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pio prima della sua morte, dava per moglie a Francesco l'arciduchessa Giovanna. Le nozze avrebbero dovuto far ravvedere, e trattenere il novello sposo, ma viemmaggiormente ei s'ingolfava nel lezzo degl' innamoramenti con Bianca. Prima dello sposalizio la visitava nascostamente in casa del marito, dopo la trasse in luogo vicino al palazzo. Trassevi ancora Piero, cui creò suo guardaroba. Non sentivano vergogna nell' amore in fronte del popolo con modi scoperti il principe il confessava, impudicizia ed impudenza regnavano. Cosimo l' ammoniva, la principessa sposa piangeva, e gli dava esempio d'ogni virtù, ma nulla giovava, perchè la Bianca col suo volto, non so se mi debba dire angelico, o diabolico, era più forte del padre, della moglie, e di quanto il mondo pensasse o dicesse.

Piero intanto divenuto insolente, era grave a tutti. Cortigiani, magistrati e ricorrenti per grazia o per favore il corteggiavano; l'insolenza produsse l'inimicizia, tesersegli insidie, fu ucciso non senza che il principe Francesco ne fosse consapevole. Cosimo morì più liberi, accesersi vieppiù i due amanti. Oltre le grazie della persona, usava Bianca, per fomentare la passione del gran duca, i filtri, i prestigj ed il ministerio di una Giudea, cui il mondo credeva esperta d'incantesimi, ed era veramente d' inganni. La fattucchiera era Bianca, non la Giudea.

Restava a farsi una grande e scandalosa fraude. Per medicine, per disordine, per corruttela era Bianca divenuta infeconda. Non aveva il gran duca

prole maschile: l' addolorava il vedere, che la successione passasse ai fratelli. Malinconico per natura, l'orbezza il rendeva ancor più malinconico e nojoso. a se e ad altrui. Bianca ostentava la fecondità, tutti gli esterni segni affettandoné. Giunse il termine della supposta gravidanza. Preparansi segretamente tre donne in punto di parto, una sola partorisce il giorno avanti un figliuolo maschio, vien portato, dicono, dentro un liuto, in camera della Bianca, che fingeva i dolori. La notte dei 29 agosto del presente anno 1576 risuonò il palazzo di lietė grida, ed ecco che ognuno esultando affermò, la Veneziana avere partorito un bel fanciullo. Il gran duca s'alzava frettolosamente da letto per andarsi a beare della novella prole. Bianca, quasi donna di colmi desiderj per felice parto, di tutta allegrezza si rallegrava, e Francesco ancora. Chiamava il fanciullo don Antonio, perchè credeva, che il santo di questo nome, al quale si era raccomandato, avesse fatto la grazia, il pubblico per suo, assegnolli grosse rendite, ricevettene dai cortigiani le congratulazioni. Queste cose si facevano, mentre ancor vivea la moglie Giovanna. Delle tre donne appostate pel parto, perchè non parlassero, due furono uccise, la terza si salvò colla fuga : una quarta, che aveva condotto tutto l'artifizio, fu bersagliata con archibugiate sulla montagna, mentre se ne tornava a Bologna, sua patria. Ferita, ma non morta, svelò l'infame arcano sotto esame giuridico, che fu mandato a Roma al cardinale. Ferdinando de' Medici, fratello del gran duca. Ma anche Francesco

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il seppe, e dalla Bianca stessa il seppe, la quale ebbe il fronte di svelargli (tanto la maliarda era sicura dell' effetto delle sue arti) il parto essere stato finto, ed Antonio, figliuolo di un uomo e di una donna di campagna. Fu tuttuno per lo stupido e crudele Medici. S' infervorò vieppiù per la sua Bianca, vieppiù si vantò per padre del non suo Antonio, volle comprargli un principato nel regno di Napoli per prezzo di dugento mila ducati. Se Francesco fosse più vile, o Bianca più furba, io nol saprei.

L'infamia per sozzura si cambiava in infamia per feste. Mori la gran duchessa Giovanna. Francesco e Bianca s'erano promesso di sposarsi, se la moglie e il marito morissero : l'assassinio aveva tolto di vita Piero, un male lungo ed incurabile Giovanna. Bianca richiedeva della promessa Francesco; il che significava, che gran duchessa la facesse. Il gran duca esitò, tenendolo dall' un de' lati un resto di rispetto pel decoro pubblico, dall' altro spingendolo un forsennato amore. Un ecclesiastico savio ne lo sconsigliava, ma un frate malvagio dell' ordine de' Zoccolanti, compro dalla Veneziana, ve l'indusse. Furono da lui sposati segretamente davanti all'altare in palazzo per ricompensa il frate fu fatto vescovo di Chiusi, singolare specie di simonia.

Compito nel mese d'aprile del 1579 l'anno del lutto per la morte della gran duchessa Giovanna, il gran duca prese consiglio di pubblicare il suo matrimonio con la Bianca. Ne diede parte alle corti; mandò a Venezia il conte Mario Sforza di Santa Fiora,

significando, avere sposata Bianca Capello, riputandola come figlia di quella serenissima repubblica, e stimando con tal mezzo di diventare ancora lui suo figlio di natura, siccome sempre le era stato di volontà e d' ossequio. Vantò nella lettera le singolari virtù della sposa, pregiossi di averne già ottenuto un figliuolo, promisesi nuovi frutti dalla di lei fecondità.

La decenza cedè il luogo, come sempre, alla ragion di stato. Venezia festeggiò quello, che aveva condannato; la nobiltà Veneziana s'onorò di ciò, di che s' era vergognata; i parenți, che avevano voluto far ammazzare per sicarj prezzolati Bianca e Pietro in Firenze, ora solennizzarono festosi la felice figliuola in Venezia. Per ordine pubblico quaranta senatori andarono ad incontrare il conte Mario alle Grazie ; altri gentiluomini furono destinati ad intrattenerlo ed onorarlo. Alloggiò in casa Capello; Grimani, quel⋅ patriarca d'Aquileja, aspettollo alla porta in abito cardinalizio. Fu condotto in collegio all' udienza del doge e della signorìa, accompagnato dai quaranta senatori, servito da tutto il parentado, seguitato dai magistrati, e dal corpo della nazione Fiorentina.

Il senato dichiarò la Bianca ( a tale condussero un venerando consesso alcune lusinghe femminili) vera particolare figliuola della repubblica a cagione di quelle preclarissime e singolarissime qualità, che degnissima la facevano di ogni gran fortuna, e per corrispondere alla stima, che aveva mostrato il gran duca tenere della repubblica in quella sua prudentissima risoluzione.

Venezia esultò. Suonarono le campane di San Marco, tuonarono le artiglierìe, si accesero i lumi. alle case, i fuochi sulle piazze: il padre ed il fratello della nuova figliuola di San Marco, creati cavalieri, ebbero il titolo d'illustrissimi, ed ottennero la precedenza sugli altri. Il gran duca mandò don Giovanni de' Medici, suo fratello naturale, a ringraziare la repubblica, all'arrivo del quale si rinnovarono le feste e gli onori.

Firenze doveva rispondere a Venezia nell' allegria, ed effettivamente rispose. La repubblica destinava agli onori e cerimonie Fiorentine due senatori gravissimi, Antonio Tiepolo e Giovanni Micheli : novanta gentiluomini sì della città, che della terra ferma gli accompagnavano. Bartolomeo Capello, padre, Vittorio Capello, fratello, il patriarca d' Aquileja, zio, accrebbero l'onorevole comitiva. Furono incontrati a Firenzuola dai ministri di corte, poi a cinque miglia da don Pietro e don Giovanni, fratelli del gran duca. Finalmente fra i suoni delle campane, le salve dell' artiglierìe, le salutazioni del popolo, Firenze stessa, nel palazzo de' Pitti, gli accoglieva. Dovevansi, come figliuola della repubblica, i regj onori trattossi d'incoronazione. Il gran duca non capiva in se dall'allegrezza: ma ecco attraversarsi il nunzio del papa, pretendendo gli atti delle incoronazioni essere di sola competenza dei pontefici Romani. Vi fu che fare assai. Infine il nunzio pure si contentò per essergli stato detto, che l'incoronazione della Bianca non significava altro che l'ado

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