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Gemmellaro. Questa malattiá consiste nella retroversione delle valvole dell'aorta, ossia in quella condizione morbosa per cui esse valvole cadono allo indietro in verso il ventricolo del cuore, a vece di chiudere come devono il vaso onde impedire il reflusso del sangue. Qui è per minuto descritta la parte così alterata; viene discussa la causa, e per casi pratici la sintomatologia; finalmente parlasi in iscorcio del metodo curativo che una simile alterazione organica può ammettere.

Sopra l'isola vulcanica di Pantellaria, e sopra le osservazioni ivi fatte dal socio corrispondente conte F. Beffa Negrini, Memoria del socio Carlo Gemmellaro. Di non poco momento riescono sempre al geologo le piccole isole vulcaniche, e specialmente quelle nelle quali, dopo la prima loro formazione remotissima, il fuoco di recente vulcano vi s'aperse di nuovo la via. Di tal natura è Pantellaria, e scarse nozioni di essa si hanno. Devesi quindi saper molto grado al signor Beffa, d'esservisi recato a ben disaminarla, e di averne inviata la geologica descrizione al signor Gemmellaro. L'isola in discorso è tutta trachitica; ma la trachite sarebbe di due formazioni, antica e moderna; sempre però volcanica; e con caratteri distintivi delle due epoche. Noi lasceremo da banda le variazioni notate, cui in forza dei nuovi vulcani soggiacque l'antico terreno trachitico, siccome pure i passaggi della trachite in altre rocce, e di queste in altre ancora, singolare veramente estimando quello del perlstein in una lava litoide; ma ricorderemo il singolare fenomeno dell' esistenza di pietre focaje in quel suolo volcanico. Il quale parci bene spiegato con ciò, che le acque termali o minerali possano per via di un carbonato alcalino sciogliere perfettamente la selce, e depositarla poi sotto specie di calcedonia, di opale, o di pietra focaja. E in fatto v'avrebbe in Pantellaria un bagno a vapori ove la selce sublimata nei vapori stessi s'attacca in forma stalatitica alle pareti della grotta. Finalmente nell'isola medesima presso Gadir vi sarebbero acque le quali, a somiglianza di quelle del Geyser in Islanda, contengono disciolta la selce, e la depongono in istato gelatinoso di pertutto ove scorrono. Una tavola in rame rischiara la topografia geologica dell'isola in discorso.

F.

APPENDICE.

PARTE I.

343

SCIENZE, LETTERE ED ARTI STRANIERE.

Voyage au Congo. Viaggio al Congo e nell' interno dell Africa equinoziale, fatto negli anni 1828, 1829 e 1830, da J. B. DOUVILLE, segretario della Società geografica di Parigi per l'anno 1832, ecc.; opera alla quale la Società geografica ha decretato il premio nella sua radunanza del 30 marzo, 1832. Parigi, 1832-33, Renouard, tomi 3, in 8.o, con atlante in 4. Prezzo fr. 30 a Parigi.

ARTICOLO I.

Co' viaggi dei Mungo Park, Laing, Clapperton, Caillè,

Lander e di altri ardimentosi europei grandi conquiste fece a' dì nostri la geografia nel continente dell' Africa. Mercè di tali conquiste tutta l'estensione da Tripoli sino al golfo di Benin è apparsa nelle recenti tavole sotto il suo vero aspetto. Ma quante lacune rimangono tuttora a riempirsi, quanti luoghi, quante posizioni a ben determinarsi? Le carte stesse degl' illustri Berghaus e Brué, che sono le più moderne e le più accreditate, ci dimostrano che all'oriente del ventesimo meridiano nulla, ci ha di positivo. Tutt' i nomi vi si veggono accompagnati da segni di dubbietà; quasi nessuna posizione indicata scorgesi con sicurezza: gli autori costretti sono a citare gli antichi viaggi, le cui relazioni mostransi presso che sempre vaghissime ed incerte. Il corso de' fiumi ben anco i più importanti delineati non furono con tutta quella precisione ch'era pure a bramarsi. I terreni vi appajono bensì rilevati con ogni cura possibile, ma può tuttavia chiedersi su quale base operato

abbiano gli autori. Per tal modo la parte dell'Africa, sulla' quale ragionare dobbiamo, ha sino ad ora presentato un vôto immenso. Tutto lo spazio dal 3° gr. di lat. nord al 13° di lat. sud, e dall' 11° al 25° meridiano di Parigi, tutto era in bianco sulle carte, tutto era sconosciuto.

Ora colla pubblicazione del viaggio del sig. Douville riempite vennero tali lacune. Mercè di lui la geografia di quegl' inaccessibili, infocati, inospiti paesi acquistò nuovi documenti, non per le sole topografiche posizioni, ma ciò che più importa, per l'aspetto fisico de' luoghi, per lo stato civile, politico, religioso, morale di popoli dall' europeo non mai visitati, non mai finora ben conosciuti. «Giunto il sig. Douville (così leggesi nel giudizio che intorno a questo viaggio pubblicato venne dalla commissione della Società geografica di Parigi), giunto il signor Douville nel 1828 sulla costa dell' Africa occidentale a S. Filippo di Benguela, al 12° 32' di lat. sud e 11° 3' di long. all' est di Parigi, visitò minutamente le provincie che compongono i regni d' Angola e di Benguela sottomessi al Portogallo di là penetrò ne' paesi abitati dai negri indipendenti, dove probabilmente nessun europeo inoltrato avea i passi. Il punto più meridionale cui egli giunse è il 13° 27' di latitudine; si mosse poi nell' opposta direzione sino al di là del 3o al nord dell' equatore; inoltrossi nell' est sino al 25° 4. Egli per tanto visitò un'estensione di oltre a sedici gradi o 320 leghe geografiche dal sud al nord, e più di quattordici gradi o 280 leghe dall' est all'ovest, senza far conto delle moltiplici sue corse nelle provincie portoghesi. Laonde può senza esagerazione alcuna valutarsi a 3500 leghe la totale lunghezza del suo cammino, di cui una gran parte in paesi totalmente ignoti». Il suo viaggio durò tre anni, ebbe principio nel 1828, terminò nel 1830.

Ne forse viaggio alcuno venne giammai da uom privato con maggiore previdenza intrapreso, con più costante ardore, con più possenti mezzi condotto a compimento. Perciocchè il sig. Douville per meglio raggiugnere lo scopo suo viaggiava accompagnato da numerosa carovana di negri che secondo i bisogni ei sapeva di mano in mano e co' proprj mezzi reclutare, e ne' maneggi del fucile, e ne' militari esercizj istruire all'uso europeo. Questa per lunghissimo tempo componevasi di ben cinquecento uomini..

Ne gli abbisognava meno di siffatto numero per difendere sè stesso contra gli assalimenti di popoli immani e per assicurare la propria sua libertà ed esistenza. I suoi stessi racconti ci danno sicurissime prove che senza di un tal mezzo potuto non avrebbe condurre a buon termine la sua spedizione. Egli stesso afferma che se viaggiato avesse con poca gente, non più riveduta avrebbe l'Europa. Talora viaggiava a piedi, tal altra trasportar si faceva nel suo tipoi, specie di palanchino o di comodissima lettiga. Alcuni negri camminavano sempre a' fianchi di lui, portando fucili, strumenti e arnesi d'ogni genere. La sua guardia era prontissima sempre al lavoro ed a soccorrerlo ad ogni cenno. In oltre la carovana era altresì composta d' uomini che portavano le balle di mercanzie ed i barili di tafia (specie d'acquavite di zucchero) e precedevano al luogo destinato per passarvi la notte. Ad onta di tali e tanti provvedimenti egli potè a stento sè stesso salvare dall' inclemenza de' climi e dalla superstiziosa barbarie degli uomini, e a stento potè la patria rivedere. Tuttavia in mezzo ai disastri d'un lungo e penoso viaggio, ed ai negri de' quali componevasi la barbarica sua comitiva, egli ebbe per lungo tempo un' amabile compagna, una dolcissima consolatrice nella propria consorte. Madama Douville, modello di coraggio e di conjugale tenerezza, lo accompagna, divide con lui i pericoli, gli affanni, ne addolcisce gli stenti e le fatiche. Perciò un doppio interesse destasi nell'animo nostro tutte le volte che l'intrepido viaggiatore affronta le mortifere influenze del cielo e della terra, e le insidie e la brutalità degli abitanti.

Il sig. Douville appena ristoratosi dalle fatiche de' suoi precedenti viaggi in diverse parti del mondo, abbandonò Parigi il 1. dell'agosto 1826 coll' intenzione di visitare la penisola orientale dell' India e di là penetrare nella Cina. Giunto a Rio di Janeiro al sorgere del 1827 strigne amicizia con varj negozianti che dimorato aveano ne' possedimenti dei Portoghesi al di là dell' occidentale costa dell'Africa. Eglino con lui conversando trattenersi soleano il più delle volte su quelle regioni sì poco conosciute. Il sig. Douville ne trae il convincimento che nessun europeo penetrato non avea giammai al centro di tali infocati paesi, comechè avesse egli letto che i Portoghesi in altri tempi travalicata aveano l'Africa dalla costa del Congo sino a

quella di Mosambico. La sua fantasia s'infiamma: egli più non vede che l'onore, la gloria d'una nuova esplorazione, d'un vero viaggio di scoperte: l'India e la Cina, questi paesi di vecchia e di già notissima civiltà sono da lui abbandonati pel selvaggio Congo, per l'interno d'un paese che alle nostre geografiche cognizioni era tuttora mancante. Indarno i negozianti, cui egli andava manifestando l'intento suo, gli opponevano la sospettosa gelosia de' Portoghesi, la cupidità sfrenata, le perfidie de' negri e i mille altri pericoli cui andato sarebbe incontro. Già egli ha assoldati due esperti mulattri in qualità di segretarj, già si è provveduto di documenti e di numerose lettere pe' negozianti d'Angola, già pronti sono per commissione sua due navigli carichi delle mercanzie, degli oggetti, del danaro, di tutto ciò in somma che per l'esecuzione di sì ardimentoso piano richiedevasi: il 18 dicembre del 1827 già trovavasi a Benguela, capitale del regno di questo medesimo nome. Quivi fu cortesemente accolto dal governatore che pose a disposizione di lui non pochi ed autentici documenti, facendo altresì ch'ei con sicurezza visitar potesse la città e i dintorni. Nè accoglimento meno cortese ebb' egli da quell'unico parroco che gli comunicò i registri dello stato civile. Preziose notizie abbiamo quindi da questa relazione quanto alla statistica sì della città che del paese.

Ampia è l'estensione di Benguela, sebbene questa città all' epoca in cui fu da Douville visitata non contenesse che 68 abitanti bianchi, e 2010 negri tanto di schiavi che di liberi. Le sue case, trattone cinque sole, non hanno che il pianterreno, sono costrutte di mattoni diseccati al sole, moltissime in deplorabile rovina per la mancanza di popolazione; larghe ma tristissime e sporche le contrade; malsano il clima per l'eccessivo caldo, per l'umidità del suolo e per le soverchie piogge; torbida e nauseante l'acqua che vi si bee. Tuttavia farsene potrebbe uno de' più ricchi e più gradevoli emporj, procurandole col mezzo di un canale l'acqua saluberrima d'un vicino fiume, il Catumbela, e promovendo l'industria e l'agricoltura. Perciocchè fertilissimo è il paese: la vite vi dà due vindemmie all' anno, lo zucchero vi cresce con vigore, rigogliosi vi sono gli aranci, i cedri, gl' imbonderi (1) e tutti gli alberi

(1) I'imbondero è un albero nella botanica di questi paesi rinomatissimo. Il suo tronco ingrossa sino a 48, ed anche 60 piedi

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