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CANZONE

D' ANGELO POLIZIANO

Rapportata dal chiarissimo CRESCIMBENI.

MONTI, valli, antri e colli Pien di fior, frondi e d' erba,

Verdi campagne,

ombrosi e folti boschi :

Poggi, ch' ognor più molli

Fa la mia pena acerba,

Struggendo gli occhi nebulosi e foschi : Fiume, che par conoschi

Mio spietato dolore,

Si dolce meco piagni:

Augel, che n' accompagni,

Ove con noi si duol cantando Amorc.

Fiere, Ninfe, aer e venti,

Udite il suon de' tristi miei lamenti.

Già sette e sette volte

Mostrò la bella Aurora

Cinta di gemme oriental sua fronte :
Le corna ha già raccolte

Delia, mentre dimora

Con Teti il fratel suo dentro il gran fonte, Da che il superbo monte

Non segnò il bianco piede

Di quella donna altera,

Che 'n dolce primavera

Converte ciò che tocca, aombra o vede :

Qui i fior, qui l' erba nasce

Da' suoi begli occhi; e poi da' miei si pasce.

Pascesi del mio piauto

Ogni foglietta lieta,

E vanne il fiume più superbo in vista.
Aimè, deh perchè tanto

Quel volto a noi si vieta,

Che queta il ciel qualor più si contrista?
Deh se nessun l' ha vista
Giù per l' ombrose valli
Sceglier tra verdi erbette,

Per tesser ghirlandette,

I bianchi e i rossi fior, gli azzurri ei gialli,

Prego che me l' insegni,

S' egli è che 'n questi boschi pietà regni.
Amor, qui la vedemo

Sotto le fresche fronde

Del vecchio faggio umilmente posarsi. (Del rimembrar ne tremo)

Ahi come dolce l' onde

Facean i bei crin d' oro al vento sparsi!
Come agghiacciai, com' arsi,

Quando di fiori un nembo

Vedea rider intorno

(0 benedetto giorno!)

E pien di rose l' amoroso grembo!

Suo divin portamento

Ritral tu, Amor; ch' io per me n' ho pavento.
I' tenea gli occhi intesi
Ammirando, qual suole

Cervetto in fonte vagheggiar sua imago,
Gli occhi d'amore accesi,

Gli atti, volto e parole,

E'l canto che facea di se il ciel vago:

Quel riso ond' io m' appago,

Ch' arder farebbe i sassi,

Che fa per questa selva

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Mansueta ogni belva,

E star l'acque correnti. Oh s' io trovassi Dell' orme ove i piè muove!

I' non avrei del cielo invidia a Giove.

Fresco ruscel tremante,

Ove 'l bel piede scalzo

Bagnar le piacque, oh quanto sei felice! E voi, ramose piante,

Che 'n questo alpestro balzo

D' umor pascete l'antica radice;

Fra' quai la mia beatrice

Sola talor sen viene!

Ahi quanta invidia ť' aggio,

Alto e muschioso faggio,

Che sei stato degnato a tanto bene!
Ben de' lieta godersi

L' aura, ch' accolse i suoi celesti versi!

L'aura i bei versi accolse;

E in grembo a Dio gli pose,

Per far goderne tutto il paradiso.
Qui i fior, qui l'erba colse,

Di questo spin le rose :

Quest' aer rasserenò col dolce riso.
Ve l'acqua che 'l bel viso

Bagnolle! Oh dove sono?
Qual dolcezza mi sface?
Com' venni in tanta pace?

Chi scorta fu? con chi parlo o ragiono?
Onde si dolce calma?

Che soverchio piacer via caccia l' alma?
Selvaggia mia canzone innamorata,
Va sicura ove vuoi,

Poichè 'n gioia son conversi i dolor tuoi.

ALTRA CANZONE.

VAGHE le montanine e pastorelle, Donde venite sì leggiadre e belle!

Vegnam da l'Alpe presso ad un boschetto: Piccola capannella è 'l nostro sito; Col padre e colla madre in picciol letto, Dove natura ci ha sempre nudrito, Torniam la sera dal prato fiorito; Che abbiam pasciuto nostre pecorelle.

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