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cultore delle amene lettere, che si compiacque d'eccitarmi a proseguirlo, vivifsima destarono in me la brama di mostrarle, quando che fosse, la mia riconoscenza. Opportuna per ciò mi 'affaccia l'occasione in

oggi che sto per dare in luce una tal opera; e mandando ad effetto

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pensiero che già da gran tempo io mi proposi come il più dolce compenso di questa mia fatica, benchè poco adeguata all'esimie di lei doti, pure m'ardisco di presentargliela, illustrissimo signor Conte, come quel contrassegno che per me si possa maggiore de sentimenti di gratitudine e di rispetto che mi glorio di professarle. È

3 proprio dell'anime gentili il por mente, più che al valore d'un'offerta, all'animo grato di chi la fa; ed è perciò che a Lei oso intitolar

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lavoro che pur è ideato a pro di questa nostra patria che in Lei riconosce uno de suoi più

zelanti amatori.

Accolga, illustrissimo signor Conte, i sensi della rispettosa stima e del profondo

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AL LETTORE.

EBBE già a dire un dotto del secolo scorso che se

tutte le città d'Italia che non hanno la bella sorte di esser bagnate dall'Arno, si recassero a tessere i respettivi lor dizionarj, appiglierebbesi con lieve fatica in ognuna di esse il bel volgare toscano (1), e così diverrebbon comuni a tutti gl' Italiani le sue ricchezze (2). Rettissimo giudizio per verità, giacchè a chi mai, non nato o non

(1) Se le voci toscane soltanto od anche altre usate fuor di Toscana abbia. no diritto ad arricchir la nostra lingua, è quistione su cui, ad onta di quanto ne fu detto e scritto, sono tuttora assai differenti le opinioni; quello in che è forza che ognuno convenga, si è la necessità in cui trovasi ogni Italiano di ben conoscere e scrivere ogni voce espriinente idea o cosa qualunque, com' ella si trova registrata ne' dizionarj della sua lingua (che pur di voci toscane sono pressochè per intiero composti) e non altramente, ove pur si voglia esser generalmente intese. Di fatto, scriva o stampi un Milanese la parola dandinn, • quale, non dirò forestiero, ma nè men Italiano (da noi Milanesi in fuori), potrà comprendere una tal voce, non trovandosi di essa menzione ne' codici della lingua nostra, in cui tutte son passate a rassegna le migliori voci che

usarono gli ottimi fra gl' italiani scrit tori? E quel che dello scrivere e dello stampare dicasi anche del parlare, giacchè voglia in paese estero, od anche fra noi, ad un forestiero che abbia imparata la nostra lingua, voglia, dico, il Bresciano dar a comprendere il suo gasol o gatigol, il Veneziano le sue catizzole, ed il Milanese i suoi galitt, egli non ne capirà nulla di certo, e vana mente andrebbe cercando notizia di tai parole sui dizionarj; quando che se del toscano solletico si servissero eglino per esprimergli la loro idea, ben presto no rinverrebbe il valore (se già nol conoscesse) nel minore de' dizionarj italiani.

(2) Così parla l'ab. Gaspare Patriarchi, accademico di Padova, nella sua prefazione al Vocabolario veneziano e padovano (Padova 1796) di cui fa distinta menzione l'abate Cesarotti nel suo Saggio sulla filosofia delle lingue, part, IV, p. 1496

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educato in Toscana, non occorre tuttodi qualche difficoltà di parole, se a trattar abbia singolarmente di materie famigliari o d' arti? a chi non conviene sovente adottar espressioni men che giuste od usar circonlocuzioni dannose al bel dire, qualora s'avvenga in questa parte della lingua in cui per l'appunto consiste la maggior difficoltà che s' incontri nell' uso, non che dell' italiana, di qualunque altra favella che s'impari per mezzo de' libri e non già col conversar dimesticamente con persone che quella parlarono fin dalla culla, o coll' abitare là dov' essa è nata, o ha la principale sua sede? Il vedere pertanto nobilissime città d'Italia (1) essersi de' lor dizionarj con replicate edizioni provviste, l' osservarne consigliata la compilazione dal chiarissimo abate Cesarotti (2), e l'aver io letto d'altronde essere stata mira un tempo del Balestreri d'arricchirne questa nostra patria (3), m' incoraggiò a

(1) Napoli, Venezia, Padova, Brescia, Ferrara e Torino (Si veda appresso a questa Prefazione l' Indice delle abbreviature). Anche Bologna ha avuto Ovidio Montalbani che nel 1640 la provvide di un Vocabolista bolognese che in certo modo però si potrebbe chiamar meglio Etimologie del dialetto bolognese. Così pure in fine dell'edizione delle Poesie di Teofilo Folengo o volgarmente Merlin Coccajo (colia data d'Amsterdam 1771, 2 vol. in 4.) vedesi un Saggio di un Vocabolario mantovano toscano, ecc. al quale è premessa una Prefazione in cui lo scrittore insta segnatamente sull'utilità e a un tempo stesso sulla grandissima fatica e difficoltà che s'incontra nel tessere lavori di simil natura, e si che qui si trattava soltanto di un Saggio, e non già di un Dizionario di qualche volume!!

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