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LETTERE GLOTTOLOGICHE

DI

G. I. CASCOLI.

PRIMA LETTERA.

(Sommario: I. Parole d'introduzione, che valgono insieme per questa lettera e per le successive. II. I motivi etnologici delle alterazioni del linguaggio. III. Le combinazioni originali del tipo TJA continuate per combinazioni greche del tipo tejó teó. — IV. ûç e σûç; e l'applicazione che i Greci hanno fatto di alcune lettere fenicie.)

Milano, 21 aprile 1881.

I. Vi restituisco, amico pregiatissimo, la parte manoscritta del vostro lavoro, rinnovandovi le mie congratulazioni più schiette e più vive. Voi andate veramente molto più in là di quei confini, oltre i quali a me non è dato di portare, non che un vero giudizio, nè anche un esame ben sicuro. Ma ho considerato ogni cosa con la migliore attenzione che io potessi; e mi sono sempre meglio persuaso, che all'indagine vostra, per quanto ella si dilati e si divarii, non vengono mai meno e la bella sicurezza dei metodi la più larga intelligenza delle cose. Per quello che è dei

Rivista di filologia ecc., X.

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propri miei studi, vedo poi con intima compiacenza, come abbia largamente fruttificato, per virtù vostra, quel poco che ho io potuto darvi, o nella scuola, o nelle mie pagine ahimè troppo disperse; e più ne godo, quanto meno io sperava che voi serbaste amore a coteste discipline. Nulla perciò mi potrebbe riuscire più grato e dilettevole, che il rispondere ai quesiti o seguir le esortazioni che mi avete rivolto con tanto garbo e con un sentimento così affettuoso e così lusinghiero. E spero che in qualche modo le forze mi vi bastino; ma certo non mi sarà dato di farlo, come pur vorrei, nel termine che voi m'indicate. O tentando senz'altro la teoria, o insistendo sopra singoli fatti, lo studio de' quali riconduce. inevitabilmente alle affermazioni di principio, voi in effetto mi invitate a una discussione, che versi intorno a quanto hanno di più dilicato gli studi ne' quali io mi muovo e la più recente loro storia. L'assunto non mi par lieve per chi debba pigliarlo, com'è il caso mio, in mezzo a infinite distrazioni; e non me lo agevola di certo, o anzi me lo aggrava, il vostro legittimo desiderio che io segua l'ordine voluto dal vostro studio principale o dalle varie appendici. S'aggiunge il desiderio, più forse cortese che non legittimo, di V... e di P..., che io abbia a scriver queste Lettere in un modo alquanto meno ostico dei soliti miei saggi, quasi si presumesse di parlare anche a chi non fa della glottologia l'obietto esclusivo o principale dei propri suoi studi.

Ma, insomma, io mi proverò, incominciando oggi stesso. E se a voi pare intanto, che la mia obedienza mi possa render lecita un'ammonizione d'ordine generale, io mi periterò tanto meno a farvela sentire, quanto più sono sicuro che voi non mi dobbiate frantendere. V' ha, dunque, un vizio generale o come un peccato d'origine nel vostro libro, e massime per quanto concerne le cose glottologiche; vizio che di certo si risolve in un argomento di lode per voi, o

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almeno di gratitudine per noi tutti, ma del quale pur gioverebbe, e per la sostanza e per l'effetto, che i vostri bei volumi andassero esenti. Egli sta nella foga, con la quale voi rivendicate o propugnate la parte che spetti alla scuola italiana negli ultimi incrementi del sapere. Vedo bene, che, per quanto è del mio proprio campicello, io vo doppiamente accagionato di questo impeto vostro che a me pare soverchio; poichè c'entrano insieme la vostra grande benevolenza per me e l'incuria apparente con la quale io ho assistito a discussioni od a negligenze parecchie. Ma non è mai stata vera incuria. È stato un riserbo, che in certa parte m'era imposto da altri obblighi miei, e per una molto maggior parte m'era suggerito dalla sicura fiducia che non sarebbero mancate, in favor mio, voci ben più autorevoli ed efficaci che non la voce mia propria. Le citazioni che mi sono permesso di apporre, qua e colà, a' vostri margini, vi condurranno senz'altro a riconoscere, che se qualche insistenza può ancora parer lecita circa il contingente che di qua dall'Alpi s'è dato agli ultimi studi di codesta specie, resta pur sempre che la rimunerazione c'è ormai venuta, anche d'oltralpe, non già scarsa o stentata, ma anzi generosa, quando si guardi al complesso, e a volte anche eccessiva. Il pericolo d'essere ingiustamente rimeritati si fa sempre minore in questo nostro mondo un po' troppo calunniato. Allargatasi via via la palestra degli studi, sì che ormai non ha quasi alcun impedimento pur dai confini tra nazione e nazione, nè alcuna specie di giudici privilegiati, vi si rende, o impossibile o vana, ogni sentenza angusta od astiosa. Così possiamo sempre starcene abbastanza tranquilli circa l'apprezzamento dell'opera nostra; o possiamo almeno aspettare, con animo rassegnato, che una qualche occasione di nuove indagini, intrinsecamente profittevoli agli studi, ci dia modo di parlare, con giusta misura, anche

anch'io a prestar fede a' miei occhi quando ebbi a leggere che andava finalmente riconosciuto il bisogno d'intendere l'evoluzione de' suoni secondo la ragione effettiva della loro entità naturale; o riconosciuta l'utilità grande che dalla considerazione delle fasi moderne della parola si può ritrarre anche per quant'è della dichiarazione o ricostruzione delle fasi antiche; o scoverta l'efficacia varia e grandissima delle spinte analogiche; o scoverto ancora, che di ogni eccezione od incertezza, onde soffrono o paiano soffrire le norme fonologiche, debba cercarsi un perchè, il quale in effetto la risolva; e altro che sia di simigliante. Di certo voi potete aggiungere, con animo sicuro, che, ben lungi dall' essere per noi una fase nuova di studi quella che s'informi a codeste massime, le nostre scuole da un pezzo rappresentano una fase più inoltrata; quella, cioè, in cui maestri ed allievi hanno ormai utilmente esercitato un lavoro insistente di critica sperimentale intorno a ogni affermazione di cotal maniera. Nè punto mi sembrano superflui, anche per gli iniziati, quei saggi, più o meno popolari, che voi imaginate, per esemplificare l'ampiezza grandissima e la solidità tetragona di resultanze ormai conseguite, circa le quali sien pur costretti a confessare questi banditori della buona novella che nulla per essi ne debba andare detratto o vi possa andare aggiunto. Sono anzi pronto ad aiutarvi in quest'opera; e sono il primo a convenire, che, se la dottrina non è nuova (in quanto è buona), il linguaggio di qualche suo apostolo è stato, per vari modi, assai infelice. Concedo ancora, per dir d'un ultimo particolare, che gli esempi di pretesa eterodossia (l'esempio sia poi una singola dichiarazione, o tutto un libro, o tutt'un autore), intorno ai quali la nuova Chiesa ha cimentato l'azione sua propria, dovettero talvolta parer scelti proprio a rovescio; e non nego che qualche redarguizione, rapida e stringente, possa ancora tornare oppor

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