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Erano dessi Giuda, Bruto e Cassio.

Ma, dice Virgilio, la notte risurge, ed oramai

È da partir, chè tutto avem veduto.

Dante si avvinchia al collo di Virgilio, é questi alle vellute coste di Lucifero, e

Di vello in vello giù discese poscia

Fra' folto pelo e le gelate croste.

Giunto al mezzo del corpo,

dove la coscia

Si volge appunto in sul grosso dell'anche,

che è il centro della terra, si rivolge e comincia a salire :

Luogo è laggiù da Belzebù rimoto

Tanto, quanto la tomba si distende,
Che non per vista, ma per suono è noto
D'un ruscelletto che quivi discende
Per la buca d'un sasso, ch' egli ha roso
Col corso ch' egli avvolge, e poco pende.

Lo Duca ed io per quel cammino ascoso
Entrammo, per tornar nel chiaro mondo;
E senza cura aver d' alcun riposo,

Salimmo su, ei primo ed io secondo,
Tanto ch'io vidi delle cose belle

Che porta 'l ciel per un pertugio tondo:
E quindi uscimmo a riveder le stelle.

E con questo termina la prima cantica.

Passiamo ora all'analisi del contenuto della seconda.

CAPITOLO QUATTORDICESIMO

LA DIVINA COMMEDIA.

IL PURGATORIO.

Il monte del Purgatorio sorge, in figura di cono troncatò sulla cima, dalle onde dell' emisfero australe, e arriva sino alla sfera dell'etere. Appena Dante è uscito dall'aura morta,

Dolce color d'oriental zaffiro,

Che s'accoglieva nel sereno aspetto
Dell' aer puro, infino al primo giro,
Agli occhi miei ricominciò diletto;

Lo bel pianeta che ad amar conforta,
Faceva tutto rider l'oriente,
Velando i Pesci ch' erano in sua scorta.

I due poeti incontrano

un veglio solo,

Degno di tanta reverenza in vista;
Che più non dee a padre alcun figliuolo.

E questi, appena vistili,

Chi siete voi, che contra 'l cieco fiume
Fuggito avete la prigione eterna?
Diss'ei, movendo quell'oneste piume.

Chi v'ha guidati? e chi vi fu lucerna,
Uscendo fuor della profonda notte
Che sempre nera fa la valle inferna?
Son le leggi d'abisso così rotte?
O e mutato in ciel nuovo consiglio,
Che dannati venite alle mie grotte?

Questi che parla è Catone uticense, guardiano dell'isola ove sorge il Purgatorio ed a lui Virgilio spiega:

da me non venni:

Donna scese dal ciel, per li cui preghi
Della mia compagnia costui sovvenni.

Questi non vide mai l'ultima sera;
Ma per la sua follia, le fu si presso,
Che molto poco tempo a volger era.

Si com'io dissi, fui mandato ad esso
Per lui campare: e non c'era altra via
Che questa, per la quale io mi son messo.
Mostrat'ho lui tutta la gente ria;

Ed ora intendo mostrar quegli spirti,
Che purgan sè sotto la tua balia.

Com'io l'ho tratto saria lungo a dirti:
Dall'alto scende virtù che m'aiuta

Conducerlo a vederti e a udirti.

Catone, udito ciò, lascia loro libero il passo, e solamente dice a Virgilio:

fa che tu costui ricinga

D'un giunco schietto, e che gli lavi il viso,

Si ch'ogni sucidume quindi stinga:

Chè non si converria, l'occhio sorpriso
D'alcuna nebbia, andar davanti al primo
Ministro, ch'è di quei di Paradiso.

I poeti erano ancora lungo il mare (Canto secondo), quando ecco:

Un lume per lo mar venir sì ratto,

Che il muover suo nessun volar pareggia.

Virgilio fa inginocchiare Dante, dicendogli :

Ecco l'angel di Dio, piega le mani.

Vedi che sdegna gli argomenti umani

Si, che remo non vuol nè altro velo

Che l'ali sue, tra liti sì lontani.

Nel vascello snelletto e leggiero dell'angelo stanno le anime, le quali cantavano

L'angelo

In exitu Israel de Aegypto.

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fece il segno lor di santa croce;
Ond'ei si gittar tutti in su la spiaggia,
Ed ei sen gío, come venne, veloce.

La turba degli spiriti si rivolge ai poeti dicendo:

se voi sapete,

Mostratene la via di gire al monte.

Essi si accorgono poi che Dante è vivo, ne stupiscono, e gli si affollano intorno.

Ed io poi, dice il poeta,

Vidi una di lor traggersi avante,

Per abbracciarmi, con si grande affetto,

Che mosse me a far lo somigliante.

Era Casella, un celebre musico fiorentino, e intimo amico di Dante, morto però già da qualche tempo; onde meravigliandosi l'Alighieri:

a te com'è tant'ora tolta?

gli risponde Casella di essere stato quel tempo

Dove l'acqua del Tevere s'insala,

Perocchè sempre quivi si raccoglie
Qual verso d'Acheronte non si cala.

Dante poi così prega l'amico:

se nuova legge non ti toglie
Memoria od uso all'amoroso canto
Che mi solea quetar tutte mie voglie,
Di ciò ti piaccia consolare alquanto
L'anima mia, che, con la sua persona
Venendo qui, è affannata tanto.

Casella intuona il canto :

Amor che nella mente mi ragiona,

primo verso di una canzone di Dante; e tutti stanno fissi ed attenti ad udirlo; quando ecco Catone

Gridando: che è ciò, spiriti lenti?

Qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
Ch'esser non lascia a voi Dio manifesto.

Tutti fuggono, a quelle parole, verso la costa,

Com'uom che v'ha, nè sa dove riesca:
Nè la nostra partita fu men tosta.

I due poeti giungono ai piedi del monte (Canto terzo):

Quivi trovammo la roccia si erta,

Che indarno vi sarien le gambe pronte.

Mentre Virgilio riflette qual via dovesse prendere, ecco apparire una gente d'anime, che veniano lentissime. Virgilio domanda loro per dove si sale:

Ditene dove la montagna giace,

Sì che possibil sia l'andare in suso.

Le anime restano stupefatte vedendo che il corpo di Dante getta ombra:

Come color dinanzi vider rotta

La luce in terra dal mio destro canto,
Si che l'ombr'era da me alla grotta,

Ristaro, e trasser sè indietro alquanto;
E tutti gli altri che venieno appresso,
Non sapendo il perchè, fero altrettanto.

Virgilio spiega loro che quello è un corpo umano, il quale

non sanza virtù che dal ciel vegna

Cerca di soverchiar questa parete.

Intanto una delle anime, volta a Dante, gli dice;

chiunque

Tu se', che si andando volgi il viso,
Pon mente, se di là mi vedesti unque.

Dante lo guarda, vede che egli

Biondo era e bello e di gentile aspetto;

ma non lo conosce. E quegli allora gli dice:

io son Manfredi,

Nipote di Costanza imperatrice;
Ond'io ti prego che quando tu riedi,
Vadi a mia bella figlia, genitrice
Dell'onor di Sicilia e d'Aragona:
E dichi a lei il ver, s'altro si dice:
Poscia ch'i' ebbi rotta la persona
Di due punte mortali, io mi rendei,
Piangendo, a Quei che volontier perdona.
Orribil furon li peccati miei:

Ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
Che prende ciò che si rivolge a lei.

Se il pastor di Cosenza, che alla caccia
Di me fu messo per Clemente, allora
Avesse in Dio ben letta questa faccia,
L'ossa del corpo mio sarieno ancora
In co del ponte presso a Benevento,
Sotto la guardia della grave mora.

Or le bagna la pioggia e move il vento
Di fuor del regno, quasi lungo il Verde,
Ove le trasmutò a lume spento.

Le anime insegnano ai poeti (Canto quarto) il luogo dove si può ascendere al monte; ma

Maggiore aperta molte volte impruna,

Con una forcatella di sue spine,

L'uom della villa, quando l'uva imbruna,

Che non era la calla, onde saline
Lo duca mio ed io appresso, soli,

Come da noi la schiera si partine.

Salgono sul primo balzo. Ivi siedono, e Virgilio spiega a Dante perchè il sole lo ferisce da sinistra anzichè da destra.

Mentre Virgilio parla,

Una voce di presso sonò: forse

Che di sedere in prima avrai distretta.
Al suon di lei ciascun di noi si torse,
E vedemmo a mancina un gran petrone,
Del qual nè io ned ei prima s'accorse.

Là ci traemmo, ed ivi eran persone
Che si stavano all'ombra dietro al sasso,
Com'uom per negligenza a star si pone.

Erano gli spiriti di coloro che differirono a pentirsi fino all'estremo punto della vita. E la loro pena era quella di dover rimanere nell' Antipurgatorio tanto,

BARTOLI. Letteratura italiana.

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