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RICCIARDA DE' SELVAGGI.

MADRIGALE

A CINO DA PISTOJA.

Gentil mio sir, lo parlare amoroso Di voi sì in allegranza mi mantene, Che dirvel non poria, ben lo sacciate : Perchè del mio amor sete giojoso, Di ciò grand' allegria e gio' mi vene, Ed altro mai non haggio in volontate, For del vostro piacere ;

Tutt' hora fate la vostra voglienza :
Haggiate previdenza

Voi di celar la nostra desienza.

ORTENSIA DI GUGLIELMO.

SONETTO

A M. FRANCESCO PETRARCA,

che le rispose coll' altro :

La gola il sonno e l' oziose piume.

Io vorrei pur drizzar queste mie piume Colà, signor, dove il desio m' invita, E dopo morte rimanere in vita

Col chiaro di virtute inclito lume:

Ma il volgo inerte, che dal rio costume Vinto, ha d' ogni suo ben la via smarrita, Come degna di biasmo ognor m' addita, Ch' ir tenti d' Elicona al sacro fiume.

All' ago, ‚al fuso, più ch' al lauro o al mirto (Come se qui non sia la gloria mia) Vuol ch' abbia sempre questa mente intesa.

Dimmi tu ormai, che per più dritta via A Parnaso ten vai, nobile spirto, Dovrò dunque lasciar si degna impresa?

SONETTO DELLA MEDESIMA.

Fa voti a Dio, perchè il Papa ritorni d'Avignone a Roma.

Ecco, signor, la greggia tua d' intorno Cinta di lupi a divorarla intenti : Ecco tutti gli onor d' Italia spenti, Poichè fa altrove il gran Pastor soggiorno.

Deh quando fia quell' aspettato giorno Ch' ei venga, per levar tanti lamenti, A riveder gli abbandonati armenti Che attendon sospirando il suo ritorno?

Movil tu, signor mio pietoso e sacro, Ch' altri non è che il suo bisogno intenda Meglio, o più veggia il suo dolore atroce.

E prego sol, che quello amor ti accenda Qual, per farli un celeste almo lavacro, Versar ti fece il proprio sangue in croce.

BUONACCORSO MONTEMAGNO.

SONETTO.

IL COMPLEANNO DELLA SUA DONNA.

Avventurato dì, che col secondo Favor della divina alta bontade Producesti l'esempio di beltade,

Che di tanta eccellenza adorna il mondo:

Sempre onorato a me, sempre giocondo
Verrai, sia pur in qualsivoglia etade :
Tal giogo nacque alla mia libertade
E sì soave, ch' io non sento il pondo.

In te ne fu dal ciel mandato in terra
L'esempio di virtù con tal valore,
Ch' ogni cosa terrestre a lui s' inchina.

In te fuggì del mondo invidia e guerra, E'l sol più che mai lieto apparse fuore, Perchè nascer dovea cosa divina.

GIOVANNI BOCCACCIO.

SONETTO.

EPITAFIO DI DANTE.

Dante Alighieri son, Minerva oscura D' intelligenza e d'arte, nel cui ingegno L'eleganza materna aggiunse al segno Che si tien gran miracol di Natura.

L'alta mia fantasia pronta e sicura
Passò il tartareo ed il celeste regno;
E 'l nobil mio volume feci degno
Di temporal e spirital lettura.

Fiorenza gloriosa ebbi per madre,
Anzi matrigna a me pietoso figlio,
Colpa di lingue scelerate e ladre.

Ravenna fummi albergo nel mio esiglio; Ed ella ha il corpo, e l'alma il sommo Padre, Presso cui invidia non vince consiglio.

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