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Egli alberi ch'or qui consacro e pianto, Risponderanno al vento sibilando. Ponete fine, o Muse, al vostro pianto. Fortunati i pastor che desiando

Di venir in tal grado, han poste l' ale; Benchè nostro non sia sapere il quando.

Ma tu più ch' altra bella ed immortale Anima che dal ciel forse m' ascolti, E mi dimostri al tuo bel coro eguale;

Impetra a questi lauri ombrosi e folti Grazia, che con lor sempre verdi fronde Possan qui ricoprirne ambo sepolti. Ed al soave suon di lucide onde

possa,

Il cantar degli uccelli ancor si aggiunga;
Acciocchè il luogo d' ogni grazia abbonde.
Ove, se'l viver mio pur si prolunga
Tanto che, com' io bramo, ornar ti
E da tal voglia il ciel non mi disgiunga;
Spero che sovra te non avrà possa
Quel duro eterno ineccitabil sonno
D'averti chiusa in così poca fossa :

Se tanto i versi miei prometter ponno.

EGLOGA XII.

BARCINIO, SUMMONZIO,

MELISEO.

BARCINIO.

Qui cantò Meliseo, qui proprio assisimi Quand' ei scrisse in quel faggio: Vidi io misero, Vidi Filli morire, e non uccisimi.

SUMMONZIO.

O pietà grande! e quali Dii permisero A Meliseo venir fato tant' aspero? Perchè di vita pria non lo divisero?

BARCINIO.

Quest' è sol la cagion ond' io mi esaspero Incontra'l cielo : anzi m' indrago e invipero, E via più dentro al cor m' induro e inaspero, Pensando a quel che scrisse in un giunipero :

Filli, nel tuo morir morendo lassimi :
O dolor sommo a cui null' altro equipero!

SUMMONZIO.

Questa pianta vorrei che tu mostrassimi, Per poter a mia posta in quella piangere ; Forse a dir le mie pene oggi incitassimi.

BARCINIO.

Mille ne son che qui vedere e tangere A tua posta potrai : cerca in quel nespilo, Ma destro nel toccar guarda nol frangere.

SUMMONZIO.

Quel biondo crine, o Filli, or non increspilo Con le tue man, nè di ghirlande infiorilo: Ma del mio lacrimar lo inerbi e incespilo.

BARCINIÓ.

Volgi in qua gli occhi, e mira in su quel corilo: Filli, deh non fuggir, ch' io seguo ; aspettami; Portane il cor, che qui lasciando accorilo.

SUMMONZIO.

Dir non potrei quanto l' udir dilettami; Ma cerca ben, se v' è pur altro arbuscolo, Quantunque il mio bisogno altrove affrettami.

BARCINIO.

Una tabella pose per munuscolo

In su quel pin: se vuoi vederla, or alzati,
Ch' io ti terrò su l' uno e l' altro muscolo :

Ma per miglior salirvi, prima scalzati, E depon qui la pera, il manto e 'l bacolo; E con un salto poi ti apprendi e sbalzati.

SUMMONZIO.

Quinci si vede ben senz' altro ostacolo : Filli, quest' alto pino io ti sacrifico; Qui Diana ti lascia l' arco e 'l jacolo.

Questo è l'altar che in tua memoria edifico; Quest' è'l tempio onorato, e questo è il tumulo In ch'io piangendo il tuo bel nome amplifico. Qui sempre ti farò di fiori un cumulo: Ma tu, se 'l più bel luogo il ciel destinati, Non disprezzar ciò che in tua gloria accumulo. Ver noi più spesso omai lieta avvicinati; E vedrai scritto un verso in su lo stipite : Arbor di Filli io son; pastore, inclinati.

E

BARCINIO.

Or che dirai, quand' ei gittò precipite Quella sampogna sua dolce ed amabile; per ferirsi prese il ferro ancipite? Non gian con un suon tristo e miserabile, Filli, Filli, gridando tutti i calami?

Che pur parve ad udir cosa mirabile.

SUMMONZIO.

Or non si mosse da' superni talami, Filli a tal suon? ch' io già tutto commovomi; Tanta pietà il tuo dir nel petto esalami.

BARCINIO.

Taci, mentre fra me ripenso, e provomi Se quell' altre sue rime or mi ricordano, Delle quali il principio sol ritrovomi.

SUMMONZIO.

Tanto i miei sensi al tuo parlar s' ingordano, Che temprar non li so, comincia; ajutati; Che ai primi versi poi gli altri s' accordano.

BARCINIO.

Che farai, Meliseo? morte refutati; Poi che Filli t' ha posto in doglia e lacrime: Nè più, come solea, lieta salutati.

Dunque, amici pastor, ciascun consacrime Versi sol di dolor, lamenti e ritimi; E chi altro non può, meco collacrime.

A pianger col suo pianto ognuno incitimi, Ognun la pena sua meco comuniche: Benchè 'l mio duol da se dì e notte invitimi.

Scrissi i miei versi in su le poma puniche;

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