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DELLE

ANTICHITÀ GIUDAICHE

LIBRO DICIANNOVESIMO (*)

I. GAJO

CAPITOLO PRIMO

Gajo Caligola è ucciso da Cherea.

ma

intanto non contro i soli Giudei, che abi tavano in Gerusalemme e nelle vicine contrade dava libero sfogo alla farnetica sua prepotenza, la mandò a diffondersi per la terra tutta e pel mare, quanto ve n'ha di soggetto a' Romani, e riempì tutto il mondo di tanti guai, quanti non ne seppero mai raccontare le storie andate. Soprattutti però risentivasi alla durezza del suo procedere Roma da lui non avuta niente più in conto dell' altre città; ch' anzi tutti in un fascio rapiva e disertava, ma singolarmente il Senato, e quanti ivi erano patricj,

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e per nobiltà d'antenati pregevoli: e mille invento stratagemmi in danno ancor di coloro. che diconsi cavalieri; i quali e per altezza di grado e per quantità di ricchezza erano presso Roma in egual credito, che i senatori: giacchè dal lor corpo traevasi chi dovea riempire i posti in Senato. Questi erano da lui avviliti e spogliati del loro grado parecchi anche uccisi e rubati; perchè le più volte avveniva, che per rapirsi le loro sostanze privavali ancor della vita. Attribuivasi l'esser divino e da' suoi sudditi pretendeva gli si facessero onori non dicevoli ad uomo e qualora andava nel tempio di Giove che chiamano Campidoglio, ed è il tempio appo loro il più rispettabil del mondo, ardiva di appellar Giove fratello. Più altre cose ei faceva da vero pazZo come allor quando credendo egli cosa indegna di sè il passar da Pozzuoli città situata in Campania a Miseno altra città marittima di Campania sopra una galea, e oltre a ciò persuadendosi di poter sottomettere alla sua signoria il mare ed esigere da lui altrettanto che dalla terra, tirò da un promontorio all' altro un ponte lungo ben trenta stadj, e rinchiuso entro questo ricinto tutto il seno del mare andava guidando il cocchio sopra quel ponte; che a un nume par suo ben convenivansi tali strade. Similmente de' templi greci non lasciò niuno intatto, ordinando, che quante avevaci dipinture o sculture od altri arredi di statue e di voti, si trasferisse appo lui; perchè diceva, le cose belle in altro luogo non istar meglio, che nel bellissimo; e questo esser

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Roma. Adorno eziandio di fornimenti tolti di là la sua casa, e i giardini, e quant' altri alberghi egli aveva per tutto Italia. Di fatto egli fu ardito di comandare, che in Roma si trasferisse la statua di Giove onorato da' Greci in Olimpia, e però detto Olimpio, lavoro di Fidia ateniese; il che non mandossi poi ad effetto, atteso il predire che gli architetti fecero a Memmio Regolo, a cui stava raccomandata l'impresa di quel trasporto, ch' andrebbe in pezzi la statua, se si movesse; e corre voce, che Memmio così per questo, come per prodigi, che avvennero, maggiori d'ogni credenza si rimanesse dal levarlo di là; il che scrisse a Gajo in iscusa di non aver eseguti i suoi ordini; ed essendo per questo in gran rischio di perder la vita, campònnelo l'immatura morte, che giunse Gajo.

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II. Gajo poi venne a tanto di frenesia, che nata essendogli una figliuola recòllasi in Campidoglio sulle ginocchia depostala della statua disse, ch' ella era prole comune a lui ed a Giove, e che le assegnava due padri, lasciando altrui il decidere (aggiunse), qual fosse de' due il maggiore. Eppure gli uomini, benchè sì eccessivamente vizioso, lo sostenevano. Egli consentì anche ai servi, che presentassero accuse di qualsivoglia delitto volessero contro i padroni; e tutte sarebbero state dannevoli, perchè le più volte si davano in grazia é per suggestione di lui, a tal segno, che già contro a Claudio istesso fu ardito Polluce suo schiavo di presentare un' ac cusa; e bastò l'animo a Gajo di trovarsi in Sena

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mentre della morte trattavasi dello stesso suo zio (1), sperando di poter quinci trarre motivo di torlo del mondo; ma non gli venne fatto. Avendo egli adunque riempiuta la terra tutta soggetta a lui di calunnie e di mali, e levati gli schiavi ferocemente contro i padroni, già cominciavano da più parti a bollire congiure, di chi o per isdegno del mal sofferto volea vendicarsene, o per timore di qualche gran danno avvenire avea risoluto di non lasciarlo più al mondo. Quindi, poichè (2*) la sua morte e alle leggi di tutti i popoli e alla sicurezza comune portò gran vantaggio, e la nostra nazione per poco non fu distrutta mercè d' una presta morte, che la trasse di rischio, io vo' sporre minutamente, quanto al suo fin s' appartiene: oltrechè questo rinchiude una prova assai forte della possanza divina, una soda consolazione per gli sventurati, e un salutevole disinganno, per chi si dà a credere, che la prosperità sia durevole, e non anzi, quando non vada congiunta colla virtù, porti finalmente da sè medesima alla rovina.

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III. Tre strade si tennero per arrivare ad ucciderlo e d'ognuna d'esse era scorta un uom valoroso. Emilio Regolo nativo di Cordova nella Spagna aveva condotti parecchi ne' suoi sentimenti, fermo in volere o coll' loro o di sua mano levare a Gajo la vita. L'altra

opera

mano di congiurati andava d'accordo con questi, ed erane condottiere Cassio Cherea tribuno. Annio Minuciano faceva una parte non picciola de' cospirati contro il tiranno. La ca

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