quale sembra superfluo dopo Tiberis che funge da soggetto di adiri poterat. et et tamen. quamvis : questa congiunzione, contrariamente all'uso ciceroniano, trovasi costantemente adoperata da Livio in unione di aggettivi e participii (cfr. 16, 5; 2, 39, 7), più raramente di avverbii: unica eccezione fa il 2, 40, 7, dove quamvis è adoperato in unione con un verbo e, per di più, al modo indicativo. mergi: l'abl. dopo mergi è poet. (cfr. 27, 37, 6); Cicerone adopera in sua vece in coll'acc. o anche coll'abl., in aquam, in mari. Se altrove Livio non adoperasse l'abl. in unione di mergi (cfr. 26, 29, 4; 29, 27, 14), si potrebbe sospettare che languida quamvis aqua compia qui la funzione di abl. assoluto. 5. ita e sic sono adoperati talvolta in forma enfatica a principio d'una proposizione, per dar risalto alle condizioni già enunziate, sotto di cui un dato fatto si compie: stando così le cose velut defuncti: defuncti da solo vorrebbe indicare, che essi avevano eseguiti perfettamente gli ordini del re ed esposti i gemelli alla corrente principale del fiume; coll'aggiunta di velut invece Livio accenna soltanto all'intenzione che essi avevano avuta, sicchè la frase velut defuncti corrisponde in certo modo a exponunt ita se defunctos rati, cfr. 29, 5. Cicerone adopera in questo senso, in unione con participii, le cong. ut e quasi; Livio invece, oltre a queste due, anche tamquam, cfr. 26, 3; 12, 7; 54, 7; 51, 3. adluvie è la lezione dei mscr., che il Grutero dapprima e poi il Weissenborn emendarono in eluvie: l'una e l'altra parola non ricorrono altrove in Livio e non possono avere altro valore, che quello di acqua diffusa dall'alluvione la quale dava come l'immagine di uno stagno. ficus Ruminalis, cfr. 10, 23, 12 e Festo p. 270: Ruminalis dicta est ficus, quod sub ea arbore lupa mammam dederat Romulo et Remo, mamma autem rumis dicitur. Dalla stessa radice deriva anche il nome della dea Rumīna (Agostino de civ. Dei 7, 11 ricorda anche un Iuppiter Rumīnus), o dea protettrice degli agnelli lattanti, la quale apprestava il latte materno anche ai bambini (cfr. Varr. r. r. 2, 11, 5: non negarim ideo apud divae Ruminae sacellum a pastoribus satam ficum. Ibi enim solent sacrificari lacte pro vino et pro lactentibus. Mammae enim rumae sive rumes, ut ante dicebant, a rumi, et inde dicuntur subrumi agni,). L'albero del fico, che era sacro ad essa come simbolo forse della fecondità, si trovava in vicinanza del Lupercale sul Cermalus, cioè sul fianco occidentale del Palatino e di rimpetto al Capitolino, sulla via che mena al Circo. nunc est: dalle parole di Ovidio nei Fasti 2, 411: arbor erat, remanent

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exponunt. Vastae tum in his locis solitudines erant. Tenet fama, 6 cum fluitantem alveum, quo expositi erant pueri, tenuis in sicco aqua destituisset, lupam sitientem ex montibus qui circa sunt ad puerilem vagitum cursum flexisse; eam submissas infantibus adeo mitem praebuisse mammas, ut lingua lambentem pueros magister regii pecoris invenerit - Faustulo fuisse nomen ferunt -; ab eo ad stabula Larentiae uxori educandos datos. Sunt 7

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vestigia ... Romula ficus erat apparisce chiaro, che il fico Palatino era già distrutto a tempo di Livio. In luogo di esso si mostrava invece sul Comitium un altro ficus Ruminalis, detto anche Navia perchè piantato da Atto Navio: questo fico sopravvisse non solo ai tempi di Dionigi (3, 71), ma anche a quelli di Plinio (15, 77), e trovasi rappresentato perfino in un bassorilievo dei tempi di Traiano. Livio confondeva probabilmente l'uno con l'altro, cfr. Tac. Ann. 13, 58 e Becker Röm. Alterth. 1, 292, 418. Romularem è nome d'origine posteriore ed evidentemente connesso con Romulus, e serve ad indicare che l'albero sacro a Rumina era proprio quello stesso sotto di cui era stato allevato Romolo. 6. his locis: tra il Capitolino, il Palatino e l'Aventine, dove aveva avuto propriamente luogo lo straripamento del Tevere. fama corre voce, dura la tradizione cfr. Tucid. λόγος κατέχει e Livio 17, 6 e 21, 46, 10 fama obtinuit. = quo in quo, cfr. 34, 8 sede honoris. tenuis aqua quel piccolo rigagnolo, quel breve corso d'acqua L'attributo, secondo l'uso proprio del greco, è assai frequentemente da Livio anteposto al sostantivo e da esso disgiunto; quando ciò ha luogo, l'aggettivo fa ben spesso le veci di una proposizione relativa, cfr. 7, 7 reddita vox; 7,9 manifestae caedis; 15, 4 fusos hostes e Cic. off. 1, 1, 3 hos de philosophia libros; ad Fam. 5, 7, 3. destituisset, cfr. Ov. Fast. 3, 52 in sicca pueri destituuntur humo. lupam era sacra a Marte, cfr. Ennio, Ann. 70 e Ov. Fast. 3, 53. mitem, cfr. n. praef. 11.

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tenet

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submissas

tese all'ingiù,, cfr. 10, 23, 13 ad ficum Ruminalem simulacra infantium conditorum urbis sub uberibus lupae posuerunt. 7. Faustulus deriva

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da faustus faveo ed indica il dio salvatore, che porta aiuto, questo nome è affatto identico all'altro di Fauno, il Dio protettore degli armenti (Or. Carm. 3, 18), il cui nome è così interpretato da Servio ad Aen. 8, 314 quidam faunum appellatum volunt eum quem nos propitium dicimus A causa di tale qualità esso pigliava anche il nome di Lupercus da lupus e arceo (cfr. coerceo, aberceo) e la moglie di lui, Fauna, quello di Luperca o di Lupa. Ora, ammessa l'identità di Faustulus con Faunus e quindi di Acca Larentia con Fauna, ne apparisce abbastanza chiara l'origine della leggenda, la quale riferiva che i due gemelli fossero stati allevati da una lupa. Larentiae. Acca Larentia (erroneamente Laurentia) è un nome d'origine etrusca, che corrispondeva probabilmente in principio a quello di madre dei Lari,, Lara Larunda, e quindi anche madre e allevatrice dei due dii protettori della città di Roma (Lares Praestites), Pico e Fauno (cfr. Ov. Fast. 5, 134 e riguardo alla festa dei Larentalia, celebrata in suo onore C. I. L. I, p. 409). Essa era inoltre venerata come madre dei 12 fratelli Arvali, nel cui numerc dopo morte fu assunto anche Romolo. Quando, più tardi, ai due

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qui Larentiam vulgato corpore lupam inter pastores vocatam putent: inde locum fabulae ac miraculo datum.

8 Ita geniti itaque educati, cum primum adolevit aetas, nec in 9 stabulis nec ad pecora segnes, venando peragrare saltus. Hinc robore corporibus animisque sumpto, iam non feras tantum

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Lari protettori furono nella leggenda sostituiti i nomi di Romolo e Remo, Acca Larentia fu trasformata in personaggio storico e considerata qual nutrice dei due gemelli (cfr. Ov. Fast. 5, 55 nutrix Romanae gentis). Nè la trasformazione si fermò a questo punto; perchè il nome di Lupa o Luperca, che le era attribuito, fe' sì che o si sostituisse a lei nella leggenda senz'altro la lupa, o pur s'interpretasse questo nome nel suo peggior significato (cfr. lupanar), e si considerasse Acca Laurentia sotto un punto di vista che si addiceva ben poco alla madre dei Lari (cfr. Catone pr. Macrobio 1, 10, 16 e Gellio 7, 7, 5). · dare è qui adoperato nel doppio senso di affidare e di portare,; nel primo senso regge uxori, nel secondo ad stabula, cfr. 22, 7, 5 in vincula dare. Però ad stabula si può interpretare anche come proposizione ellittica nel senso di arrivato che fu alle sue stalle vulgato corpore

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quod corpus vulgaverat dava a prezzo : fabulae ac miraculo

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strana e straordinaria leggenda, della lupa cioè che allatta i bambini. 8. Itaque et ită. Si badi che la voce itaque ha in ogni caso la penultima breve, sia nel senso di adunque sia in quello di et ita. Se in parecchie scuole prevale l'uso, del resto corretto, di leggere itaque (nel senso di et ita colla penultima accentuata (itaque), non è già perchè l'a cessi di essere breve, ma perchè quivi si continua, senza forse saperlo, un antico precetto di Prisciano (cfr. Servio ad Aen. 1, 116), il quale affermava che l'enclitica in latino richiama costantemente l'accento sull'ultima sillaba della parola che la precede, sicchè il nom. musăque ad es. non andrebbe pronunziato diversamente dall'abl. musáque. adolevit aetas è una frase che non ricorre altrove in Livio, ma soltanto presso i poeti, cfr. Verg. 12, 438 e Or. Sat. 1, 9, 34. nec segnes: senza venir meno ai loro doveri di pastori. Quanto all'uso di segnis coll'abl. si può mettere a riscontro segnes in bello 4, 28, 4, rudis in re navali 35, 26, 4; e quanto alla costruzione con ad, che ricorda quella greca di ỏnvngos εἴς τι πρός τι, si possono raffrontare le frasi segnis ad pericula tardo in faccia ai pericoli, 38, 6, 8; s. ad consilia 44, 12, 4 (Cic.); s. ad credendum 24, 13, 11 (Cic.); gens pigerrima ad militaria opera 21, 25, 6 (=Cic. ad fam. 8, 1, 1); rudis ad 10, 22, 6; habilis ad 7, 10, 5. Qui potrai tradurre la frase ad pecora segnes con poco assidui o solerti nelle cure del bestiame venando, sott. tamen o maxime tamen. L'omissione del tamen è frequente in Livio, ma non in Cicerone (cfr. però p. Sext. 32, 69), non solo dopo una particella concessiva (cfr. 22, 20, 1), ma anche colle frasi che hanno da sole valore concessivo, cfr. 2, 56, 4. L'es. più bello di tale omissione è certamente quello che qui abbiamo sott'occhi. peragrare, inf. storico. 9. robur sumere è detto sull'analogia di spiritus o animos sumere, ma è un costrutto poetico (Lucrezio), in luogo del quale Cicerone adopera talvolta robur assumere leg. agr. 2,

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subsistere, sed in latrones praeda onustos impetus facere, pastoribusque rapta dividere, et cum his crescente in dies grege iuvenum seria ac iocos celebrare.

V. Iam tum in Palatio monte Lupercal hoc fuisse ludicrum 1 ferunt, et a Pallanteo, urbe Arcadica, Pallantium, dein Palatium montem appellatum. Ibi Euandrum, qui ex eo genere Arcadum 2

35, 97, o più spesso robur accedit p. Cael. 30, 73.

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subsistere trans.

tener fronte, entrare in lotta cfr. 9, 31, 6 Romanum nec acies subsi stere ullae poterant. onustos è apposizione di latrones. dividere: i due fratelli appariscono già qui come conduttori di schiere separate. Non è chi non sccrga in questo racconto la somiglianza che esso ha coll'infanzia di Ciro, quale ci è descritta da Erodoto 1, 113. — celebrare addirsi, dedicarsi, seria son propriamente le occupazioni alle quali uno attende, iocos i sollazzi.

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V.

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ora

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1. iam serve a dar principio ad un nuovo racconto, e si traduce ben spesso in it. per mezzo di cfr. 10, 43, 6 postquam iam non ex intervallo sed comminus gerebatur res. - in Palatio monte: comunemente si dice mons Palatinus o pure Palatium come sost., ma qui è ad esso aggiunto anche mons come apposizione, sull'analogia di Istro flumine, Sicilia insula. Lupercal indica in primo luogo la grotta sacra & Fauno Lupercus, il dio della fecondità dei pascoli e degli armenti, sul Cermalo, in vicinanza del fico ruminale (cfr. 4, 5; 10, 23, 12), e in secondo luogo la festa di purificazione che era fatta in suo onore (Lupercalia) dai pastori il dì 15 di febbraio, per invocare dal dio la fecondità del gregge. Sembra che Livio abbia seguìto in questo racconto la tradizione raccolta da Elio Tuberone, la quale però era forse rigettata dai più, cfr. Dion. 1, 80. hoc = ancora in uso serve come di antitesi a tum, cfr. Dion. 1, 1 ô5 xaì võv ěti doarai. Augusto ampliò la grotta presso che dirupata (cfr. CIL. III, p. 780, 2) e ristaurò l'antica festività, per qualche tempo interrotta. ludicrum sost., ha qui il senso di" festività religiosa, e non già di sollazzo che gli è proprio altrove. Pallanteum, un'antica città d'Arcadia ad occidente di Tegea, la quale era considerata come la patria d'Evandro, perchè di qui egli mosse nel venire a colonizzare l'Italia. Il nome di Palatium, secondo quello che ne riferisce Varrone 1. 1. 5, 53, era già proprio dell'ager Reatinus, donde eran partiti gli Aborigini, ed è connesso con quello di Pales il dio o la dea dei pastori palea, Palilia, Palatua "la dea protettrice del Palatium ,. Or, poichè tutte queste parole hanno relazione colla radice pa- di pasco, ne risulta con molta probabilità che Palatium significhi senz'altro luogo o colle da pascolo,. L'etimologia adottata da Livio è sotto ogni rispetto inverosimile. 2. Euandrum. Evandro,

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secondo quel che riferisce la leggenda, circa 60 anni prima della distru`zione di Troia, condusse in Italia una colonia pelasgica, fu ospitalmente accolto da Fauno re degli Aborigini, fondò una città sul monte Palatino e quivi stesso in memoria della patria, che aveva abbandonata, consacrò una grotta a Pane Liceo col nome di Lupercal, che già abbiamo ricordato. Non è difficile rendersi conto dell'origine di questa leggenda. La rassomiglianza tra il culto di Fauno e quello del greco Pan era E. COCCHIA, Tito Livio, I, 3a ed.

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