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delle nazioni. Io so che il grido già è levato, che esso ha trovato un eco nel petto di quelli, a cui è affidato il potere di far leggi; che questo che oggi appare solo alla mia fantasia sarà, in un'epoca non lontana, una realtà, e sarebbe anche se la mia voce non risuonasse nello arringo; tutto questo io so, so che quello, che fu gran coraggio pel Beccaria, che affrontò l'accusa di irreligioso e sedizioso, oggi il farlo non ha più valore, o quasi; pure il pensiero di aver detto anche io la mia parola, l'illusione, se non altro, di poter dire a me stesso, quando la triste macchina cadrà al suolo, che anche io avrò contribuito a sconfiggere almeno uno dei chiodi, che la tenevano in piedi; e se anche intorno a questo non mi sarà dato illudermi, il pensiero di aver detto anche io cessi questa vergogna della umanità, mentre dalle corti di tutta Europa emanano sentenze di morte, mentre la libera Svizzera invoca come ancora di salvezza questa pena, che già aveva abolita, questo pensiero seduce la mia mente e la innammora, e m'incoraggia all'opera, restandomi io pago anche del solo compenso, che può venirmi dall' aver fatta opera di patria carità, ancorchè per se essa non sia per dar nessun frutto.

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Ed ora senza più indugiare entrerò nel mio argomento, chè invero assai mi tarda di uscire da questa vanità del parlare di me stesso, a cui per altro sono stato tratto dalla necessità di purgarmi, per quanto era in me, da quelle accuse, che saranno per avventura per essermi mosse.

CAPITOLO I.

Diritto di punire.

L'uomo tende all'autarchia, cioè al pieno dominio di se stesso, alla indipendenza da ogni aiuto necessario. Or questa autarchia egli non può trovare fuori del consorzio degli altri uomini; però egli, per un bisogno inerente alla sua natura, dee vivere in società d'altrui. Così Aristotile; e questa, che pare una contradizione, è una grande verità, che basteranno poche parole a chiarire, se già chi legge non ha da se stessa compreso tutto quanto il contenuto di questa idea. Consideriamo alcun poco i termini della su esposta proposizione, e da questa disamina ci apparirà tutta quanta la verità di quel principio. E innanzi tutto che cosa è l'autarchia? La parola stessa ci chiarisce l'idea: avro apzix, comando, o più propriamente dominio di se stesso. Or chi è che nell'uomo possa e debba tenere il dominio dell' uomo? Una delle sue facoltà, e propriamente la più nobile fra tutte, quella, che gli segna la via da tenere pel raggiungimento dei suoi altissimi fini, la ragione vo' dire, la quale tanto è nobile, e direttrice di tutto quanto l'uomo, o almeno dovrebbe essere, chè per alcuni è come se mai natura non l'avesse loro largita, che dal risiedere essa nel capo, ha fatto imporre in quasi tutte le lingue il nome di capo a chiunque ha la direzione di altri uomini, che sono a lui subordinati. Or seguitemi per poco nel campo delle ipotesi. Supponiamo, se vi piace, un uomo, che, abbandonato in un bosco lontano da ogni centro abitato,

in quello sia venuto su, in quello abbia vissuto, senza mai aver visto umano aspetto, senza mai avere ascoltato nota di umana favella. Per incominciare dal fisico, ei non saprà articolar parola, e la sua voce uscirà in rauchi suoni, ed ora si modulerà secondo la nota, che dà il vento, che dolcemente stormisce tra le foglie o infuria stridendo, ora si modulerà secondo la nota, che vien fuori ruggendo dalla feroce gola delle belve del bosco; egli non saprà emettere altri suoni, se non quelli, che hanno colpito il suo udito; lunghi, irsuti gli scenderanno i capelli per le spalle e sulla faccia, e le unghie avrà adunche e forti. Tale apparirebbe ai nostri occhi nell' aspetto se fosse possibile un tale uomo; ma il fisico ha poca importanza per noi : passiamo alle sue facoltà. Della sua ragione che sarà avvenuto? Ahi! quello che avvenne del grano gettato dal seminatore della parabola in mezzo ai rovi, che rimase affogato dai pruni, i quali tutti i succhi vitali della terra assorbirono per se! Delle idee astratte neppur una potrà allignare nella sua mente, ed egli, se pure, null'altro avrà che una vaga coscienza quasi istintiva di ciò che lo circonda. Il suo cuore non sarà altro che un organo di circolazione, in cui mai non sarà nato un affetto, che mai non avrà accelerati i suoi palpiti per la vista di una cosa cara. I sensi invece, pel continuo esercizio, avranno acquistata indicibile finezza. E vedrà lontano tra il verde un moscherino a volare, udrà sulle cime di alberi altissimi la serpe strisciare, fiuterà lontano le umide emanazioni della fonte in cui egli dovrà dissetarsi, è un istinto maraviglioso accoppiato alla più grande agilità e destrezza gli sarà bastevole a fuggire ogni pericolo, ed a provvedere al suo sostentamento. L'istinto sarà sola sua legge, e catena che lo legherà alla soddisfazione senza nessuna misura dei suoi bisogni, che si riducono solo ai fisici; egli si getterà sulle fiere, e si sfamerà dei brani delle loro carni ancora sanguinose e palpitanti, e forte nei muscoli nessun'ostacolo potrà divertirlo dai suoi fini. E questo che vi ho descritto è un uomo: in fondo al suo petto vi è qualche cosa che batte, qualche cosa, che avrebbe potuto palpitare allo spettacolo di tutto ciò che è buono, di tutto ciò che è bello; dentro al suo cranio si annida il medesimo principio che si annidava nel cranio di Dante e di Galileo! ma questo principio è rimasto sterile, il seme non fecondato non ha dato frutto. E questo è un uomo! ma dell' uomo non gli sono

rimasti che i caratteri anatomici, ed egli s'è fatto simile ai bruti, quae natura ventri obedientia finxit. Che mai ha ridotto quell'uomo in quello stato, che mai ha cancellato dalla sua fronte l'impronta divina del pensiero? Voi già indovinerete la risposta, la solitudine, null'altro che la solitudine. Or parrà che il potere scorrazzare pei boschi, e soddisfare ai propri e limitati bisogni quando, e come meglio piace sia indipendenza, sia dominio di se stesso? Non mai: forse può dirsi libero un popolo se si leva contro quello, o quelli in cui si attua la sovranità, e nel suo pazzo furore distrugge ogni principio di autorità e per sola legge ha il libito? In nessun modo; perchè così facendo rompe quell' equilibrio, rompe quella proporzione necessaria alla vita di ogni popolo, e si annulla. Similmente nell'uomo condizione di indipendenza è la proporzione tra le varie facoltà, la quale si incarna in una certa gerarchia, a capo della quale siede come regina la ragione, che tutte le altre dirige. Ma noi abbiam visto che lungi del consorzio umano la ragione si sterilisce, e divien serva ai più bassi appetiti; però si dee concludere con Aristotile che la vera autarchia non può rinvenirsi fuori della società, non può rinvenirsi in quello stato di natura, di cui gli Arcadi della filosofia han fatto tanto sciupío. Solo nella società adunque l'uomo può dirsi davvero indipendente perchè tutte quante le sue facoltà stanno in giusta proporzione tra loro. E per vero due sono i mezzi di educazione, i canali per dir così per cui l'animo nostro si esplica all'esterno, e a sua volta l'animo altrui si riflette nel nostro : la parola e l'esempio; queste sono le forze fecondatrici dell' umana ragione, nè altre vi sono; la contemplazione della natura, la lettura nel libro dell'universo è studio fecondo nol nego; ma solo per chi ha l'intelletto già sviluppato da quelli altri due agenti, che sopra ho notati: per chi non sa che sia buono, che sia cattivo, che sia bello, che sia brutto, non può essere utile alcuno nella contemplazione della natura, che egli nella sua coscienza, involta in una fitta nebbia, considera come il campo in cui deve esplicare la sua attività fisica, in cui può trovare la soddisfazione dei bisogni materiali di conservarsi e di riprodursi. Or la parola e l'esempio l'uomo non può trovare fuori della compagnia di altri uomini; e per vero, chi al solo dirà mai che il suo fine è superiore alla soddisfazione dei bassi istinti; chi al solo mostrerà che è bello sacrificar se ad

un' idea, al bene di una cara persona, al bene di tutta quanta l'umanità ? Or se l'uomo per sua natura tende al suo fine, l' ordin e delle sue facoltà, se questo non potrà raggiungere senza che la ragione sia la suprema forza motrice, e direttrice di tutto l'essere, e perchè sia tale essa deve svolgersi, e per raggiungere questo svolgimento deve trovarsi in contatto con altri uomini, è chiaro che egli sarà tratto naturalmente a vivere in società, e che il fondamento di questa non è un artificiale accordo, un contratto, ma la natura stessa dell'uomo, la quale ci è indicata dal fine dell'uomo stesso, nè può essere preceduta da uno stato di selvatichezza, o da quello, che a torto dicesi stato di natura. Il contratto, l'accordo ha potuto nascere in seguito per regolare i mezzi secondarii atti al raggiungimento dei fini umani, quali i commerci, le industrie, e le arti; ma non avrà potuto mai essere il fondamento della società, la via per cui l'uomo è passato allo stato sociale da uno stato di selvatichezza, il quale se parmi possibile in tempi posteriori pel decadimento di qualche razza, non parmi possibile come stato originario di tutta quanta l'umanità. E per vero, come osserva Federigo Schelling, tra gli altri, non v'ha tribù selvaggia, in cui, a chi ben considera, non appaiano vestigie di una civiltà anteriore. Ma del contratto sociale, avremo agio di parlare in altro luogo, quando mi avverrà di far parola del Rousseau e del Beccaria; per ora basta che io abbia fermato quale sia a mio vedere il fondameto della società; passiamo ora a vedere come questa società, di cui abbiamo trovato il fondamento si costituisca e si ordini e per qual forza ella, come ogni cosa, mantenga i suoi elementi ad una giusta distanza l'uno dall' altro di maniera che, stando in armonia, non vengano ad urtare l' uno contro l'altro, come avviene nel sistema planetario che una forza attrattiva, contrapponendosi ad una forza repulsiva, mantiene l'ordine mirabile di tutto quanto l'universo così che neppure una stella cadente, un aerolite possa spostarsi di una linea dalla via, che è tracciata da quelle forze. Nè mi si apponga, che dovendo io parlare in questo capitolo del diritto di punire, per un vano desiderio di far parole, forse abbia voluto cominciare da lungi; no, questo non è, e quando saremo giunti in fondo vi accorgerete che io per venire a parlare del diritto di punire non poteva intralasciare di parlare del fondamento della società, e del suo modo di ordinarsi,

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