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a Costantinopoli, ove sarà giudicato secondo le leggi sante ». Sarebbe soverchio notare che in Europa ed in America, tranne le eccezioni delle controversie tra il capitano e l'equipaggio, attribuite generalmente ai consoli, tutto ciò spetterebbe alla giurisdizione locale; comunque questa, in fatto segnatamente di capacità personale, fosse tenuta a rispettare lo statuto o la legge nazionale delle parti. Si noti ancora l'art. Ix, per lo quale, se dei sudditi sardi si rendessero colpevoli di qualche delitto, verranno eglino, col concorso del loro ministro o console, condannati a quelle pene o castighi che avranno meritati, nell'istessa guisa con cui si procede in casi simili contro gli altri Europei ». E si sa che cosa sono codesti privilegi degli Europei in Oriente, e in particolore dei loro ministri e consoli.

Gli accennati principii o privilegi sono stati confermati ed allargati dal Trattato del 1861 col Regno d'Italia. Per esso si sono estesi a tutto il Regno e alla pari della nazione più favorita, e per tutto il territorio dell'Impero Turco e delle sue dipendenze; com'è stato specialmente dichiarato nel protocollo del 1873 colla Francia e l'Inghilterra per la giurisdizione dei nostri consoli nell'antica reggenza di Tripoli.

Ma gli atti più importanti in proposito sono il Protocollo di Costantinopoli del marzo 1873, che veramente determina il diritto degl'Italiani al possesso d'immobili nell'Impero Ottomano, e i loro diritti o privilegi rispetto alla sovranità locale.

Per esso le dimore e le case di abitazione, colle loro dipendenze, dei nostri connazionali sono inviolabili in Turchia; gli agenti della forza pubblica non possono penetrarvi se non in virtù degli ordini emanati dall'autorità competente e coll'assistenza del proprio console o del suo delegato; a meno che non si tratti di località distanti nove più ore dalla residenza dell'autorità consolare, e non ci sia urgenza, o di reati gravi specificati nel Protocollo; nei quali casi, in mancanza del console, si richiede, per penetrare nella dimora di un Italiano, l'assistenza di tre anziani del comune, e fa d'uopo comunicarne il processo verbale al console più vicino. Il Protocollo medesimo determina le autorità giudiziarie che debbono giudicare tali processi, garantisce il diritto di difesa e la pubblicità delle udienze, non che il privilegio importantissimo di non darsi esecuzione alle sentenze senza il concorso del console o del suo delegato.

41. È ancora importantissimo, per la vicinanza e per le molteplici relazioni commerciali e politiche, il trattato di amicizia, commercio e navigazione con Tunisi del 1868. In esso si sono confermati i vantaggi stipulati nei vecchi trattati coi cessati Stati d'Italia, e i privilegi della nazione più favorita, e si sono accordati parecchi vantaggi.

Il Regno di Tunisi ha parificato gli Italiani ai Tunisini, e viceversa, nella navigazione non solo di scalo e di cabottaggio (art. 3), ma anche nella pesca (art. 17). Il Governo del bey inoltre si è obbligato « a non

accrescere, rispetto all'Italia, gli attuali diritti doganali d'importazione e diritti marittimi, senza essersi inteso a questo riguardo col Governo italiano (art. 9). Si sa che nei trattati ordinarii colle Potenze occidentali, almeno in quelli a tariffa, ogni Stato, durante la durata del trattato, impone a se stesso una restrizione nella libertà di stabilire la sua tariffa daziaria; ma soltanto in quelle voci che fanno obbietto della tariffa convenzionale, le altre restano libere alla tassazione del potere legislativo dello Stato. Per Tunisi non vi è limitazione riguardo all'Italia. Questa si è obbligata soltanto a non colpire di proibizione l'entrata e l'uscita di qualsiasi merce, salvo il disposto delle leggi e regolamenti ora esistenti » (art. 9). Il bey, in caso di necessità, può proibire l'esportazione del grano o di altri cereali, ma deve prevenirne il console italiano tre mesi prima che il provvedimento vada in vigore.

Oltracció (art. 14) il Governo tunisino assicura all'Italia « la protezione più estesa e completa all'esercizio di qualsiasi culto professato da cittadini italiani ».

Sarebbe inutile aggiungere che le due parti si sono assicurate pei loro sudditi nell'altro Stato l'eguale concessione dei diritti civili, di acquistare case, terreni, oliveti, immobili, di fondare ogni sorta di società. (18 e 19) alla pari dei nazionali; e le proprietà dei nostri connazionali a Tunisi sono protette dagli arbitrii soliti sotto i Governi orientali, anche sotto nome di espropriazione per causa di utilità pubblica, dalle disposizione dell'art. 20; per cui, fra le altre cose, il decreto che dichiara l'utilità pubblica, su cui si fonda la legalità dell'espropriazione, deve essere comunicato al rappresentante italiano.

È in particolare notevole l'art. 22, secondo il quale le questioni relative ad immobili d'Italiani a Tunisi sono bensì giudicate dai tribunali locali, secondo le loro leggi ed usanze, ma le citazioni in giudizio debbono essere trasmesse dal consolato italiano, il quale dovrà intervenire al giudizio sotto pena di nullità; si ha il diritto di appello al bey; se il soccombente è un Italiano, la sentenza non può essere eseguita che dall'autorità italiana. Fra gl'Italiani poi, e fra Italiani e stranieri, si ha diritto al rinvio della causa davanti alla rispettiva autorità consolare del convenuto. Inutile aggiungere che nelle questioni di statuto personale si applica la legge italiana. Persino è stato sancito il principio del Codice civile italiano, che si sa non essere accettato generalmente, di far regolare la successione, anche degl'immobili, secondo la legge nazionale del defunto.

Da ultimo si è stabilito che nei dubbii sull'interpretazione delle disposizioni del trattato si deve adottare in Italia l'interpretazione più favorevole ai Tunisini, e a Tunisi agli Italiani (24). Senza dubbio, sarebbe desiderabile che presso tutti gli Stati gli stranieri potessero trovare la debita protezione dalla legge e giustizia locale; ma poichè questo non è

possibile in Oriente, bisogna fare omaggio alla diplomazia che sa trovare altre guarentigie.

42. Il sistema delle capitolazioni, sebbene, a nostro avviso, indispensabile negli Stati meno civili, ove non si potrebbero trovare le necessarie guarentigie d'imparzialità e giustizia nella giurisdizione locale, è accompagnato da gran numero d'inconvenienti. L'esperienza lo ha mostrato particolarmente in Egitto. Si è dovuto censurare la confusione nei consoli delle funzioni diplomatiche, amministrative e giudiziarie; il cumulo delle due qualità inconciliabili, di protettore ufficiale degli interessi dei proprii nazionali e di giudice; il caos di diciassette legislazioni e giurisdizioni consolari, oltre l'indigena. Siccome ogni attore deve adire il tribunale del convenuto, al formarsi di un contratto, non si può sapere secondo qual legge saranno giudicate le contestazioni che potranno sorgere; e manca la giurisdizione di appello sopra luogo.

Non essendo qui il caso di fare una storia dei tentativi fatti dal vicerè per riformare nel suo paese la giurisdizione consolare, ci basti i dire che il Protocollo qui riportato del 23 gennaio 1875 ha sancito un regolamento giudiziario pei processi misti in Egitto, che inizia la trasformazione del vecchio diritto di sopra accennato.

Base di questa riforma si è che le contestazioni civili e penali fra cittadini di ogni singola nazione straniera continuano ad appartenere, come per lo innanzi, ai proprii consolati, come agli indigeni quelle fra indigeni. Le contestazioni in materia civile e commerciale fra diversi stranieri, o fra stranieri e indigeni, salvo le questioni di statuto personale, a titolo di sperimento, per un quinquennio, sono state attribuite a tribunali misti di indigeni e stranieri, i quali giudicano secondo nuovi codici fondati sugli europei, o meglio sui francesi. Questi tribunali sono tre di prima istanza, ad Alessandria, al Cairo ed a Zagazig; ognuno composto di sette giudici, tre indigeni, e quattro stranieri, di cui uno dell'Italia, uno della Francia e gli altri delle varie Potenze minori; una Corte di appello ad Alessandria, di undici, quattro indigeni e sette stranieri, appartenenti ognuno alle maggiori Potenze, Francia, Italia, Inghilterra, Russia, Austria, Germania e Stati Uniti d'America. Questi giudici stranieri sono nominati bensì dal vicerè, ma dopo essersi rivolto officiosamente ai ministri di giustizia dei paesi stranieri, e debbono essere persone munite dell'acquiescenza e dell'autorizzazione del proprio Governo. Essi sono inamovibili, le udienze pubbliche. L'esecuzione delle sentenze deve essere preceduta dalla notificazione al Consolato del giorno e dell'ora in cui avrà luogo. La giurisdizione di questi Tribunali misti si estende anche sul Governo e sul Kedivé nei processi cogli stranieri. Sono ancora competenti nelle questioni sopra azioni reali immobiliari, anche fra stranieri della stessa nazionalità. Lo sono ancora per giudicare le contrav

venzioni di polizia e i delitti, e anche i crimini contro i magistrati e gli ufficiali giudiziarii nell'esercizio delle loro funzioni. La Corte di Assisie è composta di tre consiglieri stranieri e di dodici giurati, anche stranieri, presi nella lista dei giurati formata annualmente dal Corpo consolare. Le bancherotte fraudolente sono rimaste ai tribunali consolari. Sono stati riservati ancora i privilegi dei Consolati, degli stabilimenti cattolici e protestanti. Le lingue giudiziarie dei detti tribunali sono le lingue del paese, l'italiana e la francese.

Noi ci asteniamo dal giudicare se codesto nuovo diritto sia meritevole di conferma, o con quali modificazioni dovrebbe essere migliorato e

corretto.

43. Il nostro trattato col Marocco, rimontando al 1825, porta i segni dello stato del diritto in quell'epoca, e delle relazioni dell'Europa cogli Stati Barbareschi. Così vi si parla di corsari maroccani, e vi si regolano gl'incontri dei bastimenti. Oltre al solito principio della concessione dei diritti e dei privilegi della nazione più favorita, vi hanno alcune disposizioni e forme veramente caratteristiche. Così nell'art. xI si stipula che « quando un nostro (sardo) legno da guerra entrerà in. uno dei porti dei dominii. dell'imperatore, il console o quello che ne farà le funzioni ne darà avviso al comandante del paese, affinchè nessuno dei prigionieri che possano trovarvisi possa rifugiarsi a bordo; poichè, se accadesse che un prigioniero si rifugiasse a bordo, nessuno potrebbe farlo sbarcare, e ciò per riguardo al rispetto dovuto alla nostra bandiera. Niuno potrà dimandarlo al nostro console, e niente si potrà esigere da esso a tale riguardo ».

Come di solito nei paesi musulmani, i consoli han diritto di « definire le questioni che potessero elevarsi fra di essi (i sudditi sardi) senza che il governatore del luogo se ne mischi; a meno che il console reclami la di lui assistenza contro quelli che si opponessero alle sue decisioni, e in questo caso sarà aiutato a forma della sua istanza» (XIV). Il console ha ancora il diritto « di cappella nella sua casa, per adempiervi tanto esso quanto i nostri sudditi ai doveri della nostra sacrosanta religione; potranno pure intervenirvi i sudditi delle altre Potenze che volessero recarvisi (XVI).

XXII. «Se negli Stati di Marocco insorgessero questioni fra nostri sudditi e sudditi maroccani, esse saranno appianate per via di giustizia e di diritto, ed alla presenza del nostro suddito assistito dal console od altro uffiziale consolare, ovvero dal suo procuratore, e si potrà del giudicato, si favorevole che contrario, appellarne all'Imperatore ». La stessa guarentigia ai Maroccani in Italia, salvo l'appello al principe, inammissibile nel diritto occidentale, sostituito quindi dall'appello al supremo magistrato giudiziario competente.

XVIII. Se un nostro suddito negli Stati di Marocco alza la mano

per battere un suddito dell'imperatore, non si potrà rendere giustizia fra i due che in presenza del console. Se il reo prende la fuga, il console non sarà ricercato per farlo ricomparire ».

Altre disposizioni regolano la protezione dei cittadini in caso di guerra. Stabiliscono il solito termine di sei mesi, perchè i negozianti possano ritirarsi coi loro averi dal paese nemico, senza molestia; proibiscono di fare schiavi i catturati sui bastimenti, e accordano soltanto il permesso di ritenerli, e per non più di un anno, per iscambiarli con altri cattivi di egual grado; obbligano di lasciar liberi i ragazzi di meno di dodici anni, i vecchi di oltre i sessanta, le donne. Disposizioni, relativamente ai tempi e alla persona di uno dei contraenti, un barbaro sultano, veramente umane. Parrebbe quasi da ciò che anche al Marocco cominciasse ad accettarsi la teoria che la guerra è un rapporto da Stato a Stato, non già da cittadini a cittadini, e che gl'innocui, come le donne, i vecchi, i fanciulli non vi è motivo siano involti direttamente nella guerra. Lo sono abbastanza pei loro figli, mariti, fratelli, padri, soldati nell'armata, e per il disturbo che le guerre arrecano ai lavori, alle industrie, al commercio.

44. Simili condizioni han generato un diritto, non dissimile nella sostanza, cogli altri Stati orientali. Cosi si può vedere nel nostro trattato colla Persia l'art. v, per il quale le contestazioni in Persia fra gl'Italiani sono decise dall'autorità italiana secondo le nostre leggi; quelle fra Italiani e Persiani saranno recate davanti al tribunale persiano, giudice ordinario di queste materie, nel luogo dove risiederà un agente o console italiano, e discusse e giudicate secondo l'equità, in presenza di un impiegato dell'agente o console italiano ». Quelle fra Italiani ed altri stranieri « saranno giudicate e terminate par l'intermédiaire dei loro Agenti e Consoli rispettivi ». Invece tutte le contestazioni tra i Persiani in Italia o coi Persiani saranno giudicate secondo il modo adottato in questo regno verso i sudditi della nazione più favorita ». Gli affari criminali « nei quali fossero compromessi dei sudditi italiani in Persia, o dei sudditi persiani in Italia, saranno giudicati in Italia e in Persia secondo il modo adottato nei due paesi verso i sudditi della nazione più favorita ». Clausole diplomatiche inventate appunto per orpellare alquanto la diversità del diritto e delle concessioni.

Più importante e più particolareggiato è il nostro Trattato col Giappone del 1866, perchè più importanti sono le nostre relazioni, più nuovo il Giappone medesimo al diritto internazionale europeo. Quindi vi si stipulano, il diritto di nominarvi un agente diplomatico e dei consoli, nei porti aperti al commercio; il diritto dell'agente diplomatico e del console generale italiano « di viaggiare liberamente per ogni parte dell'impero » (a. 1); il diritto degl'Italiani di risiedere nelle località determinate come aperte al commercio, di avervi terreni in affitto, comprarvi o fabbricarvi Serie 8a Vol. unico

LEGGI SPECIALI.

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