Immagini della pagina
PDF
ePub

historica (1). Il prof. Michele Petschenig, che attese all'ultima edizione nel Corpus menzionato, aveva già ragionato dei manoscritti della storia di Vittore in un accurato lavoro inserito negli Atti dell'Accademia viennese (2). Per compiere questa sua recensione egli si giovò di nove manoscritti, de' quali il più antico e migliore è un codice della biblioteca di Bamberga del secolo IX. De' rimanenti codici parte deriva dall' archetipo, con cui si connette il bambergense, parte da un'altra fonte men buona. Alla storia della persecuzione segue la Passio septem monachorum, che soffrirono il martirio sotto Unerico, attribuita a Vittore, a cui però non appartiene, e la così detta Notitia provinciarum et civitatum Africae, la quale contiene i nomi de' vescovi qui Carthagine ex praecepto regali venerunt pro reddenda ratione fidei die Kl. Februarias anno sexto regis Hunerici, e che furono coinvolti nella persecuzione.

Torino, 1 settembre 1881.

ERMANNO FErrero,

Institutes de Gaius 6e édition (ire française) d'après l'apographum de Studemund par ERNEST DUBOIS. Paris, 1881.

È noto come nel 1816 il Niebuhr, venuto per visitare l'Italia, allorchè meditava di scrivere la sua storia romana, abbia tosto avuto la singolare fortuna di scoprire in un palinsesto della biblioteca capitolare di Verona il testo delle perdute Istituzioni di Gaio. Il codice, secondochè lo stesso Niebuhr ed altri poscia affermarono, non potè essere scritto dopo Giustiniano; ma si deve aggiungere che non pare scritto molto tempo innanzi, laonde conviene assegnarlo fra il quinto secolo ed il sesto. Più tardi, sembra verso l'ottavo secolo, sul testo primitivo se ne scrisse un altro, quello delle lettere di San Girolamo; anzi un quarto circa delle pagine dell'intero codice porta tre diverse scritture. Se la grafia del codice, come quella in generale

(1) Auctorum antiquissimorum t. III, pars prior, Berolini, 1878. 2) Die handschriftliche Ueberlieferung des Victor von Vita (Situngsber, der phil.-hist. Classe, XCVI Band, 1880, p. 637 e segg.).

del tempo, a cui appartiene non presenta grande difficoltà di lettura, al contrario, la sovrapposizione di altra scrittura con la necessaria cancellazione o sbiadimento della prima rende ardua la trascrizione esattissima delle Istituzioni, interrotte altresì da lacune, più o meno lunghe; onde non pochi i luoghi dubbii, che aprono quindi il campo alle congetture ed alle differenti interpretazioni degli eruditi.

La prima edizione di Gaio comparve nell'anno seguente alla scoperta del Niebuhr, e fu opera del Goeschen, del Bekker e del Bethmann-Hollweg, da cui fu copiato il codice. La trascrizione del Goeschen fu riveduta dal Bluhme, e, giusta questa revisione, uscì nel 1824 la seconda edizione dello stesso Goeschen, alla quale tennero dietro parecchie altre, tra cui la terza del Goeschen pubblicata dal Lachmann nel 1842, le cinque del Boecking dal 1837 al 1866, le due prime dell'Huschke ecc. Il Bluhme, servendosi di più energici mezzi chimici, lesse, è vero, non pochi luoghi, che il Goeschen non aveva potuto leggere, ma la lettura di quello non è sempre esatta, più di una volta essa è arbitraria. Si deve poi inoltre lamentare che i mezzi chimici dal Bluhme adoperati abbiano in qualche luogo gravemente danneggiato il manoscritto.

Ma l'inesattezza della trascrizione del Bluhme non poteva essere conosciuta se altri non avesse assunto la grave fatica di una nuova e compiuta revisione dell'intero palintesto. Alcuni tentativi erano stati fatti dopo il Bluhme; ma la loro inutilità faceva giudicare disperata impresa quella, a cui nel 1866 si accingeva un giovane filologo tedesco, Guglielmo Studemund. Se non che questi, non lasciandosi perdere di coraggio dall'affermazione del Bethmann-Hollweg che niuna utilità avrebbe avuto questa revisione, la proseguì con coraggio ed alacrità, ottenendo importanti risultamenti. Piccole lacune furono colmate, lezioni dubbie furono confermate, altre respinte; in una parola, si potè avere un testo di Gaio non solo esatto, ma meno manchevole di quelli dati dalle trascrizioni del Goeschen e del Bluhme.

Abbiam detto un testo meno manchevole, poichè pur troppo di quell' insigne monumento della romana giurisprudenza, che si è il libro di Gaio, noi non abbiamo che il solo palinsesto veronese, il quale, oltre a piccole lacune, ha circa trenta pagine o interamente o in massima parte illeggibili, ed è privo di sei pagine. Tuttavia la trascrizione studemundiana ha procurato il modo di rettificare alcuni punti notevolissimi non solo per la restituzione del testo di Gaio, ma per la conoscenza del diritto romano. Alla comunicazione, fatta nel 1869 al congresso de' filologi tedeschi a Wurzburg, lo Studemund

fece seguire nel 1874 la pubblicazione del suo apografo (1), e nel 1877 col sussidio del Krüger una nuova edizione dell'opera del giureconsulto romano. Già un dotto olandese, il Polenaar, l'aveva preceduto, pubblicando a Leida, secondo il nuovo apografo, un'edizione di Gaio. Seguirono poi nel 1878 l'edizione dell' Huschke a Lipsia, nel 1880 quella pure lipsiense dello Gneist e la edimburghese del Muirhead e in principio di quest'anno la parigina del sig. Ernesto Dubois, professore nella facoltà di diritto di Nancy, noto per altri lodevoli lavori di diritto romano e moderno (2).

с

Questa nuova edizione è superiore alle precedenti, perchè riproduce esattamente l'apografo studemundiano e in pari tempo adempie all'ufficio di una buona edizione critica con la correzione cioè e i supplementi, ma lasciando interamente separato ciò che è riproduzione del codice da quanto è restituzione o congettura. Nelle edizioni antecedenti i supplementi erano bensì segnati in diversa maniera; ma non erano sempre indicate le soppressioni e le correzioni in modo da far tosto spiccare ciò che era scrittura del codice da ciò che era congettura del moderno editore.

Provvide pertanto il prof. Dubois a tor di mezzo questo inconveniente, dando una riproduzione dell'apografo dello Studemund e riunendo nelle note, a piè di pagina, le restituzioni, che furono proposte a cominciare dal tempo del Niebuhr sino agli ultimi lavori, aggiungendovi ancora, ma parcamente, proprie congetture. Così lo studioso ad ogni luogo guasto ha la serie cronologica delle emendazioni fatte dai diversi editori ed anche da altri dotti, come dal Savigny, Rudorff, Mommsen, ecc.

La riproduzione dello apografo è fatta coi caratteri di stampa consueti; ma l'editore ebbe sempre cura d'indicare dove finiscono le linee e le pagine nel codice (indicando in nota lo stato attuale delle pagine, sotto l'aspetto della facilità o difficoltà della lettura), segnando i tratti bianchi nel codice, sottolineando con punti le parole ancor dubbie secondo lo Studemund, e, giusta il medesimo trascrittore, in

(1) Gaii Institutionum commentarii quatuor codicis Veronensis denuo collati apographum confecit et iussu Academiae regiae scientiarum Berolinensis edidit GUILELMUS STUDEMUND, Lipsiae, 1874.

(2) Tra i primi: Le Sénatus-consulte Velléien en droit romain et l'incapacité de la femme mariée en droit français, Paris, 1880; La table de Cles, édit. de Claude de l'an 16, Paris, 1872; La saisine héreditaire en droit romain, Paris, 1880.

dicando con letters or posve me pritarie quelle, che in luoghi di dubbia lettura a tosson forse pome Luogo di queste.

Il prof. Dubois ha volas pemancs produrre fedelissimamente la trascrizione dello Stademand. introducendovi soltanto la punteggiatura necessaria per la lettura; sciogliendo le sigle e le note, ma indicando però in corsivo le lettere aggiunte per lo scioglimento. Sopra un punto ci pare di non poter consentire con l'egregio editore; cioè sulle restituzioni, ch'egli chiama antiche e che da lui sono inserite nel testo, e sulla correzione di errori di copisti. Quanto alle prime, fondate o sui frammenti di Gaio conservati nelle Pandette, o sui passi delle Istituzioni di Giustiniano, riprodotti senza dubbio da quelle di Gaio, o sull'Epitome di Gaio, o sulla Mosaicarum et Romanarum legum collatio, o sulla parafrasi di Teofilo, sebbene indicate tra parentesi (1), tuttavia ci sembrano che più acconcio luogo avrebbero potuto avere in nota. È vero che sono passi di Gaio; ma qualche lieve alterazione non può essere stata dai copisti introdotta ?

Nelle correzioni poi di errori di lingua è difficilissimo stabilire un limite esatto. Non conveniva meglio lasciare il testo qual era, anche con le sue scorrezioni, le quali poi non sono sì gravi da impedire di comprenderne il senso? (2).

Questo punto, su cui noi dissentiamo dall'editore, è picciolissima cosa rispetto alla intera opera. A noi è grato unirci a coloro, che accolsero con lode questa diligente e dotta edizione del grande giureconsulto.

Torino, 9 novembre 1881.

ERMANNO FERRERO.

1 Semplici per i passi del Digesto, doppie per le Istituzioni giusti niane, triple per le altre opere.

scambiata, per esempio, sovente la v in h, come serbus per serus, sibe por sive; ma questo scambio che la latinita ammise veggansi le iscrizioni, specialmente le cristiane) non si può davvero considerare siccome un errore.

[merged small][ocr errors]

DALLA BATTAGLIA DELLA TREBBIA

A QUELLA DEL TRASIMENO

QUESTIONI DI STORIA ROMANA (1).

CAPITOLO SECONDO

Sulla partenza di C. Flaminio console
designato per l'anno 537/217.

Livio racconta che C. Flaminio, designato console per l'anno 537/217, invece di rimanere a Roma almeno fino alle Idi di marzo che era il giorno in cui i nuovi consoli entravano in carica, se ne andò quasi di nascosto a Rimini e assunse l'ufficio colà. Cagione di questa più fuga che partenza del console romano per la sua provincia era, secondo lo stesso Livio, la seguente: Tutta la carriera politica di Flaminio era stata una lotta continua col Senato e colla fazione aristocratica, quindi temendo che i suoi avversari meditassero vendicarsi di lui trattenendolo in Roma e cercando di spogliarlo del consolato, egli pensò bene di allontanarsi il più presto possibile. Nè i legati del Senato andati per farlo ritornare a Roma a compiervi i doveri religiosi e civili che i evano ai nuovi consoli, riuscirono

Vedi Rivista

di filologia

IX, fasc. 10-12, p. 481-512.

15

« IndietroContinua »