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RELAZIONE

DI UNA VISITA FATTA

DA NICCOLÒ MACHIAVELLI

PER FORTIFICARE FIRENZE (1)

deer

Noi vedemmo prima, cominciando a Monte Uliveto, tutto quel disegno che si era ragionato di mettere dentro questi monti che soprastanno al di là d'Arno, e lo considerammo tutto infino a Ricorboli. Parve al capitano questa una grande impresa, e che la facesse molti buoni effetti, pure disse che a farla non bisognava avere nè fretta, nè necessità, e che bisognava assai gente a guardarla, ma che se ne trarrebbe questo bene, che uno esercito tutto vi si potrebbe raddurre senza dare affanno all'abitato della città. Considerato il di sopra, ci parve di ristringerci alle mura, pure a quelle che fasciano il di là d'Arno, per intendere da lui come quelle, non le murando, si potessero far forti. E prima ci cominciammo dalla Porta s. Niccolò, e parve al capitano che quella porta, con tutto il borgo infino alla porta a s. Miniato (per essere quel sito fitto tutto sotto al monte), non si potesse tenere o difendere in alcun modo, e quello che è peggio, non si può far forte. Di modo che si giudica essere necessario escluderlo dalla città, e non solamente abbandonarlo, ma disfarlo. E però gli pare da muovere un muro dalla prima torre, che è sopra la porta a s. Miniato, e così a sghimbesci guidarlo verso Arno, tanto che si appunti con Arno appunto sotto alle mulina di s. Niccolò, e in su l'angolo fra il muro nuovo e il vecchio fare un baluardo che batta la faccia del muro vecchio e del nuovo, e nel mezzo del muro nuovo la porta con i suoi baluardi e rivellini, secondo che oggi si usano fare forti. Fatto questo, come si è detto, vorrebbe spianare tutte quelle case che restano dietro in quel borgo. Dopo questo disegno seguitammo il cammino, ed andati lungo il muro di fuori circa dugento braccia, saliti che fummo in sul colmo del poggio, dove è una torre alta, giudicò che fusse da fare quivi un baluardo gagliardo, abbassando quella torre e tirandosi più in fuora circa a sessanta braccia, tanto che si abbraccias

(1) Questa visila fu fatta nell'anno mille cinquecentoventisei ad insinuazione di papa Clemente VII, il quale temeva delle forze imperiali, sì per Firenze, come per Roma. Il Machiavelli vi assistè con persone della professione, e ne dislese la relazione. Ne parla anco a Francesco Guicciardini, come potrà vedersi fra le Lettere famigliari.

sero certe casette che gli sono a dirimpetto. Fa questo baluardo una fortezza grande in quel luogo, perchè e' batte tutti i colli all'intorno, difende la debolezza di quelle mura che di sotto e di sopra si aggiungono seco insino a s. Giorgio, e spaventa qualunque da quella parte disegnasse campeggiarci. Arrivammo dipoi alla porta a s. Giorgio, la quale gli pare da abbassarla, e farvi un baluardo tondo, e la uscita per fianco, come si costuma. Passata questa porta, pure di fuori circa a cento cinquanta braccia, si trova un certo biscanto di muro, dove il muro muta cammino, e gira in su la ritta. Quivi gli parrebbe da fare o una casamatta, o un baluardetto tondo che battesse per fianco. Ed avete ad intendere, che egli intende che in ogni luogo dove sono mura si faccia fossi, perchè dice quelli essere le prime difese delle terre. Passati più oltre, circa ad altre cento cinquanta braccia, dove sono certi barbacani, gli pare da fare un altro baluardo, il quale quando si facesse gagliardo, e tirassesi bene innanzi, si potrebbe fare senza fare il baluardo del biscanto sopraddetto. Passato questo luogo, si trova una torre, la quale gli pare da ingrossarla ed abbassarla, e fare in modo che di sopra vi si possano maneggiare due pezzi di artiglierie grosse, e così fare a tutte le altre torri che si trovano; e dice che per essere fitte l'una sotto l'altra, che le fanno una fortezza grande, non tanto per il ferire per fianco, ma per fronte, perchè dice che ragionevolmente le città hanno ad avere più artiglierie che non si può trainare dietro un esercito; e ogni volta che voi ne potete piantare più contro il nimico, che il nimico non ne può piantare contro a voi, gli è impossibile che vi offenda, perchè le più artiglierie vincono le meno, in modo che potendo porre grosse artiglierie sopra tutte le vostre torri, ed essendo le torri spesse, di necessità ne seguita che il nimico vi può con difficultà offendere. Seguitando il cammino nostro arrivammo dove si comincia a scendere verso la porta a s. Piero Gattolino. Fermossi quivi il capitano; e per considerare meglio tutto quel sito dalla porta a san Giorgio a quivi, entrammo per il podere di Bartolommeo Bartolini, e veduto ogni cosa, pensò un nuovo modo di fortificare tutta quella parte che è dalla porta detta di s. Giorgio a dove noi eravamo, senza avere a fare quelli baluardi che di sopra si sono detti. E questo nuovo modo è a muovere un muro proprio da quel principio della china che va verso s. Piero Gattolino, girando in su la sinistra verso la porta a s. Giorgio, e andare secondo le piagge di quelle vallette, e capitare con esso alla porta a s. Giorgio, e il muro vecchio che rimarrebbe dentro gittarlo a terra. Sarebbe questo muro nuovo da dove e'comincia a dove e'finisce, andando per linea retta, circa a braccia cinquecento, e dove si discostasse più dal muro vecchio non sarebbero braccia dugento. Farebbe questi beni; e'vi difenderebbe meglio quella parte, perchè quel muro vecchio è disutile, e questo sarebbe nuovo e utile; il muro vecchio per aver dietro la grotta repente non si può riparare, e questo si riparerebbe, che averebbe il piano; verrebbe più innanzi a battere i colli che sono all'intorno tale che i nimici to potrebbero difficilmente battere, e il vecchio facilmente si batte; risparmierebbe la spesa dei fossi, perchè le ripe gli servirebbero per fossi; risparmierebbe le spese di tutti quelli baluardi che si debbono fare nel muro vecchio, perchè basterebbe fare nel muro nuovo certe offese per fianco di non molta spesa, tanto che si stima che si spenderebbe quasi meno a venire con questa parte di muro innanzi, che con fossi e baluardi affortificare il muro vecchio. Considerato questo sito, ritornammo al muro e scendemmo verso s. Piero Gattolino, e gli parve che alla penultima torre si

facesse un baluardo che fusse più in fuora della torre trenta braccia, e tutte le altre torri, come è detto, s'ingrossino ed abbassino. Pargli che la porta a s. Piero Gattolino si abbassi, e che vi si faccia un baluardo che l'abbracci in modo tutta, che la batta il muro di verso s. Giorgio e di verso s. Friano. Considerato dipoi quanto il colle di s. Donato a Scopeto è addosso alle mura, che sono dalla porta a s. Piero Gattolinoad una porta rimurata che va in Camaldoli, gli parrebbe che tutto il muro che è fra queste due porte, cioè fra s. Piero Gattolino e la rimurata, si gittasse in terra, e se ne facesse un altro nuovo tra l'una porta e l'altra che si discostasse dal vecchio nel più largo braccia dugento, per discostarsi più da quel colle, dove per essere dentro assai ortacci non si farebbe altro danno che avere a guastare un monastero delle monache di s. Niccolò. Seguimmo di poi il cammino verso s. Friano, e gli parrebbe da fare alla penultima torre di verso s. Friano un baluardo che venisse in fuora quindici braccia più che la torre; la porta a s. Friano farla con un baluardo gagliarda, le torri infino ad Arno ingrossarle ed abbassarle. In sul canto del muro che guarda in Arno, dove è un mulino, fare un baluardo che abbracciasse il mulino e battesse per tutto. Scendemmo di quivi in Arno, e andando lungo il muro verso il ponte alla Carraia, gli parrebbe che quel muro si empiesse di cannoniere, che tirassero basso a traverso ad Arno, e dove è quel chiusino farvi una torretta che, più per bel parere che per altro, sportasse per fianco. Ed avendo nella forma soprascritta considerato tutte le mura d'Oltrarno, e i colli che sono loro appresso, lo dimandammo di quelle mura verso il Prato, che il colle d'Uliveto scuopre, e di quelle di s. Giorgio che scuopre s. Donato a Scopeto, e di quelle della Giustizia che scuopre s. Miniato, che tutte da quei colli si potettero considerare: disse non importare niente, perchè, parte per essere discosto, parte per potersi riparare con ripari a traverso, facilmente il nimico da quella parte non vi può offendere. Veduta tutta la parte di Oltrarno, venimmo di qua dal fiume e cominciammoci dalla porticciuola delle mulina del Prato, e prima gli facemmo considerare via Gora, come quelle case si appiccano con il muro che risponde ad Arno; dipoi passammo la porta, ed entrammo nella gora dei Medici, ed andammo infino alla fine, ed entrammo in su quel getto, ovvero terrazzo, che è in testa della gora. Parvegli quello luogo da poterlo fare fortissimo, facendo un baluardo che abbracciasse tutte le mulina, del quale la muraglia che guarda il di dentro di verso l'orto della gora, si potrebbe fare sottile, perchè non può essere battuta, fare ancora nella punta bassa dell'orto della gora, dove io dico esser quel terrazzo, un altro baluardo che per fianco rispondesse a quello, e per fronte battesse Arno a traverso: dice che, fatto questo, non si potrebbe mai i nimici accostare per esservi la gora che fa fosso, e per potere essere combattuti da fronte e dai fianchi da baluardi, e di dietro dalle artigiierie, che fussero nella parte di là dal fiume. E così le case di via Gora non vengono a fare a quella parte debolezza. Parrebbegli da spianare di sopra la volta del riacquatoio della pescaia, che è propinqua a quel baluardo del terrazzo, acciocchè sopra a quella si potesse piantare due pezzi di artiglieria. Oltre di questo, perchè le case che sono dal terrazzo al ponte alla Carraia sono signore del fiume, vorrebbe torre loro questa signoria, facendo un muro che le cuoprisse, perchè dice che, rispetto ai tradimenti, non è bene che le genti private siano signore di quella parte. Disse che la porticciuola delle mulina verrebbe dal baluardo a essere difesa. Considerata e disposta questa parte, ci partimmo dalla porta delle mulina, e

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andammo lungo le mura di fuora insino al canto che arriva a Mugnone, dove gira poi il muro in su la man ritta verso la porta al Prato. Parrebbegli da fare un gagliardissimo baluardo in su quel canto, che difendesse e verso le mulina e verso la porta al Prato; vorrebbe che Mugnone, e quivi e dovunque passa, si riducesse ad uso di un fosso, e in quello luogo dal canto alla porta al Prato vorrebbe che si facesse un muro lungo Mugnone, che sostenesse il terreno dalla parte sinistra, e dipoi presso il baluardo in sul canto attraverso a Mugnone si facesse un rattenitoio d'acqua, da poterlo scalare e turare secondo il bisogno; e lungo il muro che è dal baluardo alla porticciuola delle mulina, farvi un fosso, e mettervi parte di Mugnone, e poi quando il fosso arriva alle mulina, torcesse verso Arno, e la sboccatura si múrasse da ogni parte; vorrebbe che tutte le altezze che vi sono sopra quel muro, che sono certe creste che avanzano i merli, si riducessero al pari de' merli. Parrebbegli che la porta al Prato si abbassasse e si fabbricasse con un baluardo, come si è detto di quelle d'Oltrarno. Andammone dipoi alla porta a Faenza, e tutte le torrette di mezzo vuole si abbassino e riducansi a merli, e s'ingrossino ovvero si allarghino, di sopra massimamente. Perchè dalla porta a Faenza e al Prato è assai spazio, gli pare da ridurre una di quelle torri di mezzo ad uso di baluardo, ingrossandola tanto che se gli potesse mettere le artiglierie da basso. Di quivi andammo alla porta a s. Gallo, la quale si laccia forte come le altre, e in una di quelle torri fare un poco di baluardo; e perchè quivi Mugnone comincia ad andare lungo le mura, gli pare che volendolo ridurre a uso di fosso, si facesse lassù alto dove gli stesse meglio, un poco di ritegno, acciocchè le acque giù stillate entrassero nel luogo de' fossi. Volle il capitano vedere quel colle che è dirimpetto alla porta a s. Gallo, dove venuto, disse che i nimici avevano quivi un forte e bello alloggiamento, ma che non poteva fare altro male alla città se non tenere in quel luogo il nimico sicuro. Andammone dipoi alla porta a Pinti, la quale si debbe afforzare come le altre facendo fra quella e s. Gallo di una di quelli torri di mezzo un poco di baluardo simile a quello che delle altre due porte dicemmo. Partiti dalla porta a Pinti, e iti lungo le mura circa a seicento braccia, si trova un canto, dove è una torre che ha tre canti, e il muro piega forte in su la man ritta verso la porta alla Croce, e dal canto alla porta alla Croce è circa a quattrocento braccia, e però gli pare che quivi in sul canto si faccia un grosso baluardo, che si tiri più innanzi che la torre trenta braccia o più, che guardi bene quelli due tratti di muri, ed offenda per fronte gagliardamente la campagna. Venimmo dipoi alla porta alla Croce, la quale si debbe affortificare come le altre, e di quivi partiti per lungo le mura, si trova una torre che è dirimpetto all'Agnolo Raffaello, la quale vorrebbe si ingrossasse bene, per fare più difese al luogo propinquo ad Arno. Venimmo alla porta alla Giustizia, dove gli pare d'abbattere il tempio e tutti quelli imbratti che sono intorno a quella parte, o fare quivi un grossissimo baluardo, acciocchè possa difendere gagliardamente quella entrata d'Arno. Vorrebbe ancora, che la torre della munizione, che è propinqua alla porta, si abbassasse e ingrossasse, acciocchè fusse ancora più gagliarda quella parte.

Lettera all' Imbasciatore (1)

Avanti ieri ricevemmo la vostra de' 28 del passato responsiva alla nostra de' 24. Commendiamo in prima la diligenza vostra assai, e ci piace che a Nostro Signore satisfacciano i rispetti abbiamo nel cominciare questa opera santa, di non dare disagio ad alcuno per non la fare odiosa prima che la sia per esperienza conosciuta ed intesa. Vero è che noi non possiamo dargli altro principio che ordinare la materia insino a tanto che noi non siamo risoluti della forma che hanno ad avere, questi baluardi, e del modo del collocarli, il che non ci pare poter fare, se prima non ci sono tutti questi ingegneri, ed altri con chi noi vogliamo consigliarci; e benchè il sig. Vitello venisse ieri in Firenze, e che noi aspettiamo fra due dì Baccio Bigio che viene, e che venga ancora Antonio da s. Gallo, del quale non abbiano ancora avviso alcuno, perchè, poichè per commissione di N. S. egli è ito veggendo le terre fortificate di Lombardia, giudichiamo necessario l'aspettarlo, acciocchè la gita sua ci arrechi qualche utilità; però con reverenza ricorderete a N. S. che lo solleciti, e noi abbiamo ricordato qui al reverendissimo Legato che scriva a Bologna a quel governatore, che intendendo dove si trovi, lo solleciti allo spedirsi, e i rispetti che si hanno avere nel murare al Prato ed alla Giustizia, ed alle parti del di là d'Arno, e de' riscontri de' monti secondo che prudentemente ricorda N. S., si avranno tutti; e così in ogni parte non siamo per mancare di diligenza, quando non ci manchi il modo a farlo, perchè il depositario ha fatto qualche difficultà in pagare una piccola somma gli abbiamo tratta, e crediamo per l'avvenire sia per farla maggiore allegando non aver danari. Pertanto ci pare necessario che N. S. ordini che noi ci possiamo valere; e volendo sua Santità aiutarci d'alcuna cosa, sarebbe a proposito ora, e farebbe molti buoni effetti, perchè siamo ogni dì più d'opinione che non sia bene toccare in questi principj le borse dei cittadini con nuova gravezza, sicchè fate bene intendere questa parte alla sua Santità; e, quanto al modello de' monti che sua Santità desidera, come Baccio Bigio ci sia, non si perderà tempo, acciocchè, come prima si può, se gli possa mandare; nè per noi si mancherà di alcuna diligenza in tutto quello si può. E perchè siamo di parere che fatta la raccolta si comincino i fossi di qua d'Arno, cioè di tre quartieri, abbiamo scritto a tutti i potestà del nostro contado, che veggano popolo per popolo quanti uomini vi sono dai diciotto fino ai cinquanta anni, e che ne mandino nota particolare, acciocchè eglino abbiano a fare questa descrizione appunto, e cho noi possiamo, fatta la raccolta, entrare in simile opera gagliardamente. Valele.

(1) L'Ambasciatore era il ministro della Repubblica a Roma.

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