Immagini della pagina
PDF
ePub

capitani, provveditori o commissarj hanno a piantare una artiglieria, lo vogliono intendere e consigliare. Il qual modo merita quella laude che meritano gli altri, i quali tutti insieme le hanno condotte ne' termini che al presente si trovano.

LIBRO TERZO

CAPITOLO I.

A volere che una sella o una repubblica viva ̈lungamente,
è necessario ritrarla spesso verso il suo principio.

Egli è cosa verissima, come tutte le cose del mondo hanno il termine della vita loro. Ma quelle vanno tutto il corso che è loro ordinato dal cielo generalmente, che non disordinano il corpo loro, ma tengonlo in modo ordinato, o che non altera, o s'egli altera è a salute e non a danno suo. E perchè io parlo de' corpi misti, come sono le repubbliche e le sette, dico che quelle alterazioni sono a salute, che le riducono verso i principj loro. E però quelle sono meglio ordinate, ed hanno più lunga vita, che mediante gli ordini suoi si possono spesso rinnovare, ovvero che per aecidente, fuori di detto ordine, vengono a detta rinnovazione. Ed è cosa più chiara che la luce, che non si rinnovando questi corpi, non durano. Il modo del rinnovarli è, com'è detto, ridurli verso i principj suoi; perchè tutti i principj delle sette e delle repubbliche e de' regni conviene che abbiano in sè qualche bontà, mediante la quale ripigliano la prima riputazione ed il primo augumento loro. E perchè nel processo del tempo quella bontà si corrompe, se non interviene cosa che la riduca al segno, ammazza di necessità quel corpo. E questi dottori di medicina dicono, parlando de' corpi degli uomini: Quod quotidie aggregatur aliquid, quod quandoque indiget ouratione. Questa riduzione verso il principio, parlando delle repubbliche, si fa o per accidente estrinseco o per prudenza intrinseca. Quanto al primo, si vede come egli era necessario che Roma fusse presa dai Francesi a volere che la rinascesse, e rinascendo, ripigliasse nuova vita e nuova virtù, e ripigliasse l'osservanza della religione e della giustizia, le quali in lei cominciavano a macularsi. Il che benissimo si comprende per l'istoria di Livio, dove ci mostra che nel trar fuori l'esercito contro a' Francesi, e nel creare i tribuni con potestà consolare, non osservarono alcuna religiosa cerimonia. Così medesimamente, non solamente non privarono i tre Fabj, i quali contra jus gentium avevano combattuto contro ai Francesi, ma li crearono tribuni. E si debbe facilmente presupporre, che dell'altre costituzioni buone, ordinate

da Romolo e da quelli altri principi prudenti, si cominciasse a tenere meno conto, che non era ragionevole e necessario a tenere il vivere libero. Venne adunque questa battitura estrinseca, acciocchè tutti gli ordini di quella città ripigliassero, e si mostrasse a quel popolo, non solamente essere necessario mantenere la religione e la giustizia, ma ancora stimare i suoi buoni cittadini, e far più conto della loro virtù che di quelli comodi ch'e' paresse loro mancare mediante le opere loro. Il che si vede che successe appunto, perchè subito ripresa Roma, rinnovarono tutti gli ordini dell'antica religione loro, punirono quelli Fabj che avevano combattuto contra jus gentium, ed appresso stimarono tanto la virtù e bontà di Cammillo, che, posposto il senato e gli altri ogni invidia, rimettevano in lui tutto il pondo di quella repubblica. È necessario adunque, come ho detto, che gli uomini che vivono insieme in qualunque ordine, spesso si riconoschino, o per quest! accidenti estrinsechi o per gl'intrinsechi. E quanto a questo, conviene che nasca o da una legge, la quale spesso rivegga il conto agli uomini che sono in quel corpo, o veramente da un uomo bucno che nasca infra loro, il quale con i suoi esempi e con le sue opere virtuose faccia il medesimo effetto che l'ordine. Surge adunque questo bene nelle repubbliche, o per virtù d'un uomo, o per virtù d'un ordine.

E, quanto a questo ultimo, gli ordini che ritirarono la repubblica romana verso il suo principio, furono i tribuni della plebe, i censori, e tutte le altre leggi che venivano fatte contro all'ambizione ed alla insolenza degli uomini. I quali ordini hanno bisogno d'esser fatti vivi dalla virtù d'un cittadino, il quale animosamente concorra ad eseguirli contro alla potenza di quelli che gli trapassano. Delle quali esecuzioni, innanzi alla presa di Roma dai Francesi, furon notabili la morte de'figliuoli di Bruto, la morte dei dieci cittadini, quella di Melio Frumentario: dopo la presa di Roma, fu la morte di Manlio Capitolino, la morte del figliuolo di Manlio Torquato, la esecuzione di Papirio Cursore contro a Fabio suo maestro de'cavalieri, l'accusa degli Scipioni. Le quali cose perchè erano eccessive e notabili, qualunque volta ne nasceva una, facevano gli uomini ritirare verso il segno; e quando le cominciarono ad essere più rare, cominciarono ancora a dare più spazio agli uomini, di corrompersi, e farsi con maggior pericolo e più tumulto, perchè dall' una all'altra di simili esecuzioni non vorrebbe passare il più dieci anni, perchè passato questo tempo, gli uomini cominciano a variare co' costumi, e trapassare le leggi: e se non nasce cosa per la quale si riduca loro a memoria la pena, e ritrovisi negli animi loro la paura, concorrono tosto tanti delinquenti, che non si possono più punire senza pericolo. Dicevano a questo proposito quelli che hanno governato lo stato di Firenze dal mille quattrocento trentaquattro infino al mille quattrocento novantaquattro, come egli era necessario ripigliare ogni cinque anni lo stato altrimenti era difficile mantenerlo: e chiamavano ripigliar lo stato, mettere quel terrore e quella paura negli uomini che vi avevano messo nel pigliarlo; avendo in quel tempo battuti quelli che avevano, secondo quel modo di vivere, male operato. Ma come di quella battitura la memoria si spegne, gli uomini prendono ardire di tentare cose nuove e di dir male; e però è necessario provvedervi, ritirando quello verso i suoi principj. Nasce ancora questo ritiramento delle repubbliche verso il loro principio dalle semplici virtù di un uomo, senza dipendere da alcuna legge che ti stimoli ad alcuna esecuzione; nondimanco sono di tantari putazione e di tanto esempio, che gli uomini buoni desiderano imitarle, e gli

tristi si vergognano a tener vita contraria a quelle. Quelli che in Roma particolarmente fecero questi buoni effetti, furono Orazio Cocle, Scevola, Fabrizio, i due Decj, Regolo Attilio, ed alcuni altri, i quali con i loro esempj rari e virtuosi facevano in Roma quasi il medesimo effetto che si facessero le leggi e gli ordini. E se le esecuzioni soprascritte, insieme con questi particolari csempj, fussero almeno seguite ogni dieci anni in quella città, ne seguiva di necessità che la non si sarebbe mai corrotta; ma come e' cominciarono a diradare l'una e l'altra di queste due cose, cominciarono a moltiplicare le corruzioni, perchè dopo Marco Regolo non si vide alcun simile esempio: e benchè in Roma surgessero i due Catoni, fu tanta distanza da quello a loro, e intra loro dall'uno all'altro, e rimasono si soli, che non poterono con gli esempj buoni fare alcuna buona opera. E massime l'ultimo Catone, il quale trovando in buona parte la città corrotta, non potette con l'esempio suo fare che i cittadini diventassero migliori. E questo basti quanto alle repubbliche. Ma quanto alle sette, si vede ancora queste rinnovazioni esser necessarie per l'esempio della nostra Religione; la quale se non fosse stata ritirata verso il suo principio da san Francesco e da san Domenico, sarebbe al tutto spenta, perchè questi con la povertà e con l'esempio della vita di Cristo, la ridussono nella mente degli uomini, che già vi era spenta; e furono si potenti gli ordini loro nuovi, che ei sono cagione che la disonestà de'prelati e de'capi della religione non la rovini, vivendo ancora poveramente, ed avendo tanto credito nelle confessioni con i popoli, e nelle predicazioni, ch'e'danno loro ad intendere come egli è male a dir male, e che sia bene vivere sotto l'ubbidienza loro, e se fanno errori lasciarli gastigare a Dio; e così quelli fanno il peggio che possono, perchè non temono quella punizione che non veggono e non credono. Ha adunque questa rinnovazione mantenuto, e mantiene questa Religione. Hanno ancora i regni bisogno di rinnovarsi, e di ridurre le leggi di quelli verso il suo principio. E si vede quanto buono effetto fa questa parte nel regno di Francia, il quale regno vive sotto le leggi e sotto gli ordini più che alcun altro regno. Delle quali leggi e ordini ne sono mantenitori i parlamenti, e massime quel di Parigi; le quali sono da lui rinnovate qualunque volta e' fa una esecuzione contro ad un principe di quel regno, e ch'ei condanna il re nelle sue sentenze. Ed infino a qui si è mantenuto per essere stato uno ostinato esecutore contro a quella nobiltà; ma qualunque volta e'ne lasciasse alcuna impunita, e che le venissero a moltiplicare, senza dubbio ne nascerebbe, o che le si arebbero a correggere con disordine grande, o che quel regno si risolverebbe. Conchiudesi pertanto non esser cosa più necessaria in un vivere comune, o setta o regno o repubblica che si sia, che rendergli quella riputazione ch'egli aveva nei principj suoi, ed ingegnarsi che siano o gli ordini buoni o i buoni uomini che facciano questo effetto, e non l'abbia a fare una forza estrinseca. Perchè ancora che qualche volta la sia ottimo rimedio come fu a Roma, ella è tanto pericolosa, che non è in modo alcuno da desiderarla. E per dimostrare a qualunque quanto le azioni degli uomini particolari facessero grande Roma, e causassero in quella città molti buoni effetti, verrò alla narrazione e discorso di quelli, intra i termini dei quali questo terzo libro ed ultima parte di questa prima Deca si conchiuderà. E benchè le azioni degli re fussero grandi e notabili, nondimeno dichiarandole la istoria diffusamente, le lasceremo indietro, nè parleremo altrimenti di loro, eccetto che di alcuna cosa che avessero operata appartenente ai loro privati comodi, e comincereno da Bruto, padre dalla romana libertà.

CAPITOLO II.

Come egli è cosa sapientissima simulare in tempo la pazzia.

Non fu alcuno mai tanto prudente, nè tanto stimato savio per alcuna sua egregia operazione, quanto merita d'esser tenuto Junio Bruto nella sua simulazione della stultizia. Ed ancora che Tito Livio non esprima altro che una cagione che lo indusse a tale simulazione, quale fu di potere più sicuramente vivere, e mantenere il patrimonio suo, nondimanco, considerato il suo modo di procedere, si può credere che simulasse ancora questo per essere manco osservato, ed avere più comodità di opprimere i re, e di liberare la sua patria qualunque volta gliene fusse data occasione. E che pensasse a questo, si vede prima nello interpretare l'oracolo di Apolline, quando simulò cadere per baciare la terra, giudicando per quello aver favorevoli gl Dii ai pensieri suoi; e dipoi quando sopra la morta Lucrezia, intra il padre ed il marito, ed altri parenti di lei, ei fu primo a trarle il coltello della ferita, far giurare a' circostanti che mai sopporterebbero che per lo avvenire alcuno regnasse in Roma. Dallo esempio di costui hanno ad imparare tutti coloro che sono malcontenti d'un principe, e debbono prima misurare e pesare le forze loro, e se sono sì potenti che possino scoprirsi suoi nimici, e fargli apertamente guerra, debbono entrare per questa via, come manco pericolosa e più onorevole. Ma se sono di qualità, che a fargli guerra aperta le forze loro non bastino, debbono con ogni industria cercare di farsegli amici, ed a questo effetto entrare per tutte quelle vie che giudicano esser necessarie, seguendo i piaceri suoi, e pigliando diletto di tutte quelle cose, che vergono quello dilettarsi. Questa dimestichezza prima ti fa vivere sicuro, e senza portare alcun pericolo ti fa godere la buona fortuna di quel principe insieme con esso lui, e ti arreca ogni comodità di satisfare all'animo tuo. Vero è che alcuni dicono che si vorrebbe con gli principi non stare si presso che la rovina loro ti coprisse, nè sì discosto che rovinando quelli tu non fussi a tempo a salire sopra la rovina loro: la qual via del mezzo sarebbe la più vera quando si potesse conservare; ma perchè io credo che sia impossibile, conviene ridursi ai due modi soprascritti, cioè di allargarsi o di stringersi con loro: chi fa altrimenti, e sia uomo per le qualità sue notabile, vive in continuo pericolo. Nè basta dire: lo non mi curo di alcuna cosa: non desidero nè onori nè utili; io mi voglio vivere quietamente e senza briga; perchè queste scuse sono udite e non accettate; ne possono gli uomini che hanno qualità, eleggere lo starsi, quando bene lo eleggessero veramente, e senza alcuna ambizione, perchè non è loro creduto, talchè se si vogliono star loro, non sono lasciati stare da altri. Conviene adunque fare il pazzo, come Bruto, e assai si fa il matto, laudando, parlando, veggendo, facendo cose contro all'animo tuo per compiacere al principe. E poi che noi abbiamo parlato della prudenza di questo uomo per ricuperare la libertà di Roma, parleremo ora della sua severità in mantenerla.

CAPITOLO III.

Come egli è necessario, a voler mantenere una libertà acquistata di nuovo, ammazzare i figliuoli di Bruto.

Non fu meno necessaria che utile la severità di Bruto nel mantenere in Roma quella libertà che egli vi aveva acquistata, la quale è di un esempio raro in tutte le memorie delle cose, vedere il padre seder pro tribunali, e non solamente condannare i suoi figliuoli a morte, ma esser presente alla morte loro. E sempre si conoscerà questo per coloro che le cose antiche leggeranno, come dopo una mutazione di stato, o da repubblica in tirannide, o da tirannide in repubblica, è necessario una esecuzione memorabile contro a' nimici delle condizioni presenti. E chi piglia una tirannide, e non ammazza Bruto, e chi fa uno stato libero, e non ammazza i figliuoli di Bruto, si mantiene poco tempo. E perchè di sopra è discorso questo luogo largamente, mi rimetto a quello che allora se ne disse; solo ci addurrò un esempio stato ne' dì nostri, e nella nostra patria memorabile. E questo è Pietro Soderini, il quale si credeva con la pazienza e bontà sua superare quello appetito ch'era ne' figliuoli di Bruto, di ritornare sotto un altro governo, e se ne inganno. E benchè quello per la sua prudenza conoscesse questa necessità, e che la sorte, e l'ambizione di quelli che l'urtavano, gli desse occasione a spegnerli; nondimeno non volse mai l'animo a farlo; perche, oltre al credere di potere con la pazienza e con la bontà estinguere i mali umori, e con i premi verso qualcuno consumare qualche sua nimicizia, giudicava, e molte volte ne fece con gli amici fede, che a voler gagliardamente urtare le sue opposizioni, e battere i suoi avversarj, gli bisognava pigliare straordinarie autorità, e rompere con le leggi la civile egualità. La qual cosa, ancora che dipoi non fusse da lui usato tirannicamente, arebbe tanto sbigottito l'universale, che non sarebbe mai poi concorso dopo la morte di quello a rifare un Gonfaloniere a vita: il qual ordine egli giudicava fusse bene augumentare. Il qual rispetto era savio e buono; nondimeno e' non si debbe mai lasciar scorrere un male rispetto ad un bene, quando quel bene facilmente possa essere da quel male oppressato. E doveva credere che avendosi a giudicar l'opre sue, e l'intenzione sua dal fine, quando la fortuna e la vita lo avesse accompagnato, che poteva certificare ciascuno, come quello aveva fatto, era per salute della patria, e non d'ambizione sua; e poteva regolare le cose in modo, che un suo successore non potesse fare per male quello che egli avesse fatto per bene. Ma lo ingannò la prima opinione, non conoscendo che la malignità non è doma da tempo nè placata da alcun dono. Tanto che per non sapere somigliar Bruto, ei perdè insieme con la patria sua lo stato e la riputazione. E come egli è cosa difficile salvar uno stato libero, così difficile salvarne un regio come nel seguente capitolo si mostrerà.

« IndietroContinua »