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Presersi per pubblici instromenti in amplissima forma espresse le accettazioni degli ambasciatori, salvo quella del conte di Luna ambasciatore di Spagna, perchè essendosi opposto per mandato del re alla chiusura, non voleva sottoscrivere che con la condizionale riserbato l'assenso del re Cattolico. Mancò anche l'accettazione degli ambasciatori di Francia, perchè non solamente non si trovarono presenti per essersi, come abbiam raccontato, trasferiti a Venezia, ma ancora, stante gli accidenti seguiti poco innanzi, non avrebbero, quand' anche presenti stati fossero, accettato.

Restava, che il papa confermasse. Alcuni cortigiani si opponevano, perchè non pochi decreti o gli costringevano a miglior vita, o diminuivano i loro emolumenti. Ma il papa, considerato quanto la confermazione importasse, sì per dar più peso e perciò più esatta esecuzione alle decisioni conciliari, come per istabilire la superiorità della santa sede sui concilj, nel concistoro de' venti sei di gennajo, fatta una ornatissima laudazione de' suoi legati, e commendata altresì la pietà e la prudenza dei padri, e addomandate secondo il solito le sentenze dei cardinali, di comune consentimento appruovò e confermò per una bolla da tutti loro sottoscritta il concilio.

I sovrani cattolici l'accettarono e ne procurarono l'esecuzione ne' loro stati, opponendosi però più o meno apertamente a quegli articoli, per cui erano manifestamente offesi i diritti della potestà secolare, come per esempio l'esecuzione delle bolle, brevi e re

scritti di Roma senza il previo Exequatur del principe, le facoltà date ai vescovi d'imporre pene di · pecunia o di carcere o di esilio; che i principi non potessero intromettersi nei processi ecclesiastici, nemmeno in quei dell'inquisizione, nè nelle cause spettanti a benefizj di patronato laico; che i preposti agli ospedali e ad altre opere di beneficenza pubblica fossero obbligati a ricevere i vescovi come sovrantendenti della loro amministrazione, e a darne loro conto; che i vescovi avessero potestà di esaminare i notari regj, ed interdir loro i rogiti di atti spettanti ad interessi ecclesiastici; che gli ecclesiastici non fossero soggetti al foro secolare, e simili altre ordinazioni. Filippo stesso, re di Spagna, che pareva avere volonterosamente accettato il concilio, ordinò sottomano, che la esecuzione di tali articoli si sospendesse tanto nel regno di Napoli, quanto nel ducato di Milano.

La Francia assolutamente si contrapponeva. La regina richiesta dal pontefice dell'accettazione, incominciò a dire, che voleva innanzi vederne i decreti, ed udirne il cardinal di Lorena; poi, che non era ancor comparsa la confermazione del papa, quindi, che il re di Spagna non l'accetterebbe, e che si voleva indugiare anch' essa, finalmente, che per la Francia inferma quello era un cibo troppo forte. Il Ferrier le scriveva, che pei decreti del concilio fossero offese le libertà della chiesa gallicana, e specialmente, che papa fosse qualificato vescovo della chiesa universale, e però superiore al concilio; che contro i pri

il

vilegj del regno le cause dei vescovi dovessero essere vedute in Roma; che s' appruovavano le pensioni sopra i benefizj; che si dava facoltà ai vescovi di procedere a pene pecuniarie, ed anche a prese di corpo contro i laici; che si privavano i principi de' loro stati per cagione di duello; che in alcuni casi d'esercizio del suo reale carico il re potesse venire scomunicato.

Difficoltavano, oltre alle suddette, l'accettazione in Francia due cagioni, l'una il divieto del concilio di dare i benefizj dei regolari in commenda; il che toglieva al re la facoltà di obbligarsi moltissimi uomini principali, di cui l'opera in mezzo alle calamità del regno gli era necessaria, ed in questo proposito il cancelliere non si astenne dal dire al nunzio, che il cardinal di Lorena, dopo aver egli pieno il ventre, voleva prescrivere agli altri il digiuno.

L'altra difficoltà consisteva nella temenza, che si aveva, che l'accettazione del concilio, che percuoteva con tanti anatemi i protestanti, troppo più che non si conveniva alla pace testè sancita, gli esasperasse, e ne seguissero movimenti, di cui non si poteva prevedere nè il modo, nè il fine. Anche i parlamenti si opponevano gelosissimi dell'autorità regia contro gli eccessi del pontificato Romano. Ne seguitò, che quantunque in diversi tempi, sotto varj regni, e da personaggj molto principali siano state fatte parecchie volte istanze, perchè i decreti del concilio si accettassero in Francia, ciò non si potè mai conseguire, persistendo sempre le medesime opinioni, che

furono poi in regolare forma ridotte dal clero gallicano adunato nel 1682, e che certamente preservavano i dritti regj, e la persona stessa del re dalle condanne del Vaticano.

Terminata in tal modo l' adunanza dei padri Tridentini, e confermatesi dal sommo pontefice le loro operazioni, restava a vedersi quali ne sarebbero stati gli effetti. Il papa mandava, per procurarne l'esecuzione, i vescovi, senza eccettuare nemmeno i cardinali, a risiedere nelle diocesi loro. Sebbene in qualche luogo l'avere voluto ridurre in pratica alcuni canoni disciplinari del concilio non sia stato senza perturbazioni, generalmente però i frutti, che se ne raccolsero, furono tali, quali gli desideravano gli uomini costumati e religiosi. Dal concilio Tridentino si debbe riconoscere, che i costumi dei cherici siansi migliorati, e rimossi dalla scena del mondo gli scandali di coloro, che colla morigeratezza il devono edificare. In somma se la religiosa assemblea per la parte dei dogmi poco altro fece, che asseverare gli antichi già consentiti da tutte le generazioni cattoliche insin dai tempi degli apostoli, bene assai più fece per l'emendazione degli abusi e la correzione dei costumi che gli altri concilj non fecero. Puòssi a giusto titolo affermare, che se non potè fare che i protestanti diventassero cattolici, impedi almeno, che i cattolici diventassero protestanti. Solo è da deplorarsi, ch' egli mettendo la falce nella messe altrui, non abbia avuto per la potestà secolare quel rispetto, cui Cristo gli comandava d'avere.

LIBRO DUODECIMO.

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SOMMARIO.

MUORE l'imperatore Ferdinando, a cui succede Massimiliano II, suo figliuolo. Muore Michelagnolo Buonaroti, e onori, che gli si fanno in Firenze. Azioni di Cosimo; casi funesti variamente descritti de' suoi due figliuoli Giovanni e Garzia. Cosimo rinunzia a gran parte dell' autorità sovrana, investendone il figliuolo Francesco. Moto in Casale contro il duca di Mantova per certi rigori del fisco, ma i Casalaschi ne riescono colla peggio. La Corsica freme, perchè il trattato di Castel-Cambresi la rimette sotto l'obbedienza di Genova. Sampiero solleva a furore i Corsi con titolo di libertà; battaglie accanitissime, che ne seguono tra i Corsi e i Genovesi; Sampiero ucciso a tradimento. Leggi, che reggevano la Corsica a quei tempi. Muore Pio IV. Gli succede frà Michele, detto il cardinale Alessandrino per essere nativo del Bosco vicino ad Alessandria. Qualità di questo nuovo pontefice, che chiamossi Pio V. I Turchi in guerra coll' Austria; poi vengono sopra Malta, e fazioni, che vi seguono. Valore dei cavalieri di Malta; i Turchi se ne vanno. Durezza del pontefice Pio; opinioni e fine lagrimevole di Pietro Carnesecchi. Rigore su i libri. Contese del cardinal Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano', col magistrato della città. Che cosa fossero i frati umiliati, e come si pervertissero, e come finissero. Bolla In coena Domini rimessa in vigore dal papa con formidabili aggiunte. Come i principi la sentono. Fine per ora dei tumulti di Corsica.

FECERO notabile il presente anno la morte di un imperatore potente, quella di un sommo artista, la rinunzia di un principe sagace e severo, i tumulti di Monferrato per impresa di franchigie, i tumulti di

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