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blico esercizio del loro culto, sarebbe vinta la causa contro i signori di Guisa, i quali in tale caso non potrebbero, e forse non vorrebbero perseverare nell' imperio, che con tanta audacia, e tanta ingiuria del re si erano usurpato; che con questa sola risoluzione avrebbero procurato a se medesimi quanto loro mancioè denari, armi e uomini atti ad usarle ; questo essere più sicuro fondamento ai disegni loro di quel, che fosse stato ai protestanti d' Alemagna la potenza di un langravio d' Assia, e di un duca di Sassonia; la Francia libera avere a rammentar sempre con ornamento di laude il nome loro.

cava,

Molti nell'assemblea aderivano alle dottrine calvinistiche, e il partito posto dall' ammiraglio era molto a proposito delle condizioni presenti. Perciò di comune consentimento vi fu stabilito, che si seguitasse, risoluzione così perniciosa e così funesta, che, per servirmi delle parole stesse di un insigne storico, come apri l'adito a tutte le miserie e a tutte le calamità, che con esempj prodigiosi hanno lungamente afflitto e lacerato quel regno, così ha oppressi con miserabile esterminio e l'autore medesimo, che fece la proposta, e tutti quelli, che tirati dai proprj affetti, e dall' interesse presente prestarono l'assenso a così fatta deliberazione.

Per tale modo un disegno politico vestì la sembianza di un disegno religioso, e col manto della fede si coperse la mondana ambizione. Certamente i Guisa peccavano con arrogarsi tanta parte nel governo dello stato, ma far forza al re coll' armi impugnate era

risoluzione per ogni parte condannabile. Intanto qui si può osservare la differenza tra la guerra civile di Francia e quella di Germania, poichè mentre questa fu più religiosa che politica, per l'opposito quella fu più politica che religiosa.

Fatta la risoluzione, s' accordarono, che una grossa moltitudine di quelli, che professavano la riforma, comparissero disarmati alla corte, chiedendo al re, che allora faceva la sua stanza in Blois, città aperta e senza fortezza, la libertà della coscienza, l'esercizio libero della loro predicazione, e la concessione de' tempj per quest' effetto. Sapevano, che la richiesta sarebbe risolutamente negata. Volevano pertanto, che seguitassero altre genti armate da tutte le province segretamente raccolte, le quali come sdegnate della ripulsa, trovato il re sprovveduto, e disarmata la corte, uccidessero il duca di Guisa, ed il cardinal di Lorena con tutti quelli, che dipendevano da loro, e così costringessero il re a dichiarare il principe di Condè supremo governatore e reggente universale del regno, dal quale avrebbero poi impetrata la cessazione dei giudizj contra di loro, e la permissione libera delle predicazioni e dei riti.

Poco era possibile, che un così gran tentativo restasse occulto. In fatti la corte n' ebbe sentore, e ritirossi in Amboise, dove il castello poteva subitamente ritorre il re dalla furia dei congiurati. In tanto pericolo Francesco creava il duca di Guisa luogotenente generale del regno con suprema potestà. Arrivarono i calvinisti, queste cose succedevano nel mese di marzo

del 1560, in prossimità di Amboise. I disarmati, che venivano in foggia di supplicanti, furono alle porte del castello acerbamente ributtati. Seguitarono da varie parte gli armati condotti da capi audacissimi, ma però con infelice successo, perchè per la vigilanza del Guisa furono parte uccisi, parte presi, parte dispersi.

Seguitavano i supplizj. Fatto processo al Condè, fu dannato a morte. Dell' ammiraglio Goligny gravi erano i sospetti; ma siccome aveva avuto l'arte di essere e di non parere, non fu chiamato in giudizio per mancanza di pruove. Preparavasi l' estrema fine al Condè, quando ecco morire improvvisamente il re Francesco: successe all' eredità della corona Carlo IX ancora in età pupillare constituito, siccome quegli che appena aveva tocchi gli sedici anni.

In così subito e grave accidente erano prossime a scompigliarsi le cose. Tutti pretendevano alla tutela del re pupillo, ed alla reggenza del regno afflitto, la regina madre, il duca di Guisa, il re di Navarra, la prima sospetta, come Italiana, il secondo sospetto per ambizione, il terzo sospetto per partecipazione di congiure. Ma grandi erano le arti di Caterina, grande la maestà di un principe del sangue, ed in quest' ultima parte Francesco di Guisa era sormontató da Antonio di Navarra. Dopo lunghe e varie consulte e pratiche i Guisa perderono la preminenza, e fu fermata la concordia per mezzo massimamente del conestabile Montmorency, personaggio prudente ed amico dei consiglj quieti. Fu la regina chiamata reggente universale, il ré Antonio presidente e governatore delle

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province, il conestabile soprantendente delle armi. Il Guisa rimase gran maestro del palazzo, ed al cardinale suo fratello restò la cura delle finanze. Rivedutosi il processo del Condè, fu assoluto. Così fermossi il precipizio delle cose, ma mali semi covavano.

L'ammiraglio non quietava, perchè si conosceva sospetto, il principe di Condè sdegnato pei trattamenti rigorosi usatigli, il re di Navarra persuaso di non poter conservare la potenza, se non dava qualche contentezza ai riformati, perchè ed i cattolici poco si fidavano di lui, e gli avversarj senza qualche concessione da lui si ritiravano. Seguivano risse ed abbattimenti in diversi luoghi fra le due parti contrarie. Vennesi il mese di gennajo del 1561 ad un editto, con cui per la prima volta fu data qualche agevolezza alla religione di Calvino in Francia: si rilasciassero tutti i carcerati per occasione della fede, e si mettesse fine a qualunque inquisizione in questo proposito contro qualsivoglia persona; non si permettesse, che si disputassero i punti controversi nella fede, nè che i particolari s'ingiuriassero l'un l'altro con denominazione d'eretico o di papista, ma che tutti vivessero concordemente astenendosi dal raunare congregazioni illecite, e dal suscitare scandali e sedizioni.

Dolce e prudente medicina era questa, ma gli ugonotti insolentirono; temevasi, che la parte protestante sopravvanzasse. Il conestabile ed i signori di Guisa gelosi dei principi di Borbone e dell'ammiraglio, si unirono a conservazione, come dicevano, della religione cattolica, la regina andava destreg

giandosi e schermendosi per non esser preda o di questa parte o di quella. Pure il nome di religione cattolica, religione antichissima del regno, era presso ai più venerando, e prevalse. Nel mese di luglio del medesimo anno 1561 fu, per autorità anche dei parlamenti, fatto un nuovo editto, per cui fu deliberato, che i ministri ed i predicatori degli ugonotti fossero scacciati fuora da tutto il reame, che fossero proibiti tutti i riti e cerimonie altri che quelli della religione cattolica, che fossero vietate tutte le adunanze e congregazioni con armi o senz'armi, eccetto nelle chiese cattoliche; che però da un' altra parte s'intendessero perdonati tutti i delitti in materia di fede commessi per lo passato; che finalmente per l'avvenire non si potesse procedere contro i convinti d'eresìa con altra pena che con quella dell'esilio.

L'editto procurava la depressione della parte protestante. Ciò non potevano pazientemente tollerare nè l'ammiraglio, nè il principe di Condè; perchè in quei tempi infelicissimi della Francia, quando sorgevano i Guisa, macchinava l'ammiraglio, quando sorgeva l'ammiraglio, macchinavano i Guisa. I protestanti addomandarono un solenne colloquio. Speravano, essendo odioso il nome di papista (chè così chiamavano i cattolici), e grato quello della libertà, che le parole loro avrebbero meglio lusingate le orecchie altrui che quelle di chi predicava obbedienza e sommessione. Eloquenti e dotti uomini erano fra i protestanti, e molto si confidavano nella bellezza e prontezza del dire.

I più prudenti fra i cattolici contrastavano alla de

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