L'ascesa di Adolf Hitler. Come naque e si affermò il nazismo in Germania nel primo trentennio del Novecento

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Newton Compton Editori, 2015 - 413 pagine
Alla fine degli anni Venti, dopo dieci anni di invettive ed esortazioni, Hitler era riuscito a persuadere solo il 2,6% dell'elettorato tedesco a votare per lui, mentre il 97% continuava a ignorarlo o a respingerlo. Poi, nello spazio di due anni, la percentuale di uomini e donne che lo volevano cancelliere del Reich arrivò al 18% e due anni dopo al 37%. Eppure non c'era nulla di diverso nella sua irruente dottrina. Hitler continuava a ripetere le stesse cose e a fare le stesse promesse. Neanche lo stile era mutato. La voce roca, le pose patetiche, i modi che sembravano così assurdi agli osservatori esterni, il flusso oratorio erano esattamente gli stessi. Ma se all'inizio Hitler parlava a se stesso e a pochi, indefiniti discepoli, ora a un terzo del popolo tedesco. L'uomo che ad alcuni era sembrato un "cacciatore di dote", un paparazzo da spiaggia di una malandata stazione balneare ora appariva come un cavaliere in splendida armatura, il vero Führer. Sotto molti aspetti il nazismo era antitetico a quello che la grande massa dei tedeschi diceva di ammirare: era turbolento, indisciplinato, vanaglorioso, il leader uno straniero semianalfabeta, feroce, fanatico e amorale. Tuttavia, dal 1930 in poi, Hitler fece proseliti nelle grandi imprese, negli ambienti bancari, nell'industria e un po' alla volta in tutti gli strati sociali. Come potè conquistare la nazione? Cosa accadde nello spazio di tre-quattro anni?

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