Immagini della pagina
PDF
ePub
[ocr errors]

sè stesso, era poi divenuto capo di una banda di assassini, coi quali in compagnia della madre esercitava ogni sorta di violenze e di ribalderie. Nel tempo a cui si riferisce il libro del signor d'Azeglio, Pietraccio trovavasi a Barletta, e avendo scannato il Podestà, fu preso e chiuso in una torre di quel monastero dov'era ricoverata Ginevra. Nel difendersi dagli sgherri la scellerata sua madre avea tocca una grave ferita, della quale morì poco dopo in prigione: ma prima di spirare narrò al figliuolo tutta questa istoria d' infamie e di colpe, e volle che almeno accennando col capo giurasse di emendare, potendo, il suo fallo, ora che nelle uccisioni era divenuto maestro (1). E quando, soggiungeva, gli avrai spaccato il cuore digli: Guarda questa catena te la rende mia madre. - Di tutto questo non sapea nulla D. Michele quando venne al servizio del Borgia; ma la fortuna poi lo condusse (per un caso che qui non occorre di riferire) a vedere la disperata morte della propria moglie, e ad udire dalla bocca di lei quella parte delle scelleraggini del suo padrone che lo risguardavano così da presso. Per quanto i nomi di moglie e di figli e di onore fossero vôti di ogni senso e di ogni efficacia all'animo di D. Michele, è probabile ch' egli cominciasse fino d'allora a desiderare che Pietraccio mandasse ad effetto quanto la madre gli aveva raccomandato. Ma la speranza di futuri guadagni e il terrore che il Borgia infondeva anche ai più arditi, lo distolsero forse dall' adoperarsi egli stesso ad una vendetta che in quel luogo ed in quella circostanza poteva riuscirgli sì facile. Chi avrebbe salvato il Valentino se D. Michele, rompendo il segreto, avesse svelato il luogo della sua dimora? In quella vece egli si contentò di consegnare a Pietraccio un pugnale. Questo Pietraccio poi uscito della prigione e ricoverato dalla pietà di Ginevra in una legnaja, sente da quel nascondiglio la trama composta

(1) Vol. I, pag. 199.

per rapire la sua protettrice, sente che il Borgia è in Barletta, e si dispone ad andare colà per avvisarne Ettore e per compiere, se pur potesse, il fiero comandamento di sua madre. Quest'ultimo disegno gli andò fallito, perchè il Borgia se ne stava chiuso nelle sue stanze: ma veduto il Fieramosca nella sala in cui festeggiavasi l'arrivo di D. Elvira, trovò modo di fargli sapere il pericolo della sua Ginevra. Ettore senza indugiar pure un momento uscì della sala, abbandonando colà il suo mantello che poscia a gran danno della sventurata Ginevra fu da Fanfulla indossato. Pietraccio con alcuni altri accompagnò il Fieramosca a S. Orsola, dove sperava di dover trovarsi a petto del Valentino. Già s'è veduto come e perchè Ginevra a quell' ora si fosse partita dal monastero. I satelliti del Borgia, caduti in errore, avevan rapita in vece di lei una certa Zoraide sua compagna, e già se l'erano recata nella propria barca. Pietraccio fu dei primi a gettarvisi dentro, ma cadde stramazzato da un colpo di remo che gli fu dato sul capo; la donna creduta da tutti Ginevra fu sottratta a' suoi rapitori, i quali menandone seco Pietraccio ritornarono a Barletta nel mentre appunto che il Borgia, a dispetto di quanto v' ha di più sacro sulla terra e nel cielo, calpestava con orrendo delitto l'intemerata virtù di Ginevra. Dopo una breve dimora il Borgia, D. Michele e Pietraccio navigavano alla volta della Romagna. Pietraccio, accortosi d'aver dinanzi a sè colui che aveva indarno cercato in Barletta e a S. Orsola, sebbene per mala ventura si trovasse senz'arme volle far prova di sbranarlo co' denti e colle unghie (1). Ma il Valentino fu presto alla difesa cacciandogli un pugnale nel cuore. Prima che il cadavere fosse gettato a mare, D. Michele che forse aveva desiderato un esito ben diverso alla disperata impresa di quel giovine, narrò al suo fortunato padrone dov egli lo avesse da prima trovato; e cercatagli

(1) Vol. II, pag. 129.

indosso la catena, gliela mostrò. Parve che a quella vista un ingente cumulo di pensieri, un insolito rimorso affliggesse il fiero animo del Valentino, che si mise a sedere silenzioso, e con voce tronca ordinò di nuovo che quel cadavere fosse gettato a mare.

Come mai un uomo cresciuto fra tanti misfatti aveva potuto turbarsi alla vista di quella catena? Perchè il solo Pietraccio doveva o commovere o far ribrezzo a colui che aveva con tanta intrepidezza gettato nel Tevere il proprio fratello? Chi era costui? Apparteneva egli forse al suo proprio uccisore? La traviata moglie di D. Michele non potè dire a Pietraccio questa parte dell'orrenda sua storia: e però ciascun lettore può interpretare secondo che più gli riesce probabile quella reticenza, per rispondere a questi dubbj.

Parecchie altre domande abbiamo sentite proporre da molti; per esempio: Se tutte le scelleraggini per le quali il signor d'Azeglio conduce i suoi leggitori sono vere: Se i personaggi posti in iscena da lui furono capaci di que' delitti e di quelle empietà ch' egli loro attribuisce: Se non sia troppo sconsolante quel dipingere la virtù irrimediabilmente infelice ed il vizio fortunato e trionfante? Alle prime domande noi crediamo di poter rispondere che il signor d'Azeglio s'attenne fedelmente alla massima di seguitare la storia o d'inventare cose probabili in quella età e fra quegli uomini ch' egli tolse a rappresentare. Rispetto all' altra, lo scrittore di questo articolo non ignora che per diverse vie può raggiungersi un medesimo fine; non ignora che in certe circostanze il cercare il sentiero più delicato è un mettersi nel pericolo di smarrire la meta: nondimeno crede di poter dire che i nostri Romanzieri dovrebbero forse applicare alle nazioni ciò che Plutarco insegnava degli uomini in particolare, cioè che le doti virtuose e imitabili si debbano largamente descrivere, ma che i vizii e i difetti in vece convenga toccarli con un certo verecondo ritegno, quasi per rispetto dell'umana natura, che non sappia produrre verun essere perfettamente buono.

A.

-8

PARTE II.

SCIENZE ED ARTI MECCANICHE.

Opuscoli matematici e fisici di diversi autori; fascicolo primo, secondo e terzo. Milano, 1832-33, presso Paolo Emilio Giusti, per quattro fascicoli lir. 18 aust.

Fra tutte le scienze create dall'umano intelletto le matematiche sono certamente le più suscettive d'incremento o di migliorazione. E il genio umano può in esse più che in altre fare bella mostra di sua possanza, producendo nuovi calcoli, e questi vestendo, rivestendoli, e giungendo così grado a grado e per via sicura alla cognizione di novelle verità si utili, che astratte. Quindi è che veggonsi tuttodi in Italia ed altrove discussioni accademiche, opere periodiche diffondere scoperte di vario interesse, dare più facili dimostrazioni di risultamenti già conosciuti, dilucidare recenti teoriche, metterle in ordine migliore, esporle con metodo. Fra le ultime merita al certo distinto luogo quella di cui andremo mano mano a dare un breve sunto. Il nobile scopo di essa è degno dei collaboratori, chiari per distinta fama ottenuta da numerose produzioni matematiche. Quivi tanto il dotto, che il giovane studioso meno iniziato nei principj delle scienze esatte troveranno con che appagare le loro brame.

I fascicoli di quest'opera periodica presentano due parti; nella prima delle quali si danno scritti originali d'argomento interessante, ed al livello dello stato attuale della scienza; nella seconda poi hanno luogo discussioni, compendj, notizie dirette all'intento di divulgare utili cognizioni da qualunque luogo esse vengano. Entrambe queste parti sono limitate a quanto è proprio della matematica pura ed applicata, e della fisica principalmente congiunta colle matematiche. Noi non ci estenderemo al presente con belle frasi e bei contorni nel mettere in mostra i singoli pregi di cui vanno essi adorni, riserhandoci a ciò fare di mano

in mano che faremo l'analisi delle singole parti. Prima di metterci all'opera ci si permetta di fare voti sinceri, affinchè questa continui per lungo tempo a rivedere il bel suolo d'Italia. Nell'analizzarne gli articoli ci siamo spesso serviti del testo degli autori, quando ciò si è potuto senza nuocere alla brevità, , per così far meglio comprendere le cose che gli stessi volevano esporre o dimostrare.

La prima Memoria del primo fascicolo è del valente geometra Bordoni. Benchè il titolo di questa ci mostri che debba essa trattare delle figure isoperimetre della massima o minima area esistenti in qualsivoglia superficie, pure il ch. autore incomincia coll' esporre e dimostrare, col metodo delle derivate, proposizioni relative alle superficie sviluppabili, per quindi passare alla dimostrazione di una singolare proprietà delle linee costituenti i contorni delle figure suddette. Ecco ciò che intende esporre e dimostrare l'autore.

?

[ocr errors]
[ocr errors]
[ocr errors]

Si abbiano due equazioni di primo grado rispetto alle coordinate rettangole x, y, z, la prima fra x, y, la seconda fra x, z; esse rappresenteranno una linea retta posta nello spazio. Se noi supponiamo che le costanti che contengono le dette equazioni siano funzioni date di un'altra variabile t, per ogni valore individuato della le X saranno coordinate dei punti di una linea retta, la quale varierà, variando la t stessa ; ed ammessa la t quantità da eliminarsi, le medesime x, y, z saranno in vece le coordinate dei punti della superficie, luogo di tutte le rette corrispondenti agl' infiniti valori dei quali è suscettibile la medesima quantità Per l'origine delle coordinate si immagini la retta parallela a quella rappresentata colle due equazioni suddette, ove in luogo di t si ponga il valore individuato n; ed essa si mova senza cessare di passare per l'origine, e di mantenersi parallela alle successive rette rappresentate colle equazioni, che risultano col porre nelle due equazioni generali in luogo della quantità t tutti i suoi valori successivi all' n; e continui a moversi, finchè sia parallela alla stessa retta rappresentata dalle due equazioni generali anzidette. Evidentemente le successive deviazioni di questa retta saranno le stesse deviazioni delle anzidette sue parallele; ed essa genererà una porzione della superficie conica, la di cui equazione sarà quella che si

« IndietroContinua »