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7 loco infesto agere porro armentum occepit. Inde cum actae boves quaedam ad desiderium, ut fit, relictarum mugissent, reddita inclusarum ex spelunca boum vox Herculem convertit. Quem cum vadentem ad speluncam Cacus vi prohibere conatus esset, ictus clava fidem pastorum nequiquam invocans morte occubuit.

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Euander tum ea, profugus ex Peloponneso, auctoritate magis quam imperio regebat loca, venerabilis vir miraculo litterarum, rei novae inter rudes artium homines, venerabilior divinitate credita Carmentae matris, quam fatiloquam ante Sibyllae in

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spensus animi, ecc. agere menar via occepit è una forma arcaistica, che si trova anche adoperata da Pisone, Sisenna e Sallustio. 7. actae boves: il sost. bos trovasi per ben cinque volte adoperato da Livio come femm., nei primi tre libri delle storie; ma tal uso rimane affatto estraneo alla prosa anteriore a Livio, la quale non adopera mai bos come femminile, tranne che in unione con femina, cfr. anche Livio 25, 12, 13. Se qui poi Livio adopera promiscuamente bos coi due generi non è a far meraviglia, poichè si tratta d'una moltitudine indistinta, cfr. anche Verg. 8, 307 e Ov. Fast. 1, 548. ad desiderium relictarum: le vacche, quando si allontanano dal pascolo, si rivolgono indietro a riguardare le loro compagne e muggiscono come in tono lamentevole, quasi temessero di disperderle; quelle poi che seguono rispondono in tono più alto, quasi per assicurarle della loro presenza. Questa volta però non risposero all'appello solamente le vacche che erano state le ultime ad allontanarsi dal pascolo, ma anche le altre rinchiuse da Caco, appena che ebbero a sentire la voce delle loro compagne. ex spelunca dipende da reddita. da quella parte,. convertit, sott. - fidem protezione, difesa morte occubuit, cfr. 29, 18, 6 e 8, 10, 4: altrove Livio adopera anche mortem occ. (cfr. 2, 7, 8), in conformità dell'uso ciceroniano. 8. auctoritas" l'influenza personale,, in contrapposizione ad imperium che indica l'autorità che ad uno viene dal posto che egli occupa. miraculo litterarum per l'arte meravigliosa delle lettere o della scrittura,, che egli aveva introdotta nel Lazio. Questa leggenda accenna chiaramente, che l'arte della scrittura fu primieramente comunicata ai popoli dell'Italia media (prima agli Etruschi, Umbri ed Oschi e poi ai Latini) dagli Eoli di Cuma o pure dai Dori di Sicilia, cfr. Tac. Ann. 11, 14. venerabilis... venerabilior: questa gradazione è assai comune in Livio, cfr. 56, 6; 2, 29, 5; 38, 53, 9 vir memorabilis, bellicis tamen quam pacis artibus memorabilior. divinitate credita

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la fede nella divinità, questa stessa frase ricorre soltanto un'altra volta in 15, 6. Carmenta o Carmentis, secondo si esprime Ov. Fast. 1,467, nomen habet a carmine ductum: essa era venerata dalle matrone come la dea della maternità, ai piedi del Campidoglio presso la porta Carmentalis; e a causa della sua abilità profetica fu identificata con Themis, che alcuni considerano come la madre di Evandro. fatiloquam questa parola s'incontra solo in Apuleio; Virgilio adopera in sua vece, 8, 339 vates fatidica. La dea Carmenta, come profetessa, pigliava

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Italiam adventum miratae eae gentes fuerant. Is tum Euander, g concursu pastorum trepidantium circa advenam manifestae reum caedis excîtus, postquam facinus facinorisque causam audivit, habitum formamque viri aliquantum ampliorem augustioremque humana intuens rogitat, qui vir esset. Ubi nomen patremque 10 ac patriam accepit, « Iove nate, Hercules, salve » inquit; « te mihi mater, veridica interpres deum, aucturum caelestium numerum cecinit, tibique aram hic dicatum iri, quam opulentissima olim in terris gens maximam vocet tuoque ritu colat ». Dextra Hercules data accipere se omen impleturumque fata, ara condita 11

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anche il nome di Fatua da fari fatum (cfr. лoо¶ýτηs da ❤nuí), a quel modo che Fauno o Evandro era anche soprannominato Fatuus. Sibyllae: è questa la Sibilla che venne a Cuma dopo la distruzione di Troia, cfr. 56, 12. 9. is tum Euander: la persona a cui innanzi si era accennato, per notarne soltanto le caratteristiche speciali, qui entra a far parte direttamente del racconto. trepidantium: incerti, indecisi se dovessero vendicare su di quell'uomo così potente l'insulto patito. aliquantum, in luogo d'aliquanto, si trova adoperato ben raramente dai prosatori classici in unione del comp., cfr. Cic. de or. 3, 24, 92. — ampliorem augustioremque si debbono considerare come di genere femm. a causa della forma humana che segue, sebbene si riferiscano entrambi tanto ad habitum che a formam, cfr. 5, 41, 8 praeter ornatum habitumque humano ampliorem. rogitat: questo verbo, al pari di parecchi altri frequentativi, si trova assai spesso usato da Livio nella prima decade, cfr. 2, 3; 9, 12; 22, 4; 24, 3; 50, 3; 2, 26, 1. 10. nomen patremque,

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cecinere vates.

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cfr. 19, 1. Hercules: il voc. dei nomi proprii in -es termina in Livio in -es (41, 24, 15) o pure in -e (39, 36, 14); negli scongiuri però egli adopera quasi costantemente hercule, più raramente hercules, cfr. 3, 68, 5; 6, 5, 4. veridica, án. λey. che si incontra soltanto in Lucr. e Cic. div. 1, 45, 101. aucturum numerum, cfr. Strab. 5, 3, 3: Hoanλei nenowμένον ἦν τελέσαντι τοὺς ἄθλους θεῷ γενέσθαι. cecinit, cfr. 55, 6 ita maximam: l'Ara maxima (Verg. 8, 271) sul forum boarium, nel luogo dove Ercole aveva pascolati i giovenchi, non lungi dall'entrata del Circo Massimo tra il Palatino e l'Aventino, era uno dei più antichi santuarii di Roma. Dopochè Ercole fu identificato con Dius Fidius, su questo altare si giurarono i trattati e quivi si venne ad offrire ad Ercole la decima parte dell'eredità privata o pure del bottino di guerra, cfr. Dion. 1, 40 e C. I. L. I, p. 149. tuo ritu, cioè a capo scoperto, senza l'intervento di nessuna donna, e pigliando parte seduti al banchetto sacrificale, cfr. Cic. de dom. 134. 11. data, sott. Evandro. cfr. 34, 9 augu

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accipere "pigliare per sè, accettare di buon grado rium accipere; 21, 63, 14 aliquid in omen accipere, e Servio ad Aen. 5, 530: nostri arbitrii et visa omina vel improbare vel recipere.

fata

il presagio, il detto della sorte, la profezia,, cfr. § 15 e 4, 1. - condita ac dicata coll'edificare e consacrare Dal confronto di queste parole con 9, 34, 18 apparisce chiaro, che Livio attribuisce direttamente ad Ercole la costruzione di quell'altare (cfr. Verg. 8, 271; Prop. 5, 9, 67 e

12 ac dicata, ait. Ibi tum primum, bove eximia capta de grege, sacrum Herculi, adhibitis ad ministerium dapemque Potitiis ac Pinariis, quae tum familiae maxime inclitae ea loca incolebant, 13 factum. Forte ita evenit, ut Potitii ad tempus praesto essent, iisque exta apponerentur, Pinarii extis adesis ad ceteram venirent dapem. Inde institutum mansit, donec Pinarium genus 14 fuit, ne extis sollemnium vescerentur. Potitii ab Euandro edocti antistites sacri eius per multas aetates fuerunt, donec tradito servis publicis sollemni familiae ministerio genus omne Poti15 tiorum interiit. Haec tum sacra Romulus una ex omnibus pere

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Ov. Fast. 1, 581), e non già ad Evandro, come affermano Tac. Ann. 14, 51 e Strabone 1. c. 12. ibi, cioè nel luogo dove più tardi sorse l'altare. eximia, cfr. Paul. Diac., p. 82: eximium inde dici coeptum, quod in sacrificiis optimum pecus e grege eximebatur e 7, 37, 1. Herculi dipende da factum e fa le veci di abl. agente: secondo Dionigi 1, 40, Ercole diè solamente principio (xatág§aodai) alle cerimonie religiose, e il sacrifizio fu compiuto da Evandro. ministerium, gli uffizii religiosi che si era soliti di compiere nei sacrifizii, cfr. 9, 29, 9. Potitiis ac Pinariis. Queste due famiglie romane, di cui la seconda si trova anche ricordata in 2, 56, 1 e 4, 25, 5, non compivano l'una e l'altra gli stessi ufficii, ma occupavano gradi differenti, per essere accorsi i primi immediatamente, e i secondi con qualche ritardo alla chiamata di Ercole, come suona la leggenda, cfr. Macr. 3, 6, 12 e Servio ad Aen. 8, 269. Il nome dei Potitii è connesso probabilmente con potiri, e si adoperava forse per rappresentare simbolicamente quei guerrieri, i quali venivano a sacrificare sull'ara massima la decima parte del bottino di guerra ad Hercules Victor o Invictus: essi erano infatti quelli che presedevano al sacrifizio e i soli che pigliavano parte al sacro banchetto (cfr. Ov. Fast. 2, 374 exta non nisi victor edet). Il nome dei Pinarii invece è connesso col v. gr. πεινᾶν aver fame secondo che afferma Servio 1. C., e si riferisce alla punizione loro infitta da Ercole (ὑμεῖς δὲ πεινάσετε) a causa del loro ritardo: essi infatti erano considerati come subalterni, i quali assistevano al sacrifizio e compivano gli ufficii più bassi, senza mai pigliar parte ai banchetti anche i più lauti e sontuosi. - familiae. I commentatori credono comunemente che questa parola sia qui messa in luogo di gentes; ma a me pare più probabile che Livio l'adoperi per indicare, che Potitii e Pinarii sieno due veri cognomi; i Valerii infatti portavano il cognome di Potitii. 13. ad tempus tempore o in tempore" al tempo, nell'ora che si era ceteram dapem: la parte

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fissata

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che rimaneva del banchetto, dopo che si eran mangiati gli intestini delle vittime, cfr. Verg. 8, 180. extis sollemnium

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genus la stirpe, la schiatta,.

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lustralibus extis Verg. 8, 183: sollemne è adoperato come sost. in luogo di sacrum soll. 14. tradito, cfr. 9, 29, 9. I Potitii cedettero al popolo, a tempo di Appio Claudio Cieco, il diritto che essi avevano a quel sacrifizio, il quale da quel momento fu compiuto dal Praetor Urbanus, coll'assistenza dei servi publici. 15. peregrina,

grina suscepit, iam tum immortalitatis virtute partae, ad quam eum sua fata ducebant, fautor.

VIII. Rebus divinis rite perpetratis vocataque ad concilium 1 multitudine, quae coalescere in populi unius corpus nulla re praeterquam legibus poterat, iura dedit. Quae ita sancta generi 2 hominum agresti fore ratus, si se ipse venerabilem insignibus imperii fecisset, cum cetero habitu se augustiorem, tum maxime lictoribus duodecim sumptis fecit. Alii ab numero avium, quae 3 augurio regnum portenderant, eum secutum numerum putant; me haud paenitet eorum sententiae esse, quibus et apparitores [et] hoc genus ab Etruscis finitimis, unde sella curulis, unde toga

perchè non derivavano da Alba. iam tum: quasi fosse presago dell'immortalità, che anche egli doveva più tardi conseguire per le proprie virtù.

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VIII. 1. rite nel modo che era prescritto cfr. 5, 15, 11 e Varr. 1. 1. 7, 88 ritu i. e. instituto alicuius, quod fit rite id ratum ac rectum est. perpetratis: il re era anche sacerdote e fornito della potestà religiosa, cfr. 3, 11. coalescere in non si trova mai adoperato nella prosa anteriore a Livio. legibus: non sono ancora le cosiddette leges Romuli (cfr. 32, 2), ma soltanto delle norme (iura) per regolarsi tanto nella vita pubblica quanto nella privata. — dedit iura, cfr. 42, 4 auctor iuris; Verg. 6, 710 regis Romani primam qui legibus urbem fundabit; Tac. Ann. 3, 28 Caesar Augustus iura dedit. 2. ita ... si ha senso restrittivo solo a questa condizione... che cfr. 3, 45, 2. agresti è adoperato soltanto in relazione coi pastores 6, 3, cfr. Sall. Cat. 6, 1 Aborigines, genus hominum agreste sine legibus, sine imperio, liberum atque solutum. ipse: tanto Livio quanto Cicerone adoperano frequentemente ipse in relazione grammaticale col sogg. della prop., sebbene in realtà esso serva, come qui, a dar risalto all'oggetto di essa. cum tum, cfr. 42, 46, 4 cum ceterorum id interesse, tum praecipue Rhodiorum. 3. ab numero " a causa del numero cfr. 1, 4; 31, 4. eum si collega con numerum: il sogg. della prop. è Romulum sottinteso. secutum abbia adottato me haud paenitet: io non ho dispiacere, a me piace,. Comunemente per influenza di poena si trova adottata la grafia poenitet (cfr. Georges, Handwtb. d. lat. S. sotto poen.), la quale è chiarita falsa non solo dalle iscrizioni più antiche, alle quali essa rimane affatto estranea, ma ancora dal confronto colle due voci italiane péna e pènte, le quali riflettono colla diversa natura della vocale la differente origine delle due voci poena infatti è connesso col gг. лový, e paenitet con l'avv. paene, nel senso di ciò che tocca intimamente, nel profondo dell'animo. sententiae esse: il gen. del possesso si trova frequentemente adoperato da Livio anche coi nomi di cosa, cfr. 39, 5 e 27, 25, 5 cuius sententiae et Fabius fuit. apparitores, cioè i servi pubblici che stanno all'ordine del re e dei magistrati e son così detti quod appareant et praesto sint ad obsequium, cfr. 9, 46, 2. Di questi servi vi erano varie classi, come ad es. lictores, accensi, viatores, praecones, scribae, e l'opinione che fossero modellati sull'es. dell'Etruria fu forse suggerita a Livio dal numero dei littori, che era appunto di 12. hoc genus" che

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praetexta sumpta est, et numerum quoque ipsum ductum placet; et ita habuisse Etruscos, quod ex duodecim populis communiter creato rege singulos singuli populi lictores dederint.

Crescebat interim urbs munitionibus alia atque alia adpetendo loca, cum in spem magis futurae multitudinis quam ad id, quod 5 tum hominum erat, munirent. Deinde, ne vana urbis magnitudo esset, adiciendae multitudinis causa vetere consilio condentium urbes, qui obscuram atque humilem conciendo ad se multitudinem natam e terra sibi prolem ementiebantur, locum, qui nunc

sono della stessa specie, che hanno funzioni a loro affini, questo accusativo avverbiale si trova talvolta adoperato da Livio (cfr. 50, 8; 10, 24, 6 se id aetatis; Cic. ad Att. 13, 12 orationes aut aliquid id genus) quale apposizione, in luogo del gen. eius generis, sull'analogia di id temporis, id aetatis, ecc. Nei codici, dopo di apparitores, si legge ancora un et che, come ben vide il Gronovio, non ha nulla a fare in quel luogo e oggi comunemente dagli editori, dietro l'es. dell' Hermann, si trasporta innanzi a numerum. ab Etruscis, cfr. Sall. Cat. 51, 38. ita habuisse, cioè in numero di dodici: l'acc. coll'infinito dipende dal con

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cetto di pensare, che è incluso in placet. sella curulis era il segno

populi

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distintivo dei magistrati curuli (consoli, pretori, edili curuli, dittatore, mag. equitum) dai non curuli, e consisteva in una sedia d'avorio, di marmo o pur di metallo, artisticamente lavorata, ma di forma assai semplice, in quanto non aveva spalliera di appoggio, ma constava semplicemente di quattro piedi ricurvi congiunti tra di loro a croce. I magistrati curuli in pubblico sedevano sempre su di questa sedia, che essi portavano con loro anche in guerra. toga praetexta, così detta dall'orlo di porpora di cui era adorna, era anch'essa l'emblema dei magistrati. duodecim: la confederazione etrusca constava propriamente di una dodecapoli, cioè di dodici città, ciascuna delle quali era retta dal proprio re o Lucumone. Soltanto in circostanze speciali esse si riunivano sotto di un unico capo, al quale affidavano il comando supremo della confederazione e dell'armata, come avvenne ad es. a tempo di Porsenna, cfr. 2, 9, 1. = = civitates. dederint: tanto il tempo quanto il modo di questo verbo si trovano espressi in relazione con habuisse, cfr. 11, 8; 39, 6. 4. interim, cioè in seguito a questa imperfetta costituzione politica creata da Romolo. - munitionibus adpetendo includendo nella cerchia delle mura, circondando di opere di difesa ha relazione con munirent. loca: quelli cioè che eran vicini al Palatino, cfr. Tac. Ann. 12, 24. munirent è adoperato non poche volte da Livio assolutamente, cfr. 21, 11, 11. ad id in relazione con cfr. 44, 3 e 38, 21, 4 scuta ad amplitudinem corporum parum lata. 5. vana condensenza scopo, inutile vetere cons., cfr. Ov. Met. 3, 105. tium, cfr. n. praef. 4. conciendo concientes. natam, sott. esse: Livio qui accenna alla leggenda di Cadmo e dei denti del dragone, che egli cerca di interpretare in modo più razionale. locum: il colle capitolino aveva due cime, sull'una delle quali (la meridionale) si trovava il Capitolium, sull'altra l'arx. Ambedue queste cime erano in antico coperte da boschi, e il luogo o avvallamento, che tra di esse restava

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