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AD EURIPID. HERC., 190

Amfitrione, ad onore e gloria di Herakles, vuol dimostrare a Lico quanto meno di un τοξότης valga un ὁπλίτης :

ἀνὴρ ὁπλίτης δοῦλός ἐστι τῶν ὅπλων
καὶ τοῖσι συνταχθεῖσιν οὖσι μὴ ἀγαθοῖς
αὐτὸς τέθνηκε δειλίᾳ τῇ τῶν πέλας,
θραύσας τε λόγχην οὐκ ἔχει τῷ σώματι

θάνατον ἀμῦναι, μίαν ἔχων ἀλκὴν μόνον.

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Che il luogo sia corrotto mi pare lo abbia dimostrato il GOMPERZ, Beiträge z. Krit. u. Erkl., 2, 23 [767], alle cui parole non posso nè aggiunger nulla nè togliere. Ma ardisco separarmi da lui quando egli afferma che Euripide abbia dovuto scrivere invece :

ἀνὴρ ὁπλίτης δοῦλός ἐστι τῶν ὅπλων

καὶ τάξεων· ταχθεὶς ἐν οὖσι κτέ.

Credo fermamente che si debba emendare in questo senso, ma credo anche che Euripide non abbia scritto un trimetro così cattivo come è questo che il Gomperz si è veduto costretto a prestargli. E se si vorrà pensare anche alla vio

lenza dei rimedii adoperati dal Gomperz, non potremo essere soddisfatti neppure del palliativo ritmico ταχθείς τ ̓ ἐν ovo, proposto non ha guari dal MEKLER nei Wiener Studien, III, 1, p. 41 sg. Nè d'altra parte vorrò contentarmi della trasposizione ammessa dal Wilamowitz (v. 190, 193194, 191-192), perchè essa richiede anche la mutazione del kaì in kάv (così già Dobree prima del Kirchhoff), e dopo tutto attribuisce una pesante ed impacciata πapάτažię appunto a quel disinvolto poeta che sa ridurre a σúvτažiç vivace persino le più noiose enumerazioni.

La correzione vera è, se non m'inganno, la semplice sostituzione di una costruzione più rara alla volgarissima di δοῦλος con genitivo :

ἀνὴρ ὁπλίτης δοῦλός ἐστι τοῖς ὅπλοις
καὶ τοῖσι συνταχθεῖσιν οὖσι μὴ ἀγαθοῖς·
αὐτὸς τέθνηκε κτέ.

Cf. EUR., Tro., 25o(cfr. 185): ἢ τῷ Λακεδαιμονίᾳ νύμφᾳ δού λαν; Ion., 13ο: κλεινὸς δ ̓ ὁ πόνος μοι Θεοῖσιν δούλαν χέρ ̓ ἔχειν. Krüger, 48, 13, 6. KÜHNER II2, § 423, 15. È vero che in espressioni analoghe a quella di cui abbiamo parlato, Euripide, per quanto so, adopera sempre il genitivo, ma in tesi generale nulla mi sembra dovrebbe avergli vietato di usare, p. es., tanto del suo yválou doûlog (Fr. 284, 5 Nk.), quanto anche di un γαστρὶ δοῦλος, come pure dovrebbe aver scritto DIODORO DI SICILIA, 8, 18, 1 Dind. (ed. Lips. II, p. 133), per cui v. COBET, Collectanea Critica, p. 238.

Firenze, dicembre, 1881.

GIROLAMO VITELLI.

ΑΓΑΘΑΓΓΕΛΟΣ

Wer schafft aber von Florenz die kollation des griechischen textes? LAGARDE (G. Ab., 43).

Di quella storia di re Tiridate e di san Gregorio che corre sotto il nome di Agatangelo noi abbiamo il testo armeno e un'antica versione in greco. L'armeno fu stampato a Costantinopoli (1709-1824), poi, sulla scorta di sette codici, a Venezia nel 1835, e nel 1862 fu tradotto da' Mechitariani, e anche esso, come il corenese, con eleganza rifatto da Niccolò Tommaseo; di nuovo, per salti (1), lo mise in francese Vittorio Langlois, aprendo qua e là un occhio sul testo, tutti e due spalancandoli sull'italiano, guida che non si volle appiattare (2). Il greco diede fuori la prima volta Giovanni Stilting, con versione latina e buone annotazioni, negli Atti de' Bollandisti (3); e lo trasse da un codice laurenziano, forse l'unico, sopra una copia procurata a' suoi colleghi dal P. Daniele Papebroch; finalmente gran parte ne ristampò per quei luoghi che rispondevano a' capitoli armeni che egli aveva prescelti, il Langlois. Dolevasi lo Stilting, critico avveduto, di non avere che una copia riboccante di errori di quella istoria; istoria che il Papebroch Florentiae cum Henschenio excribendam curavit non propria manu (4) excripsit, excriptamve cum co

(1) Ne dà ragione il LANGLOIS nel suo libro (1, 102); ma al GUTSCHMID non parevano salti fatti con prudenza (ZMG., 31, 1, nota).

(2) Collection des historiens anciens et modernes de l'Arménie. Paris, 1867. I, 99-194. Ne uscirono due volumi.

(3) Acta sanctorum, sept. vol., VIII, 320-402.

(4) Non va dunque detto, col Langlois, copié par le P. Papebrock (Coll. I, 201).

dice contulit; sed utrumque factum, continua lo Stilting, manu mihi ignota magisque festinanter quam diligenter, nisi multa in codice sint menda (p. 306).

Al Langlois venne in soccorso un valoroso grecista, nel correggere gli antichi testi esercitatissimo, Francesco Dübner; il quale non solo a suo luogo ripose parecchi accenti sviatisi nella stampa Stiltingiana, ma spesso propose emendazioni e accettò quelle del predecessore; così che nella Collection, per quelle buone lezioni che ti vengono innanzi, fra parentesi, non sapresti, senza altri riscontri, a quale dei due critici spetti il merito e la lode (1).

Il greco, in que' capi ne' quali Gregorio l'Illuminatore dà principio alla lunga predica, non credè opportuno di intrattenerne i lettori; come altrove, di suo, accorcia o n'esce con un κai tà hoimá (part. 57); non ci resta dunque di quella santa istruzione che il testo armeno (2), non tradotto da' Mechitariani, dal Langlois, da nessuno (3). E a questo luogo sarà acconcio il rammentare una scrittura di armeno che, sulle dottrine del grande convertitore del suo paese, ci parla a lungo, e promette darci una versione di tutta la catechesi, utile di certo alla istoria dei dommi e alle vecchie, non sopite, dispute de' Monofisiti. Il libro al quale rimando è questo: Agathan

(1) Avverte il LANGLOIS (Coll. I, vin) dovere esser grato al signor Dübner che s'est obligeamment chargé de revoir les textes grecs et d'y apporter toutes les améliorations qu'on est en droit d'attendre d'un critique aussi éclairé. — A riprova delle mie parole citerò qualche passo. Nel par. 1 τὰ ἐν πελάγεσιν è corretto dal Dübner in ταῖς ἐ. π.; lo stesso aveva già fatto lo Stilting, e anzi il primo amanuense che copiò il laurenziano. Del Dübner è il συγγράφων πόλεμον, accettato anche dal GUTSCHMID (ZMG., pag. 4). Di tutti e due, nel par. 2, il Пápeo e l''Аpσaкidŵv, non contando che lo St., per errore di stampa, ci dà Πάρτοι, e, con peggiore accento, Αρσακίδων. Solo del Dübner è il Laoavidai, nel par. 3, ove il codice scorrettamente legge Zaoaμikav. (2) Nella edizione del 1862 da pag. 194 a pag. 539.

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(3) La predica cadrebbe nel par. 106, tra le parole dλošúμшç åкovσαTE e quelle altre deûte oûv ådeλpoí. Il laurenziano l'avrebbe alle carte 81: unico segno della lacuna è questo che, nel manoscritto, il deûte oûv è a capo della riga, ed è scritto con ▲ maiuscolo, che non è l'uso dell'amanuense.

Anche il s. LAUER traducendo dall' armeno FAUSTO DA BISANZIO Geschichte Armeniens, Köln, 1879) ommette un discorso dommatico che crede di poca importanza (p. IV).

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gelos et la doctrine de l'église arménienne au Ve siècle; thèse prés. à la fac. de théol. de l'église libre du canton de Vaud par GARABED THOUMAIAN (1), Lausanne, 1879.

Intorno alle fonti, dalle quali attinse il narratore armeno, scrisse con quella erudizione e quell'acume e quella sobrietà che tutti conoscono, il prof. Alfredo v. Gutschmid in una dissertazione che ebbe posto nel giornale degli orientalisti di Germania (2), tradotta in parte nell'armeno, con qualche nota del volgarizzatore, nel Bazmavep (3). Qui il critico (4) spartisce le vecchie storie, delle quali crede probabile sia composto il racconto, in tre; senza contare i luoghi tolti a Koriun. Le tre sorgive sarebbero: una vita di san Gregorio, di un tarônese (p. 33); gli Atti del santo e delle sante Rhipsime, libro greco (p. 35-36), rifatto da un prete armeno del Valarsciapatiano (p. 39), e qui si frappone anche la Dottrina (p. 37); finalmente l'Apocalisse dell'Illuminatore, di un altro sacerdote di Valarsciapate, verso il 452 (p. 42). Dell' ultimo riordinatore sono il prologo e la chiusa (P. 44).

Nessuno giurerebbe che ogni frammento fosse parte proprio di questo o di quel libro; nuove ricerche, nuovi ricercatori possono trattenerci o spingerci più in là; ma che l'opera non uscisse di getto parrà certo supposizione ragionevole a chi la studi minutamente. Gioverà anche paragonare quello che dice su queste origini e le obiezioni che fa il Thoumaian, meno pieghevole de' critici non armeni a disossare l'antico libro.

(1) Karapet o Garabed, secondo la pronuncia degli armeni di ponente, è di que' nomi che confondono; è veramente il Precursore, il πpódpoμoç de' Greci, non più usato, che io sappia, come nome di battesimo. Anche gli ebrei spesso, guidati dall'orecchio, traducono i nomi nostri con altri che pare assomiglino tra quelli del V. T.; gli armeni, trovando affinità con Carolus, cambiarono spesso il Karapet in Carlo, benchè a questo risponda nell'uso degli scrittori il Karolos.

(2) ZMG., 1877. XXXI, 1-60.

(3) Nell'annata del 1878 (pag. 297-304) e in quella del 1879 (pag. 1016, 97-101). Ma la traduzione non va più in là della pagina 20 del testo tedesco, e chiude con le parole unterwiesen habe.

(4) Poichè si tratta di erudito così sagace ed accurato, avvertirò che, facendo dire ai mechitariani i luoghi citati dalla Bibbia in Agatangelo, essere ganz conform alla versione della chiesa, andò troppo in là. Affermavano solo che sono molto conformi, e per la storia del libro non va trascurato.

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