Le poesie di Giacomo Leopardipei itpi di Franc. Vigo, 1869 - 558 pagine |
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Pagina xv
... casa paterna , per recarsi a Roma , d'onde sette mesi dopo tornò a Recanati , col desiderio vivissimo di lasciare per sempre come prima potesse quel- l'abborrito e inabitabile paese ; ( 15 ) lasciatolo di fatto nel 1825 , dopo il quale ...
... casa paterna , per recarsi a Roma , d'onde sette mesi dopo tornò a Recanati , col desiderio vivissimo di lasciare per sempre come prima potesse quel- l'abborrito e inabitabile paese ; ( 15 ) lasciatolo di fatto nel 1825 , dopo il quale ...
Pagina xix
... casa paterna . Riceve una lettera del padre , che gli an- nunzia la morte di un suo fratellino ; e com'è naturale ad uomo profondamente religioso , prega il figlio che vo- glia adempiere anch ' egli certe pratiche di religione , nelle ...
... casa paterna . Riceve una lettera del padre , che gli an- nunzia la morte di un suo fratellino ; e com'è naturale ad uomo profondamente religioso , prega il figlio che vo- glia adempiere anch ' egli certe pratiche di religione , nelle ...
Pagina xxxi
... casa da suo padre . Bensi ebbe l'uso di una ricca biblioteca raccolta dal padre , uomo molto amante delle lettere . In questa biblioteca passò la maggior parte della sua vita , finchè e quanto gli fu per- messo dalla salute , distrutta ...
... casa da suo padre . Bensi ebbe l'uso di una ricca biblioteca raccolta dal padre , uomo molto amante delle lettere . In questa biblioteca passò la maggior parte della sua vita , finchè e quanto gli fu per- messo dalla salute , distrutta ...
Pagina xxxiii
... casa il Mannella , che si veste e viene . Ma tutto era mutato . Avvezzo , per un lungo e penoso abito di mortalissime ma- lattie , a sentir troppo frequentemente i messi di morte , il nostro adorato infermo non seppe più riconoscerne i ...
... casa il Mannella , che si veste e viene . Ma tutto era mutato . Avvezzo , per un lungo e penoso abito di mortalissime ma- lattie , a sentir troppo frequentemente i messi di morte , il nostro adorato infermo non seppe più riconoscerne i ...
Pagina 192
... Casa d'agricoltor si discopria ; E di cani un latrar da ciascheduna Per li silenzi ad or ad or s'udia , E rovistar negli orti , e nelle stalle Sonar legami e scalpitar cavalle . Trottava il conte , al periglioso andare Affrettando co ...
... Casa d'agricoltor si discopria ; E di cani un latrar da ciascheduna Per li silenzi ad or ad or s'udia , E rovistar negli orti , e nelle stalle Sonar legami e scalpitar cavalle . Trottava il conte , al periglioso andare Affrettando co ...
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Parole e frasi comuni
Achei affanni alcun alfin Alirrozio allor amor anco Angelo Mai antichi appo aprica assai avea avrian Batracomiomachia bella campo canto CANTO TERZO Canzone caro ch'a ch'io chiome ciel collo conforto credo Creusa d'ogni dice diletto dolce dolor donna edizione Eretteo eterno fato favella ferro figli flutti fuggir gente GIACOMO LEOPARDI giorno Giove gran granchi Greci innanzi insino intorno invano Itaca l'altro l'armi Leopardi lido lieto loco lode luna lungo Maurizio di Sassonia mente Micene misero mondo mortal morte natura Nettuno notte novo Numi occhi omai padre Paralipomeni Paralipomeni della Batracomiomachia parve patria pensier petto piagge piè poco poesie poeta poscia pria ragione rane ranocchi Recanati regno Rodipan Rubatocchi sangue selve Simonide sospiri speme spento stelle suol terra Teucri Titanomachia Topaia topi tosto Triope tristo trovato Ulisse vede veder veggo versi vidi viva Vocabolario volte
Brani popolari
Pagina 30 - L'INFINITO. Sempre caro mi fu quest'ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete 10 nel pensier mi fingo; ove per poco 11 cor non si spaura. E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce Vo comparando: e mi sovvien l'eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei. Così tra questa Immensità...
Pagina 67 - Opre de' servi. E che pensieri immensi, Che dolci sogni mi spirò la vista Di quel lontano mar, quei monti azzurri, Che di qua scopro, e che varcare un giorno Io mi pensava, arcani mondi, arcana Felicità fingendo al viver mio!
Pagina xl - Italo ardito, a che giammai non posi Di svegliar dalle tombe I nostri padri? ed a parlar gli meni A questo secol morto, al quale incombe Tanta nebbia di tedio? E come or vieni Sì forte a' nostri orecchi e sì frequente, Voce antica de
Pagina 39 - Da presso né da lunge odi né vedi. Tien quelle rive altissima quiete; Ond'io quasi me stesso e il mondo obblio Sedendo immoto; e già mi par che sciolte Giaccian le membra mie, né spirto o senso Più le commova, e lor quiete antica Co' silenzi del loco si confonda.
Pagina 77 - Forse s'avess'io l'ale da volar su le nubi, e noverar le stelle ad una ad una, o come il tuono errar di giogo in giogo, più felice sarei, dolce mia greggia, più felice sarei, candida luna.
Pagina 69 - Mero desio; non ha la vita un frutto, Inutile miseria. E sebben vóti Son gli anni miei, sebben deserto, oscuro II mio stato mortai, poco mi toglie La fortuna, ben veggo. Ahi, ma qualvolta A voi ripenso, o mie speranze antiche, Ed a quel caro immaginar mio primo; Indi riguardo il viver mio sì vile E sì dolente, e che la morte è quello Che di cotanta speme oggi m'avanza; Sento serrarmi il cor, sento ch'ai tutto Consolarmi non so del mio destino.
Pagina 39 - Talor m'assido in solitària parte, Sovra un rialto, al margine d'un lago Di taciturne piante incoronato. Ivi, quando il meriggio in ciel si volve, La sua tranquilla imago il Sol dipinge, Ed erba o foglia non si crolla al vento, E non onda incresparsi, e non cicala Strider, né batter penna augello in ramo, Né farfalla ronzar, né voce o moto Da presso né da lunge odi né vedi.
Pagina xxviii - Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive, Mai non potrebbe il pianto Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno; Che fosti donna, or sei povera ancella. Chi di te parla o scrive, Che, rimembrando il tuo passato vanto, Non dica: già fu grande, or non è
Pagina 127 - Come d'arbor cadendo un picciol pomo, cui là nel tardo autunno maturità senz'altra forza atterra, d'un popol di formiche i dolci alberghi, cavati in molle gleba con gran lavoro, e l'opre e le ricchezze che adunate a prova con lungo affaticar l'assidua gente avea provvidamente al tempo estivo, schiaccia, diserta e copre in un punto; così d'alto piombando, dall'utero tonante...
Pagina 31 - DI FESTA. Dolce e chiara è la notte e senza vento, E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti Posa la luna, e di lontan rivela Serena ogni montagna.