Divino Padre pien d'ogni salute Che meritiam tua grazia, e 'l regno vostro La nostra mente, e sia a te il cor nostro. Laudiamo, e benediamo anzi che fine Dante in varii luoghi della sua commedia censura amaramente i Frati, e nel C. XI del Paradiso specialmente fa dire a S. Tommaso che il peculio, o sia il gregge di S. Domenico è fatto ghiotto di nuova vivanda, cioè di ricchezze, prelature, ed altri onori; e che le sue pecore quanto più rimote e vagabonde vanno da esso, più tornano all' ovil di latte vole; e che sebben ve ne sian di quelle che temono il danno e stringonsi al pastore, pure son si poche, che le cappe fornisce poco panno. Ora ciò avutosi molto a male da un intero convento di Frati, fra sè deliberarono di trovar modo onde accusare il poeta innanzi al tribunale dell' inquisizione. Commisero quindi a' più famosi maestri in teologia che studiassero nel suo libro, onde vi trovassero cosa da farlo ardere come eretico. Lo accusarono di fatti come colui che non credeva in Dio, nè osservava gli articoli della fede. Venuto Dante dinanzi all' inquisitore, ed essendo passato vespero, dimandò tempo, fino all' indomani, per presentare in iscritto come egli credesse in Dio, dicendo che se avesse errato, gli darebbero la punizione che meritava. E ciò venendogli concesso. vegghiò per tutta la notte e rispose con questo Credo in cui dichiara tutti gli articoli di nostra fede. Il quale tostochè l' inquisitore l'ebbe letto col suo consiglio in presenza di dodici maestri di teologia, e questi non sapendo che si dire, nè allegare contro l' Alighieri, l'inquisitore licenziòllo, e si fè beffe dei Frati, i quali tutti furono compresi di meraviglia come in si poco tempo avesse potuto fare una si notabile cosa in rima. E tutti quei che del peccar son cieghi Piena di grazia, Iddio sia sempre teco E benedetto il frutto, e 'l quale io priego Ora per noi a Dio, che ci perdoni SONETTO IN LODE DI DANTE ALIGHIERI CHE TROVASI IN FINE DELL'EDIZIONE DEL VENDELINO Dante Alighieri son, Minerva oscura L'alta mia fantasia pronta, e sicura Fiorenza, magna terra, ebbi per madre, Ravenna fu mio albergo nel mio esiglio; Ed ella ha il corpo: l'alma ha il Sommo Padre, Presso a cui invidia non vince consiglio. SONETTO DEL VENDELINO Finita è l'opera dell'inclito, e divo D'Imola Benvenuto mai sia privo Cristofal Berardi Pisaurense detti Opera, e fatto indegno correttore Di Spira Vendelin fu 'l stampatore. Del mille quattrocento settantasetti L'Operetta intitolata-Capitoli di M. Bosone da Gubbio e di Jacopo Alighieri sulla Divina Commedia di Dante Alighieri-è un lampante argomento dell'arguto ingegno, del raffinato gusto poetico, e delle nobili cognizioni del Chiarissimo Editore, che ha saputo rinvenirli, scioglierli, e comentarli. Cav. F. de Licteriis. |