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Congregaronsi pertanto di nuovo alla Ferté. Quivi il principe di Condé, fratello minore del re Antonio, prode, animoso e disposto a precipitarsi a qualunque fortuna, detestò con veementi parole le arti della regina, la tirannide dei Guisa, le piaghe del regno, la propria depressione. Disse, non doversi badare alla presente volontà del re, il quale impedito dalla propria incapacità, non conosceva lo stato miserabile della servitù, in cui era ridotto, doversi malgrado di lui, come si fa degl' infermi, a cui vengono date le medicine anche contro loro voglia, sanare e riscattare dalla vile soggezione, in cui era tenuto. Salvassero il regno, sclamava, col valore delle loro destre, e liberassero se medesimi da quella dannabile e vergognosa servitù, nè l'armi prese in Franla salute del regno e per la liberazione del re oppresso dalle fazioni, esser rimedio nuovo; avere anticamente Pietro duca di Brettagna, Roberto conte di Dreux ed altri baroni preso guerra contro la regina Bianca madre di San Luigi, che si voleva arrogare indebitamente la tutela del re ancor minore; così avere adoperato Filippo conte di Vallesia dopo la morte del re Carlo il Bello, per escludere dalla tutela e dalla reggenza coloro, che ingiustamente vi pretendevano; così ancora avere guerreggiato Luigi duca d'Orleans a tempo di Carlo VIII per farsi eleggere reggente e governatore del regno contro Anna duchessa di Borbone, che si era usurpata l'autorità del governo. Accendessero adunque gli animi, concludeva, e coll' armi in mano alla utile, necessa

cia

per

ria, gloriosa e non insolita impresa si accingessero.

Queste cose dette dal principe con gran veemenza e con ispirito militare avevano commossi gli animi di tutti, e già si disponevano ad abbracciare il partito proposto. Ma l'ammiraglio, che con più pesato consiglio misurava la grandezza del tentativo, considerato quanto rovinosa deliberazione fosse l'avventurare così scopertamente all' arbitrio, della guerra tutta la reale famiglia di Navarra con tanti suoi congiunti e dipendenti, e quanto pericolo con se portasse il rizzare le insegne contro l'autorità regia con poche forze, senza fondamento di piazze forti, senza ammassamento di genti, e senza provvisione di denari, si oppose alla volontà del principe, proponendo altra strada per arrivare con maggior sicurezza al fine, che tutti agognavano, e questo fu il consiglio più pieno di stragi e di sangue, che ad uomini, che consultano sopra le umane cose, sia stato dato in qualunque tempo o luogo mai.

Le opinioni di Lutero avevano perturbato la Germania, quelle di Zuinglio la Svizzera; ora le novità introdotte nella fede da Calvino sono per turbare la Francia. Giovanni Calvino, nativo di Nojone, città della Piccardia, uomo d' acutissimo ingegno, di maravigliosa facondia, e di varia e moltiplice erudizione, ora con le predicazioni, ed ora con libri dati alle stampe insegnando una libertà di coscienza maggiore di quella, a cui gli eresiarchi Tedeschi avevano aperto la via, ed inculcando una maggiore severità di costumi, cose che sogliono molto allettare e tirare gli

uomini, era pervenuto a tale che una gran moltitudine di persone in Francia avevano abbracciate le sue opinioni; poi condottosi in Ginevra, ed ivi fatto principale fondamento alle sue predicazioni, spargeva per ogn' intorno i semi delle novelle dottrine. Tutte le province, tutte le città del vasto reame di Francia ne erano piene, quantunque pei rigori usati dal governo contro chi ne era infetto, non fossero professate pubblicamente. Cominciò l'origine di questa disseminazione sin dai tempi di Francesco I, il quale sebbene alcuna volta facesse qualche severa risoluzione, occupato troppo spesso nel travaglio delle guerre, non potè levar le radici di questa, allora piuttosto dispregiata e odiata, che temuta pianta.

Ma il re Enrico II con severità inesorabile procedendo, e con pena della vita castigando tutti quelli, che si trovavano convinti di tale imputazione, per poco non ottenne il fine di una totale estirpazione. Era Enrico principalmente eccitato a questa crudele medicina dal cardinal di Lorena, affezionatissimo alle credenze cattoliche sì per ambizione, volendo andare a versi di un principe di volontà risoluta, e sì per compiacenza di dottrina, essendo versatissimo (e desiderava, che il mondo lo sapesse) nella legge canonica, soprattutto nella storia sacra ed ecclesiastica.

Morto poi subitamente, e per caso troppo infelice il re Enrico, e pervenuto il regno in Francesco II, quantunque i signori di Guisa stimolassero continuamente alle persecuzioni contro i dissidenti, tuttavia trovandosi il governo debole, i parlamenti infastiditi

III.

d'incrudelire contro quelli della medesima patria e del medesimo sangue, i senatori stessi in gran parte intinti delle novelle dottrine, s'incominciarono tacitamente a rallentare la sollecitudine delle inquisizioni ed il rigore dei giudici. Quindi nacque, che la setta andò acquistando maggior vigore, e con occulta dilatazione vieppiù serpendo ed ampliandosi. S'aggiunse, che Teodoro Beza, discepolo di Calvino, in cui si vedevano accoppiate una grande eloquenza, ed una squisita letteratura, acquistava co' suoi scritti e colle sue predicazioni in quel principal fomite di Ginevra standosi, infiniti uomini e donne al novello culto continuamente.

Per la quel cosa non più nelle stalle e nelle cantine, come ai tempi del re Enrico, ma nelle sale dei gentiluomini, e nelle camere dei signori si celebravano le congregazioni e le cerimonie di questa predicazione. Finalmente, siccome niuna cosa dà più forza alle sette che un nome comune, i novelli settatori si chiamarono Ugonotti, qual sia la vera origine di questo strano nome. Tuttavia non avendo questi ugonotti alcun capo, e raffrenati dal timore delle pene, non ardivano ancora mostrarsi all'aperto e procuravano di fare le loro congregazioni con grandissima segretezza; la qual cosa, come suole, aggiungeva impeto ed acerbità ad un zelo già di per se stesso tanto ardente. Détestavano i persecutori, ed ogni cosa si promettevano di fare, quantunque ardua e pericolosa fosse, per levarsi dalla bocca il freno, che era loro posto, ed acquistare la libertà. Invidiavano la Germania, invi

diavano Ginevra, nè si sgomentavano al sangue, che per queste stesse cagioni già inondava le popolose terre dei Paesi Bassi. Pareva loro anzi strano,

e

se ne ver

gognavano, che siccome i Francesi sono più atti di qualunque altro popolo al cominciare, così e' fossero stati prevenuti dagli Alemanni, e che la lentezza germanica avesse tolto la volta alla vivacità francese. Questo era un incendio pronto ad accendersi alla prima scintilla,

L'acutissimo Coligny, che ben conosceva queste cose, e che già aveva abbracciate le opinioni della fede di Calvino, mise in considerazione, che fosse necessario per conseguire il fine, che si desiderava, di servirsi di quest'umore. Argomentò, che possente per numero già era la setta, che solo le mancava un capo, che l'indirizzasse, e le desse calore; ch' ella era sdegnatissima contro i signori di Guisa, acerrimi e crudi loro persecutori; che se i principi la prendessero in protezione, acquisterebbe pel fatto stesso una moltitudine di seguaci, fieri, coraggiosi, intentissimi al comune scopo; che l' opera sarebbe, siccome forte, così pietosa, poichè avrebbe titolo di libertà e di difesa dei perseguitati; che per tal modo ancora si acquisterebbe l'aderenza dei principi di Germania, e della regina Elisabetta d' Inghilterra, che favoriva la fede novella; che sotto colore di controversia sulla religione si celerebbe il vero fine del tentativo, il quale senza di ciò parrebbe odioso, siccome quello che sarebbe diretto a far violenza all' autorità regia; che se si venisse ad ottenere la libertà di coscienza, e il pub

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