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saeptus descendentibus inter duos lucos est, asylum aperit. Eo 6 ex finitimis populis turba omnis sine discrimine, liber an servus esset, avida novarum rerum perfugit, idque primum ad coeptam magnitudinem roboris fuit. Cum iam virium haud paeniteret, 7 consilium deinde viribus parat: centum creat senatores, sive

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rinchiuso, pigliava il nome di inter duos lucos (cfr. Dion. 2, 15 μeðógiov dvoìv ¿qvμ@v; Verg. 8, 342; Gell. 5, 12; Ov. Fast. 3, 429; Cic. de div. 2, 40), ed era a tempo di Livio circondato da una siepe (saeptus). Quivi si trovava il tempio di Veiovis, che Pisone, secondo Servio ad Aen. descen2, 761, paragonava qual dio purificatore ad Apollo Avxáons. dentibus quando si discende dal Campidoglio Nella descrizione di una località si trova non poche volte adoperato da Livio e dagli scrittori posteriori, in conformità dell'uso greco, un dativo assoluto invece di una propos. condizionale, cfr. 42, 15, 5 ascendentibus ad templum maceria erat ab laeva; 32, 4, 3 Thaumaci a Pylis eunti loco alto siti sunt; Caes. b. c. 3, 80. asylum: era questo un nome d'uso religioso e politico, il quale serviva ad indicare un bosco sacro, dove i delinquenti potevano trovar rifugio e purificazione dei loro delitti. Di questi asili erano parecchi in Italia ed anche presso i Greci (cfr. 35, 51, 2); e, poichè era nome d'uso assai comune, così Livio non si ferma ad indicarne il significato nè qui nè in 30, 5, dove si accenna per la seconda ed ultima volta all'asilo di Romolo. Nel tempio di Veiovis, a cui questo asilo corrispondeva, potevano trovar rifugio tanto gli schiavi che avevano abbandonato il loro padrone, quanto i debitori e i malfattori, i quali tutti venivano riammessi in città dopo l'espiazione delle loro colpe. Il nome asylum è d'origine greca (da ovláw entro, rubo,) e significa luogo inaccessibile, inviolabile cfr. 35, 51, 2 in fano lucoque ea religione et eo iure sancto, quo sunt templa, quae asyla Graeci appellant, e Dione Cassio 47, 19, il quale, parlando del diritto d'asilo concesso al tempio del divo Giulio, così si esprime intorno all'asilo di Romolo: exeivo tò xwoiov ὀνόματι τὴν ἀσυλίαν μετὰ τὴν τῶν ἀνδρῶν ἄθροισιν ἔσχεν· οὕτω γὰρ περιεφράχθη, ώστε μηδένα ἔτι τὸ παράπαν εἰσελθεῖν ἐς αὐτὸ δυνηθῆναι. Evidentemente la leggenda che qui racconta Livio ha carattere etiologico e fu immaginata per rendersi conto dell'origine dell'Asilo di Veiovis. 6 omnis d'ogni specie, confusa liber, cfr. 2, 3, 4. Dionigi 2, 15 dice proprio il contrario di Livio, cioè che non furono ammessi nell'asilo altri che gli uomini liberi. idque si riferisce a turba: e così la città cominciò a rafforzarsi per mezzo dei suoi nuovi abitatori, in corrispondenza dell'ampiezza che essa aveva di già assunta, cfr. Gell. 18, 12, 7: “ M. Cato in Originibus eodem convenae com. plures ex agro accessitavere, eo res eorum auxit,. Secondo Livio 2, 1, 4, tanto questi nuovi venuti quanto i pastori prima ricordati (4, 9) costituirono la plebe; ma di ciò si parlerà altrove. 7. cum iam haud paeniteret "poichè cominciava già ad esser contento consilium=regium consilium. Cic. de rep. 2, 14, cioè un consiglio direttivo Anche altrove l'astratto consilium trovasi contrapposto a vires, cfr. 2, 56, 16 consilium viribus additurum. Il consiglio dei più vecchi, a cui qui si accenna, è il senato, il quale fu istituito da Romolo allo scopo di dare un'intelligente direzione all'incomposta e forte moltitudine (viribus), E. COCCHIA, Tito Livio, I, 8a ediz.

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quia is numerus satis erat, sive quia soli centum erant, qui creari patres possent: patres certe ab honore, patriciique progenies eorum appellati.

1 IX. Iam res Romana adeo erat valida, ut cuilibet finiti marum civitatium bello par esset; sed penuria mulierum hominis aetatem duratura magnitudo erat, quippe quibus nec domi spes 2 prolis nec cum finitimis conubia essent. Tum ex consilio patrum Romulus legatos circa vicinas gentes misit, qui societatem conu3 biumque novo populo peterent: urbes quoque, ut cetera, ex infimo nasci; dein, quas sua virtus ac di iuvent, magnas opes sibi ma4 gnumque nomen facere; satis scire origini Romanae et deos

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che si era raccolta al di dentro delle mura di Roma. viribus, dat. commodi. parat, pres. storico. creat è qui adoperato per indicare l'origine della nuova istituzione: altrove Livio, parlando dei senatori, usa la frase legere in senatum o pure in patres. sive... sive: son queste le due ragioni che di quel numero assegna direttamente Livio. soli modo, non amplius, cfr. 55, 8. centum: il numero dei senatori corrispondeva forse a quello delle genti, sebbene il re fosse affatto libero nella loro scelta. L'antico comune constava di 100 gentes, divise in 10 curiae. patres è il nome più antico ed ufficiale dei senatori, e, poichè il senato comprendeva in sè solamente i patrizii, così esso accenna propriamente alla intera riunione dei senatori patrizii. Originariamente si chiamavano patres i rappresentanti delle singole famiglie (patres familias), i quali appunto come tali (ab honore) furon chiamati a far parte del primitivo senato. Il nome di patres rimase ad indicare il senato, anche quando fu introdotto e rappresentato in esso l'elemento plebeo. patricii, cfr. Cic. de rep. 2, 23: ille Romuli senatus, qui constabat ex optimatibus, quibus ipse rex tantum tribuisset, ut eos patres vellet nominari patriciosque eorum liberos,, e Festo, p. 241: patricios esse qui patrem ciere possent, id est nihil ultra quam ingenuos IX. 1. penuria ha qui senso relativo: picciolo numero minis aetatem una sola generazione ". duratura: Cic. adopera in questo senso manere o pure vigere. quibus e messo κατὰ σύνεσιν in relazione con res Romana. spes prolis: i Romani son qui descritti come perfettamente isolati in mezzo alle altre razze italiche; altrove invece essi me appariscono in relazione di parentela coi Latini, cfr. 23 1; 26, 2; 49, 9 e Dion. 3, 13. 2. circa si trova frequentemente adoperato da Livio nel senso di in o pure di ad, in unione con mittere (3, 38, 12), ire, discurrere, proficisci, ferre, ecc. societatem: il connubio è quasi sempre il risultato di un'alleanza, e ad esso si addiviene per lo più a fine di meglio cementarla. 3. infimo: i neutri dei superlativi si trovano raramente sostantivati, cfr. 40, 20 pro indignissimo; 6, 23, 3 ex incertissimo: dei comp. neutri si trovano sostantivati quasi solo peius e maius. quas iuvent: il presente serve a mettere in mostra il carattere universale di questa sentenza, che è una mera circoscrizione di quel motto assai noto: fortes fortuna adiuvat. facere: il sogg. è illas urbes. Quint. 9, 2, 37 così si esprime a riguardo di questo periodo di

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adfuisse et non defuturam virtutem: proinde ne gravarentur homines cum hominibus sanguinem ac genus miscere. Nusquam 5 benigne legatio audita est: adeo simul spernebant, simul tantam in medio crescentem molem sibi ac posteris suis metuebant; ac plerisque rogitantibus dimissi, ecquod feminis quoque asylum aperuissent: id enim demum compar conubium fore. Aegre id 6 Romana pubes passa, et haud dubie ad vim spectare res coepit. Cui tempus locumque aptum ut daret Romulus, aegritudinem animi dissimulans, ludos ex industria parat Neptuno equestri sollemnis; Consualia vocat. Indici deinde finitimis spectaculum 7 iubet, quantoque apparatu tum sciebant aut poterant, concele

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Livio: vertitur interim лшσололоιía in speciem narrandi, ut in T. Livii primo statim: urbes... facere 4. satis scire, sott. se: l'omissione del sogg. pronominale dell'infinito nell'or. obliqua, in conformità dell'uso greco, è assai più frequente in Livio che in Ces. e in Cic., sopratutto in unione con scire, cfr. 23, 5; 2, 2, 6. non defuturam, sott. Romae o Romanis. proinde è assai frequentemente adoperato da Livio nell'or. obliqua in unione con un imp. o pure coll'impf. del cong., per accennare ad una conseguenza che deriva direttamente dai motivi innanzi esposti, cfr. 39, 3; 2, 12, 10 — 5. simul... simul " mentre da un lato... dall'altro cfr. 41, 1. molem, una potenza così grande e minacciosa, cfr. 22, 9, 2 quanta moles Romanae urbis esset. metuebant, cfr. 28, 41, 7 quem non minus metuisse videatur quam contempsisse, e Cic. de imp. Cn. Pomp. 43. Metuo costruito contemporaneamente col dat. e coll'acc. non si trova altrove in Livio, ma soltanto presso i poeti e i prosatori posteriori: il dat. con metuo ricorre però anche in 22, 9, 6; 23, 16, 3. Anche con timere si trova adoperata questa doppia costruzione, cfr. 4, 25, 4 famem cultoribus agrorum timentes, ecc.: comunemente la persona per cui si teme una cosa è costruita con de e l'abl., cfr. 36, 29, 7 de se timere quicquam vetuit. ecquod, dispregiativo = num quod. compar, come agg. è raro nella prosa anteriore a Livio. ac plerisque coi mscr. migliori; i più recenti hanno invece a pl. 6. pubes, cfr. 6, 1; 16, 2; 28, 8. res è un'indicazione generica, la quale fa spesso in lat. le veci del nostro si cfr. praef. n. 2 e 2, 18, 2 ad rebellionem res spectare videbatur. cui si riferisce a vim. ex industria, e più frequentemente de industria, "ad arte si trova adoperato da Livio in forma avverbiale, cfr. 45, 2. Nept. equestri: Nettuno, come creatore del cavallo (Пooεidav inniоs, cfr. Verg. G. 1: 12), è qui identificato coll'antico Dio italico della terra e dell'agricoltura Consus, in cui onore si celebrava ogni anno, nel mezzo del Circo Massimo dove era il suo altare (cfr. Tac. Ann. 12, 24), una solenne festività con sacrifizii e corse di cocchi, il 21 d'agosto e il 15 di dicembre: erano queste le due sole occasioni in cui veniva aperto quel tempio, che fu poi sempre considerato come il centro dei ludi circenses. 7. indici: a simili festiquantoque

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spectare inclinare.

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vità pigliavano sempre parte i popoli vicini, cfr. 2, 38, 3. apparatu è messo in contrapposizione alla magnificenza con cui queste festività furono celebrate più tardi, cfr. 2, 7, 4 e 39, 22, 2 huius saeculi copia ac varietate ludicrum celebratum est. concelebrant: i giuochi erano

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8 brant, ut rem claram exspectatamque facerent. Multi mortales convenere, studio etiam videndae novae urbis, maxime proximi quique, Caenīnenses Crustumīni Antemnates; etiam Sabinorum 9 omnis multitudo cum liberis ac coniugibus venit. Invitati hospitaliter per domos cum situm moeniaque et frequentem tectis urbem vidissent, mirantur tam brevi rem Romanam crevisse. 10 Ubi spectaculi tempus venit, deditaeque eo mentes cum oculis

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naturalmente indetti dal re (cfr. Ov. A. am. 1, 101); ma qui il cum è adoperato per indicare che alla buona riuscita di essi prese parte anche il senato e il popolo. Del resto il v. conceleb. è solo un'altra volta adoperato da Livio in 8, 7, 22 quantum militaribus studiis funus ullum concelebrari potest. exspectatam" corrispondente all'aspettazione, degna di esser vista cfr. sperata 30, 30, 19. 8. proximi quique: il plurale è adoperato, perchè ciascuno dei soggetti che seguono contiene in sè una moltitudine (conformemente all'uso e al significato di utrique). Il pl. masch. e femm. di quisque in unione con un superlativo comune è assai raro anche presso di Livio, cfr. Cic. de off. 2, 75; Lael. 34: ad Heren. 3, 40. Caeninenses, cfr. Paul. Diac. p. 45: Caenina urbs, quae fuit vicina Romae: il luogo di essa è incerto. Crustumini presuppone una forma Crustumium, la quale ricorre difatti in Sil. It. 8, 366: però la città è ricordata più spesso sotto il nome di Crustumeria o Crustumerium, e giaceva a nord-est di Fidenae nel punto in cui l'Allia dai monti (Crustumini montes, 5, 37, 7) scende nel piano. Antemnates, sulla sponda sinistra dell'Aniene, dove questo fiume sbocca nel Tevere, cfr. Antemnae urrigerae Verg. 7, 631. Poichè queste tre città sono contrapposte ai Sabini, esse dovevano essere molto probabilmente d'origine latina, cfr. 38, I. · 9. Sabinorum: i Sabini erano popoli montanari, i quali abitavano in antico sui più alti contrafforti dell'Appennino, in vicinanza di Tetrina e di Amiterno, donde discesero più tardi nel Piceno, a Reate, ecc., ed occuparono tutta la vallata del Velino sino al Tevere e all'Aniene, stanziandosi tra gli Equi, i Latini ed i Volsci. Appartenevano al loro stesso stipite le piccole popolazioni dei Marsi, Marrucini, Peligni e Vestini le quali si trovano generalmente comprese sotto il nome generico di Sabelli -, nonchè la forte razza sannitica (fortissimos viros, florem Italiae ac robur reipublicae. Cic. pro Lig. 11, 32), la quale anche nel nome (Samnium *Sab-nium e Samnites *Sabnites, cfr. anche l'osco Saf-i-nim = Samnium) si rivela strettamente ad essi affine. I Sabini, a causa dell'integrità dei loro costumi, erano considerati come Spartani, cfr. Plut. Num. 1 Σαβίνοι βούλονται Λακεδαιμονίων ἑαυτοὺς inоínovs yeуovévaι e Servio ad Aen. 8, 635: Sabinorum mores populum Romanum secutum Cato dicit. per domes "in tutte le case situm: riguardo al luogo in cui fu fondata Roma, cfr. Cic. de rep. 2, 5 e Liv. 5, 54, 4: non sine causa dii hominesque hunc urbi condendae locum elegerunt, saluberrimos colles, flumen opportunum, quo ex mediterraneis locis fruges devehantur, quo maritimi commeatus accipiantur, mare viinum ad commoditates nec expositum nimia propinquitate ad pericula classium externarum, regionum Italiae medium, ad incrementum urbis natum unice locum 10. ubi venit ... erant: i verbi dipendenti da

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erant, tum ex composito orta vis, signoque dato iuventus Romana ad rapiendas virgines discurrit. Magna pars forte, in 11 quem quaeque inciderat, raptae; quasdam forma excellentes primoribus patrum destinatas ex plebe homines, quibus datum negotium erat, domos deferebant. Unam longe ante alias specie 12 ac pulchritudine insignem a globo Talassii cuiusdam raptam ferunt, multisque sciscitantibus, cuinam eam ferrent, identidem, ne quis violaret, Talassio ferri clamitatum: inde nuptialem hanc vocem factam. Turbato per metum ludicro, maesti parentes 13 virginum profugiunt, incusantes violatum hospitii foedus deumque

rato, ecc.

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ut e postquam sono adoperati in questo luogo da Livio in tempi diversi, poichè coll'uno egli intende di indicare semplicemente un fatto, coll'altro uno stato che dura, cfr. 2, 7, 3 postquam illuxit nec quisquam hostium in conspectu erat. eo in spectaculum: altrove deditus è costruito col dat., al pari di intentus, cfr. 39, 32, 10 nec animi nec oculi spectaculo intenti. tum si adopera talvolta nella proposiz. subordinata, per metterla in maggiore evidenza e più strettamente coordinarla colla propos. principale, cfr. 2, 30, 12. ex composito ἐκ τῶν συγκειμένων secondo gli accordi precedentemente presi cfr. 25, 6 ed anche ex aequo, ex inspe11. forte secondo che capitava, senza distinzione in quem ab eo in quem. ex plebe fa le veci di un attributo, cfr. 34, 6 e homines de plebe 2, 36, 2. La plebe è naturalmente presupposta come già esistente fin dalla prima origine della città, cfr. 8, 6 e Cic. de rep. 2, 16 habuit Romulus plebem in clientelas principum discriptam. 12. ante alias, cfr. 27, 34, 1 longe ante alios eminebat. eam si deve considerare anche come oggetto di violaret e sogg. di ferri. nuptialem vocem. Come nei matrimonii greci si invocava Imeneo, così a Roma, quando la fidanzata entrava nella casa dello sposo, le si gridava dietro dalla folla Talassio, Talassio. Qual fosse l'origine di questo nome (Talassius o anche Talassio, ōnis), non era ben noto ai Romani; e perciò, mentre Varrone lo interpreta come derivato da válagos quasillum, pensum muliebre (cfr. Servio ad Aen. 1, 651), Livio invece lo considera come il nome di uno dei compagni di Romolo, il quale aveva preso una parte principale nel ratto delle Sabine. Il Merklin, notando che questo ratto aveva avuto luogo nel giorno in cui si celebravano le feste Consualia, sospettò che Talassius fosse un soprannome del dio Consus e che equivalesse all'agg. gr. Dalάooios. Considerando però che i riti nuziali sono in gran parte d'origine sabina (cfr. Luc. 2, 368 non soliti lusere sales nec more Sabino excepit tristis convicia festa maritus), si può con assai maggiore verosimiglianza affermare, che Talassius sia il nome sabino del dio del matrimonio (cfr., quanto alla forma del nome, Loebasius che è l'equivalente sabino di Liber, Servio ad Aen. 1, 7; e quanto all'invocazione di esso Catul. 61, 134 lubet iam servire Talassio), tanto più che Talus, come Festo afferma a p. 359, era un soprannome assai comune presso i Sabini, cfr. anche il Rutulo Talus pr. Verg. 12, 513. 13. per metum, in seguito alla paura che incolse ai parenti delle rapite e alle altre vergini che non erano state comprese nel ratto. violatum col Perizonio, per violati

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