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bassati l'imperatore col favor delle comunità, come s'è detto, talmente che sono inutili amici e poco formidabili nemici. Sonovi ancora, come è detto, i principi ecclesiastici, i quali se le divisioni ereditarie non gli hanno annichilati, gli ha ridotti a basso l'ambizione delle comunità loro col favore dell'imperatore; in modo che gli arcivescovi elettori, e altri simili, non possono nulla nelle comunità grosse proprie; dal che ne è nato che nè loro nè etiam le loro terre, sendo divise insieme, possono favorir le imprese dell' imperatore, quando ben volessero.

Ma veniamo alle comunità franche e imperiali, che sono il nervo di quella provincia, dove è danari e ordine. Costoro per molte cagioni sono per essere fredde nel provvederlo, perchè la intenzione loro principale è di mantenere la loro libertà, non di acquistare imperio; e quello che non desiderano per loro, non si curano che altri lo abbia. Dipoi per esser tante, e ciascuna far capo da per sè, le loro provvisioni, quando le voglino ben fare, son tarde, e non di quella utilità che si richiederebbe. In esempio ci è questo: gli Svizzeri nove annl sono assaltarono lo stato di Massimijiano e la Svevia; convenne il re con queste comunità per reprimerli, e loro si obbligarono tenere in campo quattordicimila persone, e mai vi se ne raccozzò la metà, perchè quando quelli di una comunità venivano, gli altri se ne andavano; tale che l'imperatore, disperato di quella impresa, fece accordo con gli Svizzeri, e lasciò loro Basilea. Or se nelle imprese proprie egli hanno usati questi termini, pensate quello faranno nelle imprese d'altri: donde tutte queste cose raccozzate insieme fanno questa loro potenza tornare piccola e poco utile all'imperatore. E perchè i Viniziani, per lo commercio che egli hanno coi mercanti delle comunità della Magna, l'hanno intesa meglio che verun altro d'Italia, si sono meglio opposti; perchè s'egli avessero temuta questa potenza, e' non se gli sarebbero opposti, e quando pure e' se gli fussero opposti, se eglino avessero creduto che si potessero unire insieme, e' non l'avrebbero mai ferita; ma perchè e' pareva lor conoscere questa impossibilità, sono stati sì gagliardi, come si è visto. Non ostante quasi tutti quegl' Italiani che sono nella corte dell' imperatore, da' quali io ho sentito discorrere le sopraddette cose, rimangono appiccati in su questa speranza, che la Magna si abbia a riunire adesso, e l'imperatore gettarscle in grembo, e tenere ora quell'ordine di capitani e delle genti che si ragionò anno nella dieta di Costanza, e che l'imperatore ora cederà per necessità, e loro lo faranno volentieri per riavere l'onore dell'imperio; e la tregua non darà loro noia, come fatta dall'imperatore e non da loro. Al che risponde alcuno non ci prestar molta fede ch'egli abbia ad essere, perchè si vede tutto il giorno che le cose che appartengono in una città a molti sono stracurate, tanto più debbe intervenire in una provincia; dipoi le comunità sanno che l'acquisto d'Italia sarebbe pei principi e non per loro, potendo questi venire a godere personalmente i paesi d'Italia, e non loro; e dove il premio abbia ad essere ineguale, gli uomini mal volentieri egualmente spendono; e così rimane questa opinione indecisa senza poter risolversi a quello abbia ad essere. E questo è ciò che io ho inteso della Magna. Circa alle altre cose di quello che potesse essere di pace e di guerre tra questi principi, io ne ho sentito dire cose assai, che per essere tutte fondate in su congetture, di che se ne ha qui più vera notizia e miglior giudizio, le lascerò indietro. Valete.

MACHIAVELLI

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DISCORSO

SOPRA LE COSE DELLA MAGNA E SOPRA L'IMPERATORE

Per avere scritto, alla giunta mia anno qui, delle cose dello imperatore e della Magna, io non so che me ne dire di più; dirò solo di nuovo della natura delf' imperatore; quale è uomo gittatore del suo sopra tutti gli altri che a' nostri tempi o prima sono stati; il che fa che sempre ha bisogno, nè somma alcuna è per bastargli in qualunque grado la fortuna si trovi. È vario, perchè oggi vuole una cosa e domani no; non si consiglia con persona, e crede ad ognuno; vuole le cose che non può avere, e da quelle che può avere si discosta, e per questo piglia sempre i partiti al contrario. È da altra banda uomo bellicosissimo: tiene e conduce bene un esercito, con giustizia e con ordine. È sopportatore di ogni fatica quanto alcun altro affaticante uomo, animoso ne' pericoli, tale che per capitano non è inferiore ad alcun altro. È umano quando dà udienza, ma la vuole dare a sua posta, nè vuole essere corteggiato dagli ambasciadori se non quando egli manda per loro; è segretissimo; sta sempre in continue agitazioni d'animo e di corpo, ma spesso disfà la sera quello conclude la mattina. Questo fa difficili le legazioni appresso di lui, perchè la più importante parte che abbia un oratore che sia fuori per un principe o repubblica, si è conietturare bene le cose future, così delle pratiche come dei fatti, perchè chi le coniettura saviamente, e le fa intendere bene al suo superiore è cagione che il suo superiore si possa avanzare sempre con le cose sue, e provvedersi ne' tempi debiti. Questa parte, quando è fatta bene, onora chi è fuora e benefica chi è in casa, ed il contrario fa quando la è fatta male; e per venire a descriverla particolarmente, voi sarete in luogo dove si maneggerà due cose, guerra e pratica: a volere far bene l'ufficio vostro, voi avete a dire che opinione si abbia dell'una cosa e dell'altra; la guerra si ha a misurare con le genti, con il danaro, con il governo e con la fortuna; e chi ha più di dette cose si ha a credere che vincerà. E considerato per questo chi possa vincere, è necessario s'intenda qui, acciocchè voi e la città si possa meglio deliberare. Le pratiche siano di più sorte, cioè, parte se ne maneggerà infra i Viniziani e l'imperatore, parte infra l'imperatore e Francia, parte infra l'imperatore e il papa, parte infra l'imperatore e voi. Le vostre pratiche proprie vi doveriano esser facili a fare questa coniettura, e vedere che fine sia quello dell'imperatore con voi, quello che voglia, dove sia volto l'animo suo, e che cosa sia per farlo ritirare indietro o andare innanzi, e trovatala, vedere se gli è più a proposito temporeggiare che concludere: questo starà a voi a deliberarlo circa a quanto si estenderà la commissione vostra.

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Onorando Raffaello. Le ambascerie sono in una città una di quelle cose che fanno onore a un cittadino, nè si può chiamare atto allo stato colui che non è atto a portare questo grado. Voi andate ora oratore in Ispagna, in un paese disforme ai modi e costumi d'Italia, e a voi incognito; al che si aggiugne esser questa la prima commissione; in modo che facendo in questa buona prova, come ciascuno spera e crede, vi sarà onore grandissimo, e tanto maggiore quanto maggiori fieno le difficultà. E perchè io ho di questi maneggi qualche sperienza, non per presunzione, ma per affezione, ne dirò quello che intenda.

Lo eseguire fedelmente una commissione sa fare ciascuno che è buono, ma eseguirla sufficientemente è difficultà. Colui la eseguisce sufficientemente che sa bene la natura del principe e di quelli che lo governano, e si sa accomodare a quello che gli fa più facile e più aperta la via dell'audienza; tanto che ogni impresa difficile, avendo gli orecchi del principe, diventa facile. E sopra tutto si debbe ingegnare un oratore di acquistarsi reputazione, la quale si acquista col dare di sè esempli di uomo da bene, ed esser tenuto liberale, intero, e non avaro e doppio, e non esser tenuto uno che creda una cosa e dicane un'altra. Questa parte importa assai, perchè io so di quelli che per essere uomini sagaci e doppj hanno in modo perduta la fede col principe, che non hanno mai potuto dipoi negoziare seco; e seppure qualche volta è necessario nascondere con le parole una cosa, bisogna farlo in modo o che non appaia, o apparendo, sia parata e presta la difesa. Fece ad Alessandro Nasi in Francia un grand'onore l'esser tenuto uomo intero; ha fatta a qualcun altro esser tenuto il contrario una gran vergogna. La qual parte io credo che facilmente sarà osservata da voi, perchè così mi pare che vi comandi la natura.

Fanno ancora grande onore a un imbasciatore gli avvisi che lui scrive a chi lo manda, i quali sono di tre sorte: o di cose che si trattano, o di cose che si son concluse e fatte, o delle cose che si hanno a fare, e di queste conietturare bene il fine che le debbono avere. Di questi tre, due ne sono difficili, e uno facilissimo; perchè il sapere le cose poi che le sono fatte, il più delle volte con facilità si sanno; se già e' non occorre che si faccia una lega infra due principi in danno di un terzo, ed

abbiasi a tener segreta tanto, che venga il tempo di scoprirla, come intervenne in quella lega che fecero Francia, papa, imperatore e Spagna a Cambray contro ai Viniziani, di che ne risultò la distruzione loro. Queste simili conclusioni sono assai difficili a poterle intendere, ed è necessario valersi del giudizio e della coniettura. Ma saper bene le pratiche che vanno attorno, e conietturarne il fine, questo è difficile, perchè è necessario solo colle conietture e col giudizio aiutarsi. E perchè sono sempre nelle corti di varie ragioni faccendieri, che stanno desti per intender le cose che vanno attorno, è molto a proposito farsi amico di tutti per potere da ciascuno di loro intendere delle cose. L'amicizia di simili si acquista col trattenerli con banchetti e con giuochi; ed ho veduto a uomini gravissimi il giuoco in casa sua, per dar cagione a simili di venire a trovarlo, per poter parlare con loro, perchè quello che non sa uno, sa l'altro, e il più delle volte tutti sanno ogni cosa. Ma chi vuole che altri gli dica quello che egli intende, è necessario che lui dica ad altri quello che lui intende, perchè il miglior rimedio ad avere degli avvisi è darne. E perchè in una città, a volere che un suo ambasciatore sia onorato, non può farsi cosa migliore che tenerlo copioso di avvisi, perchè gli uomini che sanno di poter trarne, fanno a gara per dirgli quello che gl'intendono; però vi ricordo che voi ricordiate agli Otto, all'arcivescovo, è a quei cancellieri, che vi tengano avvisato delle cose che nascono in Italia, ancora che minime; e se a Bologna, Siena o Perugia seguisse alcun accidente, ve ne avvisino, e tanto maggiormente del papa, di Roma, di Lombardia e del regno; le quali cose, ancora che le passino discosto dalle faccende vostre sono necessarie ed utili a sapere, per quello vi ho detto di sopra. Bisognavi pertanto sapere per questa via le pratiche che vanno attorno; e perchè di quello che voi ritrarrete, alcuna cosa vi fia vera, alcuna falsa, ma verisimile, vi conviene col giudizio vostro pesarle, e di quelle che hanno più conformità col vero, farne capitale, e le altre lasciare ire.

Queste cose adunque, bene intese e meglio esaminate, faranno che voi potrete esaminare e considerare il fine di una cosa, e farne giudizio scrivendolo. E perchè mettere il giudizio vostro nella bocca vostra sarebbe odioso, e' si usa nelle lettere questo termine, che prima si discorre le pratiche che vanno attorno, gli uomini che le maneggiano, e gli umori che le muovono, e dipoi si dice queste parole: Considerato adunque tutto quello che vi si è scritto, gli uomini prudenti che si trovono qua, giudicano che ne abbia a seguire il tale effetto e il tale. Questa parte fatta bene ha fatto a' miei dì grande onore a molti ambasciatori, e così fatta male gli ha disonorati; ed ho veduto ad alcuno, per far più le lettere grasse di avvisi, far giornalmente ricordo di tutto quello che gl' intendono, e in capo di otto o dieci di farne una lettera, e da tutta quella massa pigliare quella parte che pare più ragionevole. Ho veduto ancora a qualche uomo savio, e pratico nelle ambascerie, usare questo termine, di mettere almanco ogni due mesi innanzi agli occhi di chi lo manda tutto lo stato e l'essere di quella città e di quel regno dove egli è oratore. La qual cosa fatta bene fa un grande onore a chi scrive, ed un grande utile a chi è scritto; perchè più facilmente può consigliarsi, intendendo particolarmente le cose, che non le intendendo. E perchè voi intendiate appunto questa parte, io vé la dichiarerò meglio. Voi, arrivato in Spagna, esponete la commissione vostra, l'ufizio vostro, e scrivete subito, e date subito notizia dell' arrivata vostra, e di quello avete esposto all im

peratore e della risposta sua, rimettendovi ad un'altra volta a scrivere particolarmente delle cose del regno e delle qualità del principe, e quando per essere stato là per qualche giorno ne avrete particolar notizia. Dipoi voi avete ad osservare con ogni industria le cose dell'imperatore e del regno di Spagna, e dipoi darne una piena notizia. E, per venire ai particolari, dico che voi avete a osservare la natura dell' uomo, se si governa o lasciasi governare, se egli è avaro o liberale, se egli ama la guerra o la pace, se la gloria lo muove o altra sua passione, se i popoli lo amano, se gli sta più volentieri in Spagna che in Fiandra, che uomini ha intorno che lo consigliano, ed a quello che sono volti, cioè se sono per fargli fare imprese nuove, oppure cercare di godersi questa presente fortuna, e quante autorità abbiano con lui, e se li varia o gli tiene fermi, e se di quei del re di Francia ha alcuno amico, e se sono corruttibili. Dipoi ancora è bene considerare i signori e baroni che gli sono più a largo; che potenza sia la loro, come si contentino di lui, e quando fussero malcontenti, come li possono nuocere, se la Francia ne potesse corrompere alcuno. Intendere ancora del suo fratello come lo tratta, come vi è amato, come è contento, e se da lui potesse nascere alcuno scandolo in quel regno e negli altri suoi stati. Intendere appresso la natura di quei popoli, e se quella lega che prese l'arme è al tutto posata, o se si dubita che la possa risurgere, e se la Francia le potesse far fuoco sotto. Considererete ancora che fine sia quello dell'imperatore, come egli intenda le cose d'Italia, se egli aspira allo stato di Lombardia, o se gli è per lasciarlo godere agli Sforzeschi; se egli ama di venire a Roma, e quando; che animo egli abbia sopra la Chiesa, quanto confidi nel papa, come si contenti di lui; e venendo in Italia, che bene o che male possano i Fiorentini sperare o temere.

Queste cose tutte considerate bene e bene scritte, vi faranno un onore grandissimo; e non solamente è necessario di scriverle una volta, ma conviene ogni due o tre mesi rinfrescarle con tal destrezza, aggiungendovi gli accidenti nuovi, che la paia prudenza e necessità, e non saccenteria.

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