Duecento sonetti in dialetto romanescoG. Barbèra, 1870 - 300 pagine |
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Parole e frasi comuni
1º Ottobre 21 Gennaio 22 Febbraio 26 Settembre annà antra antro avé Bbè bbella bbene bbôn bbôna brutta cardinale cche cchi ccome ccor ccosa ch'è chè chiama COCC cojjone colla cqua cquella cquer cquesto cqui ddato ddì Ddio dialetto romanesco dice Disce drento Ebbè Eppoi êsse ffatto fijjo ggià ggiù ggnente ggni ggnisuno giuoco GIUSEPPE GIOACHINO BELLI Gregorio Guarda indóve innoscente inzin Inzomma llei llui maggna Marforio monno Morrovalle nnun nun ze oggni oggnuno padrone Papa parole Pasquino penza piascere pijjà poeta Portogallo povero ppiù ppoi ppropio Quanno romana Salviucci satira Settembre 1835 siggnore sonetto ssan ssempre ssentì ssora tiè ttanto ttre ttutti Umbria Vedi viè vojjo vôrta vvia vvô vvoi zervitore
Brani popolari
Pagina 35 - Dio sa quando io ne potrò toccare, e non c'è un cane u che mi tolga al mio stato miserando. La mia povera madre non ha pane se non da me, ed io non ho danaro 18 da mantenerla almeno per domane.
Pagina 43 - Io ho deliberato di lasciare un monumento di quello che oggi è la plebe di Roma.
Pagina 58 - Quando una storia della letteratura sarà possibile? Quando questo lavoro paziente avrà portata la sua luce in tutte le parti; quando su ciascuna epoca, su ciascuno scrittore importante ci sarà tale monografia o studio o saggio che dica l'ultima parola e sciolga tutte le quistioni. Il lavoro di oggi non è la storia, ma è la monografia, ciò che i Francesi chiamano uno studio.
Pagina 106 - XII morì appunto sul più bello del carnevale, ei Romani, non potendo divertirsi altrimenti, sfogarono la stizza con questo epigramma : «Tre dispetti ci hai fatto, o Padre santo: Accettare il papato, viver tanto, Morir di carneval per esser pianto. » — 1 Nota la vivacità e l
Pagina 43 - Esporre le frasi del Romano quali dalla bocca del Romano escono tuttodì, senza ornamento, senza alterazione veruna, senza pure inversioni di sintassi o troncamenti di licenza, eccetto quelli che il parlator romanesco usi egli stesso: insomma, cavare una regola dal caso e una grammatica dall'uso, ecco il mio scopo. Io non vo' già presentar nelle mie carte la poesia popolare, ma i popolari discorsi svolti nella mia poesia.
Pagina 59 - Fino de' sommi, del Manzoni e del Leopardi non si è scritto ancora uno studio di qualche valore. Quanta e quale materia per la nuova generazione! Una storia della letteratura è il risultato di tutti questi lavori; essa non è alla base, ma alla cima: non è il principio, ma la corona dell'opera.
Pagina 43 - Il numero poetico e la rima debbono uscire come per accidente dall'accozzamento, in apparenza casuale, di libere frasi e correnti parole non iscomposte giammai, non corrette, né modellate, né acconciate con modo differente da quello che ci manda il testimonio delle orecchie: attalché i versi gettati con simigliante artificio non paiano quasi suscitare impressioni ma risvegliare reminiscenze.
Pagina 44 - ... artificio non paiano quasi suscitare impressioni ma risvegliare reminiscenze. E dove con tal corredo di colori nativi io giunga a dipingere la morale, la civile e la religiosa vita del nostro popolo di Roma, avrò, credo, offerto un quadro di genere non al tutto spregevole da chi non guardi le cose attraverso la lente del pregiudizio.
Pagina 35 - Dicolvi adesso: ch'io possa morire, se ora trovomi avere al mio comando un par di soldi sol, non che due lire.
Pagina 9 - Roma, essendo egli giovinetto, un sartore assai valente di suo mestiere, chiamato per nome maestro Pasquino, il quale teneva bottega in Parione, nella quale egli ei suoi garzoni, che molti n'havea, facendo vestimenti a buona parte de' corteggiani, parlavano liberamente et sicuramente in biasimo de...