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dicando con lettere più piccole sulle ordinarie quelle, che in luoghi di dubbia lettura si possono forse porre in luogo di queste.

Il prof. Dubois ha voluto pertanto riprodurre fedelissimamente la trascrizione dello Studemund, introducendovi soltanto la punteggiatura necessaria per la lettura; sciogliendo le sigle e le note, ma indicando però in corsivo le lettere aggiunte per lo scioglimento. Sopra un punto ci pare di non poter consentire con l'egregio editore; cioè sulle restituzioni, ch'egli chiama antiche e che da lui sono inserite nel testo, e sulla correzione di errori di copisti. Quanto alle prime, fondate o sui frammenti di Gaio conservati nelle Pandette, o sui passi delle Istituzioni di Giustiniano, riprodotti senza dubbio da quelle di Gaio, o sull'Epitome di Gaio, o sulla Mosaicarum et Romanarum legum collatio, o sulla parafrasi di Teofilo, sebbene indicate tra parentesi (1), tuttavia ci sembrano che più acconcio luogo avrebbero potuto avere in nota. È vero che sono passi di Gaio; ma qualche lieve alterazione non può essere stata dai copisti introdotta ?

Nelle correzioni poi di errori di lingua è difficilissimo stabilire un limite esatto. Non conveniva meglio lasciare il testo qual era, anche con le sue scorrezioni, le quali poi non sono sì gravi da impedire di comprenderne il senso? (2).

Questo punto, su cui noi dissentiamo dall'editore, è picciolissima cosa rispetto alla intera opera. A noi è grato unirci a coloro, che accolsero con lode questa diligente e dotta edizione del grande giureconsulto.

Torino, 9 novembre 1881.

ERMANNO FERRERO.

(1) Semplici per i passi del Digesto, doppie per le Istituzioni giustinianee, triple per le altre opere.

(2) È scambiata, per esempio, sovente la v in b, come serbus per servus, sibe per sive; ma questo scambio che la latinità ammise (veggansi le iscrizioni, specialmente le cristiane) non si può davvero considerare siccome un errore.

PIETRO USSELLO, gerente responsabile.

DALLA BATTAGLIA DELLA TREBBIA

A QUELLA DEL TRASIMENO

QUESTIONI DI STORIA ROMANA (1).

CAPITOLO SECONDO

Sulla partenza di C. Flaminio console
designato per l'anno 537/217.

Livio racconta che C. Flaminio, designato console per l'anno 537/217, invece di rimanere a Roma almeno fino alle Idi di marzo che era il giorno in cui i nuovi consoli entravano in carica, se ne andò quasi di nascosto a Rimini e assunse l'ufficio colà. Cagione di questa più fuga che partenza del console romano per la sua provincia era, secondo lo stesso Livio, la seguente: Tutta la carriera politica di Flaminio era stata una lotta continua col Senato e colla fazione aristocratica, quindi temendo che i suoi avversari meditassero vendicarsi di lui trattenendolo in Roma e cercando di spogliarlo del consolato, egli pensò bene di allontanarsi il più presto possibile. Nè i legati del Senato andati per farlo ritornare a Roma a compiervi i doveri religiosi e civili che incombevano ai nuovi consoli, riuscirono

(1) Vedi Rivista di Filologia, anno IX, fasc. 10-12, p. 481-512. Rivista di filologia ecc., X.

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dicando con lettere più piccole sulle ordinarie quelle, che in luoghi di dubbia lettura si possono forse porre in luogo di queste.

Il prof. Dubois ha voluto pertanto riprodurre fedelissimamente la trascrizione dello Studemund, introducendovi soltanto la punteggiatura necessaria per la lettura; sciogliendo le sigle e le note, ma indicando però in corsivo le lettere aggiunte per lo scioglimento. Sopra un punto ci pare di non poter consentire con l'egregio editore; cioè sulle restituzioni, ch'egli chiama antiche e che da lui sono inserite nel testo, e sulla correzione di errori di copisti. Quanto alle prime, fondate o sui frammenti di Gaio conservati nelle Pandette, o sui passi delle Istituzioni di Giustiniano, riprodotti senza dubbio da quelle di Gaio, o sull'Epitome di Gaio, o sulla Mosaicarum et Romanarum legum collatio, o sulla parafrasi di Teofilo, sebbene indicate tra parentesi (1), tuttavia ci sembrano che più acconcio luogo avrebbero potuto avere in nota. È vero che sono passi di Gaio; ma qualche lieve alterazione non può essere stata dai copisti introdotta ?

Nelle correzioni poi di errori di lingua è difficilissimo stabilire un limite esatto. Non conveniva meglio lasciare il testo qual era, anche con le sue scorrezioni, le quali poi non sono sì gravi da impedire di comprenderne il senso? (2).

Questo punto, su cui noi dissentiamo dall'editore, è picciolissima cosa rispetto alla intera opera. A noi è grato unirci a coloro, che accolsero con lode questa diligente e dotta edizione del grande giureconsulto.

Torino, 9 novembre 1881.

ERMANNO FERRERO.

(1) Semplici per i passi del Digesto, doppie per le Istituzioni giustinianee, triple per le altre opere.

(2) È scambiata, per esempio, sovente la v in b, come serbus per servus, sibe per sive; ma questo scambio che la latinità ammise (veggansi le iscrizioni, specialmente le cristiane) non si può davvero considerare siccome un errore.

PIETRO USSELLO, gerente responsabile.

DALLA BATTAGLIA DELLA TREBBIA

CA QUELLA DEL TRASIMENO

QUESTIONI DI STORIA ROMANA (1).

CAPITOLO SECONDO

Sulla partenza di C. Flaminio console
designato per l'anno 537/217.

Livio racconta che C. Flaminio, designato console per l'anno 537/217, invece di rimanere a Roma almeno fino alle Idi di marzo che era il giorno in cui i nuovi consoli entravano in carica, se ne andò quasi di nascosto a Rimini e assunse l'ufficio colà. Cagione di questa più fuga che partenza del console romano per la sua provincia era, secondo lo stesso Livio, la seguente: Tutta la carriera politica di Flaminio era stata una lotta continua col Senato e colla fazione aristocratica, quindi temendo che i suoi avversari meditassero vendicarsi di lui trattenendolo in Roma e cercando di spogliarlo del consolato, egli pensò bene di allontanarsi il più presto possibile. Nè i legati del Senato andati per farlo ritornare a Roma a compiervi i doveri religiosi e civili che incombevano ai nuovi consoli, riuscirono

(1) Vedi Rivista di Filologia, anno IX, fasc. 10-12, p. 481-512. Rivista di filologia ecc., X.

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dicando con lettere più piccole sulle ordinarie quelle, che in luoghi di dubbia lettura si possono forse porre in luogo di queste.

Il prof. Dubois ha voluto pertanto riprodurre fedelissimamente la trascrizione dello Studemund, introducendovi soltanto la punteggiatura necessaria per la lettura; sciogliendo le sigle e le note, ma indicando però in corsivo le lettere aggiunte per lo scioglimento. Sopra un punto ci pare di non poter consentire con l'egregio editore; cioè sulle restituzioni, ch'egli chiama antiche e che da lui sono inserite nel testo, e sulla correzione di errori di copisti. Quanto alle prime, fondate o sui frammenti di Gaio conservati nelle Pandette, o sui passi delle Istituzioni di Giustiniano, riprodotti senza dubbio da quelle di Gaio, o sull'Epitome di Gaio, o sulla Mosaicarum et Romanarum legum collatio, o sulla parafrasi di Teofilo, sebbene indicate tra parentesi (1), tuttavia ci sembrano che più acconcio luogo avrebbero potuto avere in nota. È vero che sono passi di Gaio; ma qualche lieve alterazione non può essere stata dai copisti introdotta ?

Nelle correzioni poi di errori di lingua è difficilissimo stabilire un limite esatto. Non conveniva meglio lasciare il testo qual era, anche con le sue scorrezioni, le quali poi non sono sì gravi da impedire di comprenderne il senso? (2).

Questo punto, su cui noi dissentiamo dall' editore, è picciolissima cosa rispetto alla intera opera. A noi è grato unirci a coloro, che accolsero con lode questa diligente e dotta edizione del grande giureconsulto.

Torino, 9 novembre 1881.

ERMANNO FERRERO.

(1) Semplici per i passi del Digesto, doppie per le Istituzioni giustinianee, triple per le altre opere.

(2) È scambiata, per esempio, sovente la v in b, come serbus per servus, sibe per sive; ma questo scambio che la latinità ammise (veggansi le iscrizioni, specialmente le cristiane) non si può davvero considerare siccome un errore.

PIETRO USSELLO, gerente responsabile.

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