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di esporre le lezioni varie, dalle quali esse varianti appariscono.

E a ragionar trovandomi di tali cose col dotto D. Giovanni Canonico Rossi, Scrittore della nostra Reale Biblioteca; costui, come quegli che è molto inteso non solo nelle altre materie, ma ancora nella bella letteratura, venne offerendomi di accoppiare altresì a questa mia edizione alcune Memorie, che egli avea raccolte sulla vita di Bosone e di Manuel Giudeo, grande amico ed ammiratore di Dante, mostrandomi in un Codice di detta Real Biblioteca un Sonetto inedito di detto Bosone, ed alcuni sonetti non conosciuti di Emmanuel Giudeo, e di molti altri antichi Poeti di quel secolo avventurato; così giovandomi io del gentile dono, gli ho premessi a quei canti.

Queste cose mi aggrada di presentare agli amatori delle lettere amene; ai quali, se lusinga non mi porta ingannato, dovrebbero esser gradite; ma se fallirà la mia aspettativa, avrò almeno sempre utilmente occupato in tal modo l' ozio mio, il quale, se vantaggio non arreca, tuttavolta (e di ciò io vivo certo) nè a me, nè alla mia famiglia, nè al mio prossimo apporterà danno. Vivi lieto e felice.

ORNATISSIMO

Signor Marchese (1)

Conobbi con piacere grandissimo dall'ultimo discorso, che gentilmente si compiacque Ella di tenermi sulle sue letterarie occupazioni attuali, quanto e quale sia il fervido zelo, ond'è animata, di far eco al nobile entusiasmo, che da parecchi anni, ed or più che mai eccita tanti eccellenti ingegni del bel paese ove il sì suona, e molti ancora de' dotti esteri (2), a promuovere con degna e lodevole emulazio

(1) Videro la luce questi Capitoli di Bosone da Gubbio e di Jacopo Alighieri nell'anno 1829, pubblicati per opera del MARCHESE DI CAMELLA PASQUALE GAROFALO, mio avolo, di venerata memoria: spirito nobilissimo, modello di ogni virtù, mente elevata e peregrina: vado di lui a giusto titolo superbo.

(2) Benchè larga copia d'illustratori di tutta la Commedia di Dante, o di qualche parziale tema della medesima fosse degnamente comparsa nel campo letterario, durante il passato secolo XVIII; dobbiamo nondimeno assai più larga messe di nuove ed importanti Dichiarazioni, di Critiche, e curiose Dissertazioni al nostro secolo XIX. Non abbiamo ancor chiuso il sesto lustro di esso; ed i soli nomi del Conte Napione, del P. Cesari, del Perticari, del Monti, del P. Ab. di Costanzo, del Lampredi, del Troja, tacendo di tanti altri illustri Italiani, abbastanza nobilitano il Catalogo de' benemeriti moderni illustratori di Dante. Attendendo il critico e vasto lavoro del Dottor Noth; non possiamo ricordare senza compiacenza la favorevole accoglienza, con cui è stato ricevuto il Comento del Sig. Biagioli in Parigi, e 'l fervore, con cui si attende in Germa

ne la gloria, e'l progresso della lingua illustre d'Italia. Questa nobile cura è al certo di tutti gl'Italiani ben degna, perchè giusta l'espressioni del grande Allighieri, (che dello stato di tal lingua a' suoi tempi parlava, come noi dir possiamo dei nostri), la medesima in ciascuna città appare, ed in niuna riposa... ed è di tutte le città Italiane, e non pare che sia di niuna.

E mentre molte città di particolari pregi in ciò si vantano; non potrà invidiarsi al nostro suolo quella gloria tutta propria, che lo stesso Dante gli attribuiva, di aver contribuito cotanto al primo lustro della comune lingua, mentre essa ancor bambina nella sua culla vagiva. Fra noi in fatti era fissata in gloriosa sede la splendida Corte di Federico II. Imperadore e Re, ove i più colti ingegni di quella età accorrevano; e così tutto quello, che in Italiana poesia si scriveva, compariva primamente in questa Regia sede, e Siciliano appellavasi (1). Or mentre da per tutto in Italia, e fuori di essa, si attende da' dotti

nia allo studio di Dante. Basti accennare l'istancabile zelo, che adopra il ch. Carlo Witte, Professore di Leggi in Breslavia, il quale coll' ajuto delle diverse edizioni stampate, e colle ricerche e confronti de' migliori codici, usando di quella squisita sagacità e diligenza, che lo distingue, attende a preparare un grandioso lavoro critico su tutta la Divina Commedia, al quale invita tutti i dotti Italiani, onde vi concorrano con le loro studiose ricerche.

(1) DANTIS ALIGHERII De vulgari Eloquentia, cap. XII. Sed hæc fama Trinacria terræ.. videtur tantum in opprobrium Italorum Principum remansisse... Siquidem illustres heroës Federicus Caesar, et bene genitus eius Manfredus... corde nobiles, atque gratiorum dotati, inhaerere tantorum Principum maiestati conati sunt: ita quod eorum tempore quiquid excellentes Latinorum (h. e. Italorum) nitebantur, primitus in tantorum Coronatorum aula prodibat; et quia regale solium erat Sicilia, factum est, quidquid nostri prædecessores vulgariter protulerunt, Sicilianum vocatur: quod quidem retinemus et nos, nec posteri nostri permutare valebunt.

a ricercare tra la polvere delle Biblioteche antiche carte e pergamene, onde trarre dall'abbandono, in cui sono si lungamente giaciute, alcune opere, o frammenti, o lezioni varianti, che appartener possono a que' sublimi scrittori, che sin dalle fasce la lingua Italiana abbellirono, e come padri dell'Italiana Poesia noi veneriamo: è ben giusto, che i Napolitani, e i Siciliani concorrano anch'essi con pari impegno ad opra si degna e lodevole.

Debbo quindi congratularmi sommamente con Lei, ornatissimo Signor Marchese, che entrando con magnanimo zelo a percorrere con non minor frutto che diletto, questo luminoso aringo, ha preso particolarmente di mira la Divina Commedia, fermandosi dottimente al critico esame delle varianti di essa, e le sue prime cure letterarie rivolgendo alle illustrazioni di que' grandi uomini, che prima degli altri ad esporla e rischiararla co' loro Comenti occuparonsi. E siccome tra costoro, dopo Jacopo e Pietro, figliuoli di Dante, primeggia il Cavalier Bosone da Gubbio, personaggio quanto altri mai celebre al tempo di Dante, e di lui Protettore, ed intimo amico; si accinge Ella a prestare un grato servigio all' Italiana letteratura, riproducendo il di lui Capitolo, ossia Epitome delle tre parti di quell'immortale Poema, dopo averlo esaminato e corretto colle varianti tratte dal rispettabile Codice Cassinese, ed arricchito delle sue dotte illustrazioni ed osservazioni critiche.

Parlando così tra noi di Bosone, e della sua letteraria, e politica celebrità, io ebbi l'onore di dirle, che un importante di lui Sonetto, per quanto sembrami, inedito, trovavasi in un codice di questa Real Biblioteca Borbonica; e che alcune biografiche notizie appartenenti al medesimo avea io messe insieme, raccogliendole dal Raffaelli, dal Mehus, dal Ban

dini, e da altri scrittori, col disegno di stendere una Memoria, che servir potesse di accompagnamento al divisato sonetto, che sembravami degno di esser dato alla luce. Tosto mi manifestò Ella il dotto suo desiderio, che le comunicassi questo cimelio, ed anche la mia Memoria sopra la Vita, e le Opere di Bosone Novello: ed io con grandissimo piacere, e senza verun ritardo, corrispondendo alle sue gentili ed obbliganti premure, avendone ottenuto il permesso de' Superiori, ben volentieri le invio tanto il divisato Sonetto, quanto il mio qualunque lavoro, onde possa Ella giudicarne, e farne quell' uso, che nella sua saggezza crederà più conveniente.

Spero intanto, che non le dispiacerà di trovare al detto sonetto anche unito quello di Manuel Giudeo, del pari inedito, che serve di risposta ad altro Sonetto, già conosciuto, di Bosone; e credo bene di aggiungere al medesimo tre altri inediti Sonetti dello stesso Manuello, uno de' quali dal medesimo Regio codice vien presentato, e gli altri due trovansi nei codici della Biblioteca Barberina. Mi permetta pure che accompagni questi quattro sonetti con alcune ricerche e congetture mie sopra l' anzidetto, e quasi ignoto Poeta appassionato amatore di Dante.

Parecchi anni indietro mi riuscì di trovare siffatti sonetti in un codice cartaceo di questa Real Biblioteca Borbonica (segnato col num. della Scansia XIII. E. 5.), ove contiensi la Vita nuova di Dante; cui segue un'ampia Raccolta di poesie di quel padre illustre dell' italiana poesia, di Guido Guinizelli, di Guido Cavalcanti, di Cino da Pistoja, e di altri antichi poeti (1). Fra tali poesie per ora mi sembrano

(1) Il nostro Codice è cartaceo in foglio. Sembra scritto in caratteri della fine del XV, o del principio del XVI secolo; e vi

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