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con altri della loro Arte, forse perchè non potessero per un tal mezzo rendersi padroni dei prezzi del loro lavoro.

La Grana necessaria per tingere i panni veniva somministrata ai Tintori dai Mercanti, nè i Tintori potevano adoprarne altra, e però era loro vietato di comprarne, e rivenderne.

Erano i Tintori obbligati di stare assidui ai loro negozj, e di prestare un pronto, e fedele servizio a quei Mercanti dai quali erano comandati. Doveva¬ no registrare in un libro dentro le 24. ore tutti i Panni che avevano ricevuto per tingere, e non potevano andar cercando per la Città il lavoro, ma dovevano stare aspettandolo alla Bottega.

Alcuni di questi Panni erano fabbricati dai fabbricatori forestieri per loro conto, che poi, greggi gli vendevano ai nostri negozianti; Altri si fabbricavano per conto proprio de' nostri Mercanti nelle Fiandre, in Inghilterra, in Francia, e in Olanda, quali gli mandavano a Firenze per esser ridotti all' ultima perfezione , per la via di Parigi, di Avignone, di Marsilia, o di Nizza per quella della Germania, e di Lombardia.

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Venivano questi Panni in balle involtate con feltro, e tela doppia, che chiamavano Torselli, e non in ruotoli come ha detto il dottissimo Proposto Muratori nella Dissertazione 30. del Tom. 2. delle sue antichità Italiane.

Giunti questi panni in Firenze si esaminavano coll' assistenza dei Periti dell' Arte, per vedere di qual qualità erano, e poscia si meglioravano secondo il bisogno, che avevano, cioè si cardavano o si cimavano, o si tingevano; Ridotti, che erano a questa perfezione, i nostri Mercanti gli esitavano in diversi luoghi dell' Europa, e facevano un guadagno assai considerabile.

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Mediante questi, ed altri utilissimi provvedimenti si formò in Firenze un' altra Branca importantissima del commercio dei Panni di lana, il quale continuò fintanto che gli Inglesi, e gli Olandesi, non cominciarono a fare ai loro Panni, prima di esitarli, tutte queste suddette diligenze, le quali in Inghilterra ebbero principio sotto il Regno di Arrigo VII. come ci racconta il Cary nella sua dottissima storia del Commercio della gran Brettagna. Ma quando

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solamente in Firenze si riducevano a perfezione, era questo traffico per i Fiorentini di grandissima conseguenza; Per testimonianza di Giovanni Villani sappiamo, che nell' anno 1338. le botteghe dell' Arte di Kalimala erano venti,.e che facevano venire ogni anno più di diecimila panni del valore di più di trecentomila Fiorini d'oro; da questo racconto è ben facile concepire un' idea dell' estensione di questa Mercatura.

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§. II.

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Del Magistrato di quest' Arte.

Veva quest' Arte di Kalimala come quella della lana un particolare Magistrato, che la rappresentava, il quale era composto di quattro Residenti, che avevano il titolo di Consoli, i quali si estraevano a sorte da un Urna, ove si conservavano i nomi di tutti quei Cittadini, che potevano godere di questa Magistratura, i quali erano soltanto quelli matricolati nell' Arte.

A questo Magistrato incombeva la risoluzione delle Cause civili, e crimi

nali vertenti fra i sottoposti all' Arte, concedeva la Matricola a chi credeva che la meritasse; aveva cura del Patri monio dell' Arte, che era assai rispettabile, l'entrate del quale ogni anno spendeva in vantaggio dei poveri. Presiedeva al governo dell' Ospedale di S, Eusebio, ove si medicavano i lebbrosi, (32) ed amministrava con indipendenza le sue entrate,

Non contenta l'Arte di Kalimala di questo stabilimento di pietà l' Anno 1338. edificò un altro Ospedale, per medicare tali Infermi, fuori della Porta a Faenza (33) dedicato a S. Lazzero, in luogo detto Campoluccio (34) dotandolo di

T. III.

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(32) Questo Ospedale di S. Eusebio era situato sul Prato d'Ognissanti allorchè fu fondato dal Comune di Firenze, che seguì nell' anno 1186. nel qual luogo, poi fu fabbricato il Monastero di S. Anna, che anche oggi esiste. Uno dei motori della fondazione di questo Ospedale si legge essere stato Vinciguer ra della Famiglia dei Donati. In questo Qspedale si curavano solamente i lębbrosi. (33) Questa Porta della Città era alla dirittura di Via Faenza.

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(34) La denominazione di Campoluccio,

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rendite capaci non solo per mantenere gli Infermi di Vitto, ma anche per poterli rivestire. Seguitò l'esistenza di questo Ospedale fino all'anno 1529. in cui per esser sempre fuori delle Mura della Città, restò demolito, assieme con molti altri Luoghi Pij, per ordine di Lorenzo Martelli, di Raffaello Girolami, e di Zanobi Bartolini eletti Commissa rj dalla Repubblica sopra le cose della Guerra, per fortificare, e difendere la Città dall' assedio posto dalle Truppe di Carlo V. Imperatore, e di Clemente VII. Papa, comandate dal Principe d'Oranges.

Rimase non pertanto in piedi l'Ospedale di S. Eusebio, perchè per buona fortuna, nel secondo ingrandimento della Città restò dentro alle sue Mura e quivi si continovò la cura, e l'assistenza ai Lebbrosi fino al 1533. sempre sotto il regolamento dell' Arte di Kalimala, la quale in quell'anno a istanza

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io penso, che derivasse, se non da un nome proprio di persona, dalla moltissima Erba Luccia, che ivi si produceva, che è quell' Erba la qual nasce nei Prati, e fa una sola foglia per pianta.

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