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[ 114, 18, σχῆμα ὡς σκηνὴν ἐ. νεφοφανή, f. 88. Non c'è luna, come non c'è nell' armeno, p. 556, 13 | 115, 7, дμéтpwv, f. 89 | 121, 8, пρоσтεтαɣμévοiç. Cfr. anche 122, 6| 121, 8, ai nepi, f. 94 | 124, 10. Il καὶ è già nel codice, f. 96 | 124, 24, τοῦ ἔργου, f. 97 | 126, 17, τὸν ποιήσαντα, f. 98 | 125, 18, ἀπελθὼν εἰς τὸν τόπον, f. 98 (cfr. l'armeno, p. 578, 25) | 129, 9, tòv èkeîσe ßwμóv, f. 100 (onde, nelle stampe, Tòν GEBαoμóv) Sulla fine del § 129 è a vedere quello che propone lo Stilting, e poi il Dübner, e gli avvertimenti del LAGARDE (Gesam. Abhandl., p. 294). Noto solo che il codice legge evμάeηтos, f. 100 | 130, 2, čκavσav (non Ĕkλaσav), f. 100, come l'armeno (ajre'al, p. 584, 15) | 132, 19, Bapσaμńvns, f. 102 | 133, 2, 'laví (non 'laví), f. 103. A non dire Ani può essere stato trascinato dal leggere in fretta il suo testo armeno, cfr. p. 590, 8, hAni) | 133, 22, Olodías (armeno Thil, p. 591, 16) | 134, 6, μetaßaλeîv, f. 104 | 134, 9, kai oikeiouç, f. 104 | 134, 11, Baraapiz (non Bapaápiz, f. 104 (armeno BAGAJAR'IC) | 136, 13. Il ms. ἄρχων τούτων 'Αγγ., e correggeremo τοῦ τῶν Α., f. 105 | 136, 22, ἄρχων ὁ τῆς Κ. .....ἄρχων ὁ τῆς Σ., f. 106 | 136, 24, cancella il καί | 136, 25, ὁ τεσ. ἄρχων | 136, 27, Μαλχαζιών, f. 106 | 140, 11, τῶν ἐπισκόπων, f. 109 | 141, 1, Καὶ ὅτε ἔφθασεν τὰ ὄρη, f. 109 (anche l'armeno e'kn, p. 606, 9| 141, 2, 13, Ovauńios, f. 109 | 141, 14. Le parole in parentesi nel D. appartengono al codice | 142, 14, katȧ πρόσταξιν, f. 111 | 143, 11, τόπον τοῦ ἱεροῦ, f. 111 | 143, 19, per l'ἐTeλeóvтaç, il ms. vuole åñeleóvtaç che non quadra; ma forse il greco aveva, come l'armeno (cfr. p. 618, 18) PARTITI DA CESAREA | 144, 12, ἀδελφὴν αὐτοῦ, f. 112 | 149, 6, κ. αὐτοπροαιρέτως, f. 116 | 15ο, 5. EVEXρÉντшν μаρτúρwv, f. 117 (anche l'armeno dice così, p. 623, 8)| 151, 7, ἀρούρας ἐν τοῖς χωρίοις, ἐν δὲ ταῖς κωμοπόλεσιν ἑπτὰ ἀρούρας elę. Parole che sono già nello Stilting e dimenticate dal Dübner | 151, 9, ἐκέλευσαν, f. 118 | 151, 15, διὰ πιστικωτάτης οδηγίας, f. 118 | 152, 9, παιδενομένους ὥστε, f. 118 ] 154, 6, πενθοῦσι καί, f. 120 | 159, 12, καὶ τοῖς πνευματικοῖς, f. 124 | 160, 3. Il ms. Τασάτης Ασουὴν ων пaρτídos con accenti sopra wv che sono rifatti e cancellati si leggerebbe 'Aσounvŵv, f. 125. L'armeno Ashotzkh (p. 641, 8) | 161, 8, kai TÀÎOY ỀV TỘ TƯƠTet ornpiĚn, f. 126. L’armeno, come le stampe, solo il RAFFERMARE (p. 643, 7) | 163, 7, οὕτως, f. 127 | 163, 10, πάντες τῇ ἀληθείᾳ πιστεύσωσιν, f. 127 | 163, 17, Λικιανόν (cfr. l'armeno, 646, 21, e le correzioni proposte dagli editori) | 165, 16. Come le stampe legge il codice, ma è a vedere la congettura del LAGARDE (Ges. Abh., 188),

Μασαχούτων | 166, 8, περὶ τούτων, f. 129 | 166, 14, οἰκουμενικῇ, f. 166 | 166, 16, ἀναπαύσονται (leggi -σωνται) | 167, 1, Διόπερ θαυμάσας, f. 130 | 167, 19, ἐξεῖπεν δὲ καί | 168, 13, Αραράτ καὶ πόλει, f. 131 | 169, 17, πίστεως καὶ ἁγίας, f. 132 | 172, 3, χρηστοὺς χρονογραφέας τότ μους διεγλύψαμεν, f. 133 | 172, 12, διετάξατο | 163, 16, δ πανάγιος Λ..

Due volte rammentai il LAGARDE, e gioverà porre qui tutti i luoghi delle sue Dissertazioni (Leipzig, 1866) che toccano del testo armeno o del greco di Agatangelo, e sono: pag. 40, su HANGAMAN, èmitńdevois (armeno, p. 568, greco, § 121); p. 43, su PALHAV (arm., p. 36, 39, gr., § 13, 14); p. 49, su tagʻar', taλátιov (arm., p. 650, gr., § 165); p. 68, su SHAHAP, továрxns (arm., p. 650, gr., § 165); p. 69, su SHAHAPIVAN (arm., p. 650, gr., § 165); p. 179, sul mese di SAHMI (arm., p. 611, gr., § 143); p. 186, sullo SPAR'APEт, σтρатопedάρуns (arm., p. 650, gr., § 165), e p. 187, SU BDEASHKH (агm., p. 650, gr., § 165).

Vengo ora a' capitoli del greco che il Langlois mise da parte e per i quali abbiamo a ricorrere alla edizione dei Bollandisti; se non che mi asterrò da lunghe citazioni, scegliendo solo nelle mie note quei passi ne' quali la revisione diede qualche buon frutto.

Capo XXVII, 19. Il luogo della Scrittura (Salmi CXIII, 15 CXV, 7) è citato piu ampiamente: οὐκ ὀσφρανθήσονται. χεῖρας ἔχουσι καὶ οὐ unlapησovov, f. 25. (Così pure l'armeno, p. 60, 8).

Capo XXXIII, 26. Εγένετο ὡς ἡμεῖς (invece che . εὐσεβής), f. 30. (E l'arm., p. 71, 5).

Capo XXXV, 16. Τὸ αἷμα τῶν θυσιῶν, f. 31.

Capo LXIV, 20. La stampa: ἐν ἡμέρᾳ τῆς δικαιοκρισίας τῆς δόξης σου; il manoscritto (f. 51): ἐ. ἡ. τ. δ. καὶ ἀποκαλύψεως, e dopo una riga raschiata: τῆς δόξης σου. Sotto alla raschiatura si vede chiaro che c'erano le parole stesse, ripetute per errore di copista. L'armeno infatti nulla ha di più del laurenziano (p. 120, 14).

Capo LXV, 21. La stampa: παραδοῦναι βασάνοις, ἀλλ ̓ ἵνα τὰς ψυχάς; il ms. (f. 51), tra Baσávois ed &'iva, ha una riga cancellata, e legge,

per di piu, οὐδὲ γὰρ ἔμελλεν αὐταῖς (non αὐτῶν). L'armeno oltre ai tormenti ha la maldicenza (p. 122, 2). Anche lo Stilting avverte le due lacune.

Capo LXXIX, 20. La stampa: ἕνεκεν αὐτοῦ θανάτου. μεθ ̓ ὅλην τὴν ἡμέραν ; il ms. ε. α. θανατούμεθα ὅλην τ. ή., f. 62. (L'arm., p. 148, 12). Capo LXXXII, 13. Oùк èпéðúμnoa, f. 64. Manca la negazione alla stampa, e se n'era avveduto lo Stilting. (Arm., p. 153, 25).

Capo XCVIII, 25. Più ha la stampa che l'armeno (p. 180, 11), e pià della stampa il laurenziano: πρὸς ἴασιν ψυχῶν καὶ σωμάτων· καὶ ἰδοὺ ἐργατικῶς ἕτοιμοί ἐσμεν τὴν γῆν τῶν ψυχῶν ὑμῶν, f. 75.

Capo CVIII, 2. Leggi : εἰς ἀνάπαυσιν καὶ ἐν εἰρήνῃ ὑπνώσατε, f. 83. Così anche l'armeno (p. 544, 23).

Capo CVIII, 28. La stampa : τὰ τῆς ἀληθινῆς παραδώσεως τοῦ Χριστ τοῦ, καὶ τοὺς πνευματικούς πόνους, e nella versione: cum vera traditione de Christo, et vitam illorum et spirituales labores.

Non c'è nel greco che un salto fatto dal compositore; certo l'apografo aveva, come il laurenziano, καi Tòv ẞíov autŵv, f. 84. (Arm., p. 546, 26).

Cap. CXVII, 16, 17. Il ms.: aỦτŵV (f. 90) invece dei due autoû della stampa, accordandosi con l'armeno (p. 561, 12, 14).

Capo CXVIII, 10. La stampa: úwŋλń kotiv ý kaloλikǹ Èkkλnoía; il ms.: ú. È. TŶs κaðòλikĤs èkkλŋoías, f. 91. Comparando l'armeno (PATIV, p. 562, 23) leggeremo ǹ dóžα tĤs K. €.

Capo LXXXVII, 2. Le parole Eikшv Tηs Emoтoλ sono nel manoscritto (f. 106) in lettere maiuscole, e a capo della pagina. Come fanno nella edizione armena (p. 598) i mechitariani.

Capo CXLV, 31. Come la stampa, così il codice. Ne fo cenno perchè lo S. suppone perduto un пάνтаç, che non ha nemmeno l'armeno (p. 615, 9).

Capo CXLVIII, 13. Leggeva lo Stilting Tà Tар' аÙтŵν прооTEταγμένα, ma avrebbe desiderato παρ' αὐτοῦ, e cosi appunto ci da il laurenziano (f. 115).

Capo CLVI, 1. La stampa : Τούτων ἑαυτῷ ἐπιτεθηκώς: manca βίον (T. B. E. ¿.) che è già nel codice (f. 121) e che suggerito anche dall'armeno, che bisogna con attenzione comparare (p. 632, 21).

Capo CLVIII, 7. Εἰπόντος e non ποιούντος (f. 122).

Pauca quidem fateor, ma il lettore si contenta. Nè dovrei qui ri

fare la storia delle ricerche intorno ad Agatangelo, alle quali ho in parte accennato. Un desiderio mi nasce sempre più vivo: che i mechitariani, così operosi illustratori delle cose nazionali, ci dieno di quelle antiche istorie una nuova edizione, nella quale pongano il greco accanto all' armeno, seguendo per l'uno, anche nelle cose piccine, il laurenziano, e avvertendo chi corregge e perchè; e vorrei che per l'originale, stampassero a piè di pagina quante varianti dànno i codici anche dove, specialmente ne' nomi proprî, ci vorrebbero trascinare ad errore. V'è, per esempio, un nome di paese non sufficientemente spiegato la stampa del 1862 legge Er'otantak (p. 626, 20),

e la traduzione italiana dà in nota: nome in varii modi scritto nei codici e in tutti male (p. 176). Se avessimo tutti questi sgorbi sotto gli occhi non potrebbero forse giovare? Il codice greco ci dà una mano appena: di quel nome non c'è ombra; esso ci offre (f. 119), come le stampe (§ 152): ἔφθασεν οὖν καὶ ἐν τοῖς πρώτοις μέρεσιν ὁ ἀρχιεπίσκοπος ἐν τῇ ̓Αραράτ πατρίδι. Insomma, nella giacitura delle parole, a quella voce oscura dell'armeno, risponde l'arcivescovo ; nasce dunque il dubbio che un prototipo dicesse per modo che il greco poteva farne una chiara traduzione, e un altro codice, male letto e peggio ricopiato da altri, tramandasse un enimma. Dò la congettura che so bene non reggersi sopra basi salde come vorrei.

Che il greco sia versione, originale l'armeno s'ammetteva con qualche dubbio dal SOMAL (Quadro, p. 11); con più sicurezza dai mechitariani che ebbero cura della versione italiana (p. X); e da ultimo ripetè e accrebbe le ragioni che ce lo confermano il P. GARE'GIN nella sua Storia della letteratura armena (1) (I, 116). E sono: a) l'uso di 'Epaσáx (p. 40, § 15, p. 17); b) Kpóvos per Aramazt (p. 590, § 133, p. 151); c) "Hopaιotos per Mihr (p. 593, § 134); d) l'armeno Madax (p. 598, § 138, p. 153); e) il oaoμí (p. 611, § 143, p. 165); f) il plurale EevodЄKTŵv eeŵv (p. 623, § 150); g) il Mavaάpx (p. 642, § 160); h) il Taσkatetéwv (p. 650, § 165, p. 172); e finalmente i) il Σapaκηνῶν (p. 587, § 132, p. 149).

Anche contro l'autenticità della Lettera d'alleanza combatte il nuovo

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(1) In armeno, stampata a Venezia; il 1° volume nel 1865, il 2° nel 1878, e si aspetta il terzo. In queste citazioni dò la pagina del testo di Agatangelo, il paragrafo del greco, e la pagina dell'italiano, quando le note di questo s'accordano col dire del p. Gare'gin.

storico (1), come un suo collega respinge nel Bazmawep (1878, pp. 229-232) la supposizione che ci fosse un testo greco rifatto in armeno nel secolo VII da Eznik il prete; così per lui come per gli altri mechitariani, e intendo dire i nostri veri maestri, lo stile del libro ci porta al quattrocento, alla età d'oro dei traduttori.

Pisa, 1° febbraio 1881.

EMILIO TEZA.

SE I GRECI ODIERNI

SIENO SCHIETTA DISCENDENZA DEGLI ANTICHI

(a proposito d'una recente pubblicazione)

È nota la conclusione a cui, dopo il Kopitar (2), fu tratto il Fallmerayer dai vasti, ma non sempre abbastanza profondi suoi studî sulla storia e sull'onomastico topografico della Grecia medievale: — Nei primi secoli del medio evo fino all'800 ha luogo in questa contrada una continua e forte intrusione di elementi etnici stranieri; dappertutto, salvo nelle città marittime, l'antica popolazione, la ellenica, è sopraffatta e scompare; quasi dappertutto l'odierna popolazione è provenuta da quei diavoli in carne ed ossa che sotto i nomi di Sciti, Sclavi (Sclavini, Sclavesiani), Bulgari, Unni, Avari, Pazinachi, Cumani, Alani, ecc., invasero la penisola sterminandone gli indigeni, e specialmente dagli Slavi. I quali però vennero a poco a poco, nel

(1) Vedi lo Stilting (VIII, 401) e l'Agatangelo italiano (p. 194). Una parte di questa lettera si può vedere nel GALANO (Concil., I, 31-35).

Noto qui, chiudendo, che il PATKANOV nel suo Bibl. Oc'erk (pag. 28) rammenta anche una versione in latino, stampata a Venezia nel 1835. Ma il dotto armeno fu tratto in errore da qualche catalogo che citò in latino il testo armeno stampato appunto in quell'anno.

(2) V. Deffner, Archiv für mittel- und neugriechische Philologie, I, p. 3 (1881).

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