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consoli, cosa che avrebbe messo Flaminio nel rischio di non venir riconosciuto dalle legioni per generale legittimo, e quindi nella necessità di ritornare (1), sia aggiungendo ai due ambasciatori qualche tribuno della plebe che lo riconducesse a forza (2), sia facendone annullare l'elezione (3), sia facendone proporre nei comizi la deposizione (4). Nulla di tutto questo; il Senato cedette (5), sebbene fosse destino che a breve andare esso avesse a mettere i consoli interamente sotto di sè.

Partito da Roma Flaminio si recò a Rimini a prendere, d'intesa col collega, il comando delle legioni che già prima, per le ragioni dette in una delle note anteriori, aveano avuto l'ordine di raccogliersi colà. Erano le quattro legioni decimate sulla Trebbia ed ora, naturalmente, rifornite d'uomini. Così avvenne che nel giorno in cui entrò in carica (15 marzo) egli trovossi a Rimini, non già che, come narra Livio, egli avesse voluto preferire Rimini ad ogni altro luogo. Poi, appena intese che il nemico aveva preso la strada dell'Etruria, andò a quella volta. Intanto a Roma fu deciso che il console Servilio, con altre legioni (quattro,

(1) Così accadde a C. Claudio uno dei consoli del 577/177; cf. Livio, 41, 10. Abbiamo già discorso di ciò in una nota anteriore. (2) Il Senato era proceduto così, quasi un secolo innanzi, contro il console Q. Fabio; cf. Livio, 9, 36, 14, e fu lì lì per ripetere l'esempio nel 549/205 contro il console P. Scipione; cf. Livio, 29, 20. (3) Come era avvenuto al nostro Flaminio e al collega di lui nel 531/223, cosa che abbiamo già ricordato altrove.

(4) In quell'anno stesso 537/217 i tribuni macchinarono di proporre al popolo che destituisse dall'ufficio il dittatore Fabio Massimo, accusandolo di tirar in lungo a bella posta la guerra (Livio, 22, 25, 10). E più tardi ci fu chi pensò a far così contro il grande Scipione nel suo consolato del 549/205 (LIVIO, 29, 19, 6).

(5) Quindi non mi pare esatto il dire del MOMMSEN (Staatsrecht, 1,590, seconda edizione) che in quell'occasione il Senato non fosse disposto a transigere.

come vedremo), si recasse a tenere in soggezione il paese dei Galli Senoni.

Quando gli storici antichi scrivono che a Flaminio toccò l'Etruria, e a Servilio la Gallia che avea per capoluogo Rimini (1), essi espongono soltanto lo scioglimento definitivo della questione sulle provincie consolari, senza tener conto delle peripezie per le quali essa era passata, e dalle quali si deve ripetere il procedere violento di Flaminio (2). Ed ora che abbiam detto a sufficienza di ciò, ritorniamo indietro un momento, al piano di guerra, per vedere come sia stata risolta la terza di quelle questioni capitali, quella che concerneva il numero delle legioni da allestire, consacrando ad essa il capitolo seguente.

(1) POLIBIO, 3, 77, 1; 3, 88, 8; cf. APPIANO, Hann., 8; LIVIO, 22, 9, 6. Prima di partire Servifio eseguì, a nome, ben inteso, del collegio consolare, quanto ai consoli spettava di fare prima di lasciar Roma egli convocò da solo il Senato, fece una parte almeno degli arruolamenti, espiò i prodigi, ecc. (LIVIO, 22, 1-2). A proposito dell'espiazione dei prodigi compiuta da Servilio non posso passare sotto silenzio quello che testè ebbe a scrivere un critico tedesco, il prof. GOTTLOB EGELHAAF (Jahrbücher für Phil. und Päd., Supplementband, 10, 506), il quale asserisce che gli storici gliela attribuirono soltanto per mettere in evidenza maggiore, rilevando la pietà di lui, l'empietà di Flaminio. Tale asserzione può appena passare per uno scherzo, perchè sappiam bene che i consoli espiando i prodigi non attestavano un loro sentimento religioso personale, adempivano una delle loro attribuzioni.

ma

(2) Dalle cose dette emerge un giudizio preciso e nuovo sull'operato di Flaminio. Il partire prima del 15 marzo, in sè, non era në colpa nè merito, era procedimento eccezionale che in altre circostanze sarebbe stato, non soltanto approvato, ma deliberato addirittura. Colpa di Flaminio fu l'aver fatto un passo eccezionale, senza che i poteri competenti per le misure eccezionali lo avessero ordinato.

CAPITOLO TERZO

Sulle legioni allestite per aprire la campagna
del 537/217 (1).

Essendo prevalso il partito di accettare una battaglia decisiva, ci volevano molte forze, tanto più che Flaminio era risoluto di darla col solo proprio esercito, e che quattro legioni riunite non erano bastate sulla Trebbia a far fronte al nemico; questo serva di risposta agli storici moderni, i quali credettero che quella campagna sia stata incominciata con quattro sole legioni (2).

(1) Ne diedi un cenno negli Atti dell'Accademia dei Lincei (serie 3a, vol. V, pag. 231 segg.). Adesso aggiungerò quello che allora non ho detto.

(2) I NIEBUHR (nella decima lezione di storia romana) non parla di apparecchi straordinari e quindi suppone le quattro solite legioni consolari. Peggio il DURUY (Histoires des Romains, 1, 562 segg.) che non si occupa punto delle legioni consolari. ATTO VANNUCCI le crede quattro (Storia dell'Italia antica, 2, 341 segg.), e così pure il MoмMSEN (Röm. Gesch., 1, 588, terza edizione), il quale asserisce espressamente che non eran necessari apparecchi straordinari (Für den Feldzug des Jahres 537 wurden in Rom keine ausserordentlichen Anstrengungen gemacht; der Senat betrachtete, und nicht mit Unrecht, trotz der verlorenen Schlacht die Lage noch keineswegs als ernstlich gefahrvoll) e che i due consoli non ebbero nuove truppe se non per rifornire le quattro legioni vecchie. L'IHNE (Röm. Geschichte, 2, 171) fece un passo innanzi tenendo conto del luogo di Appiano di cui diremo, ma nell' interpretarlo egli non procedette colla serietà dovuta, e giunse a conclusioni erronee. Il SEECK (Hermes, 8, 164) sebbene abbia discorso della cosa dopo l' Ihne, non tenne conto delle notizie di Appiano.

Le fonti antiche non furono esaminate a dovere; Polibio accenna soltanto in termini generali a quegli apparecchi (1), e Livio, tutto intento a narrare la partenza di Flaminio, dimentica di riferire i provvedimenti presi sulle legioni e sulle provincie; ma c'è un luogo di Appiano che ha un valore inestimabile e che ancora non venne ben capito. Ecco questo luogo:

<«< I Romani....... raccolsero altre truppe di cittadini in « modo da fare, con quelle che trovavansi sul Po, tredici legioni, e ne intimarono due volte tanto agli alleati....... << E di esse parte spedirono in Ispagna, parte in Sar« degna....... parte in Sicilia. Ma la più parte condus<< sero contro Annibale Cn. Servilio e C. Flaminio suc«<cessori di Scipione e di Sempronio nel consolato....... << Flaminio difese l'Italia posta al di qua dei monti Appen<<nini con trenta mila uomini a piedi e tre mila a cavallo (2)... << Servilio con quaranta mila uomini affrettavasi alla volta << dell'Etruria, etc. » (3).

Se i ragguagli di Appiano han qualche valore, la somma totale delle legioni allestite in principio del 537/217 fu di tredici, e ciascuno dei consoli ne comandò quattro (4). L'essenziale sarebbe trovato, e il poco che manca non sarebbe difficile a scoprirsi.

Ora il valore di cotesti ragguagli mi pare indubitato, per le seguenti considerazioni :

(1) POLIBIO, 3, 75, 4 segg. (2) APPIANO, Hann., 8.

(3) APPIANO, Hann., 10.

(4) Il numero di 35 o 40 mila uomini arguisce quattro legioni; cf. la mia dissertazione, Tentativo di critica sui luoghi liviani ecc. negli Atti dell'Accademia dei Lincei, serie 3a, classe di scienze morali, ecc., vol. VI, nell'ultima nota del primo capitolo. Forse le quattro legioni di Flaminio non furono rifornite abbastanza d'uomini, per le ragioni che vedremo; quindi ebbe solo 33 mila uomini.

1a Pare che Appiano abbia desunto questi ragguagli dalla migliore delle fonti, da Fabio Pittore, romano e contemporaneo di que' fatti. Di fatto, Appiano, narrando la guerra d'Annibale, lo cita chiamandolo τὸν συγγραφέα τῶνδε Tŵv čρɣwv (1). Or questa citazione, e l'aver Fabio scritto in greco, sono sempre stati considerati come due indizi (2) comprovanti che Appiano attingesse il racconto di quella guerra a questo che la vide e che è il più antico storico dei Romani. C'è un'altra circostanza: i particolari sulle legioni, e in generale sugli apparecchi militari dei Romani, interessavano naturalmente gli annalisti romani ma non gli stranieri che scrissero di Roma, il che significa che lo scrittore che forni ad Appiano le notizie circonstanziate sugli eserciti del 537/217 fu romano, dunque Fabio, che oltre di essere l'unico autore nominato dallo storico alessandrino in questa parte della sua opera, è altresì un romano. C'è un'ultima circostanza in favore di Fabio, il quale, infatti, pare che sia stato spesso, per quanto concerne gli apparecchi militari, la fonte a cui attinsero gli storici venuti dopo (3).

2a La fonte prima di tutti i particolari sulla somma e sulla divisione delle truppe e delle provincie fu una sola,

(1) Hann., 27.

(2) Dal Niebuhr nella nona delle lezioni sulle fonti della storia romana, e, dopo di lui, da tutti gli altri in generale.

(3) Certo le notizie relative agli armamenti immensi del 529/225, contro i Galli, pervenutici presso sei scrittori (POLIBIO, 2, 24; DIODORO, 25, 13; LIVIO, epit. 20; PLINIO, Nat. hist., 3, 20, 138; EuTROPIO, 3, 5; Orosio, 4, 13), provengono appunto da Fabio. Ne provengono, perchè Eutropio ed Orosio lo citano; e la loro citazione prova che lo avea citato Livio, al quale essi attinsero la citazione e le notizie in questione. Ne provengono, inoltre, perchè questi sei scrittori che ce le dànno son concordi tutti egregiamente l'uno coll'altro (cf. MOMмMSEN, Hermes, 11, 49 segg. e Röm. Forsch., 2, 382 segg. Anche in Livio la cifra totale degli armati è di DCCC non di CCC).

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